Cap.
XXVII.
UNA CERIMONIA IN
SORDINA
E poichè
siamo in giorni di festa, parliamo brevemente di un'altra cerimonia
tramata alla sordina e all'insaputa di Giuseppe Giulietti, che ebbe
luogo al Palazzo San Giorgio sotto la Presidenza del Chiaro Senatore
Nino Ronco; per la consegna, cioè, di una pergamena e d'una
medaglia d'oro dedicate al Segretario Responsabile della gente di
mare per la sua lunga, instancabile e preziosa opera d'organizzatore,
fondatore della Federazione dei Lavoratori del Mare, creatore della
Cooperativa «Garibaldi», dell'Ufficio di Collocamento,
della Cassa Invalidi, degli Asili per i marinaretti, e delle altre
innumerevoli opere da lui recate a perfezionamento, per evoluzione e
felicità della gente di mare.
Abbiamo detto
tramata alla sordina e infatti se non si fosse proceduto in
tal modo, sarebbe stato impossibile a tutti convincere il Capitano
Giulietti ad accettare una medaglia d'oro, una pergamena sulla quale
un grande Poeta aveva voluto tracciare una splendida dedica. La
modestia del marinaro riminese è di gran lunga superata dai
momenti stessi ch'egli innalzò ai suoi fratelli di dolore, ma
quando seppe della marachella perpetrata, come il lettore sentirà,
da alcuni fedeli suoi amici, lo si vide impallidire, e spegnersi nel
suo sguardo d'aquila quella favilla che vi è sempre accesa,
pronta a scattare per accendergli un sorriso benevolo sulla bocca, o
un dardo di ribellione o di sprezzo. Ma ormai, bisognava subire, e il
Capitano Giulietti, che al pari di un ardito marinaio è anche
un perfetto gentiluomo, questa volta si inchinò al fatto
compiuto.
Fu in seguito al
definitivo consolidamento federale, alla ottenuta riforma alla Cassa
Invalidi e allo impianto della Cooperativa «Garibaldi»
(le tre più grandiose e brillanti vittorie di Giulietti), che
alcuni amici credettero opportuno costituirsi in Comitato per
ottenere dalla gente di mare un segno di affetto per il loro fratello
che tanto aveva fatto per loro. Fu da qualcuno compilata la circolare
seguente e distribuita sui bordi:
« Vi è
un uomo in Italia che ha fatto per il proletariato marittimo quello
che nessun pioniere del movimento Sindacale umanitario ha mai fatto
in tutto il mondo.
«Questo
uomo è il romagnolo Giuseppe Giulietti. Egli è un
marinaio figlio di marinaio, nato in Rimini nel 1879 e marinaio con
suo padre fino a 15 anni in cui fu messo a scuola.
«Di mente
sveglia, fornito di buon senso di giustizia, fino dalla sua apparita
fra gli uomini s'innamorò del Socialismo, toccandogli il cuore
i grandi dolori umani che vedeva sparsi ovunque, e sentì
destare nell'animo i primi aneliti verso la giustizia in azione e non
a chiacchiere. Chiamato al servizio militare non gli mancò
l'occasione di vedere atti di cupa ingiustizia contro i camerati
marinai, e gli sperperi che si consumavano in danno del popolo. Ebbe
occasione di compiere virilmente il suo dovere mettendosi a
disposizione del deputato socialista Enrico Ferri.
«Appena
libero dal servizio militare, viaggiò come Capitano di lungo
corso, compiendo il suo dovere verso l'armatore ma anche verso i suoi
umili compagni di bordo. Per questo fu colpito dal nuovo armatore
della sua compagnia.
«Nell'attesa
di rimbarcarsi riorganizzò i marittimi e da allora continuò
a difenderli. Diede così vita alla Federazione che oggi tutti
i marittimi riunisce e affratella.
