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Antonio Gramsci
Note sul Machiavelli, sulla politica e sullo Stato moderno

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  • V. Azione Cattolica Gesuiti e modernisti
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Note sparse

 

 

Il culto degli Imperatori. Nella «Civiltà Cattolica» del 17 agosto e del 21 settembre 1929 è pubblicato un articolo del padre gesuita G. Messina L'apoteosi dell'uomo vivente e il Cristianesimo. Nella prima puntata il Messina esamina l'origine del culto dell'Imperatore fino ad Alessandro il Macedone; nella seconda puntata l'introduzione a Roma del culto imperiale e la resistenza dei primi cristiani fino all'editto di Costantino.

Scrive il Messina: «Nella primavera del 323 si mandarono (da Atene e Sparta) delegati ad Alessandro in Babilonia e questi si presentarono a lui, come era costume presentarsi agli dei, coronati di serti, riconoscendolo cosí come dio. L'ambizione di Alessandro era soddisfatta: egli era l'unico padrone del mondo e dio: la sua volontà unica legge. Partito come rappresentante dei Greci nella sua campagna contro i Persiani, ora sentiva che il suo ufficio era compiuto: non era piú rappresentante di nessuno: davanti alla sua persona sollevata alla divinità, Greco o Macedone, Persiano o Egiziano erano ugualmente sudditi e dipendenti. Differenze di nazionalità e di costumi, pregiudizi di schiatta, tradizioni particolari dovevano scomparire e tutti i popoli dovevano essere condotti a sentirsi una cosa sola nell'ubbidienza di un solo monarca e nel culto della sua persona». Il culto dell'imperatore cioè è legato all'impero universale e al cosmopolitismo di cui l'impero è necessaria espressione.

Sarebbe interessante vedere se è stato tentato di trovare un nesso tra il culto dell'Imperatore e la posizione del Papa come vicario di Dio in terra; certo è che al Papa si tributano onoranze divine e lo si chiama «padre comune» come Dio. Il Papato avrebbe fatto una mistione tra gli attributi del Pontefice Massimo e quelli dell'Imperatore divinizzato (attributi che per le popolazioni del primo periodo non dovevano essere sentiti come distinti per gli stessi imperatori). Cosí attraverso il Papato dovrebbe essere nato anche il diritto divino delle monarchie, riflesso del culto imperiale. La stessa necessità ha portato nel Giappone al culto del Mikado, diventato poi solennità civile e non piú religiosa.

Si sarebbe verificato nel Cristianesimo ciò che si verifica nei periodi di Restaurazione in confronto ai periodi rivoluzionari: l'accettazione mitigata e camuffata dei principi contro cui si era lottato.

 

 

La concezione del centralismo organico e la casta sacerdotale. Se l'elemento costitutivo di un organismo è posto in un sistema dottrinario rigidamente e rigorosamente formulato, si ha un tipo di direzione castale e sacerdotale. Ma esiste ancora la «garanzia» dell'immutabilità? Non esiste. Le formule verranno recitate a memoria senza mutar sillaba e virgola, ma l'attività reale sarà un'altra. Non bisogna concepire l'«ideologia», la dottrina come qualcosa di artificiale e sovrapposto meccanicamente (come un vestito sulla pelle, e non come la pelle che è organicamente prodotta dall'intero organismo biologico animale), ma storicamente, come una lotta incessante. Il centralismo organico immagina di poter fabbricare un organismo una volta per sempre, già perfetto obbiettivamente. Illusione che può essere disastrosa, perché fa affogare un movimento in un pantano di dispute personali accademiche. (Tre elementi: dottrina, composizione «fisica» della società di un determinato personale storicamente determinato, movimento reale storico. Il primo e il secondo elemento cadono sotto il controllo della volontà associata e deliberante. Il terzo elemento reagisce continuamente sugli altri due e determina la lotta incessante, teorica e pratica, per elevare l'organismo a coscienze collettive sempre piú elevate e raffinate). Feticismo costituzionalistico. (Storia delle Costituzioni approvate durante la Rivoluzione francese: la Costituzione votata nel '93 dalla Convenzione fu deposta in un'arca di cedro nei locali dell'assemblea, e l'applicazione ne fu sospesa fino alla fine della guerra: anche la Costituzione piú radicale poteva essere sfruttata dai nemici della Rivoluzione e perciò [era] necessaria la dittatura, cioè un potere non limitato da leggi fisse e scritte).

