Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Giannotto Bastianelli
Pietro Mascagni

IntraText CT - Lettura del testo

  • OPERE DI P. MASCAGNI.
Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

OPERE DI P. MASCAGNI.

 

 

Nota biografica. - Pietro Mascagni, n. a Livorno il 7 Dicembre 1863.

 

Cavalleria rusticana melodramma in un atto di G. Targioni-Tozzetti e G. Menasci (ediz. Sonzogno).

Roma. Teatro Costanzi. 17 Maggio 1890.

 

L'Amico Fritz commedia lirica in tre atti di P. Suardon (ediz. Sonzogno).

Roma. Teatro Costanzi. 31 ottobre 1891.

 

I Rantzau opera in quattro atti di G. Targioni-Tozzetti e G. Menasci (ediz. Sonzogno).

Firenze. Teatro della Pergola. 11 novembre 1892.

 

Guglielmo Ratcliff tragedia in quattro atti di Enrico Heine, traduzione di A. Maffei (ediz. Sonzogno).

Milano. Teatro alla Scala. 16 febbraio 1895.

 

Silvano dramma marinaresco in un atto di G. Targioni-Tozzetti. (ediz. Sonzogno).

Milano. Teatro alla Scala. 25 Marzo 1895.

 

ZANETTO (Le Passant di F. Coppée) riduzione di G. Targioni-Tozzetti e G. Menasci (1 atto) (ediz. Sonzogno).

Pesaro. Liceo Rossini. 2 Marzo 1896.

 

A Giacomo Leopardi poema musicale per orchestra e voce di soprano, composto in occasione delle feste per il primo centenario dalla nascita del Poeta. Eseguito la prima volta in Recanati il 29 Giugno 1908 nel teatro Persiani dall'Orchestra del Liceo Musicale Rossini di Pesaro (ediz. Ricordi).

 

Iris libretto di Luigi Illica (3 atti) (ediz. Ricordi).

Roma. Teatro Costanzi. 7 Ottobre 1898.

 

Le Maschere commedia lirica e giocosa in un prologo e tre atti, soggetto di Luigi Illica (ediz. Sonzogno).

Roma. Teatro Costanzi - Milano. Teatro alla Scala - Torino. Teatro Regio - Genova. Teatro Carlo Felice - Venezia. Teatro la Fenice - Verona. Teatro Comunale. 17 Gennaio 1901.

 

Amica dramma lirico in due atti di Paolo Bérel (versione ritmica di Giovanni Targioni-Tozzetti) (ediz. Chaudens).

Montecarlo. 17 Marzo 1905.

Roma. Teatro Costanzi. 13 Maggio 1905.


 

Nell'originale "Ieziosi". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]

Del resto certe selezioni si fanno talora senza aiuto della critica, ma quasi per una spontanea critica insita negli esecutori. Infatti dei molti melodrammi che in Italia sono stati composti da che la camerata del Conte de' Bardi ideò il genere dell'opera, che cosa è rimasto, se non qualche aria, staccata, senza danno reciproco, dall'opera a cui apparteneva, per esser cantata nei concerti?

Avverto una volta per tutte che il popolo di cui parlo qui non è il popolo delle campagne e delle montagne, spesso puro e a suo modo profondo; ma parlo del popolo delle città e dei grossi borghi, al quale si attagliano benissimo le mie osservazioni.

Se gli increduli volessero per prova di ciò che affermo un'analogia nella storia della musica, pensino alle costruzioni architettonico-contrappuntistiche dei sec. XIII e XIV, dalle cui aberrazioni armoniche doveva nascere la moderna armonia.

Non è accennato in questo mio rapido quadro delle condizioni della musica europea disegnato a scopo di inquadrarvi Mascagni, alla musica russa. Giacchè essa nella sua forma più genuina (cioè non nelle sue imitazioni italiane del 700 e tedesche dell'800) ha un cammino e uno spirito assolutamente diversi dallo spirito e dal cammino della musica europea. Oserei quasi dire che essa è quasi una musica asiatica. Lo stesso Chopin non è fratello ai nostri compositori.

Sebbene il recitativo debussysta non sia più maestoso come quello wagneriano, di Wagner il presente dittatore della musica francese accetti il sistema polifonico, Debussy è forse più wagneriano dello stesso Strauss. Il perchè della mia affermazione non potrei dire in due parole. Su ciò vedi, nel giornale La Voce di Firenze, i miei tre articoli: Claude Debussy, Impressionismo musicale, Ciò che ci può insegnar Beethoven.

