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Giulio Tanini
Giulio Tanini nella sua vita e nelle sue opere

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Dovere di riconoscenza

 

Ing. Napoleone Albini

Direttore della Rivista «LA MARINA ITALIANA»

 

 

Chi ha conosciuto Giulio Tanini nelle giornaliere consuetudini della vita, potrà scrivere di Lui come compagno di Lavoro, di Fede, di Lotta; chi lo ha ammirato nelle sue attività letterarie potrà farne risaltare le virtù di Poeta e di Pensatore. A me spetta invece il dovere di riconoscenza di ricordare Giulio Tanini in qualità di unica persona che ebbe il generoso impulso di essermi di appoggio morale allorchè, abbandonata l'uniforme che rivestivo da sei lustri, mossi i primi passi nella letteratura marinara.

Nella nuova missione che avevo scelta con entusiasmo e guidato da grande ed atavico amore alle cose del mare, non portavo che un modesto bagaglio di competenza tecnica e di osservazioni personali, ma tutto ciò non era sufficiente a compensare l'inesperienza giornalistica, a vincere la diffidenza generale che aveva accolto il mio debutto.

I giornalisti di professione giudicavano con un certo disprezzo, misto a curiosità, l'individuo che non usciva dalle loro schiere, che usava metodi diversi e contrastanti con le consuetudini ed anche con le regole tipografiche, assegnavano importanza alle conoscenze marinare e tecniche, poichè queste – in fatto di marina – nel nostro felice Paese sono qualità trascurabili: chiunque diventa scrittore navale purchè sappia sostenere cause particolariste sulla scorta di informazioni generosamente fornite dagli interessati e purchè usi la precauzione di infilare un poco di retorica a base di coscienza navale e di repubbliche marinare del Medio Evo!

I capitalisti del mare non erano secondi nella espressione di scetticismo e di curiosità verso una persona che proveniva da un ambiente completamente diverso da quello mercantile che si dedicava ad atteggiamenti di indipendenza di pensiero, lo consideravano temibile giacchè non si temono i galantuomini, coloro che non mercanteggiano il loro appoggio.

L'entusiasmo che mi guidava non si urtava contro una ostilità vivace, dalla quale avrebbe trovato alimento per intensificarsi, ma si sperdeva in un ambiente di freddezza e di scetticismo, propenso a non pigliarmi sul serio ed a definirmi beffardo, posatore e paradossale, in un ambiente, cioè, nel quale ogni fiamma doveva spegnersi o piegarsi verso la consuetudine equilibrista della stampa cosidetta ben pensante, cioè pensante con il cervello altrui.

Avrei forse finito per cedere ed adattarmi anch'io alla malvacea esposizione di notizie od a pubblicare articoli nei quali i meno puliti interessi tentano paludarsi nel drappo tricolore, se non avessi trovato sulla mia via un uomo che sapevo solo di nome, e che mi venne incontro: Giulio Tanini.

Fu Egli, che, di propria iniziativa, mi chiamò un giorno al telefono per manifestarmi le sue impressioni sull'opera che appena iniziavo e furono parole di fede e di incoraggiamento e sopratutto parole sincere.

I due microfoni che erano serviti alla reciproca presentazione, furono utilizzati ancora per qualche tempo a scambiarci impressioni, ma un giorno volli conoscere personalmente il mio generoso, cortese e sopratutto spontaneo consigliere. Mi recai in un pomeriggio di estate alla Federazione Marinara, che aveva allora sede in Piazza S. Marcellino, e fui introdotto in una stanzetta adibita ad uso di archivio, priva di finestre ed illuminata soltanto da qualche lampadina elettrica: ambiente strano, basso, ristretto, ingombro di carte, ma che costituiva uno sfondo adatto e suggestivo per quella bella figura di vecchio, dall'aspetto ieratico, il cui esile corpo sussultava ad ogni vibrazione del sentimento.

