Note sparse
Il culto degli
Imperatori. Nella «Civiltà Cattolica» del 17
agosto e del 21 settembre 1929 è pubblicato un articolo del
padre gesuita G. Messina L'apoteosi dell'uomo vivente e il
Cristianesimo. Nella prima puntata il Messina esamina l'origine
del culto dell'Imperatore fino ad Alessandro il Macedone; nella
seconda puntata l'introduzione a Roma del culto imperiale e la
resistenza dei primi cristiani fino all'editto di Costantino.
Scrive il Messina: «Nella
primavera del 323 si mandarono (da Atene e Sparta) delegati ad
Alessandro in Babilonia e questi si presentarono a lui, come era
costume presentarsi agli dei, coronati di serti, riconoscendolo cosí
come dio. L'ambizione di Alessandro era soddisfatta: egli era l'unico
padrone del mondo e dio: la sua volontà unica legge. Partito
come rappresentante dei Greci nella sua campagna contro i Persiani,
ora sentiva che il suo ufficio era compiuto: non era piú
rappresentante di nessuno: davanti alla sua persona sollevata alla
divinità, Greco o Macedone, Persiano o Egiziano erano
ugualmente sudditi e dipendenti. Differenze di nazionalità e
di costumi, pregiudizi di schiatta, tradizioni particolari dovevano
scomparire e tutti i popoli dovevano essere condotti a sentirsi una
cosa sola nell'ubbidienza di un solo monarca e nel culto della sua
persona». Il culto dell'imperatore cioè è legato
all'impero universale e al cosmopolitismo di cui l'impero è
necessaria espressione.
Sarebbe interessante vedere
se è stato tentato di trovare un nesso tra il culto
dell'Imperatore e la posizione del Papa come vicario di Dio in terra;
certo è che al Papa si tributano onoranze divine e lo si
chiama «padre comune» come Dio. Il Papato avrebbe fatto
una mistione tra gli attributi del Pontefice Massimo e quelli
dell'Imperatore divinizzato (attributi che per le popolazioni del
primo periodo non dovevano essere sentiti come distinti per gli
stessi imperatori). Cosí attraverso il Papato dovrebbe essere
nato anche il diritto divino delle monarchie, riflesso del culto
imperiale. La stessa necessità ha portato nel Giappone al
culto del Mikado, diventato poi solennità civile e non piú
religiosa.
Si sarebbe verificato nel
Cristianesimo ciò che si verifica nei periodi di Restaurazione
in confronto ai periodi rivoluzionari: l'accettazione mitigata e
camuffata dei principi contro cui si era lottato.
La concezione del
centralismo organico e la casta sacerdotale. Se l'elemento
costitutivo di un organismo è posto in un sistema dottrinario
rigidamente e rigorosamente formulato, si ha un tipo di direzione
castale e sacerdotale. Ma esiste ancora la «garanzia»
dell'immutabilità? Non esiste. Le formule verranno recitate a
memoria senza mutar sillaba e virgola, ma l'attività reale
sarà un'altra. Non bisogna concepire l'«ideologia»,
la dottrina come qualcosa di artificiale e sovrapposto meccanicamente
(come un vestito sulla pelle, e non come la pelle che è
organicamente prodotta dall'intero organismo biologico animale), ma
storicamente, come una lotta incessante. Il centralismo organico
immagina di poter fabbricare un organismo una volta per sempre, già
perfetto obbiettivamente. Illusione che può essere disastrosa,
perché fa affogare un movimento in un pantano di dispute
personali accademiche. (Tre elementi: dottrina, composizione
«fisica» della società di un determinato personale
storicamente determinato, movimento reale storico. Il primo e
il secondo elemento cadono sotto il controllo della volontà
associata e deliberante. Il terzo elemento reagisce continuamente
sugli altri due e determina la lotta incessante, teorica e pratica,
per elevare l'organismo a coscienze collettive sempre piú
elevate e raffinate). Feticismo costituzionalistico. (Storia delle
Costituzioni approvate durante la Rivoluzione francese: la
Costituzione votata nel '93 dalla Convenzione fu deposta in un'arca
di cedro nei locali dell'assemblea, e l'applicazione ne fu sospesa
fino alla fine della guerra: anche la Costituzione piú
radicale poteva essere sfruttata dai nemici della Rivoluzione e
perciò [era] necessaria la dittatura, cioè un potere
non limitato da leggi fisse e scritte).
