Cattolici
integrali, gesuiti e
modernisti.
I «cattolici
integrali» ebbero molta fortuna sotto il papato di Pio X;
rappresentarono una tendenza europea del cattolicismo, politicamente
di estrema destra, ma naturalmente erano piú forti in certi
paesi, come l'Italia, la Francia, il Belgio, dove, in forme diverse,
le tendenze di sinistra in politica e nel campo intellettuale, si
facevano sentire piú fortemente nell'organizzazione cattolica.
Nel Belgio, durante la guerra, i tedeschi sequestrarono una grande
quantità di documenti riservati e segreti degli integrali, in
seguito pubblicati e cosí si ebbe la prova abbondante che gli
integrali avevano costituito una vera e propria associazione segreta
per controllare, dirigere, «purgare» il movimento
cattolico in tutti i suoi gradi gerarchici, con cifrari, fiduciari,
corrispondenze clandestine, agenti per lo spionaggio ecc. Il capo
degli integrali era monsignor Umberto Benigni, e una parte
dell'organizzazione era costituita dal «Sodalitium Pianum»
(da Papa Pio V). Monsignor Benigni, morto nel 1934, era un uomo di
grande capacità teorica e pratica e di una attività
incredibile: ha scritto, tra l'altro, un'opera di grande mole, La
Storia sociale della Chiesa, di cui sono usciti 4 volumi
d'oltre 600 pagine l'uno, in gran formato, editi dalla casa Hoepli.
Come appare dalla «Civiltà Cattolica», il Benigni
non ha mai interrotto la sua azione cospirativa nell'interno della
Chiesa, nonostante le difficoltà in cui gli integrali sono
venuti a trovarsi per il corso della politica di Pio XI, esitante,
titubante, timida, ma tuttavia con indirizzo popolare democratico per
la necessità di creare forti masse di Azione Cattolica. Gli
integrali appoggiavano in Francia il movimento dell'Action
Française, furono contro il Sillon: da per tutto
sono contro ogni modernismo politico e religioso.
Di fronte ai gesuiti
assumevano un atteggiamento quasi giansenistico, cioè di
grande rigore morale e religioso, contro ogni forma di lassismo, di
opportunismo, di centrismo. I gesuiti naturalmente accusano gli
integrali di giansenismo (di ipocrisia giansenistica) e ancor di piú,
di fare il gioco dei modernisti (teologanti): 1) per la loro lotta
contro i gesuiti; 2) perché allargavano talmente la nozione di
modernismo e quindi ampliavano talmente il bersaglio, da offrire ai
modernisti un campo di manovra comodissimo. Di fatto è
avvenuto che nella loro comune lotta contro i gesuiti, integrali e
modernisti si siano trovati obbiettivamente nello stesso terreno e
abbiano collaborato tra loro (il Buonaiuti avrebbe scritto nella
rivista del Benigni).
Cosa rimane oggi dei
modernisti e degli integrali? È difficile identificare e
calcolare la loro forza oggettiva nell'organizzazione ecclesiastica,
specialmente dei modernisti (gli integrali hanno mantenuto le loro
forze quasi intatte, anche dopo la campagna contro l'Action
Française): in ogni modo essi sono sempre dei «fermenti»
che continuano ad operare, in quanto rappresentano la lotta contro i
gesuiti e il loro strapotere, lotta condotta anche oggi da elementi
di destra e di sinistra, nell'apparente indifferenza della massa del
clero e con risultati non trascurabili nella massa dei fedeli, che
ignora queste lotte e il loro significato, ma appunto perciò
non può raggiungere una mentalità unitaria e omogenea
di base.
A queste forze interne,
antagonistiche e clandestine o quasi, della Chiesa (per il modernismo
la clandestinità è indispensabile) conviene avere dei
«centri» esterni pubblici, o con efficacia diretta sul
pubblico, con periodici o edizioni di opuscoli e di libri. Tra i
centri clandestini e quelli pubblici esistono collegamenti
clandestini che diventano il canale delle ire, delle vendette, delle
denunzie, delle insinuazioni perfide, dei pettegolezzi per tenere
sempre viva la lotta contro i gesuiti (che hanno anche loro una
organizzazione non ufficiale o addirittura clandestina, alla quale
devono contribuire i cosí detti «gesuiti laici»,
curiosa istituzione forse copiata dai terziari francescani e che
numericamente pare rappresentino circa 1/4 di tutte le forze
gesuitiche: questa istituzione dei «gesuiti laici» merita
di essere studiata con attenzione). Tutto ciò dimostra che la
forza coesiva della Chiesa è molto minore di ciò che si
pensa, non solo per il fatto che la crescente indifferenza della
massa dei fedeli per le quistioni puramente religiose ed
ecclesiastiche dà un valore molto relativo alla superficiale
ed apparente omogeneità ideologica, ma per il fatto ben piú
grave che il centro ecclesiastico è impotente ad annientare le
forze organizzate che lottano coscientemente nel seno della Chiesa.
Specialmente la lotta contro il modernismo ha demoralizzato il
giovane clero, che non esita a pronunziare il giuramento
antimodernista pur continuando a conservare le sue opinioni.
(Ricordare gli ambienti torinesi dei giovani ecclesiastici, anche
domenicani, prima della guerra, e le loro deviazioni che andavano
fino ad accogliere benevolmente le tendenze modernizzanti
dell'islamismo e del buddismo e a concepire la religione come un
sincretismo mondiale di tutte le religioni superiori: dio è
come il sole, di cui le religioni sono i raggi e ogni raggio guida
all'unico sole ecc.).
Da un articolo di padre
Rosa (Risposta ad «Una polemica senza onestà e
senza legge», nella «Civiltà Cattolica»
del 21 luglio 1928) sono tolte queste indicazioni: Monsignor Benigni
continua (nel 1928) ad avere una notevole organizzazione: una
collezione intitolata Vérités è
pubblicata a Parigi e vi appaiono le firme Récalde, Luc
Verus, Simon: Luc Verus è lo pseudonimo collettivo
degli «integrali». Il Rosa cita l'opuscolo Les
découvertes du Jésuite Rosa, successeur de Von Gerlach,
Parigi, Linotypie G. Dosne, Rue Turgot 20, 1928, che attribuisce al
Benigni almeno per il materiale. I gesuiti sono accusati di essere
«amici dei massoni e dei giudei» (fa ricordare la
«dottrina» di Ludendorff sull'«internazionale
massonico-giudeo-gesuitica»), sono chiamati «demagoghi e
rivoluzionari» ecc. A Roma il Benigni si serve dell'agenzia
Urbs o Romana e firma le sue pubblicazioni col nome di
suo nipote Mataloni. Il bollettino romano del Benigni si intitolava
«Veritas» (esce ancora o fino a quando è uscito?)
Il Benigni (nel 1928 o prima?) ha pubblicato un opuscolo Di fronte
alla calunnia, di poche pagine, con documenti che concernono il
Sodalizio Piano, opuscolo che è stato riprodotto in parte e
difeso da due periodici cattolici: «Fede e Ragione» (di
Firenze) e la «Liguria del Popolo» (di Genova). Il
Benigni diresse il periodico «Miscellanea di storia
ecclesiastica».
L'opuscolo Una polemica
senza onestà e senza legge contro il p. Rosa è del
prof. E. Buonaiuti. Il Rosa parla del libro di Buonaiuti: Le
Modernisme catholique (pubblicato nella collezione diretta da P.
L. Couchoud, edito dal Rieder) e osserva che l'autore finalmente
ammette una serie di fatti che avrebbe sempre negato durante la
polemica modernista (per es. che il Buonaiuti fu l'autore della
campagna modernistica del «Giornale d'Italia», ciò
che veramente il Buonaiuti nel suo libro non dice esplicitamente, ma
che si può dedurre come verosimile, data la tortuosità
di questi scrittori). Il Benigni organizzò il servizio stampa
contro i modernisti al tempo dell'Enciclica Pascendi. Nelle
sue «Ricerche religiose» (luglio 1928, p. 335) il
Buonaiuti racconta un episodio caratteristico (riportato dal p. Rosa
con espressioni di biasimo ecc.). Nel 1909 il modernista prof.