Nell'originale "goffagine". n. [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]

Nell'originale "del". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]

Nell'originale "ricercato". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]

Nell'originale "orchestrazioue". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]

Nell'originale "squarciargola". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]

Sono obbligato, in mancanza d'un linguaggio più preciso, a chiedere in prestito i vocaboli alla metrica della poesia, del resto non certo estranea alla metrica della musica ancora anonima.

Nell'originale "caisa". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]

Nell'originale "far". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]

Nell'originale "creatice". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]

Nell'originale "marcide". n. [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]

Nell'originale "troppo". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]

Lo stesso si potrebbe dire, mutatis mutandis, del Mefistofele di Arrigo Boito.

Nell'originale "contradidzioni". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]

Nell'originale "possa". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]

Nell'originale "stata". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]

Nell'originale "maeterlinkiano". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]

Nell'originale "l'Illiaca". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]

Nell'originale "". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]

Nell'originale "adoloscente". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]

Nell'originale "momeuto". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]

Nell'originale "adoloscenza". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]

Nell'originale "supertizioso". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]

Nell'originale "pericolisissimi". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]

Per preparazione lenta e paziente non intendo soltanto la fredda ricerca di biblioteca; intendo, e più, quella larghezza di conoscenze, quella disposizione psicologica a comprendere il passato che ha fatto creare a Ettore Berlioz quel suo meraviglioso Benvenuto Cellini, la cui bellezza, sono convinto, sarebbe rapidamente gustata in Italia, di cui sì giusto riflesso si espande in quella bellissima opera obliata, o meglio, mai conosciuta.

Nell'originale "Giosue"

Nell'originale "beetoveniane"

Questo mio giudizio storico-morale su Wagner non va assolutamente confuso col giudizio che Francesco de Sanctis pronunciò su Wagner come «corruttore della musica». Il de Sanctis (e con lui, per altre vie, lo Hanslick [Nell'originale " Hanslik". Nota per l'edizione elettronica Manuzio]) intendeva la musica in astratto, io intendo invece la musica postbeethoveniana. I due critici succitati non seppero porre sulle sue vere basi il problema estetico dell'opera, con rigidità troppo intellettualistica scavando un solco incolmabile tra la musica e la poesia. In realtà, per ora, quella forma espressiva che è l'opera non è stata attuata così pienamente[Nell'originale "pienameute". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio] come da Riccardo Wagner, che non ha unito, come troppo comunemente si crede e si dice, due arti viventi a , sibbene ha espresso la sua intuizione centrale in un linguaggio che per riprodurla non frammentariamente ed ambiguamente, ha bisogno di suoni articolati, di suoni armonizzati e di gesti. Dire che Wagner ha riuniti (e non potrebbe trattarsi che di una sovrapposizione e quindi spesso di un duplicato) e il linguaggio poetico e il linguaggio musicale, è fare lo stesso errore che dire Eschilo aver riunito la poesia e la mimica (la danza).

E non solo d'orchestrazione. Il wagnerismo ha invaso la pittura, la poesia, la scultura, nonchè l'architettura.

Nell'originale "resuItato". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]

Dicendo così potrebbe saltare in mente a qualche fanatico quanto cieco wagneriano che sta appunto in questo allo stesso modo l'inferiorità di Schumann a Wagner rispetto a Beethoven. Ma ciò vorrebbe dire che il fanatico wagneriano non avrebbe mai compresa l'originalità indiscutibile di Schumann per nulla inferiore a quella di Wagner. Onde l'obbiezione non meriterebbe d'esser discussa.

L'influenza dello Schumann nell'orchestrazione moderna non va tanto derivata dalle vere e proprie opere sinfoniche, sibbene, e moltissimo, anche nella sinfonicissima musica per pianoforte.