Religione come principio
e clero come classe-ordine feudale. Quando si esalta la funzione
che la chiesa ha avuto nel medio evo a favore delle classi inferiori,
si dimentica semplicemente una cosa: che tale funzione non era legata
alla chiesa come esponente di un principio religioso-morale, ma alla
chiesa come organizzazione di interessi economici molto concreti, che
doveva lottare contro altri ordini che avrebbero voluto diminuire la
sua importanza. Questa funzione fu dunque subordinata e incidentale:
ma il contadino non era meno taglieggiato dalla chiesa che dai
signori feudali. Si può forse dire questo: che la «chiesa»
come comunità dei fedeli conservò e sviluppò
determinati principi politico-morali in opposizione alla chiesa come
organizzazione clericale, fino alla Rivoluzione francese i cui
principii sono propri della comunità dei fedeli contro il
clero ordine feudale alleato al re e ai nobili: perciò molti
cattolici considerano la Rivoluzione francese come uno scisma e
un'eresia, cioè una rottura tra pastore e gregge, dello stesso
tipo della Riforma, ma storicamente piú matura, perché
avvenuta sul terreno del laicismo: non preti contro preti, ma
fedeli-infedeli contro preti. Il vero punto di rottura tra democrazia
e Chiesa è da porre però nella Controriforma, quando la
Chiesa ebbe bisogno del braccio secolare (in grande stile) contro i
luterani e abdicò alla sua funzione democratica.
Clero come
intellettuali. Ricerca sui diversi atteggiamenti del clero nel
Risorgimento, in dipendenza delle nuove correnti
religiose-ecclesiastiche. Giobertismo, rosminianismo. Episodio piú
caratteristico del giansenismo. A proposito della dottrina della
grazia e della sua conversione in motivo di energia industriale, e
dell'obbiezione che lo Jemolo fa alla tesi giusta dell'Anzilotti (da
dove l'Anzilotti l'aveva presa?) cfr. in Kurt Kaser, Riforma e
Controriforma, a proposito della dottrina della grazia nel
calvinismo, e il libro del Philip dove sono citati documenti attuali
di questa conversione. In questi fatti è contenuta la
documentazione del processo dissolutivo della religiosità
americana: il calvinismo diventa una religione laica, quella del
Rotary Club, cosí come il teismo degli illuministi era la
religione della massoneria europea, ma senza l'apparato simbolico e
comico della massoneria e con questa differenza, che la religione del
Rotary non può diventare universale: essa è propria di
un'aristocrazia eletta (popolo eletto, classe eletta) che ha avuto e
continua ad avere successi; un principio di selezione, non di
generalizzazione, di un misticismo ingenuo e primitivo proprio di chi
non pensa ma opera come gli industriali americani, che può
avere in sé i germi di una dissoluzione anche molto rapida (la
storia della dottrina della grazia può essere interessante per
vedere il diverso accomodarsi del cattolicesimo e del cristianesimo
alle diverse epoche storiche e ai diversi paesi).
Fatti americani riportati
dal Philip da cui risulta che il clero di tutte le chiese, in certe
occasioni, ha funzionato da pubblica opinione in assenza di un
partito medio e di una stampa di tale partito.
Origine sociale del
clero. L'origine sociale del clero ha importanza per giudicare
della sua influenza politica: nel Nord il clero [è] di origine
popolare (artigiani e contadini), nel Sud [è] piú
legato ai «galantuomini» e alla classe alta. Nel Sud e
nelle isole il clero o individualmente o come rappresentante della
chiesa, ha notevoli proprietà terriere e si presta all'usura.
