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Giulio Tanini
Giulio Tanini nella sua vita e nelle sue opere

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CAMOGLI

 

 

Aspro, incassato fra sentieri astrusi,

su scogli negri viscidi verdastri,

d'un folto azzurro coronato e d'astri

sempre lucenti ne' silenzi effusi:

 

sta l'ermo loco aspérrimo, e i soffusi

verzieri stempra in candidi alabastri,

fra odor d'alghe e di rose e di mentastri

da' marmorei balconi, al Sol dischiusi.

 

Sacro a l'Italia è questo adusto nido

di marini ardenti luminosi,

vanto supremo del valor latino

 

Vola, su' mar' del mondo audace il grido

che li addita uno ad un rudi e famosi,

stirpe immutata de l'eroe Schiaffino.

Giulio Tanini fu un puro
nella più illimitata concezione della parola

 

 

Avvocato MICHELE BIANCHI

 

Vi fu un giorno sperduto nella preistoria nebulosa, in cui per la prima volta l'uomo cessò di essere soltanto un miserabile organismo animale dominato dall'istinto della conservazione e dall'assillo dei bisogni materiali, e cominciò a sentire palpiti di pietà per un altro uomo colpito nel corpo o nell'anima dalla sventura, e venne così a stabilirsi in embrione quello che diventò poi il sacro principio della solidarietà umana.

Da quel giorno le menti più elette del gregge umano coltivarono in stesse la fede nella missione dell'uomo, considerato non più come individuo occupato esclusivamente alla ricerca egoistica della propria felicità, ma come cellula ed elemento della grande famiglia, e come tale tendente ad occuparsi non solo del proprio benessere ma anche di quello dei propri simili. E questa religione dell'altruismo doveva di necessità assumere forme e caratteristiche di ideale e di sistema, ogni qualvolta una mente superiore si volgeva a considerare non più soltanto la sventura accidentale di un uomo, ma la sventura costante dei reietti della fortuna, il martirio delle masse sterminate dei pezzenti e dei malnutriti.

Così, da Cristo a Mazzini, da Mazzini a Marx, si svilupparono le tappe successive di questo sublime movimento degli uomini migliori, lanciati alla ricerca della soluzione del problema, di un rimedio che sopprimesse le troppe infelicità e le troppe ingiustizie che tormentano la dolorante umanità. E dietro a loro tutta la schiera ognora crescente dei discepoli e degli adoranti, dei minori apostoli e dei fiduciosi, dei convinti e degli incerti, e in tutti costoro si andava e si va formando questa divina sensazione della necessità di ribellarsi alle catene dell'egoismo, di purificare le piccole brutalità della vita colla gioia di aver contribuito al bene dei propri simili più sventurati.

Ma quale lotta spaventosa per il continuo sospingersi delle anime buone verso questo ideale e verso questa fede, e la vecchia atavica abitudine del pensare solamente a ed al proprio materiale immediato interesse. Lotta di ogni giorno, di ogni ora, di ogni minuto, nella quale la vecchia insidia è costantemente all'agguato, armata della forza immensa che le proviene dalla stessa nostra costituzione organica di esseri fragili e di schiavi degli istinti e dei bisogni.

Tutto ciò sanno e sentono bene coloro i quali, nauseati della bassezza di una vita senza fremiti e senza ideali, senza vittorie e senza sconfitte, trovano una fonte di gioia nel dedicare le proprie forze spirituali, intellettuali e materiali, alla lotta per la ricerca di un mondo migliore, e a questa lotta partecipano colla penna, colla parola, colle armi, e al loro ideale fanno pur quotidiani sacrifici di ogni specie. Chè ad ogni passo della loro vita agitata, ad ogni nuovo sacrificio, sentono sì la soddisfazione del bene compiuto, ma di contro si sentono mordere dal brutale rimprovero del vecchio istinto che non cede e non disarma mai.

E allora filantropi o agitatori, cospiratori o polemisti, uomini di piazza od eremiti, sentiamo il rimpianto del tempo perduto, la irritazione dei disinganni provati, il rincrescimento della minore agiatezza procurata a noi e ai nostri cari, e dagli angoli più remoti della nostra anima impura, dove sta accovacciato il bestiale egoismo atavico, sentiamo salire un ghigno sordo che ne irride agli ideali e tenta riportarci solo alla contemplazione del nostro personale interesse.

Ma vi sono le rare eccezioni. Vi sono gli uomini che hanno saputo stroncare definitivamente la catena dell'istinto, che sono riusciti a strapparsi di dosso questa camicia di Nesso che la matrigna natura ci ha posto.

Giulio Tanini fu uno di queste rare eccezioni. Egli sempre diede e nulla mai domandò, sempre operò e lavorò pensando agli altri e non a , e la sua gioia del sacrificarsi per il bene collettivo e per la redenzione dei reietti non fu mai turbata dal triste rimorso del proprio interesse danneggiato, giammai fu offuscata o sfiorata dall'ombra del dubbio. Riuscì ad essere un puro, nella più illimitata concezione della parola, e la sua anima fu dalla prima all'ultima ora sempre egualmente protesa verso il bene altrui e soltanto verso il bene altrui, senza restrizioni e senza posa.

Nulla di più so dire per venerare il suo ricordo luminoso.


 

Ad Achille Valenti

dei Mille.

 

 




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