Nell'originale "questa". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]

È bene, ad evitar malintesi, osservare come il Mascagni per la sua inferiore italianità, anzi bassa meridionalità, di quanto è lontano dal pensiero wagneriano, di tanto, e forse più, è lontano dall'altezza solitaria del pensoso dolore beethoveniano. Il Mascagni si trova sulla direzione orchestrale classica, che mette capo a Beethoven, senza aver coscienza di questa sublime vicinanza. Così la perfetta armonia della concezione beethoveniana sta all'equilibrio mascagnano, sebbene questo inquinato da elementi rovinosi, come la perfetta latina simmetria della Commedia dantesca, sta alla classica stabilità dell'Orlando Furioso. Con la differenza - che il Mascagni non è davvero l'Ariosto.

Nell'originale "un a ". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]

Esempî lampanti di derivazione schumanniana troviamo in molte parti dell'opera mascagnana, e non solo nel tecnicismo, ma pur nel contenuto. Si ricordi il movimento della descrizione di vita londinese nel atto del Ratcliff, così somigliante al n. 13 delle Davidbündlerlänze.

Nascerebbe in me, discorrendo questi argomenti, di specificare come la pura tradizione, sulla cui via si trovano Haydn Mozart Beethoven Berlioz Schumann, debba da noi altri italiani esser ripresa e non come servile infeconda imitazione. Ma questo libro è uno studio critico, non una raccolta di programmi. Certo che servirà a illuminare anche lo svolgimento delle mie tesi critiche sul Mascagni il dire che, allontanandoci da Wagner, il nostro ravvicinamento a Beethoven dovrebb'essere, per dir così, bene auspicato da una riverente preghiera al genio tutelare di Monteverdi. Ma tutto sta che - per uscire d'immagini - il preteso ritorno a Monteverdi e ai fraterni musicisti del 500-600-700 non sia... wagnerizzamento delle loro forme e contenuti - come, a un dipresso, per Rameau e Monteverdi, accade nel movimento francese moderno, col quale noi coincidiamo per quel che riguarda il desiderio di reazione al wagnerismo, non per quel che riguarda l'attuazione di tale bisogno rivoluzionario.

Cromatismo e diatonismo sono, a chi non sappia di musica, qualcosa come una rete a maglie più larghe - il diatonismo - e una rete a maglie più strette - il cromatismo, delle quali reti non solo la larghezza totale è la stessa - scala da do a do - ma anche la larghezza delle maglie maggiori è equivalente a un certo numero delle minori - do-re = do, re bemolle, re naturale. Per uscir di metafora chi potrebbe distinguere rigidamente ciò che differenzia l'uso della scala cromatica in Beethoven e in Wagner, se non un più o un meno che si rivela a un'indagine più accurata, assolutamente scolastico? E in fondo in fondo il famoso diatonismo per esser tutto imbastito di necessità sulla scala cromatica, non finisce per esser assorbito nel cromatismo? E ciò che sembra rimanerne del tutto fuori, non finisce per rivelarsi [Nell'originale "ririvelarsi". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio] come o differenza di gusto di tutta un'epoca - e quindi diversità di contenuto storico-sentimentale - o, addirittura, come retorica?

L'Amico Fritz si collega anche - ed è ciò altra conferma alla sua essenza armonica - alla musica popolare slava.

In questo modo, e cioè col vecchio diatonismo, il ritorno al quale è il più antipatico anacronismo linguistico di cui si sia servita la retorica umana per rattristare i veri artisti, si spiega la ribellione alla melodia da parte delle scuole musicali più avanzate d'oggidì. In un certo senso, sotto il punto di vista armonico, ogni melodia dev'essere la scoperta d'una nuova combinazione tonale, al modo stesso che ogni nuova intuizione poetica sarà di necessità la creazione d'una formula grammaticale nuova e impreveduta. Niente è più inutile d'un motivo di Meyerbeer, niente più inutile del sonetto d'un prete di provincia imitatore dei classici; sebbene in Meyerbeer ci sia una scaltrezza d'arrivista che nel prete provinciale difetta, il paragone è calzantissimo. Certo la nausea della melodia che concede comoda al vulgo i flosci fianchi può degenerare in libidine impotente di novità; ma se i limiti della melodicità ondeggiano tra le melodie d'un Petrella e La Mer di Claudio Debussy, ossia tra l'affermazione vuota e la negazione vuota, non ha da inferirne che non sia possibile anche criticamente dire quali dovranno essere le forme concrete e sincere della melodia.]

V. lo studio sul Leopardi e sul Petrarca.




Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2008. Content in this page is licensed under a Creative Commons License