La
mattina del 25 Aprile 1868, ritornato da Siena, dove ero andato pe' miei
interessi, fui assalito, appena entrato in casa, da un brivido che poco mi
durò, ma mi venne un calore alla testa che si calmò e appresso risentii un
violento accesso di febbre che mi durò fino alle sei di sera. Per
l'abbattimento patito mi addormentai d'un profondo sonno, nel quale ebbi la
seguente visione:
Mi
sembrava di essere sulla riva del mare a poca distanza di una folta foresta. Le
onde del mare erano sì furenti che sembrava volessero sommergere tutta la
terra. Le acque agitate dalla tempesta erano sì torbide come quelle di un fiume
dopo una lunga pioggia. Io osservava con spavento questo maestoso spettacolo,
allorchè in mezzo delle onde furiose mi accorsi che veniva verso la sponda una
piccola barca agitata dai cavalloni che da un momento all'altro pareva che la
volessero inghiottire. Io pregavo il cielo per questa povera barca, poichè
temevo che qualche passeggero si trovasse dentro. Io non m'ingannavo.
Allorchè
la barca fu giunta alla sponda, mi accorsi che in essa stava a sedere un
vecchio che teneva tra le mani un solo remo. Pertanto egli era tranquillo e
pieno di maestà come se fosse stato seduto sopra ad un trono.
Benchè
il vento la respingeva in alto mare, pure la barca giunse alla riva. Mi
appressai per vedere chi era quest'uomo e vidi che la barca e il remo erano di
bronzo. A questa vista il mio stupore si raddoppiò. Io salutai il vecchio
nocchiere che rispose al saluto con profondo inchino, ma senza parlare. Esso
era vestito da una lunga tonaca nera con una cintura di cuoio bianco, ed aveva
i sandali legati al collo del piede con una striscia di cuoio del medesimo
colore. Le gambe erano nere, ed aveva la testa coperta da un berretto di color
rossastro, sembrava un turbante. Portava una lunga barba nera e riccia come i
suoi capelli. Aveva il colore abbronzato; e i suoi occhi vivi, mi richiamavano
a memoria la fisonomia del frate che vent'anni avanti mi aveva parlato nel
deserto.
D'un
salto si slancia fuori della navicella, e pianta sulla sabbia il suo pesante
remo di bronzo che profonda più di mezzo braccio. Poi prende una corda di color
celeste fissata alla parte di prua, e l'attacca al remo. Cosa sorprendente, per
me! ogni volta che la barca si moveva galleggiando per le onde agitate, questa
corda produceva un suono simile a quello di un'arpa. Allorchè il vecchio ebbe
legata la corda al remo mi parlò in questi termini essendo stati ambedue in
silenzio – Oggi l'Inferno è tutto in commozione, ma la sua collera si frangerà
contro la forza di colui che regna. – Sì, sì, mio buon vecchio gli dissi, Dio
solo ha potuto salvarvi da questa spaventosa tempesta. Si direbbe che realmente
l'inferno si è scatenato.– L'inferno sarà scatenato, mio buon giovane, mi
rispose, ma invano ruggisce contro la potenza di Colui che regna.
L'uomo
che confida in Lui, non perisce giammai. –
Egli
pronunziò queste parole con tanta forza e maestà che la sua voce rimbombò per
tutta la spiaggia del mare, e fece l'eco del deserto. Io rimasi sì sorpreso, e
stupefatto, che non seppi dire più nulla. Egli pronunciò ancora qualche parola
a voce bassa di cui non potei comprendere il senso.