 

 

Religione come principio e clero come classe-ordine feudale. Quando si esalta la funzione che la chiesa ha avuto nel medio evo a favore delle classi inferiori, si dimentica semplicemente una cosa: che tale funzione non era legata alla chiesa come esponente di un principio religioso-morale, ma alla chiesa come organizzazione di interessi economici molto concreti, che doveva lottare contro altri ordini che avrebbero voluto diminuire la sua importanza. Questa funzione fu dunque subordinata e incidentale: ma il contadino non era meno taglieggiato dalla chiesa che dai signori feudali. Si può forse dire questo: che la «chiesa» come comunità dei fedeli conservò e sviluppò determinati principi politico-morali in opposizione alla chiesa come organizzazione clericale, fino alla Rivoluzione francese i cui principii sono propri della comunità dei fedeli contro il clero ordine feudale alleato al re e ai nobili: perciò molti cattolici considerano la Rivoluzione francese come uno scisma e un'eresia, cioè una rottura tra pastore e gregge, dello stesso tipo della Riforma, ma storicamente piú matura, perché avvenuta sul terreno del laicismo: non preti contro preti, ma fedeli-infedeli contro preti. Il vero punto di rottura tra democrazia e Chiesa è da porre però nella Controriforma, quando la Chiesa ebbe bisogno del braccio secolare (in grande stile) contro i luterani e abdicò alla sua funzione democratica.

 

 

Clero come intellettuali. Ricerca sui diversi atteggiamenti del clero nel Risorgimento, in dipendenza delle nuove correnti religiose-ecclesiastiche. Giobertismo, rosminianismo. Episodio piú caratteristico del giansenismo. A proposito della dottrina della grazia e della sua conversione in motivo di energia industriale, e dell'obbiezione che lo Jemolo fa alla tesi giusta dell'Anzilotti (da dove l'Anzilotti l'aveva presa?) cfr. in Kurt Kaser, Riforma e Controriforma, a proposito della dottrina della grazia nel calvinismo, e il libro del Philip dove sono citati documenti attuali di questa conversione. In questi fatti è contenuta la documentazione del processo dissolutivo della religiosità americana: il calvinismo diventa una religione laica, quella del Rotary Club, cosí come il teismo degli illuministi era la religione della massoneria europea, ma senza l'apparato simbolico e comico della massoneria e con questa differenza, che la religione del Rotary non può diventare universale: essa è propria di un'aristocrazia eletta (popolo eletto, classe eletta) che ha avuto e continua ad avere successi; un principio di selezione, non di generalizzazione, di un misticismo ingenuo e primitivo proprio di chi non pensa ma opera come gli industriali americani, che può avere in sé i germi di una dissoluzione anche molto rapida (la storia della dottrina della grazia può essere interessante per vedere il diverso accomodarsi del cattolicesimo e del cristianesimo alle diverse epoche storiche e ai diversi paesi).

Fatti americani riportati dal Philip da cui risulta che il clero di tutte le chiese, in certe occasioni, ha funzionato da pubblica opinione in assenza di un partito medio e di una stampa di tale partito.

 

 

Origine sociale del clero. L'origine sociale del clero ha importanza per giudicare della sua influenza politica: nel Nord il clero [è] di origine popolare (artigiani e contadini), nel Sud [è] piú legato ai «galantuomini» e alla classe alta. Nel Sud e nelle isole il clero o individualmente o come rappresentante della chiesa, ha notevoli proprietà terriere e si presta all'usura. Appare al contadino spesso, oltre che come guida spirituale, come proprietario che pesa sugli affitti («gli interessi della chiesa») e come usuraio che ha a sua disposizione le armi spirituali oltre che le temporali. Perciò i contadini meridionali vogliono preti del paese (perché conosciuti, meno aspri, e perché la loro famiglia, offrendo un certo bersaglio, entra come elemento di conciliazione) e qualche volta rivendicano i diritti elettorali dei parrocchiani. Episodi in Sardegna di tali rivendicazioni. (Ricordare articolo di Gennaro Avolio nel numero unico della «Voce» sul clero meridionale, dove si accenna al fatto che i preti meridionali fanno apertamente vita coniugale con una donna e hanno rivendicato il diritto di prender moglie). La distribuzione territoriale del Partito Popolare mostra la maggiore o minore influenza del clero, e la sua attività sociale. Nel Mezzogiorno (occorre tener presente oltre a ciò, il peso delle diverse frazioni: nel Sud Napoli, ecc.) prevaleva la destra, cioè il vecchio clericalismo conservatore. Ricordare episodio delle elezioni ad Oristano nel 1913.