Appare al contadino spesso, oltre che come guida spirituale, come
proprietario che pesa sugli affitti («gli interessi della
chiesa») e come usuraio che ha a sua disposizione le armi
spirituali oltre che le temporali. Perciò i contadini
meridionali vogliono preti del paese (perché conosciuti, meno
aspri, e perché la loro famiglia, offrendo un certo bersaglio,
entra come elemento di conciliazione) e qualche volta rivendicano i
diritti elettorali dei parrocchiani. Episodi in Sardegna di tali
rivendicazioni. (Ricordare articolo di Gennaro Avolio nel numero
unico della «Voce» sul clero meridionale, dove si accenna
al fatto che i preti meridionali fanno apertamente vita coniugale con
una donna e hanno rivendicato il diritto di prender moglie). La
distribuzione territoriale del Partito Popolare mostra la maggiore o
minore influenza del clero, e la sua attività sociale. Nel
Mezzogiorno (occorre tener presente oltre a ciò, il peso delle
diverse frazioni: nel Sud Napoli, ecc.) prevaleva la destra, cioè
il vecchio clericalismo conservatore. Ricordare episodio delle
elezioni ad Oristano nel 1913.
Il clero, la proprietà
ecclesiastica e le forme affini di proprietà terriera o
mobiliare. Il clero come tipo di stratificazione sociale deve
essere tenuto sempre presente nell'analizzare la composizione delle
classi possidenti e dirigenti. Il liberalismo nazionale ha distrutto
in una serie di paesi la proprietà ecclesiastica, ma è
stato impotente a impedire che tipi affini si riformassero e ancora
piú parassitari, perché i rappresentanti di esso non
svolgevano e non svolgono neppure quelle funzioni sociali che
svolgeva il clero: beneficenza, cultura popolare, assistenza pubblica
ecc. Il costo di questi servizi era certamente enorme, tuttavia essi
non erano completamente passivi. Le nuove stratificazioni sono ancor
piú passive, perché non si può dire che sia
normale una funzione di questo genere: per effettuare un risparmio di
1.000 lire l'anno una famiglia di «produttori di risparmio»
ne consuma 10.000 costringendo alla denutrizione una decina di
famiglie di contadini ai quali estorce la rendita fondiaria e altri
profitti usurari. Sarebbe da vedere se queste 11.000 lire immesse
nella terra non permetterebbero un'accumulazione maggiore di
risparmio, oltre all'elevato tenore di vita nei contadini e quindi a
un loro sviluppo intellettuale e produttivo-tecnico.
In che misura negli Stati
Uniti si sta formando una proprietà ecclesiastica propriamente
detta, oltre alla formazione di proprietà del tipo
ecclesiastico? e ciò nonostante le nuove forme di risparmio e
di accumulazione rese possibili dalla nuova struttura industriale.
Filippo Meda, Statisti
cattolici, Alberto Morano, Napoli. Sono sei biografie: di Daniele
'O Connel, García Moreno, Luigi Windthorst, Augusto Bernaert,
Giorgio Hertling, Antonio Maura. Esponenti del conservatorismo
clericale (clerico-moderati italiani), cioè della preistoria
del moderno popolarismo cattolico. È indispensabile per
ricostruire lo sviluppo storico dell'Azione Cattolica. La biografia
di García Moreno (Venezuela, mi pare) è anche
interessante per comprendere alcuni aspetti delle lotte ideologiche
dell'ex-America spagnola e portoghese, dove ancora si attraversa un
periodo di Kulturkampf primitivo, dove cioè lo Stato moderno
deve ancora lottare contro il passato clericale e feudale. È
interessante notare questa contraddizione che esiste nell'America del
Sud tra il mondo moderno delle grandi città commerciali della
costa e il primitivismo dell'interno, contraddizione che si prolunga
per l'esistenza di grandi masse di aborigeni da un lato e di
immigrati europei dall'altro piú difficilmente assimilabili
che nell'America del Nord: il gesuitismo è un progresso in
confronto dell'idolatria, ma è un inciampo per lo sviluppo
della civiltà moderna rappresentata dalle grandi città
costiere: esso serve come mezzo di governo per mantenere al potere le
piccole oligarchie tradizionali, che perciò non fanno che una
lotta blanda e molle. La massoneria e la Chiesa positivistica sono le
ideologie e le religioni laiche della piccola borghesia urbana, alle
quali aderisce in gran parte il cosí detto sindacalismo
anarchico che dello scientifismo anticlericale fa il suo pascolo
intellettuale. (Problema del risveglio alla vita politica e nazionale
delle masse aborigene: nel Messico qualcosa di simile è
avvenuto per impulso di Obregon e Calles?)
