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David Lazzaretti
Visioni e profezie

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  • LA TERRA DEI GRANDI
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LA TERRA DEI GRANDI

 

La mattina del 25 Aprile 1868, ritornato da Siena, dove ero andato pe' miei interessi, fui assalito, appena entrato in casa, da un brivido che poco mi durò, ma mi venne un calore alla testa che si calmò e appresso risentii un violento accesso di febbre che mi durò fino alle sei di sera. Per l'abbattimento patito mi addormentai d'un profondo sonno, nel quale ebbi la seguente visione:

Mi sembrava di essere sulla riva del mare a poca distanza di una folta foresta. Le onde del mare erano sì furenti che sembrava volessero sommergere tutta la terra. Le acque agitate dalla tempesta erano sì torbide come quelle di un fiume dopo una lunga pioggia. Io osservava con spavento questo maestoso spettacolo, allorchè in mezzo delle onde furiose mi accorsi che veniva verso la sponda una piccola barca agitata dai cavalloni che da un momento all'altro pareva che la volessero inghiottire. Io pregavo il cielo per questa povera barca, poichè temevo che qualche passeggero si trovasse dentro. Io non m'ingannavo.

Allorchè la barca fu giunta alla sponda, mi accorsi che in essa stava a sedere un vecchio che teneva tra le mani un solo remo. Pertanto egli era tranquillo e pieno di maestà come se fosse stato seduto sopra ad un trono.

Benchè il vento la respingeva in alto mare, pure la barca giunse alla riva. Mi appressai per vedere chi era quest'uomo e vidi che la barca e il remo erano di bronzo. A questa vista il mio stupore si raddoppiò. Io salutai il vecchio nocchiere che rispose al saluto con profondo inchino, ma senza parlare. Esso era vestito da una lunga tonaca nera con una cintura di cuoio bianco, ed aveva i sandali legati al collo del piede con una striscia di cuoio del medesimo colore. Le gambe erano nere, ed aveva la testa coperta da un berretto di color rossastro, sembrava un turbante. Portava una lunga barba nera e riccia come i suoi capelli. Aveva il colore abbronzato; e i suoi occhi vivi, mi richiamavano a memoria la fisonomia del frate che vent'anni avanti mi aveva parlato nel deserto.

D'un salto si slancia fuori della navicella, e pianta sulla sabbia il suo pesante remo di bronzo che profonda più di mezzo braccio. Poi prende una corda di color celeste fissata alla parte di prua, e l'attacca al remo. Cosa sorprendente, per me! ogni volta che la barca si moveva galleggiando per le onde agitate, questa corda produceva un suono simile a quello di un'arpa. Allorchè il vecchio ebbe legata la corda al remo mi parlò in questi termini essendo stati ambedue in silenzioOggi l'Inferno è tutto in commozione, ma la sua collera si frangerà contro la forza di colui che regna. – Sì, sì, mio buon vecchio gli dissi, Dio solo ha potuto salvarvi da questa spaventosa tempesta. Si direbbe che realmente l'inferno si è scatenato.– L'inferno sarà scatenato, mio buon giovane, mi rispose, ma invano ruggisce contro la potenza di Colui che regna.

L'uomo che confida in Lui, non perisce giammai. –

Egli pronunziò queste parole con tanta forza e maestà che la sua voce rimbombò per tutta la spiaggia del mare, e fece l'eco del deserto. Io rimasisorpreso, e stupefatto, che non seppi dire più nulla. Egli pronunciò ancora qualche parola a voce bassa di cui non potei comprendere il senso.

Intanto riprendendo un po' di coraggio, gli domandai da dove veniva. Egli rispose: Io vengo dalla terra dei grandi; io quì son venuto per illuminare coloro che sono caduti nelle tenebre, e sono mandato da Colui che presiede alla forza di tutto il mondo. Rammentati che io un giorno ti trovai tra le tenebre del deserto, e ti dissi che la tua vita era un mistero. Tu mi potrai riconoscere, come io stesso conobbi te. –

– Ah sì, mio buon vecchio, dissi, appena vi ho scorto nella navicella, ho riconosciuto la vostra fisonomia; io solamente sono rimasto dubbioso pel cangiamento della vostra veste. – Sappi, riprese, che l'abito non cangia persona. Ora come ti promisi, ci siamo ritrovati; tu mi hai creduto; la tua fede merita la mia amicizia. – E per darmi una testimonianza mi prese la mano destra dicendomi: – Osserva tutto e non temer di nulla. – Appena egli ebbe pronuziato queste parole, si fece sentire un grido terribile.

Preso da spavento, strinsi tra le braccia il buon vecchio, che mi esortò ad aver coraggio e a nulla temere: ma egli ciò fece in tal modo, che le sue parole sembravano piuttosto un ordine che preghiera.