Intanto
riprendendo un po' di coraggio, gli domandai da dove veniva. Egli rispose: Io
vengo dalla terra dei grandi; io quì son venuto per illuminare coloro che sono
caduti nelle tenebre, e sono mandato da Colui che presiede alla forza di tutto
il mondo. Rammentati che io un giorno ti trovai tra le tenebre del deserto, e
ti dissi che la tua vita era un mistero. Tu mi potrai riconoscere, come io
stesso conobbi te. –
– Ah sì,
mio buon vecchio, dissi, appena vi ho scorto nella navicella, ho riconosciuto
la vostra fisonomia; io solamente sono rimasto dubbioso pel cangiamento della
vostra veste. – Sappi, riprese, che l'abito non cangia persona. Ora come ti
promisi, ci siamo ritrovati; tu mi hai creduto; la tua fede merita la mia
amicizia. – E per darmi una testimonianza mi prese la mano destra dicendomi: –
Osserva tutto e non temer di nulla. – Appena egli ebbe pronuziato queste
parole, si fece sentire un grido terribile.
Preso da
spavento, strinsi tra le braccia il buon vecchio, che mi esortò ad aver
coraggio e a nulla temere: ma egli ciò fece in tal modo, che le sue parole
sembravano piuttosto un ordine che preghiera.
Alzai
gli occhi e vidi venire verso di noi, sulle onde del mare un mostro marino a
tre teste. Quella di mezzo aveva tre corna, le altre ne avevano due, e queste
corna erano sì brillanti che abbagliavano gli occhi. Il mostro si avanza presso
la barca, e il timore maggiormente m'invade. Il vecchio che se ne accorge, m'
incoraggia dicendomi che il di lui furore sarebbe tosto abbattuto.
Questo
mostro era di una grandezza enorme; aveva quattro piedi come quelli di un
elefante, e il corpo come quello del porco. Dalla schiena in giù prendeva la
forma di un serpente di smisurata grandezza colla coda piegata sul dorso.
Mentre
il mostro si avvicinava alla spiaggia, si ode un ruggito dalla parte della
foresta. Volgo i miei sguardi verso questa parte, e vedo un leone che si avanza
a passi lenti andando incontro al mostro marino. Questo, scorto il leone, si
slancia dal mezzo delle acque spumanti, e si trova in faccia al formidabile
avversario. Allora comincia una lotta terribile: il mostro manda fuori latrati
assordanti, ma il leone resta calmo, lo combatte con valore, fino che
l'orribile mostro cade atterrato sulla spiaggia del mare. Era appena abbattuto
l'orrido mostro che si vede uscire dalla foresta una tigre che viene ruggendo
per gettarsi sopra il leone. Il Re dei deserti senza timore e senza collera
attacca la tigre che combatte lungamente ma infine cade morta, vicino al mostro
marino.
Nell'istesso
istante si vede uscire nuovamente dalle onde furiose del mare un orso marino i
di cui muggiti acuti rassomigliano al rumore del tuono quando ripercuote il
suono delle foreste e sulle spiagge dell'oceano. Si scaglia sul leone e
combatte con furore, ma ben tosto esso ancora cade vittima del suo pacifico
nemico. Mentre l'orso marino spirava sulla sabbia, una pantera piena di rabbia
e di furore esce dalla foresta e si scaglia egualmente sull'invincibile leone.
Questo si mette in guardia, e attacca questo nuovo nemico e dopo un
combattimento lungo ed accanito, la feroce pantera cade parimente stramazzata
al suolo.
Allora
si vede nuovamente uscire dai flutti del mare un orribile lupo marino la cui
enorme bocca lasciava vedere due file di lunghi denti, i di cui muggiti
facevano fremere fino alle ossa. Esso pure osa misurarsi col leone, ma esso
prova la stessa sorte che le altre.
Quando
il lupo marino cadeva in questa lotta gigantesca, si vide uscire dalla foresta
una iena terribile. Essa comincia a mandar fuori urli acuti e a girare intorno
al leone, che si guarda da ogni parte per non farsi sorprendere.
Improvvisamente balza sopra il leonee lo prende pel collo.
