Cap.
XIX
LA RIVOLUZIONARIA
IMPRESA DI FIUME
LEGGE DEL 1919
SULLE PENSIONI MARINARE
PROGETTO
INSURREZIONALE
Per una Marcia su Roma in
Camicia Rossa
Dopo la guerra gli
alleati trattarono l'Italia quasi come una nazione vinta. Eravamo
entrati nello immane conflitto senza troppo negoziare il nostro
intervento. Alla fine gli alleati ne approfittarono al punto di
ostacolare la nostra indipendenza, di contenderci la Dalmazia e
perfino la città di Fiume, dando vita a uno stato mai
esistito, la Jugoslavia. Americani, inglesi e francesi si misero
d'accordo per ostacolare le nostre legittime rivendicazioni patrie, e
con le loro truppe occuparono Fiume.
In conseguenza di
questo trattamento, usatoci dagli alleati, la nostra situazione
interna diventò difficile. Il Capo del Governo, onorevole
Nitti, era assai preoccupato e non osava prendere posizione di fronte
agli alleati, avendo bisogno della loro assistenza economica.
Un pugno di
ardimentosi, guidati da Gabriele D'Annunzio, ruppe gli indugi,
attraversò arditamente i posti di blocco ed entrò, armi
alla mano, a Fiume.
Gli alleati,
sbalorditi da tanta audacia, certi di fare indietreggiare D'Annunzio
per mezzo del Governo Italiano, ritirarono le loro truppe; così
D'Annunzio coi suoi legionari liberò la città
contestata. Gli alleati, naturalmente, agirono sul nostro Governo
inducendolo ad assediare gli occupanti. In breve D'Annunzio si trovò
in serie difficoltà.
La Federazione
Italiana Lavoratori del Mare, fedele al suo interventismo, decise di
sostenere l'audace impresa dannunziana, e manifestò
pubblicamente e tangibilmente – cioè con mezzi
finanziari ed altro – questa sua solidarietà, che
suscitò qualche critica contro Giulietti da parte dei
cosidetti ambienti neutralisti; ma Giulietti, forte del consenso dei
federati, tirò dritto; e, quando gli alleati pensarono di
servirsi di navi italiane, per fare pervenire armi e munizioni alle
armate bianche, incaricate di stroncare la giovane rivoluzione russa,
che da poco aveva abbattuto il regime czarista, decise di piratare
queste navi e di farle condurre a Fiume. Gli alleati, non contenti di
offenderci nelle nostre sante aspirazioni patrie, vollero farci fare
anche la parte di tradire il popolo russo risorto a libertà.
Avendo saputo che
dal porto de «La Spezia» stava per partire la nave
italiana «Persia» carica di tredicimila, tonnellate di
armi contro la giovane rivoluzione russa, Giulietti decise di fare
catturare questa nave in alto mare e condurla a Fiume per consegnare
quelle armi a D'Annunzio. Incaricò quattro dei suoi fidi più
animosi e adatti per l'operazione, nel senso che, per liberare il
Comandante della nave da gravissime responsabilità, ognuno di
essi doveva essere capace di compiere determinate operazioni
nautiche. Dei quattro arditi, uno era il Capitano di lungo corso
Sulfaro, un altro l'ufficiale marconista Tatozzi, un altro il
timoniere Guido Remedi, ed il quarto U. Poggi5
Cori queste
qualifiche essi – occorrendo – potevano dimostrare di
avere con le proprie capacità nautiche compiuto il
dirottamento della nave. L'audace impresa riuscì, dato che
tutto il personale di bordo – garibaldino e federato al cento
per cento – eseguì alla lettera le disposizioni
federali, trasmesse dai bravi quattro pirati summenzionati, che si
comportarono magnificamente. Giulietti consegnò loro la
bandiera federale da issare sull'albero di maestra all'entrata della
nave nel porto di Fiume con l'intesa che nel caso che il dirottamento
non riuscisse, non bisognava far cadere per nessun costo la bandiera
federale in mani avversarie. Ma l'operazione riuscì in pieno,
e il «Persia» entrò con la bandiera federale e con
quella nazionale a Fiume.