Alzai gli occhi e vidi venire verso di noi, sulle onde del mare un mostro marino a tre teste. Quella di mezzo aveva tre corna, le altre ne avevano due, e queste corna erano sì brillanti che abbagliavano gli occhi. Il mostro si avanza presso la barca, e il timore maggiormente m'invade. Il vecchio che se ne accorge, m' incoraggia dicendomi che il di lui furore sarebbe tosto abbattuto.

Questo mostro era di una grandezza enorme; aveva quattro piedi come quelli di un elefante, e il corpo come quello del porco. Dalla schiena in giù prendeva la forma di un serpente di smisurata grandezza colla coda piegata sul dorso.

Mentre il mostro si avvicinava alla spiaggia, si ode un ruggito dalla parte della foresta. Volgo i miei sguardi verso questa parte, e vedo un leone che si avanza a passi lenti andando incontro al mostro marino. Questo, scorto il leone, si slancia dal mezzo delle acque spumanti, e si trova in faccia al formidabile avversario. Allora comincia una lotta terribile: il mostro manda fuori latrati assordanti, ma il leone resta calmo, lo combatte con valore, fino che l'orribile mostro cade atterrato sulla spiaggia del mare. Era appena abbattuto l'orrido mostro che si vede uscire dalla foresta una tigre che viene ruggendo per gettarsi sopra il leone. Il Re dei deserti senza timore e senza collera attacca la tigre che combatte lungamente ma infine cade morta, vicino al mostro marino.

Nell'istesso istante si vede uscire nuovamente dalle onde furiose del mare un orso marino i di cui muggiti acuti rassomigliano al rumore del tuono quando ripercuote il suono delle foreste e sulle spiagge dell'oceano. Si scaglia sul leone e combatte con furore, ma ben tosto esso ancora cade vittima del suo pacifico nemico. Mentre l'orso marino spirava sulla sabbia, una pantera piena di rabbia e di furore esce dalla foresta e si scaglia egualmente sull'invincibile leone. Questo si mette in guardia, e attacca questo nuovo nemico e dopo un combattimento lungo ed accanito, la feroce pantera cade parimente stramazzata al suolo.

Allora si vede nuovamente uscire dai flutti del mare un orribile lupo marino la cui enorme bocca lasciava vedere due file di lunghi denti, i di cui muggiti facevano fremere fino alle ossa. Esso pure osa misurarsi col leone, ma esso prova la stessa sorte che le altre.

Quando il lupo marino cadeva in questa lotta gigantesca, si vide uscire dalla foresta una iena terribile. Essa comincia a mandar fuori urli acuti e a girare intorno al leone, che si guarda da ogni parte per non farsi sorprendere. Improvvisamente balza sopra il leonee lo prende pel collo.

L'invincibile animale scuotendosi con forza, si svelle dalla sua stretta e la getta a rovescio sulla sabbia distante da lui sei o sette piedi. La iena si rialza, e resa più feroce per questa disfatta, si slancia alla faccia del leone, ma questi le una zampata sulla testa e la stende cadavere accanto delle altre bestie feroci. La lunga durata del combattimento mi aveva fatto dubitare dell'esito finale dell'invincibile leone il quale in fine rimase vittorioso di questi sei suoi terribili nemici.

Stanco per questa lunga lotta il leone, si sdraia sulla sabbia accanto alle sei vittime e si addormenta. Allora vidi distaccarsi dalla volta del cielo un raggio di luce simile all'arcobaleno: io la vidi risplendere sulla testa del Leone addormentato, e formarvi un'abbagliante nuvola della sua chiarezza divina. Nello stesso momento dalle quattro parti principali del mondo si alza un vento così impetuoso che sembra voglia schiantare tutta la vicina foresta: alla fine questo vento si cangia in un uragano devastatore: esso comincia a sollevare la sabbia e si precipita dove sono i sei cadaveri delle bestie feroci: in un colpo d'occhio li disperde traverso le acque e la sabbia. Cessa l'uragano, il leone si sveglia si alza sopra la sabbia, e manda quattro ruggiti volgendosi verso i quattro punti cardinali, e manda l'ultimo verso la parte d'Oriente. Una folta nuvola si alza dal mare e cadendo sopra il leone lo ricopre e lo fa sparire ai nostri occhi. Poi spira da Ponente un venticello che dissipa la nuvola e il leone non si vede più.

Cessa ancora la tempesta del mare e in un momento le acque ritornano pure e limpide, e il cielo si mostra azzurro e calmo come un bel giorno di primavera.