L'invincibile
animale scuotendosi con forza, si svelle dalla sua stretta e la getta a
rovescio sulla sabbia distante da lui sei o sette piedi. La iena si rialza, e
resa più feroce per questa disfatta, si slancia alla faccia del leone, ma
questi le dà una zampata sulla testa e la stende cadavere accanto delle altre
bestie feroci. La lunga durata del combattimento mi aveva fatto dubitare
dell'esito finale dell'invincibile leone il quale in fine rimase vittorioso di
questi sei suoi terribili nemici.
Stanco
per questa lunga lotta il leone, si sdraia sulla sabbia accanto alle sei
vittime e si addormenta. Allora vidi distaccarsi dalla volta del cielo un
raggio di luce simile all'arcobaleno: io la vidi risplendere sulla testa del
Leone addormentato, e formarvi un'abbagliante nuvola della sua chiarezza
divina. Nello stesso momento dalle quattro parti principali del mondo si alza
un vento così impetuoso che sembra voglia schiantare tutta la vicina foresta:
alla fine questo vento si cangia in un uragano devastatore: esso comincia a
sollevare la sabbia e si precipita là dove sono i sei cadaveri delle bestie
feroci: in un colpo d'occhio li disperde traverso le acque e la sabbia. Cessa
l'uragano, il leone si sveglia si alza sopra la sabbia, e manda quattro ruggiti
volgendosi verso i quattro punti cardinali, e manda l'ultimo verso la parte
d'Oriente. Una folta nuvola si alza dal mare e cadendo sopra il leone lo
ricopre e lo fa sparire ai nostri occhi. Poi spira da Ponente un venticello che
dissipa la nuvola e il leone non si vede più.
Cessa
ancora la tempesta del mare e in un momento le acque ritornano pure e limpide,
e il cielo si mostra azzurro e calmo come un bel giorno di primavera.
Il
vegliardo ed io che avevamo ammirato in silenzio questa terribile scena, ci
guardammo ambedue, come se fossimo due statue immobili. Il vegliardo per primo
ruppe il silenzio e mi disse queste parole: «Hai tu osservato le diverse fasi
di questa scena, e come il pacifico leone sia invincibile? Le sei bestie feroci
piene di rabbia e di furore sono state vinte in una sola volta, e la luce
divina ha voluto coronare la sua vittoria. Questo pure è un mistero, di cui più
tardi avrai la rivelazione. Intanto seguimi nella mia navicella: ora il mare è
tranquillo; quindi nulla evvi da temere». E prendendomi per mano mi aiuta a
salire. Poi ritira il remo dalla sabbia, e sale anche lui nella barca. Si pose
a sedere in mezzo, come per lo innanzi tenendo nella destra il pesante remo col
quale di tempo in tempo faceva camminare la fragile imbarcazione.
Noi
rimanemmo l'uno e l'altro qualche istante senza parlare ma mi feci coraggio e
gli dissi «Ascoltatemi, mio buon vecchio, se la mia vita è un mistero, io non
voglio domandarmi la rivelazione di cose sì grandi, ma desidererei sapere dove
mi conducete, chi siete, e come è che questa barca e questo remo sono di
bronzo, mentre tutte le altre sono di legno».
«Tu
saprai ch'io sono, mi rispose, quando avrai eseguito una missione. Seguimi
nella mia navicella e non temere. È vero che questa è di bronzo, e tutte le
altre sono di fragile legno. Sappi che invano il mare rugge contro di essa,
mentre il suo urto contro tutte le altre barche più piccole o grandi è
irresistibile. Colui che l'ha fabbricata, è il più abile architetto
dell'universo e sappi che mai è stata fatta una simile a questa. Innumerevoli
sono coloro che hanno tentato di farle uguali, ma sempre invano. Si sono fatte
e si fanno ancora ma appena gettate sulla superficie delle acque, o sono state
sommerse alla prima tempesta, o sono state distrutte al primo urto della mia».
Durante
questo discorso del vecchio, noi avevamo percorso una grande estensione di mare
e da ogni parte che volgevo gli sguardi, non vedevo che cielo e acqua.