Antonino De Stefano (attualmente prete spretato e insegnante di
storia all'Università) doveva pubblicare a Ginevra una «Revue
moderniste internationale»: il Buonaiuti gli scrisse una
lettera. A poche settimane di distanza è chiamato al
Sant'Uffizio. L'assessore del tempo, il domenicano Pasqualigo, gli
contestò parola per parola la lettera al De Stefano. La
lettera era stata trafugata a Ginevra; un emissario romano si era
«traforato» in casa De Stefano ecc. (Naturalmente per il
Buonaiuti, Benigni è stato uno strumento e un complice dei
gesuiti, ma pare che nel 1904 il Buonaiuti abbia collaborato nella
«Miscellanea» del Benigni).
Su questo argomento,
Cattolici integrali - gesuiti - modernisti, che rappresentano
le tre tendenze «organiche» del cattolicismo, cioè
sono le forze che si contendono l'egemonia nella Chiesa romana,
occorre raccogliere tutto il materiale utile e costruire una
bibliografia. (La collezione della «Civiltà Cattolica»,
delle «Ricerche religiose» del Buonaiuti, della
«Miscellanea» del Benigni, le collezioni di opuscoli
polemici delle tre correnti ecc.).
Da quanto si rileva dalla
«Civiltà Cattolica» pare che «Fede e
Ragione» sia oggi la rivista piú importante dei
cattolici integrali. Vedere quali ne sono i principali collaboratori
e in quali punti si pone in contrasto coi gesuiti: se in punti
riguardanti la fede, la morale, la politica ecc... Gli «integrali»
sono forti nel complesso di qualche ordine religioso rivale dei
gesuiti (domenicani, francescani): è da ricordare che neanche
i gesuiti sono perfettamente omogenei: il cardinale Billot, integrale
intransigente fino ad abbandonare la porpora, era gesuita, e gesuiti
furono alcuni modernisti di grido come il Tyrrell.
L'articolo: L'equilibrio
della verità fra gli estremi dell'errore, nella «Civiltà
Cattolica» del 3 novembre 1928, prende lo spunto dalla
pubblicazione di Nicolas Fontaine: Saint-Siège, «Action
Française», et «Catholiques
intégraux», Parigi, Gamber, 1928, di cui, in nota,
si dà questo giudizio: «L'autore è dominato da
pregiudizi politici e liberali, massime quando vede la politica nella
condanna dell'Action Française; ma i fatti e i
documenti, da lui allegati, sul famoso "Sodalizio" non
furono smentiti». Ora il Fontaine non ha pubblicato nulla di
completamente inedito (i documenti del Fontaine sugli «integrali»
erano stati pubblicati nell'aprile 1924 dal «Mouvement»);
perché dunque i gesuiti non se ne sono serviti prima? La
quistione è importante e pare possa essere risolta in questi
termini: l'azione pontificia contro l'Action Française
è l'aspetto piú appariscente e risolutivo di un'azione
piú vasta per liquidare una serie di conseguenze della
politica di Pio X (in Francia, ma indirettamente anche negli altri
paesi), cioè Pio XI vuole limitare l'importanza dei cattolici
integrali, apertamente reazionari e che rendono quasi impossibile in
Francia l'organizzazione di una forte Azione Cattolica e di un
partito democratico-popolare che possa far la concorrenza ai
radicali, senza però attaccarli di fronte. La lotta contro il
modernismo aveva squilibrato troppo a destra il cattolicismo; occorre
pertanto nuovamente «incentrarlo» nei gesuiti, cioè
ridargli una forma politica duttile, senza irrigidimenti dottrinari,
con una grande libertà di manovra ecc.; Pio XI è
veramente il papa dei gesuiti.
Ma lottare contro i
cattolici integrali su un fronte organico, è molto piú
difficile che lottare contro i modernisti. La lotta contro l'Action
Française offre un terreno ottimo; gli integrali sono
combattuti non come tali, ma in quanto sostenitori di Maurras, cioè
la lotta è in ordine sparso, contro singole persone che non
obbediscono al papa, che ne intralciano la difesa della fede e della
morale contro un ateo e un pagano confesso, mentre l'insieme della
tendenza è ufficialmente ignorato. Ecco l'importanza capitale
del libro del Fontaine, che mostra il nesso organico tra Maurras e
l'«integrismo» e aiuta energicamente l'azione del papa e
dei gesuiti (è da notare che il Fontaine a piú riprese
insiste presso i «laicisti» francesi sul fatto che gli
integrali e non i gesuiti sono «antidemocratici», che i
gesuiti, in realtà, aiutano la democrazia ecc.; chi è
il Fontaine? è uno specialista di studi sulla politica
religiosa? non potrebbe essere ispirato dagli stessi gesuiti?)
Questo articolo della
«Civiltà Cattolica», scritto certo dal p. Rosa, è
molto cauto nell'uso dei documenti ristampati dal Fontaine, evita di
analizzare quelli che non solo screditano gli integrali, ma gettano
un'ombra di comicità e di discredito su tutta la Chiesa (gli
integrali avevano organizzato una vera società segreta con
cifrari, in cui il papa è chiamato «la baronessa
Michelina» e altre personalità con nomi altrettanto
romanzeschi, ciò che mostra la mentalità del Benigni
verso i suoi «gerarchi»).
Sulla quistione «di
merito» della politica di Pio XI le conclusioni non sono
facili, come mostra lo stesso corso di questa politica, corso
incerto, timido, titubante per le immense difficoltà contro
cui deve cozzare continuamente. Si è detto piú volte
che la Chiesa cattolica ha virtú di adattamento e di sviluppo
inesauribili. Ciò non è molto esatto. Nella vita della
Chiesa possono essere fissati alcuni punti decisivi: il primo è
quello che si identifica con lo scisma tra Oriente e Occidente, di
carattere territoriale, tra due civiltà storiche in contrasto,
con scarsi elementi ideologici e culturali, che ha inizio con
l'avvento dell'Impero di Carlo Magno, cioè con un rinnovato
tentativo di egemonia politica e culturale dell'Occidente
sull'Oriente; lo scisma avviene in un periodo in cui le forze
ecclesiastiche sono scarsamente organizzate e si approfondisce sempre
piú, automaticamente, per la forza stessa delle cose,
impossibili a controllare, come avviene di due persone che per
decenni non hanno contatti e si allontanano una dall'altra fino a
parlare due lingue diverse. Il secondo è quello della Riforma,
che avviene in ben diverse condizioni e che se ha come risultato una
separazione territoriale, ha specialmente un carattere culturale e
determina la Controriforma, e le decisioni del Concilio di Trento che
limitano enormemente le possibilità di adattamento della
Chiesa Cattolica. Il terzo è quello della Rivoluzione francese
(Riforma liberale-democratica) che costringe ancor piú la
Chiesa a irrigidirsi e mummificarsi in un organismo assolutistico e
formalistico di cui il papa è il capo nominale, con poteri
teoricamente «autocratici», in verità molto scarsi
perché tutto il sistema si regge solo per il suo irrigidimento
da paralitico. Tutta la società in cui la Chiesa si muove e
può evolvere, ha la tendenza a irrigidirsi, lasciando alla
Chiesa scarse possibilità di adattamento, già scarse
per la natura attuale della Chiesa stessa. L'irrompere di forme nuove
di nazionalismo, che poi sono il termine finale del processo storico
iniziatosi con Carlo Magno, cioè col primo rinascimento, rende
non solo impossibile l'adattamento, ma difficile l'esistenza, come si
vede nella Germania hitleriana. D'altronde il papa non può
«scomunicare» la Germania hitleriana, deve talvolta
persino appoggiarsi ad essa, e ciò rende impossibile ogni
politica religiosa rettilinea, positiva, di un qualche vigore. Di
fronte a fenomeni come l'hitlerismo, anche larghe concessioni al
modernismo non avrebbero nessun significato ormai, ma solo
aumenterebbero la confusione e l'imbroglio. Né è detto
che in Francia le cose siano piú allegre, perché
proprio in Francia è stata creata la teoria di contrapporre la
«religione della patria» a quella «romana» e
si può supporre un incremento di nazionalismo patriottico, non
di cosmopolitismo romano.
Dall'articolo della
«Civiltà Cattolica» del 3 novembre 1928 sono
tratti questi spunti. Si accenna che anche in Italia Maurras ha
trovato difensori tra i cattolici: si parla di «imitatori o
fautori, palesi od occulti, ma del pari aberranti dalla
pienezza della fede e della morale cattolica, o nella teoria o nella
pratica, pure gridando e anche illudendosi di volerle difendere
integralmente e meglio di qualsiasi altro». l'Action
Française «avventò contro chi scrive queste
righe (il p. Rosa) un cumulo di vilipendii e di calunnie incredibili
(sic), fino a quelle insinuate ripetutamente di assassinii ed
esecuzioni spietate di confratelli!»: (è da vedere
quando e come queste accuse furono fatte al p. Rosa; tra i gesuiti
c'era un'ala integralista e favorevole al Maurras, con uomini di
primo piano come il cardinale Billot, che fu uno dei principali
compilatori dell'enciclica Pascendi e che rinunziò alla
carica di cardinale, cosa rarissima nella storia della Chiesa, che
dimostra l'ostinata pervicacia del Billot e la volontà
risoluta del papa di superare ogni ostacolo nella lotta contro
Maurras).