Chiesa cattolica.
Santi e beati. La Congregazione dei Riti ha pubblicato (cfr.
«Corriere della Sera» del 2 dicembre 1931) il catalogo
ufficiale delle cause di beatificazione e canonizzazione che sono
attualmente in corso. Il precedente catalogo era uscito 10 anni fa e
contava 328 processi; l'attuale ne conta 551. Nell'elenco l'Italia
figura con 271 cause, la Francia con 116, ecc... Sarebbe interessante
esaminare, ai fini di una statistica politico-sociale, i cataloghi di
un periodo di tempo un po' lungo e distribuire i processi per
nazioni, per condizioni sociali, ecc. Bisognerebbe tener conto di
varie condizioni: chi propone le cause, come, ecc. Se ne potrebbero
trarre dei criteri della politica che il Vaticano segue in queste
faccende e dei cambiamenti che una tale politica ha subito nel tempo.
Giuseppe De Maistre. Nel
1927 fu pubblicato a Firenze dalla Libreria editrice fiorentina il
libro del De Maistre sul papa (Il papa, traduzione di Tito
Casini). In un articolo della «Nuova Antologia» del 16
aprile 1928 (Guelfismo e nazionalismo di Giuseppe De Maistre)
Niccolò Rodolico ricorda come il De Maistre nel 1820, in un
tempo di restaurate antiche Monarchie e di rinnovata autorità
della Santa Sede, ebbe amareggiato l'ultimo anno di sua vita da
indugi e da difficoltà opposti per la dedica e per la stampa
della seconda edizione di questo libro (che fu pubblicata a Lione nel
1822 postuma). Il De Maistre desiderava dedicare il libro a Pio VII
che aveva per lui grandissima stima, e desiderava pubblicarlo in
Piemonte, il cui re egli aveva fedelmente servito durante la
Rivoluzione, ma non riuscí. Secondo il Rodolico la condotta di
questi cattolicissimi governanti si spiega con le condizioni dello
spirito pubblico dal '19 al '20 in Europa, quando liberali,
giansenisti e settari anticlericali si agitavano, e con la paura di
provocare nuove e piú vivaci polemiche. «Dopo piú
di un secolo – aggiunge il Rodolico – compare in Italia,
e senza provocare polemiche, una buona traduzione del libro Du
pape, che può ora serenamente essere esaminato sotto un
aspetto politico, collegandolo ad altre manifestazioni del pensiero
politico del tempo».
La quistione però è
che questa pubblicazione, come altre del genere, non è stata
fatta «serenamente», per dare agli studiosi un documento,
ma è stata fatta come «polemica attuale». Si
tratta di un segno dei tempi. La stessa Libreria editrice fiorentina
pubblica tutta una collana di tal genere, dove è apparso il
Sillabo e altri fossili del genere, preceduti da introduzioni
«attuali» scritte da neocattolici del tipo Papini,
Manacorda, ecc.
Allo stesso clima di serra
calda è dovuta la ristampa del Memorandum di Solaro
della Margarita, lanciato in commercio come «attualità».
(A questo proposito occorre ricordare la discussione in Senato tra
Ruffini e il capo del governo a proposito dello Statuto e il paragone
spiritosissimo di Ruffini col Solaro della Margarita).
