Me ne
stavo facendo le mie solite orazioni in ginocchio dentro la Grotta; in tempo di due
minuti mi vidi la Grotta
illuminata a giorno, e alla distanza di trenta passi circa, si vede un buio
come di folta nebbia. Io vedendo questo, rimasi sbalordito dallo stupore, e non
sapevo come pensarla di questo fatto soprannaturale. Vedo entrare nella Grotta
un giovane di alta statura vestito all'antica con capelli lunghi che gli
cadevano sopra gli omeri e tagliati tutti a un paro; senza far parola prende
una pietra in un muricciolo e si mette a sedere dalla parte sinistra entrando
nella Grotta. Dietro di lui vedo entrare una donna, tutta vestita a bruno, che teneva
un velo, fissato in mezzo alla testa, ma pendeva dietro le spalle, i capelli
erano ravvolti in un nodo dietro il collo. Questa pure senza far parola si mise
a sedere in una pietra che vi era; appena entrati nella Grotta a sinistra. Essa
rimaneva di fronte a me; mi fissa gli occhi addosso con uno sguardo sì benefico
che ne rimasi come incantato, sentendo una emozione soprannaturale che non so
nemmeno descrivere. Appena messa a sedere la donna, entra un uomo di alta
statura, tutto ravvolto in un mantello nero con cappello tondo contenente una
lunga penna nera, con stivali corti con rovescini di cuoio bianco. Questo pure
si mette a sedere senza far parola dalla parte destra sopra una pietra che vi
era. Appena messo a sedere l'uomo del mantello nero, entra un frate con tonaca
di color cenere, con cordone bianco, con sandali e senza niente in testa. Dà
uno sguardo a coloro che vi erano, e senza far parola passa fra mezzo e viene a
mettersi a sedere sopra una pietra poco distante da me dalla parte destra entrando
nella Grotta. Io guardo questa scena fermo al mio posto, come fossi stato una
pietra, incantato dallo sguardo benefico della donna che mi stava davanti. Il
frate dopo avermi osservato ben bene si alza in piedi e così prese a dire: «Mi
riconosci? Vedi che io non ti abbandono, dovunque tu vada». A queste parole mi
sentii un brivido per tutte le ossa, ma non feci parola, e se anche avessi
voluto parlare, conosco che non avrei potuto. Il frate continuò: «Qui era
d'uopo che tu venissi. Ora ti sarà rivelato il mistero di tua vita dallo
spirito di quelle poche ossa che tu hai scavato di sotto terra». Quando guardo,
le ossa che avevo scavato fuori della Grotta, stavano davanti al suo spirito,
ossia dell'uomo del mantello nero. «Ora, seguitò il frate, con senno ascolta
quello che ti dirà il tuo sedicesimo Avo», colla mano mi accennava lo spirito
delle ossa, e cessa di parlare.
Alzandosi
in piedi lo spirito delle ossa, (e svoltosi il mantello gli si vedeva un busto
di diversi colori) così prese a dire: «Fu volere dell'Altissimo e della sua
divina Madre, quì presente, che quì tu venissi».
A queste
parole tutti si alzarono, e fecero un inchino alla donna, e mi parve di essere
inchinato, ed allora mi accorsi che quella era la Madonna, perchè a quel
nome mi sentii come un colpo nel cuore. Ella pure inchinandosi si alza e
pronuncia queste parole: «Il Padre mio che regna nell'alto de' cieli,
acconsente con amore ad ogni mia domanda». E così dicendo alzò la testa
accennando colla destra in alto. A quest'atto si spalancò la Grotta in un baleno, e vidi
una corona di Angeli, che si partivano sopra il suo capo e arrivavano fino alle
stelle. In cima vidi l'Eterno che teneva una palla grande in mano, tutta
scintillante di fuoco e stava in atto di gettarla sopra la terra: dalla sua
destra vidi Gesù che approvava a braccia aperte, e colla mano destra accennava
giù in terra la sua divina Madre. E potei ben riconoscerlo dalle sue
sacratissime piaghe, che mostrava scolpite nelle mani, nei piedi e nel costato.
La beatissima Vergine stava colla testa alzata e colle mani aperte in atto di
preghiera, e alquanto abbassandole, tutta mesta e addolorata così soggiunse: «È
infinita la misericordia del Padre mio, ma le iniquità degli uomini l'hanno
provocato a sdegno e chi lo trattiene è la presenza di me e dell'amato figlio».
