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David Lazzaretti Visioni e profezie IntraText CT - Lettura del testo |
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LO SPIRITO DELLE OSSA
Me ne stavo facendo le mie solite orazioni in ginocchio dentro la Grotta; in tempo di due minuti mi vidi la Grotta illuminata a giorno, e alla distanza di trenta passi circa, si vede un buio come di folta nebbia. Io vedendo questo, rimasi sbalordito dallo stupore, e non sapevo come pensarla di questo fatto soprannaturale. Vedo entrare nella Grotta un giovane di alta statura vestito all'antica con capelli lunghi che gli cadevano sopra gli omeri e tagliati tutti a un paro; senza far parola prende una pietra in un muricciolo e si mette a sedere dalla parte sinistra entrando nella Grotta. Dietro di lui vedo entrare una donna, tutta vestita a bruno, che teneva un velo, fissato in mezzo alla testa, ma pendeva dietro le spalle, i capelli erano ravvolti in un nodo dietro il collo. Questa pure senza far parola si mise a sedere in una pietra che vi era; appena entrati nella Grotta a sinistra. Essa rimaneva di fronte a me; mi fissa gli occhi addosso con uno sguardo sì benefico che ne rimasi come incantato, sentendo una emozione soprannaturale che non so nemmeno descrivere. Appena messa a sedere la donna, entra un uomo di alta statura, tutto ravvolto in un mantello nero con cappello tondo contenente una lunga penna nera, con stivali corti con rovescini di cuoio bianco. Questo pure si mette a sedere senza far parola dalla parte destra sopra una pietra che vi era. Appena messo a sedere l'uomo del mantello nero, entra un frate con tonaca di color cenere, con cordone bianco, con sandali e senza niente in testa. Dà uno sguardo a coloro che vi erano, e senza far parola passa fra mezzo e viene a mettersi a sedere sopra una pietra poco distante da me dalla parte destra entrando nella Grotta. Io guardo questa scena fermo al mio posto, come fossi stato una pietra, incantato dallo sguardo benefico della donna che mi stava davanti. Il frate dopo avermi osservato ben bene si alza in piedi e così prese a dire: «Mi riconosci? Vedi che io non ti abbandono, dovunque tu vada». A queste parole mi sentii un brivido per tutte le ossa, ma non feci parola, e se anche avessi voluto parlare, conosco che non avrei potuto. Il frate continuò: «Qui era d'uopo che tu venissi. Ora ti sarà rivelato il mistero di tua vita dallo spirito di quelle poche ossa che tu hai scavato di sotto terra». Quando guardo, le ossa che avevo scavato fuori della Grotta, stavano davanti al suo spirito, ossia dell'uomo del mantello nero. «Ora, seguitò il frate, con senno ascolta quello che ti dirà il tuo sedicesimo Avo», colla mano mi accennava lo spirito delle ossa, e cessa di parlare. Alzandosi in piedi lo spirito delle ossa, (e svoltosi il mantello gli si vedeva un busto di diversi colori) così prese a dire: «Fu volere dell'Altissimo e della sua divina Madre, quì presente, che quì tu venissi». A queste parole tutti si alzarono, e fecero un inchino alla donna, e mi parve di essere inchinato, ed allora mi accorsi che quella era la Madonna, perchè a quel nome mi sentii come un colpo nel cuore. Ella pure inchinandosi si alza e pronuncia queste parole: «Il Padre mio che regna nell'alto de' cieli, acconsente con amore ad ogni mia domanda». E così dicendo alzò la testa accennando colla destra in alto. A quest'atto si spalancò la Grotta in un baleno, e vidi una corona di Angeli, che si partivano sopra il suo capo e arrivavano fino alle stelle. In cima vidi l'Eterno che teneva una palla grande in mano, tutta scintillante di fuoco e stava in atto di gettarla sopra la terra: dalla sua destra vidi Gesù che approvava a braccia aperte, e colla mano destra accennava giù in terra la sua divina Madre. E potei ben riconoscerlo dalle sue sacratissime piaghe, che mostrava scolpite nelle mani, nei piedi e nel costato. La beatissima Vergine stava colla testa alzata e colle mani aperte in atto di preghiera, e alquanto abbassandole, tutta mesta e addolorata così soggiunse: «È infinita la misericordia del Padre mio, ma le iniquità degli uomini l'hanno provocato a sdegno e chi lo trattiene è la presenza di me e dell'amato figlio». Qui resta di parlare e la Grotta ritorna nella sua naturalezza e di nuovo si rimise a sedere sulla pietra. Lo spirito delle ossa prosegue il suo discorso. «Era d’uopo che il mio 16.