La «Revue
internationale des sociétés secrètes»,
diretta dall'abate Boulin, è «integrale» e
accanita antigesuita; il Boulin è collegato a Benigni-Mataloni
e si serve di pseudonimi (Roger Duguet). L'Action Française
e gli integrali si attaccano disperatamente a Pio X e pretendono
di restare fedeli ai suoi insegnamenti (ciò che nello sviluppo
della Chiesa sarebbe un bel precedente, perché ogni papa,
morto, potrebbe offrire il terreno per organizzare una setta che si
riattacca a un suo particolare atteggiamento; gli «integrali»
vogliono rimettere in onore il Sillabo di Pio IX: nella
proposta dell'Action Française di avere un
ecclesiastico per la cattedra del Sillabo nelle sue scuole,
era contenuta un'abile provocazione, ma Pio XI non solo non vuole
ridare attualità al Sillabo, ma cerca perfino di
attenuare ed edulcorare l"enciclica Pascendi).
L'articolo della «Civiltà
Cattolica» è veramente importante e occorrerà
rivederlo per il caso di un approfondimento della questione.
Bisognerà vedere tutte le sfumature dei «distinguo»
a proposito della massoneria, dell'antisemitismo, del nazionalismo,
della democrazia ecc. Anche per i modernisti si distingue tra illusi,
ecc., e si prende posizione contro l'antimodernismo del Benigni ecc.:
«Tanto piú che era da temere e non mancammo di farlo
notare fino da quegli anni a chi di dovere, che siffatti metodi
avrebbero fatto il gioco dei modernisti veri, preparando in futuro
gravi danni alla Chiesa. Il che si vide poi, ed anche al presente si
vede, nello spirito cattivo di reazione, non del vecchio modernismo
solamente e del liberalismo, ma del nuovo altresí e
dell'integralismo stesso. Questo mostrava allora di volersi opporre
ad ogni forma o parvenza di modernismo, anzi presumeva essere, come
suol dirsi, piú papale del papa, ed invece ora con grave
scandalo o gli resiste ipocritamente o apertamente lo
combatte, come avviene tra i fautori rumorosi dell'Action
Française in Francia e i silenziosi loro complici in
Italia».
Gli integrali chiamano i
gesuiti «modernizzanti» e «modernizzantismo»
la loro tendenza: hanno diviso i cattolici in integrali e non
integrali cioè «papali» ed «episcopali»
(pare che l'enciclica di Benedetto XV Ad beatissimi abbia
notato, biasimandola, questa tendenza a introdurre tali distinzioni
tra i cattolici, che lederebbero la carità e l'unità
dei fedeli).
La «Sapinière»
(da S. P. iniziali del «Sodalizio Piano») era la società
segreta che si nascondeva dietro il velo del «Sodalizio Piano»,
ed organizzò la lotta contro i gesuiti modernizzanti, «in
tutto contrariamente alla prima idea ed al programma officiale
proposto al Santo Pontefice Pio X, indi approvato dal Segretario
della Concistoriale, non certamente perché servisse allo sfogo
di passioni private, alla denuncia e diffamazione di integerrimi ed
anche eminenti personaggi, di Vescovi e d'interi Ordini religiosi,
nominatamente del nostro, che mai finora erasi veduto in balia a
siffatte calunnie, neppure ai tempi della sua soppressione. Da ultimo
poi, finita la guerra e molto piú dopo lo scioglimento del
«Sodalizio Piano» – decretato dalla Sacra
Congregazione del Concilio, non certo a titolo di lode, ma di
proibizione e di biasimo – fu promossa tutta a spese di un
noto e ricchissimo finanziere Simon di Parigi e della sua larga
consorteria, la pubblicazione e la prodiga diffusione gratuita di
libelli i piú ignominiosi e criticamente insipienti centro la
Compagnia di Gesú, i suoi Santi, i suoi dottori e maestri, le
sue opere e le sue costituzioni, pure solennemente approvate dalla
Chiesa. È la nota collezione dei cosí detti "Récalde",
cresciuta già ad oltre una dozzina di libelli, alcuni di piú
volumi, in cui è troppo riconosciuta e non meno retribuita la
parte dei complici romani. Essa viene ora rinforzata dalla
pubblicazione sorella di foglietti diffamatori, i piú
farneticanti, sotto il titolo complessivo ed antifrastico di
"Vérités", emuli dei fogli gemelli
dell'Agenzia Urbs ovvero Romana, i cui articoli
ritornano poi talora, quasi a verbo, in altri fogli "periodici"».
Gli integrali sparsero «le
peggiori calunnie» contro Benedetto XV, come si può
vedere dall'articolo comparso alla morte di questo papa nella
«Vieille France» (di Urbain Gohier ) e nella «Ronda»
(febbraio 1922), «anche questo (periodico) tutt'altro che
cattolico e morale, ma onorato tuttavia dalla collaborazione di
Umberto Benigni, il cui nome si trova registrato nella bella
compagnia di quei giovani piú o meno scapestrati». «Lo
stesso spirito di diffamazione, continuato sotto il presente
Pontificato, in mezzo alle file medesime dei cattolici, dei religiosi
e del clero, non si può dire quanto abbia fatto di male nelle
coscienze, quanto scandalo portatovi e quanta alienazione di animi,
in Francia sopra tutto. Quivi infatti la passione politica induceva a
credere piú facilmente le calunnie, mandate spesso da Roma,
dopo che i ricchi Simon e altri compari, di spirito gallicano e
giornalistico (sic), ne spesarono gli autori e procurarono la
diffusione gratuita dei loro libelli, massime degli antigesuitici
sopra menzionati, nei seminari, nelle canoniche, nelle curie
ecclesiastiche, ovunque fosse qualche probabilità o
verosimiglianza che la calunnia potesse attecchire; ed anche fra
laici, massime giovani, e degli stessi licei governativi, con una
prodigalità senza esempio».
Gli autori già
sospetti si servono dell'anonimo o di pseudonimi. «... È
notorio, tra i giornalisti specialmente, quanto poco meriti qualsiasi
titolo di onore un siffatto gruppo col suo principale ispiratore, il
piú astuto a nascondersi, ma il piú colpevole e il piú
interessato nell'intrigo» (si riferisce al Benigni o a qualche
altro pezzo grosso del Vaticano?)
Secondo il p. Rosa, tra
l'Action Française e gli «integrali» non
c'era inizialmente «accordo» ma esso si è venuto
formando dopo il 1926; ma questa affermazione è certo fatta ad
arte per escludere ogni movente politico (lotta contro gli
ultrareazionari) dalla lotta contro l'Action Française,
e per diminuire le responsabilità di Pio X. Nell'ultima nota
dell'articolo si dice: «Non si deve tuttavia confondere l'uno
con l'altro partito, come taluno ha fatto, per es. Nicolas
Fontaine nell'opera citata Saint-Siège,
"Action Française" et "Catholiques intégraux".
Questo autore, come notammo, è piú che
liberale, ma purtroppo (sic) informatissimo dei casi
niente edificanti della menzionata società clandestina, detta
della «Sapinière» e dei suoi fautori francesi ed
italiani, ed in ciò è ridicolo rinfacciare il suo
liberalismo: occorre smentire i fatti su cui riparleremo a suo
tempo». In realtà il Fontaine mostra esaurientemente il
nesso tra integrali e Action Française, anche se è
possibile dire che si tratta di due partiti distinti, di cui uno
tende a servirsi dell'altro, e mostra come tale nesso risalga a Pio
X. È curioso quel «purtroppo informatissimo»,
perché il Fontaine si è servito di materiale di dominio
pubblico, come è «curioso» che il p. Rosa, nella
«Civiltà Cattolica» non abbia piú
«riparlato» della «Sapinière» (fino
alla morte di Monsignor Benigni, che non è stato ricordato; ed
è difficile pensare che ne parli ancora, a meno che al Benigni
non succeda qualche altra forte personalità nella direzione
degli integrali): questo silenzio ha il suo significato. L'articolo
conclude: «Ma la verità non ha da temere: e per parte
nostra, noi siamo ben risoluti a difenderla senza paura né
trepidazione od esitanza, anche contro i nemici interni, siano
pure ecclesiastici facoltosi e potenti, che hanno fuorviato i
laici per trarli ai loro disegni e interessi».
