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Antonio Gramsci
Note sul Machiavelli, sulla politica e sullo Stato moderno

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  • I. Il moderno principe
    • Miscellanea
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Miscellanea

 

 

Diritto naturale. Uno degli imparaticci dei teorici di origine nazionalista (es. M. Maraviglia) è quello di contrapporre la storia al diritto naturale. Ma cosa significa una tale contrapposizione? Nulla o solo la confusione nel cervello dello scrittore. Intanto il «diritto naturale» è un elemento della storia, indica un «senso comune politico e sociale» e come tale è un «fermento» di operosità. La quistione potrebbe esser questa: che un teorico spieghi i fatti col cosí detto «diritto naturale», ma questo è un problema di carattere individuale, di critica a opere individuali ecc. e in fondo non è altro che critica al «moralismo» come canone d'interpretazione storica. Roba che ha la barba. Ma in realtà, al di sotto di questo sproposito c'è un interesse concreto. Quello di voler sostituire un «diritto naturale» a un altro. E infatti tutta la teoria nazionalista non è basata su «diritti naturali»? Si vuole al modo di pensare «popolare» sostituire un modo di pensare non popolare, altrettanto mancante di critica del primo.

 

 

Elezioni. In un giornale polacco (la «Gazeta Polska» degli ultimi giorni di gennaio o dei primi di febbraio del 1933) si trova questo enunciato: «Il potere si conquista sempre con un grande plebiscito. Si vota o con delle schede elettorali o con delle fucilate. Il primo metodo è quantitativo, il secondo qualitativo. Col primo bisogna contare sulla maggioranza dei piccoli, col secondo sulla minoranza dei grandi caratteri». Qualche verità affogata in grandi vasche di spropositi. Perché la «fucilata» deve sempre coincidere col grande carattere? Perché chi spara deve sempre essere un grande carattere? Spesso questi grandi caratteri si arruolano con poche lire al giorno, cioè spesso la «fucilata» è piú economica dell'elezione, ecco tutto. Dopo il suffragio universale, corrompere l'elettore è diventato caruccio; con venti lire e un fucile si sbandano venti elettori. La legge del tornaconto funziona anche per i «grandi caratteri» di cui parla la «Gazeta Polska».

 

 

[Fortuna «pratica» di Machiavelli.] Carlo V lo studiava. Enrico IV. Sisto V ne fece un sunto. Caterina de' Medici lo portò in Francia e se ne ispirò forse per la lotta contro gli Ugonotti e la strage di S. Bartolomeo. Richelieu, ecc. Cioè Machiavelli serví realmente gli Stati assoluti nella loro formazione, perché era stato l'espressione della «filosofia dell'epoca» europea piú che italiana.

 

Machiavelli come figura di transizione tra lo Stato corporativo repubblicano e lo Stato monarchico assoluto. Non sa staccarsi dalla repubblica ma capisce che solo un monarca assoluto può risolvere i problemi dell'epoca. Questo dissidio tragico della personalità umana machiavellica (dell'uomo Machiavelli) sarebbe da vedere.

 

Prendendo le mosse dall'affermazione del Foscolo, nei Sepolcri, che il Machiavelli «temprando lo scettro ai regnatori, gli allor ne sfronda, ed alle genti svela di che lacrime grondi e di che sangue», si potrebbe fare una raccolta di tutte le massime «universali» di prudenza politica contenute negli scritti del Machiavelli e ordinarle con un commento opportuno (forse una raccolta di tal genere esiste già).

 

Lo Schopenhauer avvicina l'insegnamento di scienza politica del Machiavelli a quello impartito dal maestro di scherma che insegna l'arte di ammazzare (ma anche di non farsi ammazzare) ma non perciò insegna a diventare sicari e assassini. (Trovare il riferimento esatto).

 

Bacone ha chiamato «Re Magi» i tre re che operano piú energicamente per la fondazione delle monarchie assolute: Luigi XI di Francia, Ferdinando il Cattolico in Spagna, Enrico VII in Inghilterra.

Filippo di Commynes (1447-1511), al servizio di Carlo il Temerario fino al 1472; nel 1472 passa al servizio di Luigi XI ed è lo strumento della politica di questo re. Scrive la Chronique de Louis XI, pubblicata la prima volta nel 1524. (Una mercantessa di Tours che mosse causa al di Commynes quando fu in disgrazia, sostenendo di essere stata strozzata in un contratto stipulato sotto Luigi XI, scrisse nella sua memoria giuridica: «le sieur d'Argenton qui pour lors était roy»). Studiare i possibili rapporti del Machiavelli col di Commynes: il Machiavelli come apprezzava l'attività e la funzione del di Commynes sotto Luigi XI e in seguito?