° rampollo risorgesse fra i popoli, come parlarono le scritture fin da secoli sopra secoli. Io fin dalla sua prima infanzia supplicai nella Corte celeste, acciò fosse preparato e protetto dall'Altissimo. Fui esaudito. Fu guardato con occhio di pietà giù nel deserto fra le tenebre, motivo per cui fece scendere il suo servo sotto sembianza di religioso mortale a dotarlo di quelle virtù che gli hanno fatto strada alla grazia. Fu messa a prova la sua fede per il corso di venti anni; fra mezzo alla corruzione degli uomini è vissuto secondo gli ordini, e secondo come parlano le scritture. Il suo sangue fu sconosciuto da tutti. Fu privo di titoli e tenui sono stati i suoi mezzi, ma grande ed abbondante è stata la sua fede. Dalle tre rivelazioni e dai tre viaggi fatti a Roma ha dimostrato la sua obbedienza senza adombrarsi di un minimo sospetto. Anzi si è fortificata sempre più la sua fede colle ripulse degli uomini. Qui si è ritirato obbediente ai comandi del servo di Dio». A queste parole si alzarono tutti e fecero un inchino profondo al Frate. «Qui si è assoggettato all'ultimo limite della preghiera e dell'astinenza; quì l'ho potuto riscontrare degno del merito che deve. Il suo spirito fu incrollabile alla mia prima voce in ombra. Esso mi ascoltò con fede, e con fede eseguì il mio comando. Ha tratto il mio caduco corpo dalla dimenticanza dei mortali. Ora la fama che ravviva di me sopra le mie ossa, sarà moltiplicata in lui fra i popoli di tutta la terra. Io sono discendente del più nobile sangue deiPrincipi d'Europa, ma non ebbi dritto alla stirpe perchè nacqui da donna di altro uomo. Colui che fu appellato agli occhi del mondo, mio Padre, era dei più rinomati nobili d'Italia di... Io fui appellato suo figlio di seconde nozze. Della sua prima moglie, quando io era sul mondo, teneva tre figli maschi, ma essi furono nemici mortali della mia fama. Quando cadde la mia patria in mano dei Galli, ebbi avversa la fortuna, e mi toccò abbandonarla, e andare emigrando fra i popoli d'Italia. Mi ritirai per diverso tempo in Parma. Qui diedi origine al mio sangue, ma senza legame di matrimonio, con certa Massimina, figlia di un rinomato negoziante di tela. Il bambino che nacque da lei fu battezzato in nome mio, e fu chiamato Lazzaro, perchè nacque il dì di S. Lazzaro. Mi partii da Parma e andai a Roma. Fui accolto nella Corte di Leone X con molta stima, e qui fra l'armonia dei suoni e al brio delle Muse, essendovi i più rinomati personaggi di Europa, trovai la mia rovina, perchè qui mi feci strada al delitto. Fui ferito da una nobile incantatrice femmina. Oh misero! che tuttora ne sento ribrezzo, mi feci assassino del di Lei marito, il Conte di Pitigliano, e dopo che fui mostro di tanta iniquità, infine la ottenni per sposa. Ma l'orrore del mio delitto mi fece cambiare le di lei magiche attrattive in ribrezzo e spavento. Ma con tutto ciò io seppi sacrificare me stesso, simulando il tutto con arte di vero sicario. Sappi però che il motivo principale che mi aprì la strada al delitto fu il troppo amore alla fede e alla mia patria natia. Per mezzo di questa femmina mi feci Signore di diverse città e Castelli e per questa strada impugnai nuovamente le armi in riscatto della mia patria natia. Mi fu la fortuna avversa e crudele al sommo. In tempo della mia assenza da lei, rimasi un'altra volta misero sulla terra; poichè ebbi le nuove che era morta e non potei sapere la ragione di sua morte. Mi risolvei di portarmi in Germania a trovare l'altro bersaglio della fortuna il Signor... di Milano, cacciato dai Galli. Quì un colpo inaspettato mi fece legare in matrimonio nuovamente colla Signora... stata un dì moglie dell'empio Signore di Perugia, e aiutato da Lei e dal Signor... di Milano mi misi nuovamente alla testa di non pochi valorosi lombardi e prussiani e venni