Qui resta di parlare e la
Grotta ritorna nella sua naturalezza e di nuovo si rimise a
sedere sulla pietra. Lo spirito delle ossa prosegue il suo discorso.
«Era
d’uopo che il mio 16.° rampollo risorgesse fra i popoli, come parlarono le
scritture fin da secoli sopra secoli. Io fin dalla sua prima infanzia supplicai
nella Corte celeste, acciò fosse preparato e protetto dall'Altissimo. Fui
esaudito. Fu guardato con occhio di pietà giù nel deserto fra le tenebre,
motivo per cui fece scendere il suo servo sotto sembianza di religioso mortale
a dotarlo di quelle virtù che gli hanno fatto strada alla grazia. Fu messa a
prova la sua fede per il corso di venti anni; fra mezzo alla corruzione degli
uomini è vissuto secondo gli ordini, e secondo come parlano le scritture. Il
suo sangue fu sconosciuto da tutti. Fu privo di titoli e tenui sono stati i
suoi mezzi, ma grande ed abbondante è stata la sua fede. Dalle tre rivelazioni
e dai tre viaggi fatti a Roma ha dimostrato la sua obbedienza senza adombrarsi
di un minimo sospetto. Anzi si è fortificata sempre più la sua fede colle
ripulse degli uomini. Qui si è ritirato obbediente ai comandi del servo di
Dio».
A queste
parole si alzarono tutti e fecero un inchino profondo al Frate.
«Qui si
è assoggettato all'ultimo limite della preghiera e dell'astinenza; quì l'ho
potuto riscontrare degno del merito che deve. Il suo spirito fu incrollabile
alla mia prima voce in ombra. Esso mi ascoltò con fede, e con fede eseguì il
mio comando. Ha tratto il mio caduco corpo dalla dimenticanza dei mortali. Ora
la fama che ravviva di me sopra le mie ossa, sarà moltiplicata in lui fra i
popoli di tutta la terra. Io sono discendente del più nobile sangue deiPrincipi
d'Europa, ma non ebbi dritto alla stirpe perchè nacqui da donna di altro uomo.
Colui che fu appellato agli occhi del mondo, mio Padre, era dei più rinomati
nobili d'Italia di... Io fui appellato suo figlio di seconde nozze. Della sua
prima moglie, quando io era sul mondo, teneva tre figli maschi, ma essi furono
nemici mortali della mia fama. Quando cadde la mia patria in mano dei Galli,
ebbi avversa la fortuna, e mi toccò abbandonarla, e andare emigrando fra i
popoli d'Italia. Mi ritirai per diverso tempo in Parma. Qui diedi origine al
mio sangue, ma senza legame di matrimonio, con certa Massimina, figlia di un
rinomato negoziante di tela. Il bambino che nacque da lei fu battezzato in nome
mio, e fu chiamato Lazzaro, perchè nacque il dì di S. Lazzaro. Mi partii da
Parma e andai a Roma. Fui accolto nella Corte di Leone X con molta stima, e qui
fra l'armonia dei suoni e al brio delle Muse, essendovi i più rinomati
personaggi di Europa, trovai la mia rovina, perchè qui mi feci strada al
delitto. Fui ferito da una nobile incantatrice femmina. Oh misero! che tuttora
ne sento ribrezzo, mi feci assassino del di Lei marito, il Conte di Pitigliano,
e dopo che fui mostro di tanta iniquità, infine la ottenni per sposa. Ma
l'orrore del mio delitto mi fece cambiare le di lei magiche attrattive in
ribrezzo e spavento. Ma con tutto ciò io seppi sacrificare me stesso, simulando
il tutto con arte di vero sicario. Sappi però che il motivo principale che mi
aprì la strada al delitto fu il troppo amore alla fede e alla mia patria natia.
Per mezzo di questa femmina mi feci Signore di diverse città e Castelli e per
questa strada impugnai nuovamente le armi in riscatto della mia patria natia.
Mi fu la fortuna avversa e crudele al sommo. In tempo della mia assenza da lei,
rimasi un'altra volta misero sulla terra; poichè ebbi le nuove che era morta e
non potei sapere la ragione di sua morte. Mi risolvei di portarmi in Germania a
trovare l'altro bersaglio della fortuna il Signor... di Milano, cacciato dai
Galli. Quì un colpo inaspettato mi fece legare in matrimonio nuovamente colla
Signora... stata un dì moglie dell'empio Signore di Perugia, e aiutato da Lei e
dal Signor... di Milano mi misi nuovamente alla testa di non pochi valorosi
lombardi e prussiani e venni a tentare l'ultima fortuna della mia patria. Oh
misero! fui tradito e in fine rimasi in preda dell'avverso destino colla
perdita di tutti i miei più valorosi lombardi. Fui preso prigioniero nelle
vicinanze di Como, e fui portato a Milano, dove mi fu decretata la sentenza di
morte.