«Quì,
disse il buon vecchio, bisogna esaminare da qual parte dobbiamo andare. Noi
siamo venuti dalla parte di ponente, dunque bisogna dirigersi dalla parte di
levante». E la barca che era volta verso mezzogiorno, fu diretta verso levante.
Dopo aver navigato lungamente, scorgemmo vicino a noi una penisola.
Il
vecchio indicandomela col dito, mi disse: «Là dobbiamo sbarcare». Io gli
domandai come si chiamava questa terra ed egli rispose: «Questa è la terra dei
grandi».
«Il suo
nome?»soggiunsi io. «Il suo nome era quello del Lazio, io non saprei dirti come
si chiama ora, perchè le false dottrine che la infestano sono innumerevoli».
Non volli più forzarlo a rispondere, perchè vidi che appena rispondeva.
Poco
tempo dopo approdammo nella penisola all'imboccatura di un fiume che discendeva
dalla parte di levante. Sopra a ciascuna riva del fiume si alzavano ridenti
colline coperte dai più belli frutti della terra e da fiori di ogni specie. Il
vecchio rivolgendosi verso di me disse: «Noi siamo giunti», e prendendo la
corda di color celeste esce dalla barca e l'attacca al tronco diuno dei cedri
che bagnavano le acque del fiume. Quest'albero era di una sì smisurata
grandezza che, secondo me, non esiste uno simile in tutto l'universo. Esso era
talmente carico di frutti, che era una meraviglia a vederlo.
Discesi
ambedue dalla navicella, prendemmo un viale dalla parte di Nord. Là vi era un
giardino, che nulla aveva di terrestre. Infatti rimasi incantato nel vedere un
luogo sì bello, sì pieno di frutti e di fiori, che esalavano un odore così
soave da non paragonarsi a tutti i profumi della terra. Giunto in fondo di
questo viale, vidi un bellissimo prato in mezzo al quale zampillavano tre
fontane, formando un triangolo, e lontane l'una dall'altra da dodici a quindici
metri. In mezzo al triangolo era un gran masso di pietra, simile a un deposito
formato dalle acque. Mi ci misi a sedere, e vidi che le tre fontane facevano
tre limpidi ruscelli che si riunivano e formavano una sola corrente. Il vecchio
rimase ritto avanti a me. Allora mi misi a considerare lo scoglio e vidi che
erano scritte queste parole – Iudicium Dei. Hic vir pulvis est. – Mentre
leggevo questa iscrizione, il vecchio poco a poco si era allontanato da me.
Ritornò al posto dopo un momento, portando nelle sue mani due pomi grossissimi.
Sedette vicino a me alla destra, e mi diede uno di quei pomi, dicendomi di
mangiarlo, come lui pure lo mangiò. Il sapore di questo pomo era tutto
differente da quello dei pomi della terra. Era veramente squisito. Questo pomo
aveva la forma di un granato, e i grani che conteneva erano come piccoli
confetti di varii colori. Allorchè ne ebbi mangiato, provai una sete
incredibile. Mi alzai e andai a bere alla fontana che era alla mia destra, la
di cui acqua aveva un sapore squisitissimo. Questo pomo e quest'acqua mi
avevano, per così dire, fatto rinascere a novella vita. Il vecchio aveva fatto
come me. Ritornai a sedere sullo scoglio, e il vecchio si mise di nuovo avanti a
me, e così mi parlò. – Ti ripeto ancora, la tua vita è un mistero, un dì ti
sarà rivelato. Ora conviene che tu compia la tua missione. – Io sono pronto a
far tutto ciò che vorrete, gli risposi. All'opra dunque, – aggiunse. Mi fece
alzare e pronunciò una parola che non potei comprendere. Nello stesso tempo una
specie di coperchio si alza sopra lo scoglio, e il vecchio mettendo la mano
destra, tira fuori un grosso volume. Egli pronuncia un'altra parola, lo scoglio
si richiude, e riprende la stessa posizione di prima.