a tentare l'ultima fortuna della mia patria. Oh misero! fui tradito e in fine rimasi in preda dell'avverso destino colla perdita di tutti i miei più valorosi lombardi. Fui preso prigioniero nelle vicinanze di Como, e fui portato a Milano, dove mi fu decretata la sentenza di morte. Un miracolo del cielo volle salvarmi l'anima e la vita. Avendo saputo il sig... di Francia della mia condanna di morte, ne trattava una sera insieme colla sua famiglia. A questo suo parlare sortì fuori un giovanetto suo figlio di sette, o otto anni, che così gli disse: – Ah Papà! ti prego salvare la vita a quel giovane italiano, perchè stanotte mi sono sognato che stava genuflesso ai tuoi piedi chiedendoti la vita e ti chiamava col nome di Padre. A queste parole il sig... di Francia si arrestò, e gli sovvenne delle antiche pratiche con mia madre. Così subito fece revocare la mia sentenza di morte, mi fece chiamare a sè, e nello stesso tempo fece spargere la voce che io fossi stato giustiziato. Mi narrò il fatto accadutogli, e mi fece intendere le antiche sofferenze avute con mia madre. Mi ordinò però che non mi facessi più vedere in Italia, pregandomi che glielo giurassi, e tanto caldamente mi pregò, che in fine glielo giurai. Anzi di più gli giurai, che non avrei più impugnate le armi in tutto il tempo di mia vita. Mi diè una somma considerevole di denaro, onde poter vivere in terra straniera, e di nuovo gli promisi di non farmi conoscere al mondo. Ed infatti come gli promisi, così feci. Da Francia sconosciuto da tutti, mi portai a Parma a ritrovare la donna che riteneva il sangue mio. Le narrai tutta la mia vita, e tutto quello che mi era accaduto. La pregai che il mio figlio non più si chiamasse a nome mio, ma Lazzaro Lazzaretti, perchè temei che i miei fratelli un dì per gelosia di sangue non si dovessero vendicare sopra l'innocente fanciullo. Le consegnai tutta la somma che mi avea data il sig... di Francia. La pregai che lo avesse educato nel santo timore di Dio e nel sacro amore della patria e della fede, e dandogli un ultimo amplesso mi partii per sempre da loro. Presi la strada di Roma, ma sempre traversando le foreste per non essere conosciuto da nessuno, e qui infine mi ritirai sconosciuto da tutti, come penitente. Vi sono vissuto quarantacinque anni, e qui sotto questa grotta furono seppellite le mie ossa. Dopo diverso tempo furono levate, e messe sopra quella volta, e dalla volta, da poco tempo, un benefico pastore di questa terra, il quale sono pochi anni che è morto, le sotterrò, dove tu le hai scavate. Quì sotto questa grotta piansi amaramente il mio assassinio, chiesi di tutte le mie colpe perdono a Dio, e caldamente pregai il cielo che il sangue mio un dì fosse riconosciuto fra i popoli. Lungo è stato il tempo, ma infine per mercè della Gran Madre di Dio, che a noi sta presente, furono esaudite le mie preghiere. (Nuovamente a queste parole si alzarono tutti inchinandosi a Lei). Sì, questo è quel preservato del sangue mio, che dev'essere riconosciuto fra i popoli, e rivoltosi a me, mi dice: – Ora per ultimo mio comando prendi queste ossa, mettile dentro una cassa di legno, chiudile bene, e mettici quattro sigilli, lasciaci un pegno riconoscente della tua persona, e imprimi sopra il coperchio queste lettere. M. P. Tutto questo farai avanti ai testimoni, e portala nella Chiesa antica di Montorio, ove farai celebrare una Messa solenne a tue spese. Ti sia d'avviso di non manifestare a nessuno il mio nome». Qui cessò di parlare, e principiò il Frate così dicendo: – Egli non farà nè più, nè meno di quello che esige la sua Missione, – e rivoltosi a me, dice – quando sarai chiamato, portati da chi ti vuole, e digli a nome di me che il tempo passa e l'inferno si avanza nelle sue intraprese; digli che non sia tardo alla voce di chi regna su tutti; digli che ti giudichi col cuore, e non col senno, da grande. Digli che molti sono che lo corteggiano, ma che tra essi vi è chi lo insidia. Digli che non sia freddo in porti fede, se non vuole che tardi sorga il pentimento. Digli che tu sei stato fatto nobile da chi è più ponente dei potenti. Digli