Ricorda un viaggio del
Benigni in America (di cui parla la «Civiltà Cattolica»,
1927, IV, p. 399) per la distribuzione di libelli antigesuiti: a Roma
ci sarebbe un deposito di piú decine di migliaia di copie di
questi libelli.
L'Action Française
aveva a Roma un suo redattore, Havard de la Montagne, che
dirigeva un settimanale in lingua francese «Rome»
destinato specialmente ai cattolici francesi, religiosi o laici,
residenti o di passaggio a Roma: era il portavoce degli integrali e
dei maurrassiani, il centro del loro raccoglimento e del servizio di
informazione dell'Action Française presso il Vaticano,
non solo per le questioni religiose, ma specialmente per quelle
politiche francesi e internazionali di carattere riservato. Non
bisogna dimenticare che il Vaticano ha un servizio d'informazioni
talvolta e per certi argomenti piú preciso, piú largo e
piú abbondante di qualsiasi altro governo. Poter servirsi di
questa fonte era per l'Action Française una ragione non
delle minori di certi suoi successi giornalistici e di molte campagne
personali e scandalistiche. Pare che dopo la rottura del 1926, «Rome»
sia deperito e poi morto.
Il caso dell'abate
Turmel di Rennes. Nella raccolta di scritti su L'Enciclica
Pascendi e il modernismo il p. Rosa (il libro è del
1908-1909) dedica alcune pagine «gustosissime» (non per
il garbo e le virtú stilistiche dell'autore, che è un
pedestre scribacchiatore, molto piú pedestre, incondito e
rozzo del suo antagonista Buonaiuti che pure non scherza) al caso
«straordinario» dell'abate Turmel, modernista, che
scriveva libri modernisti e persino di carattere tutt'affatto
ateistico sotto varii pseudonimi e poi li confutava col suo vero
nome. Dal 1908 al 1929 il Turmel ha continuato nel suo gioco di
pseudonimi finché, per un caso, l'autorità
ecclesiastica ebbe le prove palmari di questa duplicità; ma
queste prove non furono subito esibite per liquidare l'abate: fu
prima dato incarico al prof. L. Saltet, dell'Istituto cattolico di
Tolosa, di fare un'ampia dimostrazione filologico-critico-teologica
(nel «Bulletin de Littérature Ecclésiastique»
di Tolosa) della paternità turmeliana di tutta una serie di
scritti pubblicati con ben 14 pseudonimi, e poi il Turmel fu espulso
dalla Chiesa. (Su questo argomento vedi altra nota, piú
oltre). (La quistione dell'anonimato e degli pseudonimi cui
ricorrevano i modernisti per sfuggire alle misure immediate di
repressione è trattata dal Buonaiuti nel suo libro del 1927
sul Modernismo Cattolico con qualche sofisma e con una certa
imbarazzata reticenza. È certo che questa tattica da
«politicante» nocque molto specialmente al Buonaiuti, che
dagli «idealisti» della «Voce» fu presentato
come una personalità quasi spregevole. La figura del Buonaiuti
non perde, nonostante tutto, una certa sua aura di grandezza morale e
di severità di carattere, se si pensa che egli è il
solo che da piú di 30 anni si è mantenuto nella sua
posizione contro la Curia e i gesuiti, abbandonato da sostenitori e
da amici, che o sono rientrati nell'ovile o sono passati decisamente
nel campo laico. Né la sua attività è senza
conseguenze per la Chiesa cattolica, se si tiene conto della
diffusione dei suoi libri e del fatto che la Chiesa ripetute volte
gli ha offerto dei compromessi).
Cfr. l'articolo «La
lunga crisi dell'Action Française» nella «Civiltà
Cattolica» del 7 settembre 1929. Si loda il
libro La trop longue crise de l'Action
Française di Mons. Sagot du
Vauroux, évêque d'Agen, Parigi, ed. Bloud, 1929,
opera che «riuscirà utilissima anche agli stranieri, i
quali non riescono a comprendere le origini e meno ancora la
persistenza, congiunta a tanta ostinazione, degli aderenti cattolici
che li acceca fino a farli vivere e morire senza sacramenti,
piuttosto che rinunciare alle odiose esorbitanze di un loro partito e
dei suoi dirigenti increduli». La «Civiltà
Cattolica» cerca giustificarsi del fatto che non si occupa piú
spesso della polemica dell'Action Française e tra
l'altro dice: «Oltre a ciò la prolungata crisi non tocca
l'Italia se non per riverbero, ossia per una lontana (!?)
concomitanza ed analogia, che essa potrebbe (!) avere con le tendenze
generali paganeggianti dell'età moderna». (Questo
maltusianismo polemico costituisce appunto la debolezza principale
della posizione gesuitica contro l'Action Française ed
è la causa maggiore del furore fanatico di Maurras e dei suoi
seguaci: questi sono persuasi, non a torto, che il Vaticano fa su di
loro una esperienza «in corpore vili», che essi hanno la
funzione del ragazzo che, una volta, accompagnava il principe
ereditario inglese e si pigliava le nerbate per conto del regale
padrone; da ciò a far persuasi i seguaci di Maurras che
l'assalto subito è meramente politico, perché non
cattolico o universale che a parole, ci vuol poco. In verità
il papa si è ben guardato, e cosí la «Civiltà
Cattolica», di identificare e «punire» con le
stesse sanzioni, negli altri paesi, gli elementi individuali o di
gruppo che hanno le stesse tendenze di Maurras e non le nascondono).
Altre indicazioni di
«cattolici integrali»: il Bloc antirévolutionnaire
di Felix Lacointe, «degno amico del citato Boulin e dei
suoi soci» (il Boulin dirige la «Revue Internationale des
Sociétés secrètes»). Il Lacointe avrebbe
pubblicato che il cardinale Rampolla era iscritto alla Massoneria o
qualcosa di simile (al Rampolla si rimprovera la politica del
ralliement fatta da Leone XIII; ricordare a proposito del
Rampolla che il veto al Conclave contro la sua elezione al
ponteficato fu fatto dall'Austria, ma per domanda di Zanardelli; sul
Rampolla e la sua posizione verso lo Stato italiano offre elementi
nuovi il Salata nel 1° volume, e solo pubblicato, dei suoi
Documenti diplomatici sulla questione romana).
Un elemento ideologico
molto significativo del lavoro che i gesuiti esplicano in Francia per
costituire una larga base popolare al movimento cattolico-democratico
è questo giudizio storico-politico: chi è responsabile
dell'«apostasia» del popolo francese? Solo gli
intellettuali democratico-rivoluzionari che si richiamavano al
Rousseau? No. I piú responsabili sono gli aristocratici e la
grande borghesia che hanno civettato con Voltaire: «... le
rivendicazioni tradizionali (dei monarchici) del ritorno all'antico
sono pure rispettabili, quantunque inattuabili, nelle condizioni
presenti. E sono inattuabili anzitutto per colpa di tanta
parte dell'aristocrazia e borghesia di Francia, poiché dalla
corruzione e dall'apostasia di questa classe dirigente fino al secolo
XVIII originò la corruzione e l'apostasia della massa popolare
in Francia, avverandosi anche allora che regis ad exemplum totus
componitur orbis. Il Voltaire era l'idolo di quella parte
dell'aristocrazia corrotta e corrompitrice del suo popolo, alla cui
fede e costumatezza procurando scandalose seduzioni, essa scavava a
se medesima la fossa. E sebbene poi al sorgere del Rousseau con la
sua democrazia sovversiva in opposizione all'aristocrazia
volterriana, si fecero opposizione teorica le due correnti
dell'apostasia – come tra i due tristi corifei – che
parevano muovere da contrari errori, confluirono in una stessa
pratica ed esiziale conclusione: nell'ingrossare cioè il
torrente rivoluzionario ecc. ecc.».