 

 

Il potere indiretto. Una serie di manifestazioni in cui la teoria e la pratica del potere indiretto, dalla sfera dell'organizzazione ecclesiastica e dei suoi rapporti con gli Stati, vengono applicate a rapporti tra partito e partito, tra gruppi intellettuali ed economici e partiti ecc. Caso classico quello del tentativo dell'Action Française e dei suoi capi atei e increduli che cercarono di valersi delle masse cattoliche organizzate dall'Azione Cattolica come truppa di manovra a favore della monarchia.

 

 

Egemonia e democrazia. Tra i tanti significati di democrazia, quello piú realistico e concreto mi pare si possa trarre in connessione col concetto di egemonia. Nel sistema egemonico, esiste democrazia tra il gruppo dirigente e i gruppi diretti, nella misura in cui lo sviluppo dell'economia e quindi la legislazione che esprime tale sviluppo favorisce il passaggio molecolare dai gruppi diretti al gruppo dirigente. Nell'Impero Romano esisteva una democrazia imperiale-territoriale nella concessione della cittadinanza ai popoli conquistati ecc. Non poteva esistere democrazia nel feudalismo per la costituzione dei gruppi chiusi ecc.

 

 

Alcune cause d'errore. Un governo, o un uomo politico, o un gruppo sociale applica una disposizione politica od economica. Se ne trae troppo facilmente delle conclusioni generali d'interpretazione della realtà presente e di previsione sullo sviluppo di questa realtà. Non si tiene abbastanza conto del fatto che la disposizione applicata, l'iniziativa promossa ecc. può essere dovuta a un errore di calcolo, e quindi non rappresentare nessuna «concreta attività storica». Nella vita storica come nella vita biologica, accanto ai nati vivi, ci sono gli aborti. Storia e politica sono strettamente unite, sono anzi la stessa cosa, ma pure occorre distinguere nell'apprezzamento dei fatti storici e dei fatti e atti politici. Nella storia, data la sua larga prospettiva verso il passato e dato che i risultati stessi delle iniziative sono un documento della vitalità storica, si commettono meno errori che nell'apprezzamento dei fatti e degli atti politici in corso. Il grande politico perciò non può che essere «coltissimo», cioè deve «conoscere» il massimo di elementi della vita attuale; conoscerli non «librescamente», come «erudizione» ma in modo «vivente», come sostanza concreta di «intuizione» politica (tuttavia perché in lui diventino sostanza vivente di «intuizione» occorrerà apprenderli anche «librescamente»).

 

 

Lotta di generazioni. Il fatto che la generazione anziana non riesca a guidare la generazione piú giovane è in parte anche l'espressione della crisi dell'istituto famigliare e della nuova situazione dell'elemento femminile nella società. L'educazione dei figli è affidata sempre piú allo Stato o a iniziative scolastiche private e ciò determina un impoverimento «sentimentale» per rispetto al passato e una meccanizzazione della vita. Il piú grave è che la generazione anziana rinunzia al suo compito educativo in determinate situazioni, sulla base di teorie mal comprese o applicate in situazioni diverse da quelle di cui erano l'espressione. Si cade anche in forme statolatriche: in realtà ogni elemento sociale omogeneo è «Stato», rappresenta lo Stato, in quanto aderisce al suo programma: altrimenti si confonde lo Stato con la burocrazia statale. Ogni cittadino è «funzionario» se è attivo nella vita sociale nella direzione tracciata dallo Stato-governo, ed è tanto piú «funzionario» quanto piú aderisce al programma statale e lo elabora intelligentemente.

 

 

Società civile e società politica. Distacco della società civile da quella politica: si è posto un nuovo problema di egemonia, cioè la base storica dello Stato si è spostata. Si ha una forma estrema di società politica: o per lottare contro il nuovo e conservare il traballante rinsaldandolo coercitivamente, o come espressione del nuovo per spezzare le resistenze che incontra nello svilupparsi ecc.

 

 

Sorel e i giacobini. Nell'articolo riferito nella nota precedente è riportato questo giudizio di Proudhon sui giacobini: Il giacobinismo è «l'applicazione dell'assolutismo di diritto divino alla sovranità popolare». «Il giacobinismo si preoccupa poco del diritto: procede volentieri per mezzi violenti, esecuzioni sommarie. La rivoluzione per esso sono i colpi di folgore, le razzie, le requisizioni, il prestito forzato, l'epurazione, il terrore. Diffidente, ostile alle idee, si rifugia nell'ipocrisia e nel machiavellismo: i giacobini sono i gesuiti della rivoluzione». Queste definizioni sono estratte dal libro: La justice dans la révolution. L'atteggiamento di Sorel contro i giacobini è preso da Proudhon.

