Cap.
XIII.
1915-1918
IL PROCLAMA DEL
MAGGIO 1915
(guerra alla guerra!)
Scoppiata la guerra
mondiale i primi siluramenti, compiuti dal militarismo tedesco contro
pacifiche navi mercantili, commossero profondamente la nostra gente
di mare.
In Adriatico venne
affondato di notte senza alcun preavviso un piroscafo italiano. Tutto
l'equipaggio sprofondò negli abissi con la nave. Allora
Giulietti così telegrafò all'Ammiraglio Millo, Ministro
della Marina:
«Sono e
resto per la rivoluzione sociale, ma la più grande rivoluzione
è quella di lottare per la indipendenza e la civiltà
dei popoli assaliti dalla prepotenza austro-germanica. La Federazione
dei Lavoratori del Mare dichiarasi pronta a costituire una legione di
marinai per difendere il nostro Paese dalla barbarie teutonica.
Confido che vostra eccellenza non vorrà rifiutarmi armi e
munizioni».
Intensificandosi la
guerra e la barbarie, Giulietti convocò in Assemblea i
federati e d'accordo con essi, lanciò il seguente manifesto:
«PER LA
LIBERTA' DEI POPOLI E DEI LAVORATORI.
«Lavoratori
del mare,
«Chi ha
sconvolto la pace familiare, nazionale, internazionale e l'opera
feconda del lavoro sui mari e nei campi?
Il militarismo
tedesco.
Chi ha aggredito
la Serbia? – Chi ha straziato, martoriato il Belgio? –
Chi ha inchiodato, per secoli, sulla croce del martirio gli italiani
irredenti? – Chi ha affondato il «Lusitana»,
«L'Ancona», il «Firenze», il «Bosnia»
su cui viaggiavano centinaia di vecchi, donne e fanciulli? –
Chi ha scatenato sull'Europa, sul mondo, una bufera di sangue, una
tempesta di ferro e di fuoco che decima, mitraglia, abbrutisce,
disonora e addolora l'umanità?
Il militarismo
tedesco.
Cosa bisogna fare
per liberare e salvare l'umanità dal flagello teutonico?
Abbattere e
annientare prima di tutto il militarismo e il capitalismo tedesco.
«Lavoratori
del mare!
Guai ai popoli
che non sentono il dovere di difendere la loro indipendenza, di
vendicare i loro martiri, di marciare, armati di fede e di ferro,
contro i loro oppressori!
L'ora che sta per
suonare sulla storia del mondo, è l'ora tragica del destino,
il quale vuole che i popoli oppressi siano redenti, che i martiri
dell'ideale siano vendicati, che i tiranni, come Francesco Giuseppe e
Guglielmo II, siano puniti. Per il compimento di questo destino il
bronzo squillò il 29 maggio del '48 sui 2400 toscani a
Curtatone e Montanara; squillò nelle famose cinque giornate di
Milano; nelle dieci giornate di Brescia; sulle forche di Scesa, di
Speri, di Tazzoli, di Grazioli, di Calvi e di tanti altri martiri;
squillò sulle catene rugginose di Settembrini, d'una eletta
schiera di eroi sullo scoglio di Quarto il 5-6 maggio del 1860:
squillò insomma dai primi barlumi del risorgimento italiano,
al Capestro degli eroici Agesilao Milano e Guglielmo Oberdan: giovani
ardimentosi che non avevano l'anima egoisticamente elastica dei
moderni eroi da poltrona. Su dalla fossa di questi martiri sale un
monito straziante; chi non l'ode e lo dileggia è un traditore;
chi non vuole udirlo è un bruto.
Alle armi dunque
contro il boia incoronato di Vienna e contro la jena imperiale di
Berlino!
Siate degni della
tremenda ora che passa! Affrontate, coll'abituale serenità, la
bufera sociale scatenata dagli imperi centrali. Per la libertà
dei popoli oppressi, unite le vostre anime e le vostre braccia, e,
con slancio garibaldino, baionettate i mostri incoronati, gli
impiccatori e i bastonatori dei nostri padri; e sulla pietra
sepolcrale, che racchiude le ossa invendicate dai martiri
dell'indipendenza italiana, arrotate l'arma con la quale, attraverso
una guerra d'indipendenza nazionale, aprirete la via alla rivoluzione
sociale!
«Lavoratori
del mare!
I dolori e le
umiliazioni, sofferti e patiti dai fratelli di Trento e Trieste; il
martirio e il sangue di tutte le vittime, armino di sacro furore il
vostro braccio, centuplichino le vostre forze, e vi sospingano, in un
supremo sforzo di energia e di volontà, a rovesciare la
muraglia di ferro innalzata dai moderni unni contro la libertà
e il progresso dei popoli!
Popolo Marinaro!
Sorgi ed insorgi,
e, come fuoco purificatore, divampa e distruggi. La Federazione
Marinara ti saluta e vuole ad ogni costo che tu ritorni vincitore!
Così
trionferà la giustizia, moriranno i tiranni, si sperderanno
nell'infinito i frammenti di quella storia crudele che da Attila a
Barbarossa, da Francesco Giuseppe, l'impiccatore, a Guglielmo di
Hohenzollern, l'incendiario, decimò e straziò col ferro
e col fuoco l'umanità.
All'armi!
All'armi, dunque, o lavoratori del mare, ognuno di voi compia il suo
dovere, baionettando i tiranni e i vigliacchi, entro e fuori
d'Italia!
Genova, Maggio 1915.
PER LA
F.I.L.M.
G.
Giulietti
Tutta la marineria
fece eroicamente il suo dovere e nulla chiese; da nessuno è
stata sovvenzionata o spinta all'intervento sotto pressioni
corrompitrici. Il numero dei marinai periti durante la guerra superò
come percentuale quella della fanteria. Mentre i marinai combattevano
e morivano, certi Armatori facevano denari a palate entro i loro
comodi «scagni».
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