Un breve colloquio, durante il quale sfilarono rapidamente tutte le più gravi questioni sociali e politiche del momento (eravamo a distanza di pochi mesi dall'epoca dell'armistizio ed il mondo fermentava per reazione di quattro anni di sacrifici cruenti e di dolori senza nome) e, pur così diversi per età, per educazione culturale, per passato, ci trovammo uniti nell'identico punto di vista nel giudicare i problemi del momento; costituì una ragione di distacco la diversità sul giudizio dei metodi ai quali ognuno di noi due propendeva per raggiungere la finalità: Egli rispettava il mio pensiero come io rispettavo il suo, perchè entrambi in buona fede e liberi da ogni idea preconcetta.

Da quel momento, senza dircelo apertamente e senza sdilinquirci in mutua adulazione, ci sentimmo attratti l'uno verso l'altro da una sincera simpatia.

Ci trovammo altre volte, conversammo sempre per breve tempo, ma in quelle conversazioni si mettevano ordinatamente le questioni sul tappeto e le discutavamo serenamente e rapidamente.

Giulio Tanini è stato per me una guida, un appoggio morale e se altri lo ha conosciuto nella Lotta e nella Poesia, io l'ho apprezzato nelle relazioni di studio, quando le relazioni stesse assumevano uno spiccato carattere cerebrale e dovevano eliminare il convenzionalismo ed attenuare il sentimentalismo, per avviare i ragionamenti su di una direttiva realistica e pressochè matematica. Difatti Egli, il Poeta, in confronto a me, tecnico, portato alla interpretazione scientifica di ogni questione, diventava freddo analizzatore dei fenomeni sociali ed umani e si immedesimava della ineluttabilità delle eterne dottrine economiche; io, tecnico, innanzi al Poeta vedevo la bellezza dell'idealismo anche in ciò che discordava dalle leggi del materialismo storico; e ci amalgamavamo a vicenda, mai una disparità di vedute apparve insanabile fra noi, perchè entrambi andavamo alla ricerca del Vero, senza essere legati a pregiudizi di casta, di religione o di partito.

Io, che non chiedo mai approvazione o parere prima di esprimere le mie idee, mi rivolgevo spesso al consiglio anche semplicemente telefonico di Giulio Tanini, allorchè si trattava di questioni sociali; ed Egli era sempre pronto ad esaminare benevolmente ed a discutere con spirito largo ed aperto, le più azzardate dottrine e ad incoraggiarmi a lottare per esse, anche se in parte contrastavano con i suoi principi.

Egli era un internazionalista, ma in pari tempo nutriva un amore grande per la sua terra e per il suo popolo, del quale conosceva la potenza insita che deve, per forza di cose, a dispetto di tutte le opposizioni e di tutti gli egoismi altrui, riportarlo alla preminenza della gente di Roma.

Allorquando i gazzettieri, i pennivendoli, ed i deputati eletti a spese dei gruppi bancari e siderurgici cercavano – come cercano tutt'ora – di commovere il pubblico con i ricordi delle repubbliche marinare per decidere il Governo a far costruire – con il sacrificio dei contribuenti – una flotta esuberante ai bisogni nostri, ma utile specialmente agli amministratori delegati ed agli azionisti delle grandi società industriali, Giulio Tanini ed io ci sentivamo invasi da un senso di dolore nel constatare il disonesto tentativo di deformazione dell'opinione pubblica. Eravamo concordi nel giudicare che dal medioevo tutto si è trasformato: le correnti dei traffici, il materiale navale, e delle attitudini naturali dei nostri avi una ancora è rimasta, l'elemento uomo, il marinaio che conserva le antiche virtù ed egli è l'erede delle vecchie glorie mercantili e guerriere.

Ed il marinaio, perciò, deve essere amato e rispettato come si ama un cimelio ed anche più, perchè una torre ed una bandiera lacera è cosa inanimata, inservibile, e non più suscettibile di rendere, mentre la forza del marinaio italiano si rinnovella nelle successive generazioni ed è sempre la stessa: tenace ed eroico come fu nelle lotte contro i corsari barbareschi è stato tenace e glorioso contro le insidie dei sottomarini e lo è giornalmente nella lotta contro la forza bruta.