 

 

Il clero, la proprietà ecclesiastica e le forme affini di proprietà terriera o mobiliare. Il clero come tipo di stratificazione sociale deve essere tenuto sempre presente nell'analizzare la composizione delle classi possidenti e dirigenti. Il liberalismo nazionale ha distrutto in una serie di paesi la proprietà ecclesiastica, ma è stato impotente a impedire che tipi affini si riformassero e ancora piú parassitari, perché i rappresentanti di esso non svolgevano e non svolgono neppure quelle funzioni sociali che svolgeva il clero: beneficenza, cultura popolare, assistenza pubblica ecc. Il costo di questi servizi era certamente enorme, tuttavia essi non erano completamente passivi. Le nuove stratificazioni sono ancor piú passive, perché non si può dire che sia normale una funzione di questo genere: per effettuare un risparmio di 1.000 lire l'anno una famiglia di «produttori di risparmio» ne consuma 10.000 costringendo alla denutrizione una decina di famiglie di contadini ai quali estorce la rendita fondiaria e altri profitti usurari. Sarebbe da vedere se queste 11.000 lire immesse nella terra non permetterebbero un'accumulazione maggiore di risparmio, oltre all'elevato tenore di vita nei contadini e quindi a un loro sviluppo intellettuale e produttivo-tecnico.

In che misura negli Stati Uniti si sta formando una proprietà ecclesiastica propriamente detta, oltre alla formazione di proprietà del tipo ecclesiastico? e ciò nonostante le nuove forme di risparmio e di accumulazione rese possibili dalla nuova struttura industriale.

 

 

Filippo Meda, Statisti cattolici, Alberto Morano, Napoli. Sono sei biografie: di Daniele 'O Connel, García Moreno, Luigi Windthorst, Augusto Bernaert, Giorgio Hertling, Antonio Maura. Esponenti del conservatorismo clericale (clerico-moderati italiani), cioè della preistoria del moderno popolarismo cattolico. È indispensabile per ricostruire lo sviluppo storico dell'Azione Cattolica. La biografia di García Moreno (Venezuela, mi pare) è anche interessante per comprendere alcuni aspetti delle lotte ideologiche dell'ex-America spagnola e portoghese, dove ancora si attraversa un periodo di Kulturkampf primitivo, dove cioè lo Stato moderno deve ancora lottare contro il passato clericale e feudale. È interessante notare questa contraddizione che esiste nell'America del Sud tra il mondo moderno delle grandi città commerciali della costa e il primitivismo dell'interno, contraddizione che si prolunga per l'esistenza di grandi masse di aborigeni da un lato e di immigrati europei dall'altro piú difficilmente assimilabili che nell'America del Nord: il gesuitismo è un progresso in confronto dell'idolatria, ma è un inciampo per lo sviluppo della civiltà moderna rappresentata dalle grandi città costiere: esso serve come mezzo di governo per mantenere al potere le piccole oligarchie tradizionali, che perciò non fanno che una lotta blanda e molle. La massoneria e la Chiesa positivistica sono le ideologie e le religioni laiche della piccola borghesia urbana, alle quali aderisce in gran parte il cosí detto sindacalismo anarchico che dello scientifismo anticlericale fa il suo pascolo intellettuale. (Problema del risveglio alla vita politica e nazionale delle masse aborigene: nel Messico qualcosa di simile è avvenuto per impulso di Obregon e Calles?)