Allora
incominciarono i tentativi per non fare sbarcare le armi. Giulietti,
che si era immediatamente recato a Fiume ed aveva assunto
pubblicamente sui giornali tutta la responsabilità del
piratamento della nave, conferì con D'Annunzio, e tutte le
tredicimila tonnellate di armi, nuove e pronte all'uso, furono
sbarcate e la nave, per giunta, trattenuta in ostaggio, visto che il
Governo Italiano tentennava a tirar fuori i milioni necessari per
finanziare la Cassa Unica della Previdenza Marinara.
Come i lettori
ricorderanno, l'onorevole Giolitti, nell'occasione dello sciopero
generale marinaro del 1912, aveva preso l'impegno – davanti
alla Camera – di unire le diverse Casse Invalidi Marittime in
una sola Cassa ed in maniera corrispondente alle giuste richieste dei
marittimi. La riunione di queste Casse in una sola Cassa era
avvenuta, ma non in maniera soddisfacente, perchè le Casse
singole erano misere, e la loro unione rappresentò una miseria
più grande. Occorreva il necessario finanziamento da parte
dello Stato. L'On. Nitti lo aveva promesso, anche come atto di
riguardo verso i marittimi per il loro volontario interventismo.
Però, la
nostra partecipazione alla impresa dannunziana non piacque al Capo
del Governo, che, per ritorsione, deliberò di non procedere
più alla riforma delle pensioni marinare. Giulietti allora
disse a D'Annunzio di non mollare il «Persia», e
D'Annunzio tenne duro; ed il «Persia» riprese il
mare solo dopo che l'On. Nitti ci garantì il rispetto
dell'impegno.
Fu così
che potè andare in vigore la cosidetta legge del 1919 sulle
pensioni marinare.
Ecco una lettera di
D'Annunzio che documenta il fatto:
«Mio caro
Capitano Giulietti,
«La bandiera
dei Lavoratori del Mare issata all'albero di maestra, quando la nave
«Persia» stava per entrare nel porto di Fiume col suo
carico sospetto, confermò non soltanto la santità, ma
l'universalità della nostra causa.
«La
Federazione, dopo averci arditamente mostrato il suo consenso e dato
il suo aiuto, ci fornisce armi per la giustizia, armi per la libertà,
togliendole a reazioni oscure contro un altro popolo, non confessate.
«Teniamo le
armi e teniamo la nave.
«Adopreremo le
armi, senza esitazione e senza misura, contro chiunque venga a
minacciare la città che abbiamo per sempre liberata.
«D'accordo con
te e con i compagni, consideriamo la nave come un pegno contro la
malafede che di indugio in indugio tenta di sottrarsi alle promesse e
ai patti. E confidiamo che la Federazione ci sostenga con tutta la
sua potenza, a impedire che il Governo antinazionale distrugga a
profitto di stranieri l'ordinamento commerciale fiumano e continui a
rovinare il traffico del porto e ad affamarne i lavoratori.
«Ringrazio te
che all'improvviso ci hai portato il tuo ardore allegro, il tuo
vigore costruttivo, la tua fede guerreggiante. E nuovamente ringrazio
i quattro tuoi Arditi garibaldini che mutarono la rotta della nave
dolosa con un colpo maestro, rapido, preciso, irresistibile nello
stile di Ronchi.
«Dalla
carbonaia nera, come dal nostro cimitero carsico, balzò lo
spirito.
«La causa di
Fiume non è la causa del suolo: è la causa dell'anima,
è la causa dell'immortalità. Questo gli sciocchi e i
vigliacchi ignorano o disconoscono o falsano. Tutti i miei soldati lo
sanno, lo hanno compreso o divinato. È bello che lo sappiano e
l'abbiano compreso così vastamente i tuoi Lavoratori del Mare.
«Dall'indomabile
Sinn Fein d'Irlanda alla bandiera rossa che in Egitto unisce
la Mezzaluna e la Croce, tutte le insurrezioni dello spirito contro i
divoratori di carne cruda sono per riaccendersi alle nostre faville
che volano lontano.
