Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Giulio Tanini
Giulio Tanini nella sua vita e nelle sue opere

IntraText CT - Lettura del testo

  • Alcuni cenni sulla sua vita
Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

Alcuni cenni sulla sua vita

 

Sarebbe molto difficile riassumere in un articolo la vita di quest'uomo, il cui ingegno fu duttile e vasto, la cui mente elevatissima abbracciò quanto è possibile a intelletto umano conoscere.

La sua figura fisica e morale.

La Sua figura era tipica. Occhi glauchi rispecchianti il cielo e il mare immenso; sorriso dolce e aperto. La sua testa incanutita era di un candido immacolato e tutta la sua persona inspirava contemporaneamente confidenza e rispetto.

Egli fu anima profondamente mite ed altruista. Passò nel mondo come un astro di prima grandezza illuminando di purissima luce propria il cammino arduo delle plebi, in ascesa verso migliori destini. Fu seminatore fecondo di bene, che sparse a piene mani. Difese instancabilmente i miseri, i doloranti della vita e fu pago della soddisfazione che ne viene dal dovere religiosamente compiuto. La sua anima tese, come un solo respiro, alla redenzione delle classi povere, dando per esse cuore e intelletto. Fu esempio vivente di rare virtù, fiore esotico, faro di luce inestinguibile.

Dapprima ardente repubblicano e mazziniano, divenne in seguito un apostolo delle grandi dottrine socialiste di cui fu profondo cultore e che propagò incessantemente con la penna e con la voce quando per l'Idea si rischiava la galera.

La sua opera scientifica.

Scrittore forbito, elegante e veemente, attuò nel giornalismo italiano e straniero con diuturno sforzo intellettuale, svolgendo un programma di educazione ed elevazione spirituale delle classi lavoratrici.

Vero poliglotta, conosceva ben quattordici lingue. Si era approfondito inoltre nella chimica e nella fisica; inventò parecchie macchine fra le quali un apparecchio avvisatore di fiume in piena, un telefono altisonante in cui il ricevitore dei fonogrammi può udire da oltre dieci metri di distanza; ideò pure un centralino telefonico automatico e un anemografo che donò a Francesco A. Lanza dell'Istituto Meteorologico Uruguayo di Montevideo.

E a dimostrare che non solo le scienze esatte lo appassionavano, lo vediamo dedicarsi allo studio dei fiori e delle piante. È nel Brasile che studia, attraversando quelle grandi foreste, le proprietà medicinali di certe piante e fiori selvatici brasiliani e scrive un libro di botanica, specialmente dedicato allo studio delle piante di quelle regioni: libro che affidò per la stampa a certo signor Avellino che finì per gabbarlo e negargli i diritti d'autore.

Lavorò col Battelli all'Università di Pisa, col Righi e con lo Schiapparelli. Sotto la sua direzione si costruirono in America ben ventitrè stazioni meteorologiche, e le sue osservazioni di vent'anni sono documentate nei bollettini meteorologici d'Italia.

Lascia inedita una importante opera di chimica ed uno dei più completi formulari di chimica inorganica.

Centinaia e centinaia di articoli, scritti in giornali italiani ed esteri rivelano una profonda conoscenza della materia. Con portentosa facilità espose i soggetti più ardui ed astrusi, sia scientifici che letterari, porgendoli al pubblico senza arie professorali e con un garbo che raramente si riscontra negli scrittori di cose scientifiche.

Nella febbre del buono e del meglio seppe meditare lungamente, astrarsi, scrivere sui gravi problemi dell'esistenza. Compose anche un libro sull'Avviamento allo studio della filosofia; lavoro piano, accessibile a tutte le menti.

La sua opera letteraria.

In letteratura compose versi di un perfetto classicismo soffuso di modernità. Le sue opere principali sono: «Exigua Ingentis» raccolta di circa duecento sonetti; «Calatafimi» opera celebrante la grande epopea garibaldina; «Il lamento del Poeta per un cipresso abbattuto», poemetto dai versi soavi e soffuso di nostalgia infinita; vero gioiello della moderna poesia italiana.

Il lettore ricorderà l'appello lanciato, or non è molto, alla cittadinanza per un asilo ai senza tetto, da dedicarsi al ricordo dell'eroe romagnolo, Amilcare Cipriani. Egli, per racimolare qualche soldo a questo scopo, scrisse «Cenni biografici della vita di Amilcare Cipriani» e un poemetto «Il dolore» dedicato al dolcissimo poeta genovese Carlo Malinverni.

Fra le sue opere pregevoli troviamo «La Garibaldi» peanica marinara; «La Mazzini» altra peanica marinara scritta per l'inaugurazione della nave «Mazzini» della Cooperativa Garibaldi; «L'ombra del viandante» poemetto dedicato alla memoria del caro poeta Roccatagliata Ceccardi.