 

 

Chiesa cattolica. Santi e beati. La Congregazione dei Riti ha pubblicato (cfr. «Corriere della Sera» del 2 dicembre 1931) il catalogo ufficiale delle cause di beatificazione e canonizzazione che sono attualmente in corso. Il precedente catalogo era uscito 10 anni fa e contava 328 processi; l'attuale ne conta 551. Nell'elenco l'Italia figura con 271 cause, la Francia con 116, ecc... Sarebbe interessante esaminare, ai fini di una statistica politico-sociale, i cataloghi di un periodo di tempo un po' lungo e distribuire i processi per nazioni, per condizioni sociali, ecc. Bisognerebbe tener conto di varie condizioni: chi propone le cause, come, ecc. Se ne potrebbero trarre dei criteri della politica che il Vaticano segue in queste faccende e dei cambiamenti che una tale politica ha subito nel tempo.

 

 

Giuseppe De Maistre. Nel 1927 fu pubblicato a Firenze dalla Libreria editrice fiorentina il libro del De Maistre sul papa (Il papa, traduzione di Tito Casini). In un articolo della «Nuova Antologia» del 16 aprile 1928 (Guelfismo e nazionalismo di Giuseppe De Maistre) Niccolò Rodolico ricorda come il De Maistre nel 1820, in un tempo di restaurate antiche Monarchie e di rinnovata autorità della Santa Sede, ebbe amareggiato l'ultimo anno di sua vita da indugi e da difficoltà opposti per la dedica e per la stampa della seconda edizione di questo libro (che fu pubblicata a Lione nel 1822 postuma). Il De Maistre desiderava dedicare il libro a Pio VII che aveva per lui grandissima stima, e desiderava pubblicarlo in Piemonte, il cui re egli aveva fedelmente servito durante la Rivoluzione, ma non riuscí. Secondo il Rodolico la condotta di questi cattolicissimi governanti si spiega con le condizioni dello spirito pubblico dal '19 al '20 in Europa, quando liberali, giansenisti e settari anticlericali si agitavano, e con la paura di provocare nuove e piú vivaci polemiche. «Dopo piú di un secoloaggiunge il Rodolicocompare in Italia, e senza provocare polemiche, una buona traduzione del libro Du pape, che può ora serenamente essere esaminato sotto un aspetto politico, collegandolo ad altre manifestazioni del pensiero politico del tempo».

La quistione però è che questa pubblicazione, come altre del genere, non è stata fatta «serenamente», per dare agli studiosi un documento, ma è stata fatta come «polemica attuale». Si tratta di un segno dei tempi. La stessa Libreria editrice fiorentina pubblica tutta una collana di tal genere, dove è apparso il Sillabo e altri fossili del genere, preceduti da introduzioni «attuali» scritte da neocattolici del tipo Papini, Manacorda, ecc.

Allo stesso clima di serra calda è dovuta la ristampa del Memorandum di Solaro della Margarita, lanciato in commercio come «attualità». (A questo proposito occorre ricordare la discussione in Senato tra Ruffini e il capo del governo a proposito dello Statuto e il paragone spiritosissimo di Ruffini col Solaro della Margarita).

Notare queste pubblicazioni che sono tipiche, anche se la loro importanza abbia o possa avere una efficacia trascurabile, distinguendole da quelle puramente «clericali». Ma si pone il problema: perché gli stessi clericali non le hanno stampate prima di ora e preferivano essi stessi che non se ne parlasse? Sarebbe interessante vedere quante ristampe abbia avuto il Sillabo negli ultimi tempi: credo che lo stesso Vaticano preferisse lasciarlo cadere nel dimenticatoio e che dopo Pio X «seccasse» la Cattedra del Sillabo creata da monarchici francesi nelle loro scuole di partito. (Questo argomento di De Maistre, Solaro, Sillabo, ecc., occorre tenerlo presente per un paragrafo della rubrica «Passato e presente»).

