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Giulio Tanini
Storia della federazione italiana lavoratori del Mare

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  • Cap. XXIV.   FERMO E REGOLARIZZAZIONE DI DUE NAVI RUSSE CZARISTE (1° Maggio 1920)
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Cap. XXIV.

 

FERMO E REGOLARIZZAZIONE

DI DUE NAVI RUSSE CZARISTE

( Maggio 1920)

 

 

Nell'aprile del 1920 gli equipaggi di due navi russe, battenti ancora la bandiera del regime czarista, non più esistente, vennero a Genova in Federazione e chiesero a Giulietti protezione non esistendo un console russo a cui rivolgersi. A bordo di queste navi, ormai fuori legge, gli equipaggi erano privi di qualsiasi tutela. Gli ufficiali erano ancora ligi al regime tramontato. I Comandanti, incoraggiati dagli agenti armatoriali, preferivano navigare in quelle condizioni, visto che le autorità italiane lasciavano fare, invece di mettere quelle navi sotto la nostra bandiera come avevano fatto altre nazioni con altre navi. Riscontrata giusta la richiesta, Giulietti si rivolse inutilmente a tutte le nostre Autorità, sia a Genova che a Roma, per assicurare agli equipaggi di quelle due navi almeno la protezione della nostra bandiera in attesa di una sistemazione generale derivante dai trattati di pace.

L'intervento della Federazione Italiana dei Lavoratori del Mare dispiacque molto in certi ambienti, dove era comodo far continuare l'esercizio di quelle due navi. Gl'interessati intascavano i noli e pagavano, per le spese d'esercizio, meno degli altri armatori. Sulle prime certe nostre autorità finsero di non capire e fecero del loro meglio per rimandare la soluzione; ma un simile atteggiamento non poteva essere tollerato dalla nostra Federazione, la quale – indipendentemente da ogni ideologia politicasentiva il dovere di agire per mettere gli equipaggi di quelle navi al riparo da ogni sopraffazione, da qualsiasi abuso di potere, visto che nei porti non esisteva più alcuna autorità tutoria russa. Era un periodo burrascoso per il popolo russo, perchè il vecchio regime non funzionava più e non aveva quindi rappresentanti in paesi esteri. Il nuovo regime rivoluzionario, non essendo ancora riconosciuto dai governi borghesi, era pure senza rappresentanti nei porti esteri. In queste condizioni era più che mai indispensabile e doveroso lo intervento della Federazione Italiana dei Lavoratori del Mare. Le due navi si chiamavano Rodosto di Odessa e Soglasich di Mariupool.

Dal giornale «Il Lavoratore del Mare» del primo maggio 1920 riportiamo:

 

Gli armatori di queste navi fanno affari d'oro. I governi fingono di non vedere questo pirataggio compiuto alla luce del sole e sotto gli occhi delle autorità internazionali, perchè tutti i governi sono contrari alla giovane Repubblica dei Comunardi Russi.

Nessuno sente il bisogno, in nome dell'ordine e dei tanti vessilli patriottardi garantenti la proprietà privata, di arrestare quelle navi in nome della legge e del diritto internazionale marittimo. Quelle navi battono la bandiera di un Governo che più non esiste, eppure trovano appoggio, sostegno, solidarietà in tutti i porti. Solenne omertà di governi traballanti sotto la raffica del ciclone sociale che imperversa. Ma qualcheduno è venuto fuori lo stesso. Alla pubblica sicurezza, alle guardie regie, alle guardie doganali, alle guardie di capitaneria, alle regie flottiglie di governi dormienti di fronte al bandierone del caduto Czar scesero in difesa degli equipaggi russi abbandonati le forze sindacali della Federazione Italiana Marinara. Nella notte fra il 26 e il 27 aprile 1920, tra l'imperversare di una violenta bufera, gruppi di nostri compagni salirono a bordo di quelle navi prendendone possesso a nome della solidarietà marittima internazionale. Sbucarono dalle tenebre militi e guardie regie; poichè i nostri resistettero, incidenti e scontri. Conseguenze: Partito Socialista e Confederazione del Lavoro finalmente aprono gli occhi. Danno completa solidarietà al nostro movimento, si uniscono alle nostre forze. Riconoscono la nostra azione dal fermo delle navi italiane cariche di munizioni e partenti a favore della reazione plutocratica al fermo delle navi russe nel porto di Genova, pronte a costeggiare i mari con bandiera dello Czar e con equipaggi privi di qualsiasi garanzia sindacale. Fu così che Menotti Serrati, direttore dell'«Avanti» e speciale incaricato della Confederazione del Lavoro, nonostante quello che contro di noi aveva scritto a causa del nostro interventismo, venne a Genova il 28 aprile, a trovarci in Federazione e in nostra compagnia visitò la Capitaneria e la Prefettura e quindi la locale Camera del Lavoro per redigere la sera dello stesso giorno il seguente comunicato comparso sui giornali «Lavoro» e «Avanti» del 29 aprile:

 

«La Confederazione Generale del Lavoro, venuta a conoscenza dell'azione compiuta dalla Federazione Marinara nel porto di Genova nella notte dal 26 al 27 corr, su piroscafi battenti bandiera russa ed i cui armatori, secondo buone informazioni compiono un commercio con dette navi a tutto danno dell'interesse collettivo della Repubblica Sovietica e dei suoi rapporti commerciali con altre Nazioni, in pieno accordo con il Partito Socialista, con la stessa Federazione dei Lavoratori del Mare e con la Camera del Lavoro di Genova, delibera di esperire immediatamente quelle pratiche atte a salvaguardare l'interesse materiale, morale e politico del proletariato, sia russo che italiano. A tale uopo, a Genova, quest'oggi a nome della Confederazione Generale del Lavoro, il compagno Giacinto Menotti Serrati, Direttore dell'«Avanti», e l'On. Giuseppe Giulietti a nome della Federazione Marinara, a scopo informativo e per meglio stabilire eventuali responsabilità, si recavano presso la Capitaneria e presso la Prefettura.