Notare queste pubblicazioni
che sono tipiche, anche se la loro importanza abbia o possa avere una
efficacia trascurabile, distinguendole da quelle puramente
«clericali». Ma si pone il problema: perché gli
stessi clericali non le hanno stampate prima di ora e preferivano
essi stessi che non se ne parlasse? Sarebbe interessante vedere
quante ristampe abbia avuto il Sillabo negli ultimi tempi:
credo che lo stesso Vaticano preferisse lasciarlo cadere nel
dimenticatoio e che dopo Pio X «seccasse» la Cattedra del
Sillabo creata da monarchici francesi nelle loro scuole di partito.
(Questo argomento di De Maistre, Solaro, Sillabo, ecc.,
occorre tenerlo presente per un paragrafo della rubrica «Passato
e presente»).
L'articolo del Rodolico è
interessante per ciò che dice sulle opinioni antiaustriache
del De Maistre, sulle sue convinzioni che il Piemonte dovesse fare
una politica nazionale e non angustamente piemontese, ecc. Dal corso
dell'articolo appare che il libro sul papa non fu lasciato stampare
in Piemonte perché erano al governo i «piemontesisti»
assoluti e nel libro del De Maistre sono esposte opinioni che poi
saranno riprese dal Gioberti del Primato, sulla funzione
nazionale italiana del Papato.
Sul De
Maistre libro del Mandoul, Joseph De
Maistre et la politique de la Maison de Savoie,
Paris, Alcan. (Questa opposizione al De Maistre, moderatissimo
uomo, bisogna studiarla nel suo complesso politico per giungere alla
esatta comprensione del nesso storico 1848-49 e alla spiegazione di
Novara: rivedere questo articolo del Rodolico, se del caso, e cercare
l'altra letteratura documentaria).
Padre Facchinei. Nella
«Rivista d'Italia» del 15 gennaio 1927 è
pubblicato un articolo di Adolfo Zerboglio intitolato Il ritorno
di padre Facchinei, autore di un libello contro Cesare Beccaria
Note ed osservazioni sul libro intitolato «Dei
delitti e delle pene» pubblicato verso il 1761. Dai brani
riportati dallo Zerboglio (p. 27 della rivista) appare che il
Facchinei conosceva già la parola «socialisti»:
«Domando ai piú pregiudicati socialisti: se un uomo
trovandosi nella sua primitiva libertà, e prima di essere
entrato in qualche società, domando, dico, se un uomo libero
abbia diritto di uccidere un altr'uomo, che gli volesse in qualunque
maniera levar la vita? Io sono sicuro che tutti i socialisti per
questa volta mi risponderanno di sí». Ma cosa
significava allora questa parola? Nel Dizionario politico di
Maurizio Block la parola «socialisme» è assegnata
a un'epoca molto piú tarda, verso il 1830, se ben ricordo.
A proposito del
matrimonio religioso con validità civile è
interessante notare che da alcuni estratti della succitata rivista mi
pare risulti che il Diritto Canonico e il Tribunale della Sacra Rota
concedono lo scioglimento del matrimonio (se non ci sono figli) con
abbastanza larghezza, purché si abbiano amici compiacenti che
testimonino e i due coniugi siano concordi (oltre ai quattrini da
spendere). Ne risulterà una situazione di favore per i
cattolici.