L'articolo del Rodolico è interessante per ciò che dice sulle opinioni antiaustriache del De Maistre, sulle sue convinzioni che il Piemonte dovesse fare una politica nazionale e non angustamente piemontese, ecc. Dal corso dell'articolo appare che il libro sul papa non fu lasciato stampare in Piemonte perché erano al governo i «piemontesisti» assoluti e nel libro del De Maistre sono esposte opinioni che poi saranno riprese dal Gioberti del Primato, sulla funzione nazionale italiana del Papato.

Sul De Maistre libro del Mandoul, Joseph De Maistre et la politique de la Maison de Savoie, Paris, Alcan. (Questa opposizione al De Maistre, moderatissimo uomo, bisogna studiarla nel suo complesso politico per giungere alla esatta comprensione del nesso storico 1848-49 e alla spiegazione di Novara: rivedere questo articolo del Rodolico, se del caso, e cercare l'altra letteratura documentaria).

 

 

Padre Facchinei. Nella «Rivista d'Italia» del 15 gennaio 1927 è pubblicato un articolo di Adolfo Zerboglio intitolato Il ritorno di padre Facchinei, autore di un libello contro Cesare Beccaria Note ed osservazioni sul libro intitolato «Dei delitti e delle pene» pubblicato verso il 1761. Dai brani riportati dallo Zerboglio (p. 27 della rivista) appare che il Facchinei conosceva già la parola «socialisti»: «Domando ai piú pregiudicati socialisti: se un uomo trovandosi nella sua primitiva libertà, e prima di essere entrato in qualche società, domando, dico, se un uomo libero abbia diritto di uccidere un altr'uomo, che gli volesse in qualunque maniera levar la vita? Io sono sicuro che tutti i socialisti per questa volta mi risponderanno di ». Ma cosa significava allora questa parola? Nel Dizionario politico di Maurizio Block la parola «socialisme» è assegnata a un'epoca molto piú tarda, verso il 1830, se ben ricordo.

 

 

A proposito del matrimonio religioso con validità civile è interessante notare che da alcuni estratti della succitata rivista mi pare risulti che il Diritto Canonico e il Tribunale della Sacra Rota concedono lo scioglimento del matrimonio (se non ci sono figli) con abbastanza larghezza, purché si abbiano amici compiacenti che testimonino e i due coniugi siano concordi (oltre ai quattrini da spendere). Ne risulterà una situazione di favore per i cattolici.

 

 