«Il mio
compito di «lavoratore del Quarnaro», caro compagno,
consiste nel far prevalere e risplendere la bellezza ignuda e forte
della conquista da me presentita.
«Oppugnare in
me le speranza nel giorno prossimo è cosa stupida e vana.
«Arrivederci,
Capitano Giulietti.
«Certo, il
buon sale marino preserva la Federazione da ogni corrompimento. Siamo
tranquilli.
«E, se tener
duro è bene, assaltare è meglio.
«È
tempo di precipitarsi sopra l'avvenire.
«Viva l'Italia
bella!
«Fiume,
d'Italia, 15 settembre 1919
Gabriele D'Annunzio
A cose fatte viene
sempre fuori qualcuno che desidera appropriarsi dell'opera altrui.
Circa le pensioni marinare, la marineria italiana mediante la sua
Federazione ottenne prima la fusione delle Casse Invalidi per mezzo
di uno sciopero generale (1912), e poi ottenne il finanziamento della
Cassa Invalidi Unica e il conseguente miglioramento delle pensioni
marinare nel 1919 mercè azioni persuasive, come quelle del
piratamento del «Persia» e sua bloccatura a Fiume.
Ora la Federazione
Italiana Lavoratori del Mare sta lottando ancora per ottenere giuste
pensioni marinare.
L'Italia, male
trattata dagli Alleati, si dibatteva in serie difficoltà. Il
Capo del Governo, per legittime preoccupazioni, trattava con gli
alleati, subendo la loro volontà. Essi avevano creata la
Jugoslavia, e proteggevano questo nuovo Stato a danno dell'Italia.
Mentre i nuovi
ricchi di guerra ostentavano le loro ricchezze, i lavoratori stavano
male. La Camera funzionava in mezzo a enorme confusione. Visto che
nessuna azione chiarificatrice veniva compiuta, Giulietti pensò
di fare una marcia su Roma, partendo da Fiume, ma con le camicie
rosse. Scrisse a tal uopo a D'Annunzio, che accettò, come
risulta da quest'altra sua lettera:
«Mio caro
compagno,
«c'è una volontà mistica che
conduce gli eventi in questa zona luminosa dove si foggiano le forme
nuove della vita libera.
«Domattina
doveva partire per Genova un mio messo; ed ecco, stanotte arriva tuo
fratello. Tu mi vieni incontro, mentre io mi muovevo verso di te. Il
tuo messaggio è veramente provvidenziale.
«Il
significato della mia impresa e della mia ostinatissima resistenza
diventa ogni giorno più manifesto agli spiriti non ingombri di
pregiudizi e di basse passioni. Tutte le volontà di
rivendicazione e di rivolta – nel vasto mondo – si
orientano verso l'incendio di Fiume, che manda le sue faville molto
lontano. Attendo fra giorni ambascerìe dall'Egitto,
dall'India, dall'Irlanda, da tutte le genti offese e oppresse.
«Fin
dall'ottobre scorso ho influito direttamente sul moto egiziano contro
i «divoratori di carne cruda». Ho lavorato profondamente
per dare un «nuovo aspetto alla questione adriatica. Anche i
Croati, desiderosi di scuotere il giogo serbo, si volgono a me. La
Croazia, a cui il patto di Londra dà Fiume, cedono nettamente
Fiume all'Italia. La rivoluzione dei «separatisti» è
pronta. Deve scoppiare prima che la primavera richiami i contadini ai
lavori della terra, cioè prima del 15 marzo. È,
infatti, principalmente una insurrezione dei «lavoratori della
terra». Io posso condurre il movimento. Io posso entrare in
Zagabria come un liberatore. Tutto è disposto per questo.
«Ho le armi,
anche; ho le cartucce del PERSIA, a milioni. Mi manca quel che
Macchiavelli chiama «il nerbo della guerra».
«Un fiero
lavoro fu fatto anche in Dalmazia per l'autonomia. La Dalmazia si
costituirà in Repubblica, con una Lega delle città
marine, da Zara a Cattaro italianamente, compresa fra le Dinariche e
il mare, nella sua integrità originaria.