finalmente che da te i popoli attendono la loro salute. E se ei non ascoltasse la tua voce, ritirati che io farò conoscere la forza di tua Missione. Guai, guai, se Ei ti prendesse a scherno. Ascolta questo che or ti narro, e mettilo in pratica per sorvegliare i popoli. – Qui resta di parlare il Frate, e prese a parlare la donna, che mi aveva incantato col suo sguardo. Alzandosi in piedi Ella, si alzarono pure gli altri, che le s'inchinarono riverenti; solo io stavo immobile come una statua, però mi sentivo una gioia internamente, che non saprei descrivere. La donna alzando la testa (si apre la Grotta nel modo sopradetto, e vidi le solite immagini) così prese a dire: – È infinito l'amore e la confidenza che io tengo coll'eterno mio Padre, e coll'amato mio Figlio, e perciò da me si dirigono le vicende di tutti i viventi della terra, e ad un sol mio cenno stanno pronte tutte le milizie celesti, e tremano tutti i demoni d'averno. Tutto il creato da me in pari tempo dipende, sta riverente ai miei ordini ed attende la mia parola. Tu, rivolgendoti a me, che fra tutti i figli degli uomini viventi sulla terra, fosti prescelto a tanta Missione; tu che per più secoli fosti raccomandato al Padre mio con perenni preci dal grande M. P. (accennando all'uomo delle ossa) che rinunziò alla grandezza della terra per farsi servo del Padre mio; restò muto il suo nome per più secoli; ma ora per decreto del cielo risorgerà fra i popoli della terra, tu verrai rivestito dell'illustre suo sangue. Io ti benedico in questa Santa Grotta sotto gli occhi del Padre mio, dell'amato mio Figlio, e di tutta questa milizia celeste che mi sta di sopra, e di questi tre fedeli miei servi. Per parte mia ti dono virtù sopranaturale, e questa sarà sapienza e protezione dei grandi della terra. Come pure in virtù mia sarà benedetta tutta la tua progenie. – Qui cessa di parlare e la Grotta ritorna nella sua naturalezza. Il giovane che non aveva mai parlato, si alza da sedere, fa un inchino alla donna e un atto come per chiedere il permesso della parola, ed Ella fece cenno di approvazione, e allora il giovane rivolgendosi a me così dice: – Io che sono il primo dei militi dell'Altissimo, ed ho virtù di essere invincibile contro tutti i demoni d'averno, mi sarà grato in mercè della mia Signora (accennando la donna) il farti dono di essere invincibile contro coloro che verranno contro la religione del vero Dio. – Qui tacque e prese la parola l'uomo delle ossa così dicendo: – Ora in attestato di quello che da me gli è stato rivelato, per ultimo faccio dono della nobiltà del sangue mio, e gli dono in parte il santo amore della fede e quello della patria. – Quì cessa di parlare e per ultimo riprese la parola il Frate, che a me rivolto disse: – Tutto ciò che fin quì ti è stato concesso, è in mercè della tua buona fede, e di Colei (accennando la donna) che tutto il creato ha ad ogni minimo cenno obbediente. Ora io pure in mercè sua posso ultimare sì alto mistero, testificando col farti in nome di Colui che regna, mio cavaliere e di più col metterti una marca in fronte per essere riconosciuto fra i popoli. – Così dicendo fa due passi avanti, mi mette la mano sinistra dietro il collo, e colla destra mi dà una grossa manata fra lo stomaco ed il corpo; poi portandosi la palma della stessa destra alla bocca, vi dà una grande fiatata, e quindi me la imprime sulla fronte, sicchè mi sentii morire di dolore, e credei che mi avesse fracassato il cranio, e quando mi lasciò disse: – Se vinci questa delle battaglie, sei vincitore. – In quest'istante tornò buio come prima e non vidi uscire dalla Grotta che il Frate e l'uomo delle ossa. Tentai seguirli, ma in quest'istante si levò un vento così forte, che mi rovesciò per terra e mi trasportò di tutto peso da un canto all'altro, della Grotta. Insomma la tempesta era infernale e gridai – Gesù e Maria aiutatemi e mi gettai sopra le ossa pregando. In tale stato fui fino a giorno, giacchè la tempesta sarà durata sette ore. E se io non morii, fu tutta opera divina. A Dio spetta darne relazione. |
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