La quistione sessuale e la Chiesa cattolica. Elementi dottrinari. Il canone 1.013 dice: «Matrimonii finis primarius est procreatio atque educatio prolis; secundarius mutuum adiutorium et remedium concupiscentiae». I giuristi discutono sull'«essenza» del matrimonio cattolico, distinguendo fra fine primario e oggetto (primario?): fine è la procreazione, oggetto la copula. Il matrimonio rende «morale» la copula attraverso il mutuo consenso dei coniugi; mutuo consenso espresso senza condizioni limitative. Il paragone con altri contratti (per es. di compravendita) non regge, perché il fine del matrimonio è nel matrimonio in se stesso: il paragone reggerebbe se il marito o la moglie acquistasse diritti di schiavitú sull'altro, cioè potesse disporne come di un bene (ciò che avviene, in parte, per la non riconosciuta uguaglianza giuridica dell'uomo e della donna; in ogni caso non per la persona fisica). Il canone 1.015 indica ciò che «consuma» il contratto matrimoniale: è l'atto «quo coniuges fiunt una caro»: «Matrimonium baptizatorum validum dicitur ratum, si nondum consummatione completum est; ratum et consummatum si inter coniuges locum habuerit coniugalis actus, ad quem natura sua ordinatur contractus matrimonialis et quo coniuges fiunt una caro». Il significato di «una caro» è assunto da una frase di Cristo, che la ripete dal Genesi: «Non legistis quia fecit hominem ab initio, masculum et feminam fecit eos et dixit: propterea dimittet homo patrem suum et matrem, et adhaerebit uxori suae et erunt duo in carne una? Itaque jam non sunt duo, sed una caro. Quod ergo Deus coniunxit, homo non separet» (Matteo, XIX, 4-7). Cioè essa è la copula, non il figlio (che non può essere disgiunto, perché materialmente uno). Il Genesi (II, 21-24) dice: «Dixitque Adam: haec vocabitur virago, quoniam de viro sumpta est. Quamobrem relinquet homo patrem suum et matrem et adhaerebit uxori suae et erunt duo in carne una». (Sarebbe da vedere se questi elementi possono essere interpretati come giustificanti l'indissolubilità del matrimonio, per cui sono stati rivolti, come contributo della religione cristiana all'introduzione della monogamia, o non significassero in origine solo l'unione sessuale, cioè si contrapponessero alle tendenze «pessimistiche» della «purità» con l'astensione sessuale. Insomma si riferirebbero ai sessi in generale, che sono indissolubili e non a Pietro, Paolo, Giovanni uniti con Caterina, Maria, Serafina). Canone 1.082 § «Consensus matrimonialis est actus voluntatis quo utraque pars tradit et acceptat ius in corpus, perpetuum et exclusivum, in ordine ad actus per se aptos ad prolis generationem». Il § dello stesso dice: «Ut matrimonialis consensus haberi possit, necesse est ut contrahentes saltem non ignorent matrimonium esse societatem permanentem inter virum et mulierem ad filios procreandos» (dovrebbe giustificare e anzi imporre l'educazione sessuale, perché il presumere che si sappia praticamente significa solo che si è certi che l'ambiente compie questa educazione: è cioè una semplice ipocrisia e si finisce col preferire le nozioni saltuarie e «morbose» alle nozioni «metodiche» e educative). In qualche parte esiste (esisteva) la convivenza sessuale di prova e solo dopo la fecondazione avviene (avveniva) il matrimonio (per esempio in piccoli paesi come Zuri, Soddí, ecc. dell'ex circondario di Oristano): era un costume ritenuto moralissimo e che non sollevava obbiezioni, perché non aveva determinato abusi, né da parte delle famiglie né da parte del clero: in quei paesi anche matrimoni molto precoci; fatto legato al regime della proprietà sminuzzata, che domanda piú di un lavoratore, ma non permette lavoro salariato. Can. 1.013 § : «essentiales matrimonii proprietates sunt unitas ac indissolubilitas, quae in matrimonio christiano peculiarem obtinent firmitatem ratione sacramenti». Genesi (I, 27-28): «Masculum et feminam creavit eos, benedixitque illis Deus et ait: Crescite et multiplicamini et replete terram».

 

 

Cattolici, neomaltusianismo, eugenetica. A quanto pare neanche fra i cattolici le idee sono ormai piú concordi sul problema del neomaltusianismo e dell'eugenetica. Dalla «Civiltà Cattolica» del 21 dicembre 1929 (Il pensiero sociale cristiano. La decima sessione dell'"Unione di Malines") risulta: alla fine del settembre 1929 è stata tenuta l'assemblea annuale dell'«Unione Internazionale di studi sociali» che ha sede a Malines, il cui lavoro si concentrò specialmente su questi tre soggetti: lo Stato e le famiglie numerose; il problema della popolazione; il lavoro forzato. Sul problema demografico si verificarono forti differenziazioni: l'avv. Cretinon, «pur seguendo una politica della popolazione che faccia credito alla Provvidenza, fa rilevare che non bisogna rappresentare l'eugenismo come semplicemente materialistico, giacché ha pure intenti intellettuali, estetici e morali». Le conclusioni adottate furono concertate non senza difficoltà dal padre Desbuquois e dal prof. Aznar: i due compilatori erano profondamente divisi. «Mentre il primo propugnava il progresso demografico, l'altro era piuttosto inclinato a consigliar la continenza per timore che le famiglie cattoliche non si condannassero alla decadenza economica a causa della troppa prole».

