CARLO MALINVERNI
AI Poeta GIULIO TANINI
Aspice, venturo laetentur ut omnia saeculo.
Quel, che di
calma era cortese e d'ombra,
vecchio fosco cipresso, al suo
Poeta,
grave in sua lenta mole, il suolo
ingombra
come un atleta.
Cadde il
gigante, cui tanti anni invano
il turbine squassò: l'altero è
domo,
insidiosamente, da la mano
ferrea de
l'uomo.
In che o in
chi, crudel, l'uom non prorompe
se l'ira accoglie ne l'avaro seno?
Talmente, nube in ciel nera
corrompe
il bel sereno.
E aveano i
padri, un dì, sopra quel monte
l'arbor piantato, e il rito era
solenne:
pia memoria! – De i figli oimè! le
impronte
man non
rattenne.
Cadde: – oh!
apriche lontane primavere,
quando tra i rami al vento
susurranti
s'udiano mattinar garrule schiere
nel sol
festanti;
e un batter
d'ale, un pispigliar sommesso,
e voli e amori e nozze e canti e
gridi;
chè nel cuore del nero ermo
cipresso
erano i nidi.
Tu stanco o
disilluso o disdegnoso,
antico Vate di ribellïone,
tu a lui chiedevi oblio calma
riposo
e una canzone.
E la musa venia
fida compagna,
onde il poeta con le belle rime
si leva (e la speranza ringavagna)
a vol sublime.
Ben s'accordava
a l'intenzion de l'arte
la schietta forma del tuo carme
austero,
e sigillavi in palpitanti carte
il tuo
pensiero:
pensiero di
bontà, pensier d'amore,
che sente l'uomo a cui di ben far
giova,
mentre intravede piena di splendore
un'età nuova.
Ed ecco, rotte,
al suol le inique spade
strumento d'ira e cupidigia folle,
e preparar l'aratro per le biade,
frante le
zolle.
Lavoro e
civiltà, campo e officina,
e la man ne la man, –
fraternamente: –
questo il bene (per esso l'uom si
affina)
che a l'uom non
mente.
Da l'alto a te
nel cor una speranza
viene, o Poeta, di vicina aurora:
bella iddia, Libertà rapida
avanza....
cúrvati e
adora.
1920
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