Parte
1 1| più nuovo e più sensibile, c'è un silenzio inutile, c'
2 1| c'è un silenzio inutile, c'è il triste vuoto di colui
3 1| sua infanzia. Infatti non c'è cosa più erronea del credere
4 1| superata da noi la noia che c'infligge questa costante
5 2| questo episodio, che subito c'immerge in quell'atmosfera
6 2| inferiore al duetto precedente. C'è in esso una fiacchezza
7 2| infinitamente triste. E nella musica c'è tanta semplicità, tanta
8 2| dello spirito del Mascagni c'incanta, e se noi giungiamo
9 2| una di quelle opere che c'inquietano e ci fecondano,
10 2| quelle farse e delle affini c'è nel Fritz; chè elementi
11 2| Cavalleria. Tra Suzel e Santuzza c'è lo stesso abisso che tra
12 2| confinano con l'umorismo. C'era quasi in essi un'impotenza
13 2| descrivendo la festa nuziale. C'è in esso quello strano senso
14 2| insipidezza dell'armonia. C'è la falsa eloquenza dell'
15 2| significano nulla - Cuore, c'è il dolore, tra il profumo
16 2| fatto per la voluttà - qui c'è l'anima!» Sì, ad onta del
17 2| pseudo-simbolismo, in quest'opera c'è l'anima. L'ingenuità della
18 2| orchestrali una timida melodia c'introduce nel minuscolo giardinetto
19 2| già detto che in Mascagni c'è quasi una estrema fioritura
20 3| beethoveniana-schumanniana. C'è in lui spontaneo questo
21 3| innocenti di un Mozart - non c'inganni l'accresciuta tavolozza
22 3| che si possano sognare. C'è chi vede in Debussy un
23 3| giustissimo. Di Riccardo Strauss c'è chi giura trattarsi di
24 3| opere dei reputati maggiori c'è oggi meno che la vita,
25 3| nel nostro buon Mascagni, c'è veramente della vita quell'
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