Prof. F. ERNESTO
MORANDO
I cittadini che con rito modesto ed austero – vale a dire doppiamente
degno dell'Uomo – si accingono a rievocare, nell'opera non peritura, nella
bellezza dell'anima, che ha di per sè tutta la luminosità d'un poema, la figura
di Giulio Tanini, invitano ad «onorare la purissima memoria di
quest'Apostolo dell'Umanità».
Non si potrebbe dire meglio; nè più appropriatamente rendere con
espressione sintetica quell'Uomo, quell'Anima, quell'Arte sua che tutta da tale
Anima sgorgò più ancora, che da una faticosa rielaborazione del pensiero, per
quanto sempre alto, sereno, lungimirante, in Lui.
Degno è ancora che tale rito si compia in questa Genova in cui Egli
visse la parte forse meno affaticata della sua vita; ed una parola di memore
affetto al Cinerario di Lucca che accoglie, purificati traverso la fiamma, i
suoi resti mortali, voli da questa Liguria ch'Egli si avea
«ferma in petto, ardente
come un gran fuoco su cui spiri il vento
aspro del suo Tirreno»
come la
scolpiva prima nel cuore che nel verso la musa severa al Poeta, di cui già ebbi
a scrivere apparire il contrario del Fantasio del Musset, cioè che avea
il mese di Maggio nel cuore; e che a me sembra derivare in linea retta da
Shelley pel generoso sogno del liberato mondo, fede saldissima di tutta la sua
vita, e per quel suo sollevarsi in un afflato possente di su l'onda lirica fino
ad una panteistica contemplazione dell'Universo, e fin dove, con squisito senso
estetico, i postulati della scienza non possano nuocere alle ragioni dell'arte.
Del resto, dell'Uomo e dello Scrittore, disse succosamente e con
sufficiente larghezza, su «Il Lavoro», all'indomani della morte, Attilio
Scanavino;3
ed oggi lo spirito di Giulio Tanini che in vita fu così fieramente avverso ad
ogni vacuo verbalismo, sembra ammonirci di giovar meglio alla sua memoria coi
fatti.
E tra i fatti quest'uno è capitale: Consta a me, e deve constare ad
altri amici, che il Tanini aveva raccolti vasti materiali, grafici e
iconografici, per una compiuta storia della Spedizione dei Mille, e che anzi
quest'opera, se pur non del tutto finita, già dovea trovarsi molto innanzi
nella sua definitiva veste organica.
Gli eredi dovrebbero vedere che ne sia del lavoro e, raccogliendolo,
affidarlo alla Commissione Nazionale per la Storia del Risorgimento, a patto, s'intende, di
curarne la pubblicazione. In tal modo, mi pare, si porgerebbe mirabile
incremento alla storia dell'epopea garibaldina, giovando nobilmente alla
memoria del Poeta di Calatafimi.
Irto di furia è il muto piedistallo.
Gabriele d'Annunzio.
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