 

 

Il medico cattolico e l'ammalato (moribondo) acattolico. Cfr.nella «Civiltà Cattolica» del 19 novembre 1932, p. 381, la recensione del libro di Luigi Scremin, Appunti di morale professionale per i medici (Roma, Editrice «Studium», 1932, in 12°, pp. 118, L. 5): «... cosí a p. 95, pur citando il Prümmer, è detto male che "per un acattolico che desideri ed esiga un ministro della sua religione, è lecito al medico, in mancanza di altri, far conoscere al ministro stesso il desiderio dell'infermo, ed è anche tenuto (sic) a farlo solo quando giudichi dannoso per l'infermo non soddisfare questo desiderio". La sentenza del moralista è ben altra; ed infatti il Prümmer (I, 526) ci dice che non si deve chiamare un ministro acattolico, il quale non ha alcuna potestà di amministrare i sacramenti: ma piuttosto aiutare l'infermo a fare un atto di contrizione. Che se l'infermo esige assolutamente che si chiami il ministro acattolico e dal rifiuto nascerebbero gravi danni si può (non già si deve) far conoscere a detto ministro il desiderio dell'infermo. E si dovrebbe distinguere ancora, quando l'infermo fosse in buona fede ed appartenesse a un rito acattolico, in cui i ministri fossero insigniti di vero ordine sacro, come tra i Greci separati». Il brano è significativo.

 

 

[La contraddizione degli intellettuali.] La contraddizione creata dagli intellettuali che non credono, che sono giunti all'ateismo e a «vivere senza religione» attraverso la scienza o la filosofia, ma sostengono che la religione è necessaria per la organizzazione sociale: la scienza sarebbe contro la vita, ci sarebbe contraddizione tra scienza e vita. Ma come il popolo può amare questi intellettuali, ritenerli elementi della propria personalità nazionale [?].

La situazione si riproduce nel Croce, sebbene meno scandalosamente di ciò che sia avvenuto per alcuni intellettuali francesi (il Taine è classico per ciò e ha creato i Maurras del nazionalismo integrale). Mi pare che il Croce accenni in qualche parte sdegnosamente al Disciple di Bourget, ma non è proprio questo l'argomento trattato dal Bourget, sia pure con quel consequenziarismo razionalistico proprio della cultura francese?

Posizione del Kant tra la Critica della ragion pura e la Critica della ragion pratica per ciò che riguarda Dio e la religione.

 

 

Cattolicismo e laicismo. Religione e scienza, ecc. Leggere il libretto di Edmondo Cione, Il dramma religioso dello spirito moderno e la Rinascenza, Napoli, Mazzoni, 1929, pp. 132. Svolge questo concetto: «la Chiesa, forte della sua autorità, ma sentendo il vuoto aleggiarle nella testa, priva di scienza e di filosofia; il Pensiero, forte della sua potenza, ma anelante invano alla popolarità ed all'autorità della tradizione». Perché «invano»? Intanto non è esatta la contrapposizione di Chiesa e di Pensiero, o almeno nell'imprecisione del linguaggio si annida tutto un modo errato di pensare e di agire, specialmente. Il Pensiero può essere contrapposto alla Religione di cui la Chiesa è l'organizzazione militante. I nostri idealisti, laicisti, immanentisti ecc. hanno fatto del Pensiero una pura astrazione, che la Chiesa ha bellamente preso sottogamba assicurandosi le leggi dello Stato e il controllo dell'educazione. Perché il «Pensiero» sia una forza (e solo come tale potrà farsi una tradizione) deve creare una organizzazione, che non può essere lo Stato, perché lo Stato ha rinunziato in un modo o nell'altro a questa funzione etica quantunque la proclami ad altissima voce, e deve perciò nascere nella società civile. Questa gente, che è stata antimassonica, finirà col riconoscere la necessità della massoneria. Problema «Riforma e Rinascimento» altre volte accennato. Posizione del Croce (il Cione è un crociano) che non sa (e non può) popolarizzarsi, cioè «nuovo Rinascimento» ecc.

 

 

Jean Barois. Riceve i sacramenti della religione prima di morire. La moglie trova poi tra le sue carte il testamento, redatto negli anni della maturità intellettuale. Vi si trova: «per tema che la vecchiaia e le malattie mi indeboliscano a tal segno da farmi temere la morte e da indurmi a cercare le consolazioni della religione, redigo oggi nella pienezza delle mie facoltà e del mio equilibrio intellettuale, il mio testamento. Non credo all'anima sostanziale e immortale. So che la mia personalità è un agglomerato di atomi la cui disgregazione comporta la morte totale. Credo al determinismo universale...». Il testamento è gettato nel fuoco. Ricercare.