«Perchè
questo disegno – fondato sulla più calda «realtà»
– deve perdersi?
«Tu hai
COMPRESO perchè io abbia voluto rimanere qui, affrontando i
peggiori pericoli.
«Oggi,
qualunque sforzo di liberazione non può partire se non da
Fiume. Per una più vasta impresa sociale io debbo partire da
qui. Il mio spirito si appoggia in questa riva per qualunque balzo in
avanti, specie per balzare su l'altra sponda. La nuova parola parte
di quì. Quì le nuove forme di vita non soltanto si
disegnano ma si compiono. Leggi questo mio proclama ai soldati.
«In nessun
luogo della terra si respira la libertà come su questo
Quarnaro, che è simile a un «mare futuro».
«Io sono
RIENTRATO nel popolo che mi generò. Sono mescolato alla sua
sostanza. Vivo coi soldati semplici, semplice soldato. Divido il
rancio con loro. Cammino al loro fianco. Canto le loro canzoni. Parlo
il loro linguaggio. Divento il loro interprete rude.
«Se tu
assistessi a certi spettacoli umani, qui, comprenderesti che la vera
«volontà» di vita non è là dove la
dottrina di Lenin si smarrisce nel sangue. Il cardo bolscevico si
muta qui in rosa italiana: in rosa d'amore.
«È
necessario che io possa resistere qui FINO AL GIORNO CHE TU MI
ANNUNZII.
«E ora il
nemico cerca di stancare, di disgregare, di infettare, di affamare.
«I Lavoratori
del Mare non vorranno sostenere la mia resistenza? Tuo fratello mi
assicura che Enrico Malatesta non pronunziò l'ingiuria contro
i Legionari di Fiume. Ne sono lieto. Se egli mi conoscesse da vicino,
subito sentirebbe che il mio spirito supera ogni altro nell'ansia di
raggiungere l'estreme vette della libertà, quelle dove la
massima parte degli uomini non sa respirare.
«C'intenderemo.
«Nessuno è
più pronto di me per la grande azione.
«Tutte le
strutture che ci ingombrano io le ho già rovesciate.
«E io sono
interamente fuori dal cerchio delle istituzioni sterili e delle leggi
esauste. Inoltre, ho imparato a ben combattere.
«Io so
combattere.
«A qual punto
è la preparazione?
«Intanto –
ricordatene – io debbo essere posto in condizioni di poter
resistere e reggere qui FINO A QUEL GIORNO.
«Ti scrivo in
gran fretta. Sono le tre del mattino: ante lucem. Tuo fratello
aspetta nella stanza attigua. Il destino è sospeso nel
silenzio notturno. Ma rumoreggia tuttavia dentro di me il mare che
stanotte ho lungamente ascoltato.
«Arrivederci.
Ti abbraccio. Uno per tutti, tutti, per uno.
firmato: GABRIELE
D'ANNUNZIO
«Fiume, 6
gennaio 1920
«ore 3 e 25'».
Giulietti,
naturalmente, voleva che insieme ai marinai e ai militi di D'Annunzio
vi fosse anche la partecipazione del partito socialista e degli altri
lavoratori.
Ottenuta anche su
questo punto la completa adesione di D'Annunzio, Giulietti organizzò
a Roma una riunione, alla quale presero parte i capi dei partiti di
estrema e della Confederazione del Lavoro. Parte accettarono e parte
non ne vollero sapere, e tra questi il direttore dell'Avanti e capo
del partito socialista, Menotti Serrati.
In conseguenza, il
progetto insurrezionale andò a monte.
Così, la
marcia su Roma, che poteva essere fatta con le camicie rosse, è
stata fatta più tardi con le camicie nere, ma con assai
diverso programma.
Contro Giulietti fu
acceso poi grave processo per piratamento di navi ed altre gravissime
imputazioni. Il processo venne sepolto da una particolare amnistia
ottenuta da Gabriele D'Annunzio.
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