 

 

Machiavelli e Manzoni. Qualche accenno al Machiavelli del Manzoni si può trovare nei Colloqui col Manzoni di N. Tommaseo, pubblicati per la prima volta e annotati da Teresa Lodi, Firenze, G. C. Sansoni, 1929. Da un articolo di G. S. Gargano nel «Marzocco» del 3 febbraio 1929 (Manzoni in Tommaseo) riporto questo brano: «E pur attribuito al Manzoni è il giudizio sul Machiavelli, la cui autorità empí di pregiudizi le teste italiane e le cui massime alcuni ripetevano senza osare od operarle e alcuni operavano senza osare dirle; "e sono i liberali che le cantano e i re che le fanno"; commento quest'ultimo che è forse del trascrittore, il quale aggiunge che il Manzoni aveva pochissima fede nelle guarantigie degli Statuti e nella potenza dei Parlamenti e che l'unico suo desiderio era per allora di fare la nazione una e potente anche a costo della libertà, "quando pure l'idea della libertà fosse in tutti i cervelli vera e uno il sentimento di lei in tutti i cuori"».

 

 

La «formula» di Léon Blum. Le pouvoir est tentant. Mais seule l'opposition est confortable

 

 

Il pragmatismo americano. Si potrebbe dire del pragmatismo americano (James), ciò che Engels ha detto dell'agnosticismo inglese? (Mi pare nella prefazione inglese al Passaggio dall'Utopia alla Scienza).

 

 

Distinzioni. Nello studio dei diversi «gradi» o «momenti» delle situazioni militari o politiche non si è soliti fare le distinzioni tra: «causa efficiente», che prepara l'evento storico o politico di diverso grado o significato (o estensione) e la «causa determinante» che immediatamente produce l'evento ed è la risultante generale e concreta della causa efficiente, la «precipitazione» concreta degli elementi realmente attivi e necessari della causa efficiente per produrre la determinazione.

Causa efficiente e causa sufficiente, cioè «totalmente» efficiente, o almeno sufficiente nella direttrice necessaria per produrre l'evento.

Naturalmente queste distinzioni possono avere diversi momenti o gradi: cioè occorre studiare se ogni momento è efficiente (sufficiente) e determinante per il passaggio da uno sviluppo all'altro o se può essere distrutto dall'antagonista prima della sua «produttività».

 

 

Storia e «progresso». La storia ha raggiunto un certo stadio; pare che perciò sia antistorico ogni movimento che appare in contrasto con quel certo stadio, in quanto «riproduce» uno stadio precedente; in questi casi si arriva a parlare di reazione, ecc. La quistione nasce dal non concepire la storia come storia di classi. Una classe ha raggiunto un certo stadio, ha costruito una certa forma di vita statale: la classe dominata, che insorge, in quanto spezza questa realtà acquisita, è perciò reazionaria?

Stati unitari, movimenti autonomisti; lo Stato unitario è stato un progresso storico, necessario, ma non perciò si può dire che ogni movimento tendente a spezzare gli Stati unitari sia antistorico e reazionario; se la classe dominata non può raggiungere la sua storicità altro che spezzando questi involucri, significa che si tratta di «unità» amministrative-militari-fiscali, non di «unità» moderne; può darsi che la creazione di tale unità moderna domandi che sia spezzata l'unità «formale» precedente, ecc. Dove esiste piú unità moderna: nella Germania «federale» o nella «Spagna» unitaria di Alfonso e dei proprietari-generali-gesuiti? ecc. Questa osservazione può essere estesa a molte altre manifestazioni storiche, per esempio al grado di «cosmopolitismo» raggiunto nei diversi periodi dello sviluppo culturale internazionale. Nel '700 il cosmopolitismo degli intellettuali è stato «massimo», ma quanta frazione dell'insieme sociale esso toccava? E non si trattava in gran parte di una manifestazione egemonica della cultura e dei grandi intellettuali francesi?

È certo tuttavia che ogni classe dominante nazionale è piú vicina alle altre classi dominanti, come cultura e costumi, che non avvenga tra classi subalterne, anche se queste [sono] «cosmopolite» per programma e destinazione storica. Un gruppo sociale può essere «cosmopolita» per la sua politica e la sua economia e non esserlo per i costumi e anche per la cultura (reale).

 

 

Principî di metodo. Prima di giudicare (e per la storia in atto o politica il giudizio è l'azione) occorre conoscere e per conoscere occorre sapere tutto ciò che è possibile sapere. Ma cosa s'intende per «conoscere»? Conoscenza libresca, statistica, «erudizione» meccanica, – conoscenza storica –, intuizione, «contatto» reale con la realtà viva e in movimento, capacità di «simpatizzare» psicologicamente fino al singolo uomo. «Limiti» della conoscenza (non cose inutili), cioè conoscenza critica, o del «necessario»: pertanto, una «concezione generale» critica.




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