«Il
Capitano Giulietti seppe, in pochi anni, portare la Federazione
all'apogeo delle vittorie; premunirsi e difendersi dagli attacchi
armatoriali; disfare le sorde camarille gesuitiche e una infinità
di nemici sordi e invisibili, annidati, talvolta, fino dentro la
famiglia federata; liberarsi dal male con atti sempre generosi
scaturenti dalla libera volontà dei soci; lottare contro
elementi di governo sovente coalizzati con l'armamento per
contrastare la fatale marcia evolutiva della classe marinara;
persuadere uomini di Stato della giustissima battaglia marinara sulla
via della rigenerazione della difesa di diritti in derivazione del
dovere compiuto; ottenere leggi difensive; disciplinare la gente di
mare come una grande famiglia di buoni fratelli; e far penetrare
nelle file sempre più estese il senso più fervido della
fede e dell'ordine in un cameratismo ignoto fino a questi tempi «Dal
Comandante al Mozzo»; entrare con spirito lungimirante nel
terribile conflitto germanico poichè il Giulietti aveva
intuito che più che una guerra di armi sarebbe risultata una
guerra d'idee; infondere a tutti i fratelli del mare quell'ardire che
è tutta l'anima sua di fiero combattente; e a vittoria
conseguita ergersi difensore temibile per i cari martiri che le
nostre file dettero in sì larga copia alla redenzione europea
per la libertà del mondo. Queste sono le verità di
questo marinaio, figlio di marinai, il quale, dopo aver stravinto
ogni genere di battaglie, e di lotte per il bene dei suoi federati,
ha raggiunto il massimo dei suoi desiderii – al cui oggetto,
tanti anni di studi e sacrifici ha dato – per la creazione di
quella Cassa Invalidi che è e sarà la gloria sua più
bella, insieme alla creazione della Casa d'Asilo per gli orfani dei
marinai, sia di quelli caduti nella grande guerra, quanto per gli
altri che la fatalità abbia orbato del padre perito in
servizio sulla nave.
«Ed è
per questo Uomo singolare e buono, per il vostro Capitano Giuseppe
Giulietti, che siete chiamati a dare un atomo del vostro cuore in
forma di sottoscrizione, per dimostrargli, non con un obolo materiale
che non può avere nessun pregio agli occhi di un tal UOMO, ma
per lasciargli un simbolo di gratitudine, di cameratismo e d'affetto.
«Contiamo –
o fratelli – sulla vostra cooperazione segreta».
Il beneplacito dei
compagni marinai non poteva mancare, e il Comitato promotore si
rivolse ai migliori artisti di Genova e di Milano, i quali
prepararono una pergamena, una medaglia d'oro ed un cofano per la
conservazione di quei segni d'affetto.
Tanto sulla
pergamena, quanto sulla medaglia, vi furono scritte le dediche che
qui trascriviamo: quella della pergamena la scrisse di proprio pugno
Gabriele D'Annunzio e dice:
«A Giuseppe
Giulietti compagno e capo irreprensibile che con severo ardimento
cancellò per sempre dalla dura fatica della Gente di Mare quel
che di servile tuttavia restava dell'antica ciurma, la vendicata e
liberata e innalzata anima dei lavoratori grida
l'alalà di vittoria».
Sulla medaglia un
amico vi scrisse7:
Voce di TEMPI NOVI
Accese
Nel cuore Ardente dell'Uomo di
Mare Riminese
Giuseppe Giulietti
Il Giuramento Inestinguibile
Di dare a la Vita
Francar da Rapina
Umanizzare Nella Sublime Luce
Civile
Le Moltitudini Schiave
Dei Mari D'Italia.
Pugnò Strenuo: Silenzioso
soffrì
Qualunque Altra Umana Vilezza
Appostatagli A Le Spalle
A Contrastargli il Sacro Ideale
Ma – oggi – Vede
Il Sogno. L'Utopia La Gloria
Sorridergli Realtà.
e sull'album:
Entro cui stanno
nomi dello Stato Maggiore, Marinai, Impiegati Amministrativi:
Frammenti di cuori rudi ma grati in Eterno al Pioniere senza pari
Onorevole Capitano Giuseppe Giulietti.
La cui ferrea tempra
d'organizzatore sereno trasse le plebi marinare d'Italia ad avere:
«Il Tempio
Federale,
La Cassa Invalidi,
La Cooperativa
Garibaldi,
Asili per Orfani
Gente di Mare,
Uffici di
Collocamento,
Mirabile trionfo del
Suo magnanissimo Cuore di Pioniere e di Fratello.»
Benchè
animati dal più vivo desiderio di descrivere la solenne festa
marinara della consegna all'On. Giuseppe Giulietti di quel segno
d'affetto, sentiamo la impossibilità di farlo, condegnamente:
aborrenti della vana rettorica, perchè il nostro cuore è
semplice e non sa elevarsi agli alti voli della fantasia; e più
anche perchè non ignoriamo l'avversione di Giulietti a tutto
ciò che è artificiale e meschino....
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