Cosí oggi: Maurras e
C. sono avversari della democrazia alla Rousseau e delle
«esagerazioni democratiche» («esagerazioni»,
si badi bene, solo «esagerazioni») del Sillon, ma
sono discepoli e ammiratori di Voltaire (Jacques Bainville ha curato
un'edizione di lusso degli scritti di Voltaire e i gesuiti non lo
dimenticano). Su questo nesso storico-critico riguardante le origini
dell'«apostasia» popolare in Francia la «Civiltà
Cattolica» cita un articolo della «Croix» del 15-16
agosto 1929: L'apostasie navrante de la masse populaire en France
che si riferisce al libro: Pour faire l'avenir del P.
Croizier dell'«Action populaire» edito nel 1929 dalle
edizioni Spes di Parigi.
Tra i seguaci di Maurras e
C. oltre ai conservatori e monarchici la «Civiltà
Cattolica» (sulle tracce del vescovo di Agen) rileva altri
quattro gruppi: 1) gli snobisti (attratti dalle doti
letterarie, specialmente del Maurras); 2) gli adoratori della
violenza e della maniera forte, «con le esagerazioni
dell'autorità, spinta verso il dispotismo, sotto colore di
resistenza allo spirito di insubordinazione o sovvertimento sociale,
dell'età contemporanea»; 3) i «falsi mistici»,
«creduli a vaticinii di straordinarie ristaurazioni, di
conversioni meravigliose o di provvidenziali missioni»
assegnate proprio a Maurras e C. Questi, fin dal tempo di Pio X,
«imperterriti», scusano l'incredulità di Maurras,
imputandola «al difetto della grazia», «quasi che
non fosse data a tutti la grazia sufficiente per la conversione, né
fosse imputabile a chi vi resiste il cadere o il persistere nella
colpa» (sarebbero questi, pertanto, semieretici, perché,
a giustificare Maurras, ripetono le posizioni giansenistiche o
calviniste. A questo proposito occorre spiegare la pervicacia di
Maurras nel non volersi «convertire» cosa che non può
essere solo dovuta alla «integrità e lealtà etica
e intellettuale» e appunto perciò fa trepidare i
gesuiti: essi comprendono che se il gruppo Maurras prendesse il
potere statale, la situazione di fatto del cattolicismo in Francia
diverrebbe piú difficile dell'attuale. Fa meraviglia perciò
l'atteggiamento del Vaticano verso lo hitlerismo, nonostante che
Rosenberg avesse scritto il suo Mito prima della presa del
potere: è vero che Rosenberg intellettualmente non è
della statura di Maurras ma tutto il movimento hitleriano è
intellettualmente basso e volgare ed era prevedibile ciò che
poi è successo verso il cattolicismo e il cristianesimo).
Il quarto gruppo (il piú
pericoloso per la «Civiltà Cattolica») sarebbe
composto dagli «integrali» (la «Civiltà
Cattolica» osserva che il vescovo di Agen li chiama anche
«integristi», «ma è notorio che essi non
sono da confondere col partito politico, chiamato degli "integristi",
nella Spagna»). Questi «integrali», scrive la
«Civiltà», «anche in Italia non mancarono di
favorire i positivisti e increduli dell'Action Française
solo perché violenti contro il liberalismo e altre forme
di errori moderni senza avvertire che essi trascorrevano ad estremi
opposti, del pari erronei e perniciosi ecc.». «Cosí
abbiamo veduto, anche in Italia, qualche loro foglio accennare
appena, come di volo, alla condanna dell'Action Française,
in cambio di pubblicarne i documenti e illustrarne il senso e la
ragione, indugiandosi invece sulla ristampa ed il commento della
condanna del Sillon; quasi che i due moti fra loro opposti, ma
del pari opposti alla dottrina cattolica, non potessero essere e non
fossero egualmente riprovevoli. Cosa questa degna di nota, perché
mentre quasi in ogni numero di siffatte pubblicazioni non manca
qualche accusa o escandescenza contro autori cattolici, sembra che
venga meno o lo spazio o la lena per una franca ed energica
trattazione di condanna contro quelli dell'Action Française;
anzi si ripetono spesso le calunnie, come quella di una pretesa piega
a sinistra, ossia verso il liberalismo, popolarismo, falsa
democrazia, contro chi non seguiva il loro modo di procedere».
(Nella corrente dei
«cattolici integrali» bisogna mettere anche Henri Massis
e il gruppo dei «difensisti dell'Occidente»; ricordare le
frecciate del padre Rosa contro il Massis nella risposta alla lettera
aperta di Ugo Ojetti).
In altra nota è citato il periodico «Fede e Ragione»,
come di carattere «integralista» (la «Civiltà
Cattolica» lo cita appunto in una sua polemica cogli
integralisti). «Fede e Ragione» è un settimanale
cattolico che esce a Fiesole da circa 14 anni. È diretto dal
sacerdote Paolo De Toth (almeno era diretto dal De Toth nel 1925) e
l'abbonamento costava nel 1925 15 lire, ciò che significa che
deve trattarsi di una semirivista.
Cfr. l'articolo La
catastrofe del caso Turmel e i metodi del modernismo critico,
nella «Civiltà Cattolica» del 6 dicembre 1930. Lo
scritto è molto importante e il caso Turmel è di sommo
interesse nella quistione. Questo Turmel, pur rimanendo sacerdote,
per oltre venti anni, con svariatissimi pseudonimi, scrisse articoli
e libri di carattere eterodosso, fino ad essere apertamente
ateistici. Nel 1930 i gesuiti riuscirono a smascherarlo e a farlo
dichiarare scomunicato vitando: nel decreto del Santo Uffizio è
contenuta la lista delle sue pubblicazioni e dei suoi pseudonimi. La
sua attività ha del romanzesco. Risulta cosí che dopo
la crisi modernistica, nell'organizzazione ecclesiastica si formarono
delle formazioni segrete: oltre a quella dei gesuiti (che d'altronde
non sono omogenei e concordi, ma hanno avuto un'ala modernistica –
il Tyrrell era gesuita – e una integralista – il
cardinale Billot era integralista) esisteva ed esisterà ancora
una formazione segreta integralista e una modernista. La
identificazione del Turmel coi suoi pseudonimi ha anch'essa qualcosa
di romanzesco: indubbiamente il centro gesuitico aveva teso intorno a
lui una vasta tela che andò restringendosi mano mano fino a
imprigionarlo. Appare che il Turmel aveva delle protezioni nelle
Congregazioni romane, ciò che dimostra che i modernisti non
sono tutti stati identificati, nonostante il giuramento, ma operano
segretamente ancora. Turmel aveva scritto articoli e libri con
quindici pseudonimi: Louis Coulange, Henri Delafosse, Armand Dulac,
Antoine Dupin, Hippolyte Gallerand, Guillaume Herzog, André
Lagard, Robert Lawson, Denys Lenain, Paul Letourneur, Goulven
Lézurec, Alphonse Michel, Edmond Perrin, Alexis Vanbeck,
Siouville. Avveniva che il Turmel con un pseudonimo confutasse o
lodasse articoli e libri scritti con altro pseudonimo, ecc.
Collaborava alla rivista «Revue d'histoire des religions»
e alla collezione «Christianisme» diretta dal Couchoud
presso l'editore Rieder.
È da tener conto
anche di un altro articolo pubblicato nella «Civiltà
Cattolica» del 20 dicembre 1930: Lo spirito dell'«Action
Française» a proposito di «intelligenza»
e di «mistica», dove si parla del volume di
Jean Héritier Intelligence et Mystique (Parigi,
Librairie de France, 1930, in 8°, pp. 230) nella collezione «Les
Cahiers d'Occident» che si propone di diffondere i principi
sulla difesa dell'occidente secondo lo spirito del noto libro
di Henri Massis. Per i gesuiti il Massis e le sue teorie sono
sospette: d'altronde è notorio il contatto tra il Massis e
Maurras. Il movimento del Massis è da porre tra quelli del
«cattolicismo integrale» o del forcaiolismo cattolico.
(Anche il movimento dell'Action Française è da
porre tra quelli sostenuti dall'integralismo). In Francia la nascita
dell'integralismo è da connettere col movimento del Ralliement
propugnato da Leone XIII: sono integralisti quelli che
disobbediscono a Leone XIII e ne sabotano l'iniziativa. La lotta di
Pio X contro il Combismo sembra dar loro ragione e Pio X è
il loro papa, come è il papa di Maurras. In appendice al
volume dell'Héritier sono stampati articoli di altri scrittori
che trattano del Ralliement e sostengono anche nelle quistioni
di storia religiosa la tesi del Maurras sull'anarchismo dissolvente
del cristianesimo giudaico e sulla romanizzazione del cattolicismo.