Giulio Tanini, asceta, apostolo della redenzione del lavoro, portato per sua natura e per sua educazione a rivestire di poesia e di sentimento ogni azione umana, a non fare distinzione fra gli uomini ed a dolorare per i dolori altrui, non si formalizzava dei miei ragionamenti freddi, spesso basati sulla statistica, anzi li apprezzava quando constatava che in essi io facevo delle eccezioni per l'opera del marinaio: gioiva allorchè io distinguevo nettamente il lavoratore ordinario dal lavoratore del mare.

Gli dicevo che l'opera dell'operaio di officina può essere sottoposta all'analisi scientifica per esprimerla in calorie ed in chilogrammi fino ad arrivare all'organizzazione industriale di Taylor nella quale, a mezzo della specializzazione ed al computo minuzioso della produzione, si otteneva il massimo sfruttamento della macchina uomo, e cercavo di mostrargli come questo criterio puramente fisico non fosse inumano, ma traducendosi nella riduzione del costo dei generi corrispondeva all'interesse del consumatore e quindi dell'umanità.

Giulio Taniniidealistarimaneva sorpreso all'enunciazione di una simile dottrina che in ultima analisi traduce matematicamente, a base di numeri, quanto riflette l'opera dei muscoli e trascende dal cuore e dal cervello, ma mi ascoltava ed il suo momentaneo dissenso si trasformava nell'approvazione, quando per contrasto gli esponevo che la stessa analisi matematica adatta per il lavoratore dell'officina non si presta per il lavoratore del mare.

Nelle officine, tanto gli operai quanto i dirigenti, costituiscono un insieme di ruote funzionanti quasi indipendenti l'una dall'altra; l'avaria e la fermata di una di esse non pregiudica l'andamento di tutto il meccanismo e la riparazione si presenta facile, perchè si può scalettare; d'altra parte questo rotismo funziona soltanto per una terza parte del giorno solare ed è un lavoro metodico che deve procedere con ritmo, affinchè possa produrre ed i suoi stessi caratteri meccanici impongono lo studio meccanico del massimo rendimento.

A bordo, invece, il funzionamento è continuo e non è ritmico, ma deve essere elastico, molto spesso bisogna ricorrere al sovraccarico, ed ogni ruota è di importanza vitale: l'errore di un semplice fuochista o la sbadataggine del timoniere non è paragonabile a quello del tornitore che sbaglia un pezzo al tornio, perchè può portare la perdita della nave con le vite ed i tesori che trasporta.

Il cervello, il cuore, ed i nervi che perdono buona parte della loro importanza nella produzione di officina, sono in continua funzione nel marinaio ed egli non può essere analizzato dal lato meccanico, giacchè la meccanica si presta alle forze fisiche e non a quelle psicologiche.

Chi vive sul mare in continua presenza dei pericoli, lottatore dotato di propria personalità e responsabilità, anche se adibito ai più umili servizi, spesso costretto a soffocare le ansie ed i timori per i cari lontani, non può nemmeno essere paragonato per trattamento materiale, per considerazioni sociali, con chi ogni giorno trova conforto negli affetti famigliari e che, lasciato il posto di lavoro, dimentica nel turbinio della vita quanto vi è di aspro e di dolorante nella sua occupazione professionale.

Giulio Tanini, Poeta, ma amante dei marinai, condivideva tali idee e parlandone lungamente, l'ultima volta che lo vidi, quasi presago della sua prossima fine, mi disse: "Io sono vecchio, molto vecchio, più poco tempo ho ancora da vivere, ma ella è giovane ancora e lotti, lotti sempre con fede e fra i tanti problemi che affronta, non tralasci mai di far sentire la sua voce a favore di questa povera gente, che lei conosce e non si unisca al coro di quelli che la combattono per partito preso".

Caro e bel vecchio, dall'aspetto e dall'animo di un saggio dell'Ellade, Poeta gentile e sognatore di una umanità redenta.... Egli fu per me un amico, un consigliere, un critico delicato; mi volle bene perchè specialmente comprendeva che del marinaio avevo studiato ed analizzato il lato psicologico, ed io lo ricordo quale l'unica persona che non sorrise dei miei sforzi, mi comprese e mi aiutò.


 

In solo vivendi causa palato est.

Juvenalis.

 




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