Togliamo dal
giornale «IL LAVORO» del 5 Febbraio 1921:
Giulio Tanini malato
«Il vecchio Giulio Tanini è malato. Da due mesi e mezzo non lo vediamo
più al suo consueto lavoro: la sua tipica figura non si scorge per le vie della
città. Il vate che in mille versi cantò la bontà e la libertà e la giustizia, e
che sorse in difesa di tutte le plebi neglette e sfruttate – ultima la sua
campagna per un asilo ai senza tetto, coronata da piena vittoriosa giustizia –
è costretto a letto.
Noi, al compagno buono, all'amico, al fratello mandiamo il saluto
migliore e un augurio fervido: guarisca presto; venga ancora a noi col suo
aperto sorriso, venga con la sua parola d'amore a rafforzare la nostra fede
nell'avvenire».
Ma la malattia, che
lo minava da parecchio tempo, tendeva a vincerlo. La Sua mente però si
conservava lucida e serena. Il verso che riproduciamo lo scrisse di suo pugno
due giorni prima di spirare:
«Quì, del
tragico orror de l'Ospedale,
nel nome vostro un voto al mondo io
grido:
quanti ha figli la terra abbiano un
nido
pieno di canti......»
Il verso era
indirizzato certo ai lavoratori. Non potè finirlo; lasciò la penna, chiese
acqua, si abbandonò dolcemente nelle braccia del buon marinaio Panariello
Raimondo; s'assopì.
Spuntò ancora, il giorno dopo, 28 Giugno, una tenua luce di speranza:
non di guarigione, ma di dilazione. Verso sera s'aggravò; si sentì tanto male.
La fine era imminente.
«IL LAVORO»
del 29 Giugno, pubblicava:
Giulio Tanini aggravato
«Giulio Tanini, da oltre otto mesi ammalato, e attualmente degente
nella casa di salute «Duchessa di Galliera», si è aggravato nella giornata di
ieri, tanto da destare serie preoccupazioni sulla sua guarigione.
Noi ci auguriamo di cuore che egli possa superare la crisi e tornare a
battere le sante battaglie dell'ideale in prò dei lavoratori, di tutti i
miseri, di tutti i reietti, come fece durante la sua vita travagliata e
dolorosa».
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