CAMOGLI
Aspro,
incassato fra sentieri astrusi,
su scogli negri viscidi verdastri,
d'un folto azzurro coronato e
d'astri
sempre lucenti ne' silenzi effusi:
sta l'ermo loco aspérrimo, e i
soffusi
verzieri stempra in candidi
alabastri,
fra odor d'alghe e di rose e di
mentastri
da' marmorei balconi, al Sol
dischiusi.
Sacro a
l'Italia è questo adusto nido
di marini ardenti luminosi,
vanto supremo del valor latino
Vola, su' mar' del mondo audace il
grido
che li addita uno ad un rudi e
famosi,
stirpe immutata de l'eroe
Schiaffino.
Avvocato MICHELE BIANCHI
Vi fu un giorno sperduto nella preistoria nebulosa, in cui per la
prima volta l'uomo cessò di essere soltanto un miserabile organismo animale
dominato dall'istinto della conservazione e dall'assillo dei bisogni materiali,
e cominciò a sentire palpiti di pietà per un altro uomo colpito nel corpo o
nell'anima dalla sventura, e venne così a stabilirsi in embrione quello che
diventò poi il sacro principio della solidarietà umana.
Da quel giorno le menti più elette del gregge umano coltivarono in sè
stesse la fede nella missione dell'uomo, considerato non più come individuo
occupato esclusivamente alla ricerca egoistica della propria felicità, ma come
cellula ed elemento della grande famiglia, e come tale tendente ad occuparsi
non solo del proprio benessere ma anche di quello dei propri simili. E questa
religione dell'altruismo doveva di necessità assumere forme e caratteristiche
di ideale e di sistema, ogni qualvolta una mente superiore si volgeva a
considerare non più soltanto la sventura accidentale di un uomo, ma la sventura
costante dei reietti della fortuna, il martirio delle masse sterminate dei
pezzenti e dei malnutriti.
Così, da Cristo a Mazzini, da Mazzini a Marx, si svilupparono le tappe
successive di questo sublime movimento degli uomini migliori, lanciati alla
ricerca della soluzione del problema, di un rimedio che sopprimesse le troppe
infelicità e le troppe ingiustizie che tormentano la dolorante umanità. E
dietro a loro tutta la schiera ognora crescente dei discepoli e degli adoranti,
dei minori apostoli e dei fiduciosi, dei convinti e degli incerti, e in tutti
costoro si andava e si va formando questa divina sensazione della necessità di
ribellarsi alle catene dell'egoismo, di purificare le piccole brutalità della
vita colla gioia di aver contribuito al bene dei propri simili più sventurati.
Ma quale lotta spaventosa per il continuo sospingersi delle anime
buone verso questo ideale e verso questa fede, e la vecchia atavica abitudine
del pensare solamente a sè ed al proprio materiale immediato interesse. Lotta
di ogni giorno, di ogni ora, di ogni minuto, nella quale la vecchia insidia è
costantemente all'agguato, armata della forza immensa che le proviene dalla
stessa nostra costituzione organica di esseri fragili e di schiavi degli
istinti e dei bisogni.
Tutto ciò sanno e sentono bene coloro i quali, nauseati della bassezza
di una vita senza fremiti e senza ideali, senza vittorie e senza sconfitte,
trovano una fonte di gioia nel dedicare le proprie forze spirituali,
intellettuali e materiali, alla lotta per la ricerca di un mondo migliore, e a
questa lotta partecipano colla penna, colla parola, colle armi, e al loro
ideale fanno pur quotidiani sacrifici di ogni specie. Chè ad ogni passo della
loro vita agitata, ad ogni nuovo sacrificio, sentono sì la soddisfazione del
bene compiuto, ma di contro si sentono mordere dal brutale rimprovero del
vecchio istinto che non cede e non disarma mai.
E allora filantropi o agitatori, cospiratori o polemisti, uomini di
piazza od eremiti, sentiamo il rimpianto del tempo perduto, la irritazione dei
disinganni provati, il rincrescimento della minore agiatezza procurata a noi e
ai nostri cari, e dagli angoli più remoti della nostra anima impura, dove sta
accovacciato il bestiale egoismo atavico, sentiamo salire un ghigno sordo che
ne irride agli ideali e tenta riportarci solo alla contemplazione del nostro
personale interesse.
Ma vi sono le rare eccezioni. Vi sono gli uomini che hanno saputo
stroncare definitivamente la catena dell'istinto, che sono riusciti a
strapparsi di dosso questa camicia di Nesso che la matrigna natura ci ha posto.
Giulio Tanini fu uno di queste rare eccezioni. Egli sempre diede e
nulla mai domandò, sempre operò e lavorò pensando agli altri e non a sè, e la
sua gioia del sacrificarsi per il bene collettivo e per la redenzione dei
reietti non fu mai turbata dal triste rimorso del proprio interesse
danneggiato, giammai fu offuscata o sfiorata dall'ombra del dubbio. Riuscì ad
essere un puro, nella più illimitata concezione della parola, e la sua anima fu
dalla prima all'ultima ora sempre egualmente protesa verso il bene altrui e
soltanto verso il bene altrui, senza restrizioni e senza posa.
Nulla di più so dire per venerare il suo ricordo luminoso.
Ad Achille Valenti
dei Mille.
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