«I due rappresentanti fecero presente alle Autorità l'assoluta necessità della sospensione della partenza dei due piroscafi russi attualmente in porto, appunto in attesa delle risultanze dell'inchiesta in corso, inchiesta intesa a meglio precisare l'origine e la destinazione di dette navi, il carico, nonchè a conoscere le sorti riservate ai relativi equipaggi.

«I detti rappresentanti avvertirono pure le Autorità che qualora i due piroscafi russi fossero per continuare una azione contraria all'interesse della Repubblica comunista, essi si sarebbero sentiti in dovere di fare appello alle organizzazioni per una opera di efficace difesa.

«Infatti, nel pomeriggio ebbe luogo nella Camera del Lavoro di Genova un colloquio fra Serrati, Giulietti e i segretari camerali, Ancillotti e Barbieri, i quali assicurarono che la Camera del Lavoro è a piena disposizione della Confederazione Generale del Lavoro per tutte le azioni del caso.

«Intanto venne disposto perchè i caricatori di carbone si rifiutassero di approvvigionare le navi fino a che opportune disposizioni non venissero impartite dalle organizzazioni responsabili.

«Nella serata è partito per Roma l'On. Giulietti, dove, appena arrivato, e in unione ai rappresentanti del partito Socialista e della Confederazione Generale del Lavoro, conferirà con il Governo, facendo presente allo stesso le decisioni delle organizzazioni dei lavoratori».

 

Il 29 e 30 aprile abbiamo lavorato a Roma, di fronte al Governo, insieme all'on. Bombacci per il Partito Socialista Ufficiale e all'on. D'Aragona, Segretario Generale e rappresentante della Confederazione Generale del Lavoro.

L'«Avanti» del 30 ha pubblicato il seguente comunicato:

 

«Oggi alle ore 16, i compagni deputati Bombacci per il partito comunista, D'Aragona per la Confederazione Generale del Lavoro, e l'On. Giulietti per la Federazione Lavoratori del Mare, si sono recati dal Presidente del Consiglio per trattare in merito alle due navi battenti bandiera russa, che si trovano nel porto di Genova, in relazione al comunicato pubblicato dall'«Avanti». La tesi, sostenuta dai suddetti rappresentanti, ha richiamato la considerazione del Governo.

«Continuano le trattative, e si ritiene che sarà fatta giustizia nel senso di impedire a certi industriali di servirsi della bandiera russa czarista per effettuare un commercio marittimo contrario agli interessi ed alle leggi della Repubblica dei Soviety. Si tratta in sostanza di due navi appartenenti alle città marittime di Odessa e di Mariupool della Russia Sovietica, che gli armatori fanno navigare con bandiera dello czar, per sfruttare da un lato il corso dei più alti noli e dall'altro sfuggire alla requisizione od al noleggio obbligatorio».

 

Intanto l'inchiesta continuava ed in attesa di conclusioni e decisioni sia nazionali che internazionali, le due navi sospette sostavano ferme nel porto di Genova, il che maggiormente comprovava la legittimità e la necessità del nostro atteggiamento pro Russia. È certo che a quest'ora i commissari della repubblica dei Soviety saranno al corrente del fatto. Gran parte della soluzione della vertenza dovrebbe dipendere, secondo noi, dalla nota o dalle risposte che essi faranno pervenire al nostro governo. Crediamo che il Partito Socialista e la Confederazione Generale del Lavoro saranno del nostro stesso avviso.

In ogni caso, siamo contenti dell'atto compiuto. Atto di fede e di solidarietà verso un sistema di organizzazione sociale che, se si avverasse, come speriamo e fermamente crediamo, anche in Italia, permetterebbe la realizzazione di quelle speranze che il 1. maggio simboleggia: fusione delle classi sociali in una sola classe di lavoratori e di produttori per il funzionamento di una società che non consenta servi, padroni.

Per la realizzazione di questo disegno, i lavoratori del mare hanno dato la prova di essere maturi col dar vita, sviluppo e movimento alla loro Cooperativa «Garibaldi». Fu sintomatico che toccasse proprio ad essi in Italia l'onore e il piacere di potere agire in maniera fattiva in difesa della gigantesca cooperativa sociale che è la Repubblica dei Soviety. E per noi, che siamo un po' fatalistici, nel senso che crediamo nell'equilibrio di ogni cosa, sia spirituale che materiale, tale fatto ci rafforza nella credenza che il regime della redenzione dei lavoratori, come conseguenza naturale ed inevitabile del consolidamento della Repubblica Comunista Russa, sarà applicato fra non molto tempo anche in Italia.

Con questa convinzione nell'animo, in questo giorno di primo maggio sacro e solenne per le schiere lavoratrici, mandiamo un affettuoso e fraterno saluto a tutti i nostri compagni disseminati nei porti e nei mari del mondo».

 

Tutto ciò è scritto, ripeto, nel giornale federale del maggio 1920.

Quelle navi poi sono partite sotto bandiera italiana, e perciò regolarizzate6






p. -

6 Contro Giulietti è stato poi intentato un grave processo per gli atti con cui da bordo di queste navi i marittimi federati, per impedirne la partenza, avevano portato via pezzi di macchina, denunciati però all'autorità doganale per impedire l'accusa di furto. Il processo andò a monte per amnistia ottenuta per mezzo di Gabriele d'Annunzio.





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