Un
miracolo del cielo volle salvarmi l'anima e la vita. Avendo saputo il sig... di
Francia della mia condanna di morte, ne trattava una sera insieme colla sua
famiglia. A questo suo parlare sortì fuori un giovanetto suo figlio di sette, o
otto anni, che così gli disse: – Ah Papà! ti prego salvare la vita a quel
giovane italiano, perchè stanotte mi sono sognato che stava genuflesso ai tuoi
piedi chiedendoti la vita e ti chiamava col nome di Padre.
A queste
parole il sig... di Francia si arrestò, e gli sovvenne delle antiche pratiche
con mia madre. Così subito fece revocare la mia sentenza di morte, mi fece
chiamare a sè, e nello stesso tempo fece spargere la voce che io fossi stato
giustiziato. Mi narrò il fatto accadutogli, e mi fece intendere le antiche
sofferenze avute con mia madre. Mi ordinò però che non mi facessi più vedere in
Italia, pregandomi che glielo giurassi, e tanto caldamente mi pregò, che in
fine glielo giurai. Anzi di più gli giurai, che non avrei più impugnate le armi
in tutto il tempo di mia vita. Mi diè una somma considerevole di denaro, onde
poter vivere in terra straniera, e di nuovo gli promisi di non farmi conoscere
al mondo. Ed infatti come gli promisi, così feci. Da Francia sconosciuto da
tutti, mi portai a Parma a ritrovare la donna che riteneva il sangue mio. Le
narrai tutta la mia vita, e tutto quello che mi era accaduto. La pregai che il
mio figlio non più si chiamasse a nome mio, ma Lazzaro Lazzaretti, perchè temei
che i miei fratelli un dì per gelosia di sangue non si dovessero vendicare sopra
l'innocente fanciullo. Le consegnai tutta la somma che mi avea data il sig...
di Francia. La pregai che lo avesse educato nel santo timore di Dio e nel sacro
amore della patria e della fede, e dandogli un ultimo amplesso mi partii per
sempre da loro. Presi la strada di Roma, ma sempre traversando le foreste per
non essere conosciuto da nessuno, e qui infine mi ritirai sconosciuto da tutti,
come penitente. Vi sono vissuto quarantacinque anni, e qui sotto questa grotta
furono seppellite le mie ossa. Dopo diverso tempo furono levate, e messe sopra
quella volta, e dalla volta, da poco tempo, un benefico pastore di questa
terra, il quale sono pochi anni che è morto, le sotterrò, dove tu le hai
scavate. Quì sotto questa grotta piansi amaramente il mio assassinio, chiesi di
tutte le mie colpe perdono a Dio, e caldamente pregai il cielo che il sangue
mio un dì fosse riconosciuto fra i popoli.
Lungo è
stato il tempo, ma infine per mercè della Gran Madre di Dio, che a noi sta
presente, furono esaudite le mie preghiere. (Nuovamente a queste parole si
alzarono tutti inchinandosi a Lei). Sì, questo è quel preservato del sangue
mio, che dev'essere riconosciuto fra i popoli, e rivoltosi a me, mi dice: – Ora
per ultimo mio comando prendi queste ossa, mettile dentro una cassa di legno,
chiudile bene, e mettici quattro sigilli, lasciaci un pegno riconoscente della
tua persona, e imprimi sopra il coperchio queste lettere. M. P. Tutto questo
farai avanti ai testimoni, e portala nella Chiesa antica di Montorio, ove farai
celebrare una Messa solenne a tue spese. Ti sia d'avviso di non manifestare a
nessuno il mio nome».