Le sue opere inedite sono: «Storia della Federazione Marinara; il capitano Giulietti e l'opera sua»; un poemetto dedicato a Luigi Rizzo, l'eroe dell'Amarissimo; «Giulio Pane» che è la storia autentica dei suoi dolori, che Egli dedica al popolo italiano. Narrazione delle vicende della sua vita di continuo lavoro e lotta per la conquista di un pane. Dolori di un uomo che racconta le atroci delusioni patite durante cinquanta anni. Un'opera amara e crudele lanciata con coraggiosa sincerità contro le abiezioni e le iniquità della bassa gora di questo secolo XX.

Fu sopratutto un umanista, un educatore.

Egli fu sopratutto un umanista, un educatore delle masse. Non appartenne a stesso, ma al suo apostolato. Scese nel cuore delle folle per tergerne le lagrime ed i dolori, per alleviarle dalla fatica, per innalzarle alla bellezza e alla dignità della vita.

Sopratutto insegnò coll'esempio.

Visse un dappertutto; fra i popoli di tutto il mondo, e ovunque fece udire alta e serena la Sua voce in difesa dei deboli, degli oppressi.

Ripudiò onori ed agiatezza. Preferì vivere solitario, rimanersene nell'ombra e rischiarare colla bontà della sua luce coloro che lo avvicinavano.

Vita intima. La sua casa.

Abitava da molti anni un piccolo appartamento in via Apparizione. Lassù, fra la pace degli ulivi, di fronte alla natura e al mare, guardando, nelle notti serene, la città illuminata distesa al suo sguardo, Egli s'elevava. La sua mente piegata entro il cuore cercava in versi inspirati il riposo alla sua esistenza travagliata.

Chi ha visitato la sua casa ha potuto dedurne la vita austera che Egli conduceva. Non scrivanie, non biblioteche, non divani. Un'immensa quantità di volumi allineati sopra tavole messe alla meglio. Pareti coperte di ritratti, di incisioni, di quadretti figure salienti della grande epopea italiana che Egli giustamente chiamava la grande rivoluzione di unità; ritratti di scienziati, di scrittori, di poeti e letterati a Lui cari.

Un orologio a pendolo, da Lui stesso costrutto, segnava le ore. Un seggiolone che le sue mani avevano apparecchiato alla meglio con tavole, serviva per riposare alla sera dopo il suo attivissimo lavoro.

Il suo letto: una specie di lunga cassa rettangolare, un pagliericcio pieno di fieno; due lenzuola candidissime e un «puncho» ricordo caro delle sue peregrinazioni nei campi dell'America del Sud.

Amò teneramente la buona e dolce Adelina, fedele costante compagna della Sua travagliata esistenza. Amò ed educò i figli «Con severo amore paterno».

Se Egli avesse pensato di più a se stesso, se non avesse aperto continuamente il borsellino a quanti lo richiedevano d'aiuto o a quanti Egli giudicava bisognosi, avrebbe potuto vivere agiatamente. Ma egli pensava alle migliaia di reietti che dormono all'aperto, ai miseri che la Società condanna alla più dura miseria, e gli sembrava offesa all'onestà un qualsiasi altro miglior modo di vivere.

Cenni biografici.

I seguenti cenni biografici sono ricavati in parte da un suo scritto:

Nacque a Lucca il 29 Luglio 1850, da Pericle, colonnello dell'esercito piemontese. Nel 1859 segue con la madre le vicende del genitore ed assiste, da sotto la tenda da campo, col capo nascosto sotto il grembiule della madre, alle cannonate della battaglia di S. Martino. Nel 1860 gli muore la madre a Parma in seguito agli strapazzi di reggimento. Lascia due figlioletti che il padre non si decide a staccare dal suo fianco, e che porta seco in Sicilia. Giulio ed il fratello seguono il genitore da Catania fino a Palermo. Marcia col reggimento a piedi, sopporta privazioni e disagi, temprandosi per le future e più ardue lotte.

Nel 1862 ritorna col padre in Lombardia e vi rimane fino al 1886, epoca in cui parte da solo alla volta di Lucca dove lo accoglie la nonna. Quivi è posto a studiare latino e greco, ma dopo due anni, mancandogli da vicino la tutela paterna, viene passato alla seconda tecnica. Supera sempre brillantemente gli esami ed è ammirato dai professori i quali scorgono in lui un intelletto superiore. Siamo al 1869 e le condizioni finanziarie della famiglia lo obbligano a cercarsi lavoro. Viene impiegato in Valfonda, nella ferrovia romana, dove spesso deve sorgere in difesa di compagni fatti bersaglio dalle angherie di superiori disonesti.

Per queste difese viene punito e mandato in Maremma dove risiede fino al 1884. Da quest'epoca cominciano le persecuzioni per il suo colore politico internazionalista e per la difesa dei suoi colleghi colpiti ingiustamente. Polemizza sui giornali L'Amico e il Treno. Appena scoppia il colera a Napoli, Egli parte in soccorso dei colerosi e lavora con la squadra Felice Cavallotti; vi rimane fino a che il fiero morbo viene arginato. Gli offrono una medaglia d'oro per l'opera sua, ma Egli la mette in vendita ed offre il ricavo ai colerosi bisognosi.