[Diverse manifestazioni
del modernismo.] Nella «Cultura»
dell'ottobre-dicembre 1932 (pp. 846 sgg.) Luigi Salvatorelli scrive
di Joseph Turmel recensendo questi due libri: 1) Felix Sartiaux,
Joseph Turmel, prêtre historien des dogmes, Paris,
Rieder, 1931, pp. 295; 2) J. Turmel, Histoire des dogmes, I,
Le péché originel. La
rédemption, Paris, Rieder, 1931.
Il libro del Sartiaux è indispensabile per la
valutazione del caso Turmel. Secondo il Salvatorelli, il Turmel non
sarebbe mai stato un modernista, in quanto non avrebbe mai «concepito
l'idea di una trasformazione della chiesa e del domma». E qui
si pone il problema, per l'esatta compilazione di questa rubrica, di
che cosa debba intendersi per modernista. È evidente che non
esiste un modello fisso e sempre facilmente identificabile del
«modernista» e del «modernismo», come non
esiste per ogni «-ista» e «-ismo». Si è
trattato di un movimento complesso e molteplice, con varie accezioni:
1) quella che di se stessi davano i modernisti; 2) quella che dei
modernisti davano i loro avversari, che certo non coincidevano. Si
può dire che del modernismo esistevano diverse manifestazioni:
1) quella politico-sociale, che tendeva a riavvicinare la chiesa alle
classi popolari, quindi favorevole al socialismo riformista e alla
democrazia (questa manifestazione è forse quella che piú
ha contribuito a suscitare la lotta da parte dei cattolici integrali,
legati strettamente alle classi piú reazionarie e specialmente
alla nobiltà terriera e ai latifondisti in generale, come
mostra l'esempio francese dell'Action Française e
l'esempio italiano del cosí detto «Centro cattolico»)
ossia genericamente alle correnti liberali; 2) quella
«scientifico-religiosa», cioè in sostegno di un
nuovo atteggiamento verso il «dogma» e la «critica
storica» in confronto della tradizione ecclesiastica, quindi
tendenza a una riforma intellettuale della Chiesa. Su questo terreno
la lotta tra modernisti e cattolici integrali fu meno aspra, anzi,
secondo i gesuiti, ci fu spesso alleanza e collusione tra le due
forze, cioè le riviste cattoliche integrali pubblicarono
scritti dei modernisti (secondo la «Civiltà cattolica»,
la rivista di Mons. Benigni pubblicò spesso scritti del
Buonaiuti contro i gesuiti). Ciò dietro le quinte,
naturalmente, perché sulla scena la lotta doveva presentarsi
specialmente, anzi unicamente, come religiosa; ciò che non
toglie che i cattolici integrali appoggiassero un ateo dichiarato
come il Maurras e che per il Maurras la quistione non potesse essere
che solamente politica e sociale. Per i Gesuiti Turmel era ed è
un modernista in senso «scientifico» (sebbene il Turmel
realmente sia un ateo, cioè completamente fuori dal campo
religioso, nella sua coscienza, sebbene continui ad essere «prete»
per ragioni subordinate, ciò che pare sia un caso abbastanza
comune nel clero come appare dal libro del Sartiaux o dalle Memorie
del Loisy). Ciò che importa qui notare è che sia il
modernismo, sia il gesuitismo, sia l'integralismo hanno significati
piú vasti che non siano quelli strettamente religiosi: sono
«partiti» nell'«impero assoluto internazionale»
che è la Chiesa Romana ed essi non possono evitare di porre in
forma religiosa problemi che spesso sono puramente mondani, di
«dominio».
[Ugo Mioni.]
Monsignor Ugo Mioni, scrittore di romanzacci a serie di avventure per
i giovanetti, era un tempo gesuita e ora non lo è piú.
Oggi appartiene certamente agli integralisti, come appare dalla
recensione, pubblicata nella «Civiltà Cattolica»
del 20 agosto 1932 del suo Manuale di sociologia (Torino,
Marietti, 1932, in 16°, pp. 392, L. 12). Nella recensione si
osserva che nel Manuale «traspare qua e là una
diffidenza soverchia del nuovo, vero o presunto che sia. A pag. 121
si inveisce contro la diffusione della cultura: "Perché
non vi potrebbe essere qualche analfabeta? ve ne furono tanti e tanti
nei secoli passati; i quali vissero tranquilli, sereni e felici!... È
poi tanto necessaria la cultura intellettuale e scientifica dei
cittadini? Di alcuni, di parecchi, sí... Per tutti? No"».
«A pag. 135 si legge che: "la sociologia cristiana è
ostile a ogni partecipazione della donna alla vita pubblica"».
La «Civiltà Cattolica» nega questa affermazione
perentoria e ricorda che «una delle scuole oggi piú
rinomate della Sociologia cristiana (Le settimane sociali francesi) è
tutt'altro che ostile alla partecipazione, di cui ha tanto terrore il
nostro Autore». Cita anche il Précis de la doctrine
sociale catholique (Editions Spes, p. 129) del gesuita Ferdinando
Cavallera, prof. dell'Istituto di Tolosa, dove è scritto: «La
partecipazione della donna alla vita pubblica non solleva alcuna
obbiezione dal punto di vista cattolico». La «Civiltà
Cattolica» rimprovera al Mioni di aver obliato nel suo trattato
la vita internazionale che «ha oggi cosí decisiva
importanza anche nelle questioni sociali» e di non aver fatto
alcun cenno, parlando della tratta delle bianche, di quanto si è
fatto di recente a Ginevra in una speciale commissione della Società
delle nazioni.
L'opposizione al trattato
del Mioni è dunque radicale. Questo trattato del Mioni può
assumersi come uno dei documenti piú importanti ideologici del
cattolicismo integrale e ultrareazionario.
[Le encicliche contro il
pensiero moderno.] La prima enciclica papale contro le
manifestazioni politiche e filosofiche dell'epoca moderna
(liberalismo, ecc.) sarebbe stata del 1832, la Mirari vos
di Gregorio XVI; a cui sarebbe seguita l'Enciclica Quanta cura
di Pio IX dell'8 settembre 1864, accompagnata dal Sillabo;
terza enciclica quella Pascendi di Pio X, contro il
modernismo. Queste le tre encicliche «organiche» contro
il pensiero moderno ma non mi pare che esse siano i soli documenti
del genere. Per il periodo antecedente al 1864 si può vedere
nel Sillabo l'elencazione delle altre encicliche e documenti
diversi papali contro il pensiero moderno. Per il periodo dal '64 al
1907 (8 settembre, come per il Sillabo) non ricordo se ci sono
accenni nell'enciclica Pascendi, che d'altronde ha un suo
carattere particolare, in quanto non tanto combatte il pensiero
moderno come tale, ma per il fatto che è riuscito a penetrare
nell'organizzazione ecclesiastica e nell'attività scientifica
propriamente cattolica. Ma nella letteratura polemica non sarà
difficile trovare le indicazioni bibliografiche (nella «Civiltà
Cattolica» poi le manifestazioni successive al 1908 che sono
ancora piú interessanti in quanto si riferiscono ad attività
statali). In ogni modo queste tre encicliche del 1832, del 1864 e del
1907 sono le piú organiche ed estensive teoricamente e a esse
occorre riferirsi per fissare le lotte interne tra integralisti,
gesuiti e modernisti.
Non si può accanto a
tali encicliche dimenticare le altre «costruttive»,
tipiche la Rerum Novarum e la Quadragesimo anno che
integrano le grandi encicliche teoriche contro il pensiero moderno e
cercano risolvere a loro modo alcuni dei problemi ad esso legati e
connessi. (Non bisogna dimenticare che alcune ricerche per questa
rubrica sono connesse a quelle per la rubrica sulla «Storia
dell'Azione Cattolica»; cioè i due studi sono
inscindibili in un certo senso e come tali devono essere elaborati).
Roberto Bellarmino.