Il vegliardo ed io che avevamo ammirato in silenzio questa terribile scena, ci guardammo ambedue, come se fossimo due statue immobili. Il vegliardo per primo ruppe il silenzio e mi disse queste parole: «Hai tu osservato le diverse fasi di questa scena, e come il pacifico leone sia invincibile? Le sei bestie feroci piene di rabbia e di furore sono state vinte in una sola volta, e la luce divina ha voluto coronare la sua vittoria. Questo pure è un mistero, di cui più tardi avrai la rivelazione. Intanto seguimi nella mia navicella: ora il mare è tranquillo; quindi nulla evvi da temere». E prendendomi per mano mi aiuta a salire. Poi ritira il remo dalla sabbia, e sale anche lui nella barca. Si pose a sedere in mezzo, come per lo innanzi tenendo nella destra il pesante remo col quale di tempo in tempo faceva camminare la fragile imbarcazione.

Noi rimanemmo l'uno e l'altro qualche istante senza parlare ma mi feci coraggio e gli dissi «Ascoltatemi, mio buon vecchio, se la mia vita è un mistero, io non voglio domandarmi la rivelazione di cosegrandi, ma desidererei sapere dove mi conducete, chi siete, e come è che questa barca e questo remo sono di bronzo, mentre tutte le altre sono di legno».

«Tu saprai ch'io sono, mi rispose, quando avrai eseguito una missione. Seguimi nella mia navicella e non temere. È vero che questa è di bronzo, e tutte le altre sono di fragile legno. Sappi che invano il mare rugge contro di essa, mentre il suo urto contro tutte le altre barche più piccole o grandi è irresistibile. Colui che l'ha fabbricata, è il più abile architetto dell'universo e sappi che mai è stata fatta una simile a questa. Innumerevoli sono coloro che hanno tentato di farle uguali, ma sempre invano. Si sono fatte e si fanno ancora ma appena gettate sulla superficie delle acque, o sono state sommerse alla prima tempesta, o sono state distrutte al primo urto della mia».

Durante questo discorso del vecchio, noi avevamo percorso una grande estensione di mare e da ogni parte che volgevo gli sguardi, non vedevo che cielo e acqua.

«Quì, disse il buon vecchio, bisogna esaminare da qual parte dobbiamo andare. Noi siamo venuti dalla parte di ponente, dunque bisogna dirigersi dalla parte di levante». E la barca che era volta verso mezzogiorno, fu diretta verso levante. Dopo aver navigato lungamente, scorgemmo vicino a noi una penisola.

Il vecchio indicandomela col dito, mi disse: « dobbiamo sbarcare». Io gli domandai come si chiamava questa terra ed egli rispose: «Questa è la terra dei grandi».

«Il suo nomesoggiunsi io. «Il suo nome era quello del Lazio, io non saprei dirti come si chiama ora, perchè le false dottrine che la infestano sono innumerevoli». Non volli più forzarlo a rispondere, perchè vidi che appena rispondeva.

Poco tempo dopo approdammo nella penisola all'imboccatura di un fiume che discendeva dalla parte di levante. Sopra a ciascuna riva del fiume si alzavano ridenti colline coperte dai più belli frutti della terra e da fiori di ogni specie. Il vecchio rivolgendosi verso di me disse: «Noi siamo giunti», e prendendo la corda di color celeste esce dalla barca e l'attacca al tronco diuno dei cedri che bagnavano le acque del fiume. Quest'albero era di una sì smisurata grandezza che, secondo me, non esiste uno simile in tutto l'universo. Esso era talmente carico di frutti, che era una meraviglia a vederlo.

Discesi ambedue dalla navicella, prendemmo un viale dalla parte di Nord. vi era un giardino, che nulla aveva di terrestre. Infatti rimasi incantato nel vedere un luogobello, sì pieno di frutti e di fiori, che esalavano un odore così soave da non paragonarsi a tutti i profumi della terra. Giunto in fondo di questo viale, vidi un bellissimo prato in mezzo al quale zampillavano tre fontane, formando un triangolo, e lontane l'una dall'altra da dodici a quindici metri. In mezzo al triangolo era un gran masso di pietra, simile a un deposito formato dalle acque. Mi ci misi a sedere, e vidi che le tre fontane facevano tre limpidi ruscelli che si riunivano e formavano una sola corrente. Il vecchio rimase ritto avanti a me. Allora mi misi a considerare lo scoglio e vidi che erano scritte queste paroleIudicium Dei. Hic vir pulvis est. – Mentre leggevo questa iscrizione, il vecchio poco a poco si era allontanato da me. Ritornò al posto dopo un momento, portando nelle sue mani due pomi grossissimi. Sedette vicino a me alla destra, e mi diede uno di quei pomi, dicendomi di mangiarlo, come lui pure lo mangiò. Il sapore di questo pomo era tutto differente da quello dei pomi della terra. Era veramente squisito. Questo pomo aveva la forma di un granato, e i grani che conteneva erano come piccoli confetti di varii colori. Allorchè ne ebbi mangiato, provai una sete incredibile. Mi alzai e andai a bere alla fontana che era alla mia destra, la di cui acqua aveva un sapore squisitissimo. Questo pomo e quest'acqua mi avevano, per così dire, fatto rinascere a novella vita. Il vecchio aveva fatto come me. Ritornai a sedere sullo scoglio, e il vecchio si mise di nuovo avanti a me, e così mi parlò. – Ti ripeto ancora, la tua vita è un mistero, un ti sarà rivelato. Ora conviene che tu compia la tua missione. – Io sono pronto a far tutto ciò che vorrete, gli risposi. All'opra dunque, – aggiunse. Mi fece alzare e pronunciò una parola che non potei comprendere. Nello stesso tempo una specie di coperchio si alza sopra lo scoglio, e il vecchio mettendo la mano destra, tira fuori un grosso volume. Egli pronuncia un'altra parola, lo scoglio si richiude, e riprende la stessa posizione di prima.