Per un'ingiusta nomina di un suo collega di molto inferiore in graduatoria, si reca a Firenze per protestare verso il direttore dei telegrafi dal quale dipende. Ricevuto brutalmente, reagisce ed è costretto a passare a vie di fatto. Temendo di essere degradato o licenziato, parte per l'America. Sbarca a Buenos Ayres nel gennaio del 1885; nella grande metropoli Argentina sperso e solo, non trova lavoro: si accontenta di mangiare pane solo e di dormire in una vecchia nave ancorata. Ma Egli non si scoraggia, s'imbarca come marinaio in una carboniera in partenza per New York. Si ferma in questa città ed è costretto a soffrire un mese di fame e a dormire nelle piazze. Nel 1886 è ammesso quale telegrafista in un ufficio di Broad Way. Le sue doti, la sua intelligenza, lo fanno emergere e distinguere. Il direttore lo destina quale telegrafista di 1.a classe a Matanzas. Nel 1887 è mandato per riparazioni di cavi sottomarini nel Brasile, nell'Argentina e nell'Uruguay. Nel 1888 il governo dell'Uruguay gli affida una importante missione che Egli compie scrupolosamente a Milano: indi ritorna nella repubblica Uruguayana e più precisamente a Mercedes, quale capo ufficio delle poste e telegrafi. Viene nominato professore di chimica e fisica nelle scuole superiori di quella città e impianta una importante stazione meteorologica. Dopo molte dolorose vicende, durante le rivoluzioni che agitano quel paese e dopo aver perduto tre figli, abbandona deluso l'America latina e parte per l'Italia. Vi giunge nel 1893, e a Pisa si adatta a fare lo scrivano di un notaio. In quest'epoca scrive un libro di chimica.

Dopo molti dolori e miserie; dopo infinite ingiustizie patite, parte per Tunisi dove trova impiego presso quelle Ferrovie. Gli si impone, dopo qualche tempo, per rimanere al suo posto, la cittadinanza francese; ma Egli rifiuta e nel 1897 ritorna a Livorno dove apre una scuola di lingue e di insegnamento teorico-pratico di telegrafia e di elettricità. Nel 1900 viene a Genova, fonda una scuola e quivi rimane fino al 1908, epoca in cui si reca prima a Londra, poi a New York.

Nel 1911 torna a Genova, dove lo troviamo collaboratore assiduo del quotidiano Il Lavoro ed altri giornali. Volge tutta la sua attività nella lotta per i lavoratori e specialmente per i marinai. Si incontra nel 1913 col capitano Giulietti e quindi si unisce e forma un tutto organico colla Federazione Marinara, alla quale dedica gli ultimi anni della sua prodigiosa attività.

Abbiamo avuto occasione di esaminare un suo voluminoso pacco di corrispondenza. Vi si trovano lettere interessantissime a Lui dirette da illustri uomini di lettere, di arte, di scienza. Ve ne sono del Battelli, Schiapparelli, Righi, William Crookes, W. Kausar, C. Lombroso, Galletti, Kropotkine, Eliseo Reclùs, Papini, Malinverni, Macaggi, Petroni, Viani, Prati, Giuffrè. Sono lettere di lode e di ammirazione.

Si mantenne in costante fraterno rapporto con tutti i garibaldini viventi; specialmente con Elia, il salvatore di Garibaldi, con Cipriani, con Bezzi, Cadolini, Tassara.

Da questo incartamento rileviamo che nella sua permanenza a Mercedes (Uruguay) fondò una Loggia Massonica. Fu segretario di cinque Commissioni navali Argentine, adibite a studi, in Inghilterra, Francia. America.

La Federazione Reduci Garibaldini, che vedeva in Tanini lo studioso appassionato della grande Epopea e un fervente ammiratore di Garibaldi, e garibaldino Egli stesso in fondo all'anima, lo nominò socio onorario perpetuo.

Dalle memorie cui traiamo questi succinti dati, riportiamo integralmente alcuni periodi:

«Amai l'Italia sempre e teneramente l'Umanità.

Di natura mi sento anarchico. Sono irrequieto e ribelle.

Non serbo odio a nessuno. Vogliano i cieli perdonare a me, come io perdonai a tutti coloro che mi uccisero nell'anima, nel corpo e nella mente.

Alla mia buona Adelina non lascio nulla, poichè ella sa che io non ho mai posseduto nulla.

Lascio tutta la mia libreria di 3900 volumi, al mio amico, anzi fratello Capitano Giuseppe Giulietti, con preghiera di accettarla in ricordo del vecchio poeta dei Mille, che tanto a Lui deve d'onore e d'ideali.

Vissi e muoio poverissimo».

Ci chiniamo riverenti; non versiamo sul suo corpo inerte la lacrima di un sol giorno, ma rendiamo onore e omaggio al Pensiero e all'Azione di Lui che vanno oltre la tomba.

 

ATTILIO SCANAVINO

Genova, 1 Luglio 1921.




Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2008. Content in this page is licensed under a Creative Commons License