 

 

Eugenio Di Carlo, Un carteggio inedito del P. L. Taparelli D'Azeglio coi fratelli Massimo e Roberto, Anonima Romana Editoriale, Roma, 1926, L. 16,50.

Libro importante. Prospero Taparelli D'Azeglio, fratello di Massimo e di Roberto, nato a Torino il 24 ottobre 1793, entrò nella Compagnia di Gesú nel 1814 col nome di Luigi. Accanito oppositore del liberalismo, difensore dei diritti della chiesa e del potere cattolico contro il potere laicale nei suoi libri e nella «Civiltà Cattolica». Propugnò il tomismo, quando questa filosofia non godeva molte simpatie tra i Gesuiti. Prima giobertiano, avversario dopo il Gesuita moderno; sostenitore della necessità di un avvicinamento e di un accordo tra liberali moderati e cattolicismo, contro il liberalismo che voleva la separazione della Chiesa dallo Stato: per il potere temporale. Il Di Carlo lo difende dall'accusa di austriacantismo e di nemico della libertà. Oltre la prefazione del Di Carlo, 44 lettere dal '21 al '62, in cui trattati i temi del giorno.

(Mi pare che anche in questo libro ci sia la tendenza a riabilitare i nemici del Risorgimento, con la scusa della «cornice dei tempi». Ma qual era questa «cornice», la reazione o il risorgimento?)

 

 

Francesco Orestano, La Chiesa Cattolica nello Stato Italiano e nel mondo, «Nuova Antologia», 16 luglio 1927. Articolo importante nel periodo delle trattative per il Concordato. (Confrontare con polemiche tra «Popolo d'Italia», Gentile, «Osservatore Romano», riprodotte in opuscolo dalla «Civiltà Cattolica»). (La legge delle guarantigie, in quanto avente valore statutario, aveva abrogato l'articolo dello Statuto?).

L'articolo dell'Orestano pare scritto da un gesuita. È favorevole alla concessione di un territorio al Papa e nei limiti del plebiscito del 2 ottobre 1870 (cioè tutta la città Leonina, che mi pare fu appunto esclusa dal plebiscito ufficiale). (L'Orestano scrisse nel 1924 uno studio, Lo Stato e la Chiesa in Italia, Roma, Casa Editrice Optima, e nel 1915 una Quistione Romana ristampata in Verso la nuova Europa, Casa Editrice Optima, 1917).

 

 

Cattolicismo nell'India. Upadhyaya Brahmabandhav, celebre Sannyasi (?) cattolico, che voleva convertire l'India al Cattolicismo, per mezzo degli stessi indú, cristianizzando le parti dell'induismo passibili di essere assorbite; fu disapprovato dal Vaticano per eccessi di nazionalismo. (Quando avvenne questa predicazione di Upadhyaya? Mi pare che oggi il Vaticano sarebbe piú tollerante). Per la quistione del Cristianesimo in India vedere il fenomeno del Sadhu Sundar Sing: cfr. «Civiltà Cattolica», 7 e 21 luglio 1928.

 

Giuseppe Tucci, La religiosità dell'India, «Nuova Antologia» 16 settembre 1928. Articolo interessante. Critica tutti i luoghi comuni che di solito si ripetono sull'India e sull'«anima» indiana, sul misticismo, ecc. L'India attraversa una crisi spirituale; il nuovo (spirito critico) non è ancora cosí diffuso da formare un'«opinione pubblica» che si contrapponga al vecchio: superstizione nelle classi popolari, ipocrisie, mancanza di carattere nelle classi superiori cosí dette colte. In realtà anche in India, le quistioni e gli interessi pratici assorbono l'attenzione pubblica. (È evidente che in India, dato il secolare intorpidimento sociale, e le stratificazioni ossificate della società e data anche, come avviene nei grandi paesi agrari, la grande quantità di intellettuali medii, specialmente ecclesiastici, la crisi durerà molto a lungo e sarà necessaria una grande rivoluzione perché si abbia l'inizio di una soluzione). Molte osservazioni che il Tucci fa a proposito dell'India si potrebbero fare per molti altri paesi e altre religioni. Tenere presente.




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