A questo spettacolo, rimango stupefatto, credendo di essere in qualche luogo d'incanto. Preso da timore, seggo una terza volta sullo scoglio, e il vecchio si mette ritto davanti a me, ma in un'attitudine e maestà, che io non potei riguardarlo senza tremare. Egli aprì il libro, il di cui colore era turchino, e nel dorso erano scritte in lettere di fuoco le due prime parole incise sullo scoglio e cominciò a parlare in questi termini.

– Da venti anni io veglio sopra di te, ed ho appreso da questo volume che ti sei reso degno di una sì grande Missione. Ciò che ti ha fatto grande avanti agli occhi della Giustizia, è la devozione verso Maria Vergine, prima guida di sapienza al cielo e sulla terra. Rammentati di ciò che ti dissi nel deserto, e ascolta ciò che ora ti dico.

Vedi tu queste tre sorgenti? Qui è racchiusa la giustizia del cielo e della terra. Qui sono stati fabbricati la barca, il remo e la corda che li sostiene. Qui abita il pacifico e l'invincibile leone. Qui in fine è racchiusa la bellezza del mondo. Sappi che tutta la razza dei mostri del mare, e tutta la ferocia delle bestie crudeli della terra soccomberanno sotto la forza dell'invincibile leone. L'inferno unito con essi non potrà prevalere contro la potenza di Colui che regna. – Egli stette qualche momento pensoso, poi fissando gli occhi sul libro continuò così.

– Per seguire la volontà di Colui che regna, e di me che ti parlo, tu andrai a Roma e rivelerai tutte queste cose a Colui che presiede sulla terra alla giustizia del cielo e della terra. Non ti arrestare per timore, per rifiuto degli uomini, della sua Corte, perchè essi dipendono da me. Non temere alla loro voce perchè tu comprenderai risuonare in essa l'eco della mia: parla francamente, e in atto naturale. Io sarò con te. In mezzo alla Corte cerca Colui che presiede al mio posto, tu lo saluterai col nome di Grande. Parlandogli, guarda che nessuno ti ascolti. Gettati ai suoi piedi, e domandagli di esporre la tua missione. Se tu non sei ascoltato, ritirati in un Convento della provincia di Roma, presso Montorio Romano, e ricorri alla preghiera e all'astinenza. Fuggi tutte le società degli uomini, eccetto il religioso che dimora presso questo convento, e che ti farò conoscere per differenti segni. In questo convento tu attenderai al compimento della tua missione. Allorchè tu sarai ascoltato, ecco ciò che tu dirai al religioso. Io sono il mandato di Colui che regna in tutti i luoghi, e vengo per ordine di Colui, di cui tenete il posto.

Raccontagli le nostre conferenze. Se t'interroga, rispondi alle sue domande, ma non dare alle tue parole l'aria di mistero. Taci se egli vuole. Sii dolce e obbediente... Non pensare ad altra cosa; ti dico – la tua vita è un mistero, che un giorno ti sarà rivelato. –

Dicendo queste parole egli contemplava il cielo, dove non si vedeva alcuna nube. In questo momento intesi il rumore di un tuonoforte che io mandai un grido di spavento, e subito mi svegliai. Era l'ora dell'Ave Maria del mattino che intesi suonare alla mia parrocchia, mentre il rumore del tuono sembrava risuonarmi alle orecchie. Rivolsi nella mente le diverse circostanze del sogno fatto, e pensando al frate che mi aveva trovato venti anni avanti nel deserto, credetti tanto più volentieri alle di lui parole, poichè tutto ciò che avevo veduto ed inteso, mi sembrava di averlo veduto ed inteso, tutto svegliato.

Riconobbi tuttociò un mistero, ma non sapevo a qual partito appigliarmi. Nello stato di commozione non potei riposare giorno, notte. Infine mi decisi di andare a Roma.




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