A questo
spettacolo, rimango stupefatto, credendo di essere in qualche luogo d'incanto.
Preso da timore, seggo una terza volta sullo scoglio, e il vecchio si mette
ritto davanti a me, ma in un'attitudine e maestà, che io non potei riguardarlo
senza tremare. Egli aprì il libro, il di cui colore era turchino, e nel dorso
erano scritte in lettere di fuoco le due prime parole incise sullo scoglio e
cominciò a parlare in questi termini.
– Da
venti anni io veglio sopra di te, ed ho appreso da questo volume che ti sei
reso degno di una sì grande Missione. Ciò che ti ha fatto grande avanti agli
occhi della Giustizia, è la devozione verso Maria Vergine, prima guida di
sapienza al cielo e sulla terra. Rammentati di ciò che ti dissi nel deserto, e
ascolta ciò che ora ti dico.
– Vedi
tu queste tre sorgenti? Qui è racchiusa la giustizia del cielo e della terra.
Qui sono stati fabbricati la barca, il remo e la corda che li sostiene. Qui
abita il pacifico e l'invincibile leone. Qui in fine è racchiusa la bellezza
del mondo. Sappi che tutta la razza dei mostri del mare, e tutta la ferocia
delle bestie crudeli della terra soccomberanno sotto la forza dell'invincibile
leone. L'inferno unito con essi non potrà prevalere contro la potenza di Colui
che regna. – Egli stette qualche momento pensoso, poi fissando gli occhi sul
libro continuò così.
– Per
seguire la volontà di Colui che regna, e di me che ti parlo, tu andrai a Roma e
rivelerai tutte queste cose a Colui che presiede sulla terra alla giustizia del
cielo e della terra. Non ti arrestare per timore, nè per rifiuto degli uomini,
nè della sua Corte, perchè essi dipendono da me. Non temere alla loro voce
perchè tu comprenderai risuonare in essa l'eco della mia: parla francamente, e
in atto naturale. Io sarò con te. In mezzo alla Corte cerca Colui che presiede
al mio posto, tu lo saluterai col nome di Grande. Parlandogli, guarda che
nessuno ti ascolti. Gettati ai suoi piedi, e domandagli di esporre la tua
missione. Se tu non sei ascoltato, ritirati in un Convento della provincia di
Roma, presso Montorio Romano, e ricorri alla preghiera e all'astinenza. Fuggi
tutte le società degli uomini, eccetto il religioso che dimora presso questo
convento, e che ti farò conoscere per differenti segni. In questo convento tu
attenderai al compimento della tua missione. Allorchè tu sarai ascoltato, ecco
ciò che tu dirai al religioso. Io sono il mandato di Colui che regna in tutti i
luoghi, e vengo per ordine di Colui, di cui tenete il posto.
Raccontagli
le nostre conferenze. Se t'interroga, rispondi alle sue domande, ma non dare
alle tue parole l'aria di mistero. Taci se egli vuole. Sii dolce e
obbediente... Non pensare ad altra cosa; ti dico – la tua vita è un mistero,
che un giorno ti sarà rivelato. –
Dicendo
queste parole egli contemplava il cielo, dove non si vedeva alcuna nube. In
questo momento intesi il rumore di un tuono sì forte che io mandai un grido di
spavento, e subito mi svegliai. Era l'ora dell'Ave Maria del mattino che intesi
suonare alla mia parrocchia, mentre il rumore del tuono sembrava risuonarmi
alle orecchie. Rivolsi nella mente le diverse circostanze del sogno fatto, e
pensando al frate che mi aveva trovato venti anni avanti nel deserto, credetti
tanto più volentieri alle di lui parole, poichè tutto ciò che avevo veduto ed
inteso, mi sembrava di averlo veduto ed inteso, tutto svegliato.
Riconobbi
tuttociò un mistero, ma non sapevo a qual partito appigliarmi. Nello stato di
commozione non potei riposare nè giorno, nè notte. Infine mi decisi di andare a
Roma.
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