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Giulio Tanini
Giulio Tanini nella sua vita e nelle sue opere

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  • In memoria del compagno e amico
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In memoria del compagno e amico

 

LODOVICO CALDA

 

Conobbi Giulio Tanini molti anni addietro, poco dopo iniziate le lotte di tendenza in seno al Partito Socialista; da quel momento ebbi sempre da lui parole e scritti di affettuosa approvazione, anche quando il suo pensiero intorno al metodo da seguirsi in determinate circostanze poteva essere un dal mio discosto.

Non m'è dato di parlare de' suoi libri di poesie, perchè le mie deboli forze non me lo permettono. Certamente ne parleranno altri, più competenti di me. Posso dire soltanto che ne ho letto qualcuno con piacere e che nella «Visione di Calatafimi» ho trovato quanto basta per farmi un'idea dell'uomo e dei suoi sentimenti italiani e al contempo universali.

Era molto amico del proletariato per la cui causa ha combattuto durante tutta l'esistenza sua. Ma egli teneva specialmente a educarlo, ad elevarlo moralmente, a renderlo ben consapevole della grande responsabilità che andrà ad assumersi nell'avvenire che esso sta preparando. Non potrà assurgere degnamente al governo della cosa pubblica – egli affermava – se non sarà a ciò degnamente educato e preparato.

E, forse, il molto affetto che nutriva per me derivava anche dal fatto di avermi udito dire queste stesse cose in una riunione di antica data, dove qualcuno leggermente aveva sostenuto che il proletariato era pronto fin d'allora per la gestione sociale.

Mi attese alla porta e volle stringermi la mano e complimentarmi. Tutta la sua anima traspariva in quello istante dalla forza usata nella stretta e dall'atteggiamento del viso sorridente e soddisfatto.

Esaltava tutte le buone opere, il buon Tanini, da chiunque fossero iniziate, lontano le mille miglia da ogni settarismo; era generoso e plaudiva a tutte le generosità; amava e non odiava, e perciò non imprecava mai contro il suo simile.

Era buono sopratutto, molto buono, fortemente buono; proprio come dovrebbe essere sempre un socialista. Male non ha mai fatto, neppure a chi glie ne ha fatto tanto a lui.

Aveva girato mezzo mondo, sbalottato da tutte le correnti, compiendo ovunque sacrifici, accumulando sofferenze ovunque. E a sentirlo raccontare i casi della sua vita, tanto più se tristi, vi apparivano dinanzi agli occhi tutti i suoi sentimenti nobili in tutta la loro perfezione, in tutta la loro squisitezza, in tutta la loro grandezza.

Non s'è mai "esibito" per coprire cariche pubbliche, mentr'egli, sia per la vasta coltura di cui era dotato, sia per la profonda coscienza, ne era assai meritevole, ed avrebbe tenuto nelle sue mani la bandiera dell'ideale certamente assai meglio di certi avventurieri politici partoriti dalla guerra.

Ricordo che un giorno – mentre io e Pietro Chiesa conferivamo insieme sulla bella via di Circonvallazione a Maredove ci eravamo dati convegno per discutere un liberamente di una certa azione tattica da praticare in relazione ad una importante agitazione che interessava il movimento portuario – ci capitò improvvisamente alle spalle e senza altro, ci divise prendendoci sotto braccio e così salutandoci: – Ecco il pensiero e l'azione!

Non so se sintetizzava con perfezione; – so però che quelle parole esprimevano tutto l'animo suo sincero verso i due amici nei quali riponeva immensa fiducia.

Un operaio che aveva fatto sforzi per istruirsi, per educarsi socialmente e per rendersi utile ai propri compagni entusiasmava subito lo spirito di Giulio Tanini.

Ma di Pietro Chiesa egli era addirittura innamorato; ne parlava con grande rispetto, con venerazione, sebbene più giovane di lui, e, a tratti, riflettendo, gli pareva persino impossibile che un operaio che aveva frequentato soltanto i banchi delle elementari, e neanche tutti, potesse alzarsi fino alle più alte vette del sentimento e dell'educazione politica. Dopo morto, me lo ricordava sempre attristandosi, precisamente come se fosse stato un lavoratore riconoscente a chi aveva contribuito ad arrecargli tanti benefici materiali e morali. E negli ultimi mesi di vita Tanini si occupava ancora con premura di Chiesa per poterne conseguire il miglior ritratto onde adornarne una nave della "Garibaldi".

Una sol volta lo vidi adirato, quando un giorno, in Piazza Cavour, assistemmo insieme agli atti di un carrettiere bestiale che non cessava dal battere un quadrupede. Fu li li per andarlo a prendere per il bavero. E da questo episodio appare chiaramente di qual pasta egli fosse formato.

Come pensatore era anarchico; anarchico come lo è il pensiero.

E tale visse e morì, in carattere, porgendo le sue ultime attività ai lavoratori del mare nella cui Famigliacomposta d'uomini di tutte le parti della Nazionevedeva giustamente l'Italia tutta abbracciata all'intera Umanità.

I socialisti, i liberi pensatori, le associazioni operaie, i proletari del braccio e della penna hanno perduto con Giulio Tanini un vero compagno e un vero amico; un severo apostolo, un sicuro educatore, un caro maestro.

Valga il suo esempio a tornarci tutti più fratellevoli e più buoni, a toglier via dalle nostre fila le sciocche divisioni, a farci mettere tutti – dalla testa alla coda – che la diversità di vedute sul fine sociale da raggiungerepurtroppo ancora lontano! – non deve ottenebrarci la mente nello svolgimento dell'azione quotidiana, di fronte alla realtà della vita, per combattere il nemico comune.

 

Genova, 1 Maggio 1922.

 

               

 




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