Pio XI il 13 maggio 1923 dette al Bellarmino il titolo di beato, piú
tardi (nel 50° anniversario del suo sacerdozio, quindi in una
data specialmente segnalata) lo inscrisse nell'albo dei Santi,
insieme coi gesuiti missionari morti nell'America settentrionale; nel
settembre 1931 in fine lo dichiarò Dottore della Chiesa
Universale. Queste particolari attenzioni alla massima autorità
gesuitica dopo Ignazio di Loyola, permettono di dire che Pio XI, il
quale è stato chiamato il papa delle Missioni e il papa
dell'Azione Cattolica, deve specialmente essere chiamato il papa dei
Gesuiti (le Missioni e l'Azione Cattolica, del resto, sono le due
pupille degli occhi della Compagnia di Gesú). È da
osservare che nella lettera apostolica (tradotta) con cui il
Bellarmino è dichiarato Dottore (vedi «Civiltà
Cattolica» del 7 novembre 1931) parlandosi della Compagnia in
generale, il Bellarmino è chiamato «vero compagno di
Gesú»: perché «compagno» e non
«soldato», come dovrebbe esattamente dirsi? Il nome
«Compagnia» è solo la traduzione di «Societas»
o non ha il significato militare? La parola latina «Societas»
non può avere significato militare (almeno mi pare) ma quale
fu l'intenzione di Ignazio di Loyola? (Ricordare la connessione del
Bellarmino con il processo di Galileo). Nell'articolo di commento
della «Civiltà Cattolica» alla Lettera
apostolica si accenna al fatto che la «causa» (di
beatificazione e di santificazione) del Bellarmino era stata
arrestata dalle «mene e (dalle) minacce (!) di quegli
sconsigliati politici e avversari del Pontificato, amici altri
dell'assolutismo regio ("gli integrali"), altri del
sovversivismo demagogico ("i modernisti")»; accenna
la «Civiltà Cattolica» a fatti del '700, ma parla
poi dei «loro infelici successori e imitatori odierni».
(Pare che la beatificazione del Bellarmino nel '700 sia stato uno
degli elementi della lotta che portò alla soppressione della
Compagnia per imposizione dei Borboni).
I Gesuiti oggi vedono nella
santificazione e nel «dottorato» una rivincita (sebbene
l'ultimo atto papale coincida con la soppressione dei Gesuiti in
Ispagna), ma sono cauti: «Nessuno certo vuole esagerare oltre
misura questo avvenimento, o troppo allargarne l'importanza, il
significato, l'opportunità o "attualità",
rispetto all'ora presente, e tanto piú rispetto all'insolita
bufera che doveva essere non solo impreveduta ma imprevedibile,
quando fu deliberato prima e discusso poi, ecc., il decreto per la
dichiarazione di Dottore».
Santificazione di Roberto
Bellarmino, segno dei tempi e del creduto impulso di nuova potenza
della Chiesa cattolica; rafforzamento dei gesuiti, ecc. Il Bellarmino
condusse il processo contro Galileo e redasse gli otto motivi che
portarono Giordano Bruno al rogo. Santificato il 29 giugno 1930; ma
ha importanza non questa data, ma la data in cui fu iniziato il
processo di santificazione. Cfr. la Vita di Galileo del
Banfi (ed. La Cultura) e la recensione di G. De Ruggiero nella
«Critica » in cui si documentano le gherminelle
gesuitiche in cui il Galilei rimase impigliato. Il Bellarmino è
autore della formula del potere indiretto della Chiesa su
tutte le sovranità civili. La festa di Cristo re (istituita
nel 1925 o '26?) per l'ultima domenica di ottobre di ogni anno.
Giovanni Papini.
Dalla recensione del libro su Sant'Agostino di Giovanni
Papini, pubblicata dalla «Civiltà Cattolica» del
19 luglio 1930 (p. 155), appare che i cattolici integrali si sono
schierati contro il Papini: «Le invettive del Tilgher erano poi
superate da quelle di uno scrittore anonimo e di una notoria
"Agenzia" clandestina, che le passava ai giornali di vario
colore, come noi sappiamo: e sebbene si ammantasse di cattolicismo
"integrale", essa non aveva certo né la fede né
gli interessi delle anime fra le sue prime sollecitudini; molto meno
poteva o può rappresentare, con quei suoi metodi di critica,
una porzione qualsiasi dei veri e schietti cattolici.
Del bollore di quello zelo critico e della sincerità di quelle
invettive non avevano dunque le persone saggie da occuparsi; molto
meno da edificarsi. E il Papini ha fatto molto bene a non curarsi di
loro; ed anche i suoi amici a non darvi peso».
La recensione dev'essere
del padre Rosa come appare dalla grammatica alquanto sbilenca e da
preziosità come quella di un'«Agenzia» che è
notoria ma è anche clandestina. Il Papini, cosí difeso
dai gesuiti e attaccato dagli integrali, non essendo modernista, deve
essere senza dubbio di errore catalogato fra i gesuiti.
Lotta intorno alla
filosofia neoscolastica. Polemiche recenti di cattolici come
Gorgerino e Siro Contri (sono la stessa persona?) contro padre
Gemelli. Il Gemelli ha scritto nel 1932 Il mio contributo alla
filosofia neoscolastica, Milano, Vita e Pensiero, in 8°, pp.
106, L. 5. Siro Contri scrive che la filosofia dell'Università
Cattolica deve chiamarsi ormai «Archeoscolastica», perché
pare che dopo i tentativi di conciliare col tomismo prima il
positivismo e poi l'idealismo, per aggiornare il pensiero cattolico
alle esigenze della vita moderna, il Gemelli (aiutato dai gesuiti,
che nella «Civiltà Cattolica» l'hanno difeso
contro gli attacchi del Gorgerino) voglia ritornare al «tomismo»
puro delle origini. È da vedere se questa «conversione»
del Gemelli non sia connessa al Concordato, e alla posizione
eccezionale di monopolio che i cattolici, date le loro possibilità
di concentrazione delle forze intellettuali, possono conquistare in
Italia nel mondo dell'alta cultura ufficiale e scolastica. Per ciò
è certo necessario tagliare ogni legame e rinunziare a ogni
forma di combinazione con filosofie acattoliche (come invece era
necessario prima fare) e presentarsi come filosofia intransigente ed
esclusivista. Dalle pubblicazioni del Contri appare che il Gemelli
nel cuor suo si infischia santamente di ogni filosofia: per lui la
filosofia è una «balla». I suoi interessi sono
puramente pratici, di conquista del mercato culturale da parte del
cattolicismo e la sua attività è rivolta ad assicurare
al Vaticano quel potere indiretto sulla Società e sullo
Stato che è l'essenziale fine strategico dei gesuiti e fu
teorizzato dall'attuale loro santo Roberto Bellarmino.
(Il Contri ha iniziato o
sta per iniziare la pubblicazione di una nuova rivista «Criterion»
di «vera» neo-scolastica, e ha pubblicato una Piccola
Enciclopedia filosofica. Editore Galleri, Bologna, 121.).
[Leone XIII.] Numero
commemorativo di «Vita e Pensiero» per il 25°
anniversario della morte di Leone XIII. Utile l'articolo di padre
Gemelli su «Leone XIII e il movimento intellettuale».
Papa Leone è legato, nel campo intellettuale, alla
rinnovazione della filosofia cristiana, all'indirizzo negli studi
sociali, all'impulso dato agli studi biblici. Tomista, l'idea
ispiratrice di Leone XIII fu questa: «ricondurre il mondo ad
una dottrina fondamentale grazie alla quale l'intelligenza sia resa
di nuovo capace di indicare all'uomo la verità che egli deve
riconoscere e ciò non solo preparando la via alla fede, ma
dando all'uomo il mezzo di orientarsi in modo sicuro su tutti i
problemi della vita. Leone XIII presentava cosí al popolo
cristiano una filosofia, la dottrina scolastica, non come un quadro
del sapere, stretto, immobile ed esclusivo, ma come un organismo di
pensiero vivo, suscettibile di arricchirsi del pensiero di tutti i
dottori e di tutti i padri, capace di armonizzare la speculazione
della teologia razionale con i dati della scienza positiva,
condizione per stimolare e armonizzare la ragione e la fede; la
scienza profana e la sacra; la filosofia e la teologia; il reale e
l'ideale; il passato e le scoperte dell'avvenire, l'orazione e
l'azione, la vita interiore e la vita sociale, i doveri
dell'individuo e della società; i doveri verso Dio e verso
l'uomo».
Leone XIII ha rinnovato
completamente l'Azione Cattolica. Ricordare che l'enciclica Rerum
Novarum è quasi simultanea al Congresso di Genova, cioè
al passaggio del movimento operaio italiano dal primitivismo a una
fase realistica e concreta, sebbene ancora confusa e indistinta. La
neo scolastica ha permesso l'alleanza del cattolicesimo col
positivismo (Comte, da cui Maurras). Nell'Azione Cattolica [si è]
usciti dal puro astensionismo meccanico di dopo il '70 e [si è]
iniziata [una] attività reale che portò allo
scioglimento del '98.