Qui
cessò di parlare, e principiò il Frate così dicendo:
– Egli
non farà nè più, nè meno di quello che esige la sua Missione, – e rivoltosi a
me, dice – quando sarai chiamato, portati da chi ti vuole, e digli a nome di me
che il tempo passa e l'inferno si avanza nelle sue intraprese; digli che non
sia tardo alla voce di chi regna su tutti; digli che ti giudichi col cuore, e
non col senno, da grande. Digli che molti sono che lo corteggiano, ma che tra
essi vi è chi lo insidia. Digli che non sia freddo in porti fede, se non vuole
che tardi sorga il pentimento. Digli che tu sei stato fatto nobile da chi è più
ponente dei potenti. Digli finalmente che da te i popoli attendono la loro
salute. E se ei non ascoltasse la tua voce, ritirati che io farò conoscere la
forza di tua Missione. Guai, guai, se Ei ti prendesse a scherno. Ascolta questo
che or ti narro, e mettilo in pratica per sorvegliare i popoli. –
Qui
resta di parlare il Frate, e prese a parlare la donna, che mi aveva incantato
col suo sguardo. Alzandosi in piedi Ella, si alzarono pure gli altri, che le
s'inchinarono riverenti; solo io stavo immobile come una statua, però mi
sentivo una gioia internamente, che non saprei descrivere. La donna alzando la
testa (si apre la Grotta
nel modo sopradetto, e vidi le solite immagini) così prese a dire:
– È
infinito l'amore e la confidenza che io tengo coll'eterno mio Padre, e
coll'amato mio Figlio, e perciò da me si dirigono le vicende di tutti i viventi
della terra, e ad un sol mio cenno stanno pronte tutte le milizie celesti, e
tremano tutti i demoni d'averno.
Tutto il
creato da me in pari tempo dipende, sta riverente ai miei ordini ed attende la
mia parola. Tu, rivolgendoti a me, che fra tutti i figli degli uomini viventi
sulla terra, fosti prescelto a tanta Missione; tu che per più secoli fosti
raccomandato al Padre mio con perenni preci dal grande M. P. (accennando
all'uomo delle ossa) che rinunziò alla grandezza della terra per farsi servo
del Padre mio; restò muto il suo nome per più secoli; ma ora per decreto del
cielo risorgerà fra i popoli della terra, tu verrai rivestito dell'illustre suo
sangue. Io ti benedico in questa Santa Grotta sotto gli occhi del Padre mio,
dell'amato mio Figlio, e di tutta questa milizia celeste che mi sta di sopra, e
di questi tre fedeli miei servi. Per parte mia ti dono virtù sopranaturale, e
questa sarà sapienza e protezione dei grandi della terra.
Come
pure in virtù mia sarà benedetta tutta la tua progenie. –
Qui
cessa di parlare e la Grotta
ritorna nella sua naturalezza.
Il
giovane che non aveva mai parlato, si alza da sedere, fa un inchino alla donna
e un atto come per chiedere il permesso della parola, ed Ella fece cenno di
approvazione, e allora il giovane rivolgendosi a me così dice:
– Io che
sono il primo dei militi dell'Altissimo, ed ho virtù di essere invincibile
contro tutti i demoni d'averno, mi sarà grato in mercè della mia Signora
(accennando la donna) il farti dono di essere invincibile contro coloro che
verranno contro la religione del vero Dio. –
Qui
tacque e prese la parola l'uomo delle ossa così dicendo:
– Ora in
attestato di quello che da me gli è stato rivelato, per ultimo faccio dono
della nobiltà del sangue mio, e gli dono in parte il santo amore della fede e
quello della patria. – Quì cessa di parlare e per ultimo riprese la parola il
Frate, che a me rivolto disse:
– Tutto
ciò che fin quì ti è stato concesso, è in mercè della tua buona fede, e di
Colei (accennando la donna) che tutto il creato ha ad ogni minimo cenno
obbediente. Ora io pure in mercè sua posso ultimare sì alto mistero,
testificando col farti in nome di Colui che regna, mio cavaliere e di più col
metterti una marca in fronte per essere riconosciuto fra i popoli. –
Così
dicendo fa due passi avanti, mi mette la mano sinistra dietro il collo, e colla
destra mi dà una grossa manata fra lo stomaco ed il corpo; poi portandosi la
palma della stessa destra alla bocca, vi dà una grande fiatata, e quindi me la
imprime sulla fronte, sicchè mi sentii morire di dolore, e credei che mi avesse
fracassato il cranio, e quando mi lasciò disse: – Se vinci questa delle
battaglie, sei vincitore. –
In
quest'istante tornò buio come prima e non vidi uscire dalla Grotta che il Frate
e l'uomo delle ossa. Tentai seguirli, ma in quest'istante si levò un vento così
forte, che mi rovesciò per terra e mi trasportò di tutto peso da un canto
all'altro, della Grotta. Insomma la tempesta era infernale e gridai – Gesù e
Maria aiutatemi e mi gettai sopra le ossa pregando. In tale stato fui fino a
giorno, giacchè la tempesta sarà durata sette ore. E se io non morii, fu tutta
opera divina. A Dio spetta darne relazione.
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