La redazione della
Civiltà Cattolica. Gli articoli della «Civiltà
Cattolica» sono scritti tutti da padri della Compagnia di Gesú
e ordinariamente non sono firmati. Qualche volta si può sapere
chi siano gli autori, perché negli estratti il loro nome è
pubblicato (non sempre però). Cosí, per es., la rubrica
sulle quistioni operaie è fatta dal padre Angelo Brucculeri,
che deve essere anche il rappresentante italiano nel Centro
internazionale di Malines che ha compilato il Codice sociale.
Bisognerebbe procurarsi il
catalogo delle pubblicazioni vendibili presso la «Civiltà
Cattolica» per vedere di quali quistioni sono messi in vendita
gli estratti: è un indice dell'importanza data alle quistioni
stesse. Ricordare che nel 1929 (o ai primi del '30) l'«Amico
delle Famiglie» pubblicò che il padre Rosa aveva
lasciato la direzione della «Civiltà Cattolica» ed
era stato inviato dal papa in Ispagna per una missione, dopo essergli
stata donata una medaglia d'oro in riconoscimento dei servizi resi al
Vaticano. L'«Amico delle Famiglie» è un
settimanale cattolico di Genova e deve aver riprodotto la notizia
dalla stampa quotidiana cattolica e non cattolica. Perché? Di
fatto il padre Rosa andò in Ispagna ed ebbe la medaglia, ma
continuò a dirigere la «Civiltà Cattolica».
Evidentemente l'allontanamento del padre Rosa era desiderato, per
l'atteggiamento preso sull'applicazione del Concordato, talvolta
abbastanza aspro: ma il papa non credette di esaudire il pio
desiderio, perché la linea del padre Rosa era quella del
Vaticano e il papa teneva a farlo sapere.
La «Civiltà
Cattolica» pubblica ogni tanto degli indici analitici delle sue
annate: l'ultimo è quello delle annate 1911-1925 compilato dal
Cav. Giuseppe Del Chiaro, segretario di redazione. Su tutte le
quistioni importanti bisognerà vedere questi indici, perché
le pubblicazioni e i commenti dei gesuiti hanno una certa importanza
e possono dare degli spunti: specialmente sulle quistioni di storia
del Risorgimento. Ricordare la quistione dei Costituti di Federico
Confalonieri. Cosí sulla quistione del brigantaggio dal '60 al
'70: ricordare la quistione dei fratelli La Gala imbarcatisi a
Civitavecchia su battello francese e arrestati a Genova dai
Piemontesi, con conseguente protesta diplomatica del papa e della
Francia, restituzione dei La Gala e loro estradizione ecc. Importanti
sono gli articoli storici della «Civiltà Cattolica»
sui movimenti cattolico-liberali e l'odio dei gesuiti contro Gioberti
che ancora oggi è vituperato banalmente ad ogni occasione.
Nazionalismo culturale
cattolico. È la tendenza che piú meraviglia nel
leggere, per esempio, la «Civiltà Cattolica»:
poiché, se essa divenisse realmente una regola di condotta, il
cattolicismo stesso diverrebbe impossibile. L'incitamento ai filosofi
italiani ad abbracciare il tomismo, perché S. Tommaso è
nato in Italia e non perché in esso può trovarsi una
migliore via per trovare la verità, come potrebbe servire ai
francesi o ai tedeschi? E non può diventare invece, per logica
conseguenza, un incitamento a ogni nazione di cercare nella sua
propria tradizione un archetipo intellettuale, un «maestro»
di filosofia religiosa nazionale, cioè un incitamento a
disgregare il Cattolicismo in tante chiese nazionali? Posto il
principio, perché poi fissare S. Tommaso come espressione
nazionale e non il Gioberti e il Socini ecc.?
Che i Cattolici e anzi i
gesuiti della «Civiltà Cattolica» siano dovuti e
devano ricorrere a una tale propaganda è un segno dei tempi.
C'è stato un tempo in cui Carlo Pisacane era predicato come
l'elemento nazionale da contrapporre sugli altari ai brumosi filosofi
tedeschi; ancor di piú Giuseppe Mazzini. Nella filosofia
attualistica si rivendica Gioberti come lo Hegel italiano, o quasi.
Il cattolicismo religioso incita (o ha dato l'esempio?) al
cattolicismo filosofico e a quello politico sociale.
[Gesuiti e integralisti
in Ispagna.] Vedere l'effetto che nell'equilibrio delle forze
cattoliche ha avuto la crisi religiosa in Ispagna. In Ispagna la
lotta anticlericale ha avuto come principale bersaglio i gesuiti, ma
mi pare che appunto in Ispagna avrebbero dovuto essere forti gli
integralisti, e che i gesuiti dovevano essere un contrappeso a queste
forze: il tentativo di accordo tra il Vaticano e Alcalà
Zamora, troncato dalla Costituente, doveva appunto tendere a mettere
in valore la politica gesuitica, eliminando o sacrificando gli
integralisti (Segura, ecc.). Ma la situazione spagnola era complicata
dal fatto che i gesuiti svolgevano un'attività capitalistica
rilevante: essi dominavano alcune società importanti
tranviarie e d'altro genere (verificare l'esattezza di questi
accenni). In Ispagna i gesuiti avevano una tradizione particolare:
loro lotta contro l'Inquisizione e i domenicani (vedere che
significato ebbe questa lotta; cfr. il libro del Lea
sull'Inquisizione di Spagna).
Politica del Vaticano.
Malta. Cfr. nella «Civiltà Cattolica» del
20 dicembre 1930: Nel decimo anno della diarchia maltese. La
«Civiltà Cattolica» chiama diarchia o doppio
governo la posizione politica creata a Malta nel 1921 con la
concessione di una costituzione per cui, pur rimanendo
all'Inghilterra la sovranità, il governo veniva affidato ai
cittadini. Interpretazione evidentemente tendenziosa, ma utile ai
cattolici per impostare le loro agitazioni contro l'Inghilterra
protestante e impedire che i cattolici perdano la supremazia a Malta.
Movimenti religiosi.
È da vedere il movimento pancristiano e la sua
organizzazione dipendente: «Alleanza mondiale per promuovere
l'amicizia internazionale per mezzo delle Chiese». Il movimento
pancristiano è significativo per queste ragioni: 1) perché
le Chiese protestanti tendono non solo a unirsi tra loro, ma ad
acquistare, attraverso l'unione, una forza di proselitismo; 2) delle
Chiese protestanti solo quelle americane, e in minor grado, quelle
inglesi, avevano una forza espansiva di proselitismo: questa forza
passa al movimento pancristiano anche se esso è diretto da
elementi europei continentali, specialmente norvegesi e tedeschi; 3)
l'unionismo può arrestare la tendenza a scindersi sempre piú
delle Chiese protestanti; 4) gli ortodossi partecipano, come centri
dirigenti autocefali, al movimento pancristiano.
La Chiesa Cattolica è
molto turbata da questo movimento. La sua organizzazione massiccia e
la sua centralizzazione e unicità di comando, la poneva in
condizioni di vantaggio nell'opera lenta ma sicura di assorbimento di
eretici e scismatici. L'unione pancristiana turba il monopolio e fa
trovare Roma dinanzi a un fronte unico. D'altronde la Chiesa Romana
non può accettare di entrare nel movimento come uguale alle
altre Chiese e ciò favorisce la propaganda pancristiana che
può rimproverare a Roma di non volere l'unione di tutti i
Cristiani per i suoi interessi particolari, ecc.
Pancristianesimo e
propaganda del protestantesimo nell'America Meridionale. Cfr.
l'articolo Il protestantesimo negli Stati Uniti e nell'America
latina, nella «Civiltà Cattolica» del 1°
marzo - 15 marzo - 5 aprile 1930. Studio molto interessante sulle
tendenze espansionistiche dei protestanti nord-americani, sui metodi
di organizzazione di questa espansione e sulla reazione cattolica.
È interessante
notare che i cattolici trovano nei protestanti americani i soli
concorrenti, e spesso vittoriosi, nel campo della propaganda mondiale
e ciò nonostante che negli Stati Uniti la religiosità
sia molto poca (la maggioranza dei censiti professa di non aver
religione): le Chiese protestanti europee non hanno espansività
o minima. Altro fatto notevole è questo: dopo che le chiese
protestanti sono andate sminuzzandosi, si assiste ora a tentativi di
unificazione nel movimento pancristiano. (Non dimenticare però
l'Esercito della Salute, di origine e organizzazione inglese).
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