La quistione sessuale e
la Chiesa cattolica. Elementi dottrinari. Il canone 1.013 dice:
«Matrimonii finis primarius est procreatio
atque educatio prolis; secundarius mutuum adiutorium et remedium
concupiscentiae». I giuristi discutono sull'«essenza»
del matrimonio cattolico, distinguendo fra fine primario e oggetto
(primario?): fine è la procreazione, oggetto la copula. Il
matrimonio rende «morale» la copula attraverso il mutuo
consenso dei coniugi; mutuo consenso espresso senza condizioni
limitative. Il paragone con altri contratti (per es. di
compravendita) non regge, perché il fine del matrimonio è
nel matrimonio in se stesso: il paragone reggerebbe se il marito o la
moglie acquistasse diritti di schiavitú sull'altro, cioè
potesse disporne come di un bene (ciò che avviene, in parte,
per la non riconosciuta uguaglianza giuridica dell'uomo e della
donna; in ogni caso non per la persona fisica). Il canone 1.015
indica ciò che «consuma» il contratto
matrimoniale: è l'atto «quo coniuges fiunt una caro»:
«Matrimonium baptizatorum validum dicitur ratum,
si nondum consummatione completum est; ratum et consummatum
si inter coniuges locum habuerit coniugalis actus,
ad quem natura sua ordinatur contractus matrimonialis et quo
coniuges fiunt una caro». Il significato di «una caro»
è assunto da una frase di Cristo, che la ripete dal Genesi:
«Non legistis quia fecit hominem ab initio, masculum et feminam
fecit eos et dixit: propterea dimittet homo patrem suum et matrem, et
adhaerebit uxori suae et erunt duo in carne una? Itaque
jam non sunt duo, sed una caro. Quod ergo Deus coniunxit, homo
non separet» (Matteo, XIX, 4-7). Cioè essa è la
copula, non il figlio (che non può essere disgiunto, perché
materialmente uno). Il Genesi (II, 21-24) dice: «Dixitque Adam:
haec vocabitur virago, quoniam de viro sumpta est. Quamobrem
relinquet homo patrem suum et matrem et
adhaerebit uxori suae et erunt duo in carne una». (Sarebbe
da vedere se questi elementi possono essere interpretati come
giustificanti l'indissolubilità del matrimonio, per cui sono
stati rivolti, come contributo della religione cristiana
all'introduzione della monogamia, o non significassero in origine
solo l'unione sessuale, cioè si contrapponessero alle tendenze
«pessimistiche» della «purità» con
l'astensione sessuale. Insomma si riferirebbero ai sessi in generale,
che sono indissolubili e non a Pietro, Paolo, Giovanni uniti con
Caterina, Maria, Serafina). Canone 1.082 § 2°
«Consensus matrimonialis est actus voluntatis quo utraque pars
tradit et acceptat ius in
corpus,
perpetuum et
exclusivum,
in ordine ad actus per se aptos ad prolis generationem». Il
§ 1° dello stesso dice: «Ut matrimonialis consensus
haberi possit, necesse est ut contrahentes saltem non ignorent
matrimonium esse societatem permanentem inter
virum et mulierem ad filios procreandos» (dovrebbe
giustificare e anzi imporre l'educazione sessuale, perché il
presumere che si sappia praticamente significa solo che si è
certi che l'ambiente compie questa educazione: è cioè
una semplice ipocrisia e si finisce col preferire le nozioni
saltuarie e «morbose» alle nozioni «metodiche»
e educative). In qualche parte esiste (esisteva) la convivenza
sessuale di prova e solo dopo la fecondazione avviene (avveniva) il
matrimonio (per esempio in piccoli paesi come Zuri, Soddí,
ecc. dell'ex circondario di Oristano): era un costume ritenuto
moralissimo e che non sollevava obbiezioni, perché non aveva
determinato abusi, né da parte delle famiglie né da
parte del clero: in quei paesi anche matrimoni molto precoci; fatto
legato al regime della proprietà sminuzzata, che domanda piú
di un lavoratore, ma non permette lavoro salariato. Can. 1.013 §
2°: «essentiales matrimonii proprietates sunt unitas ac
indissolubilitas, quae in matrimonio christiano peculiarem obtinent
firmitatem ratione sacramenti». Genesi (I, 27-28):
«Masculum et feminam creavit eos, benedixitque illis Deus et
ait: Crescite et multiplicamini et replete terram».
Cattolici,
neomaltusianismo, eugenetica. A quanto pare neanche fra i
cattolici le idee sono ormai piú concordi sul problema del
neomaltusianismo e dell'eugenetica. Dalla «Civiltà
Cattolica» del 21 dicembre 1929 (Il pensiero sociale
cristiano. La decima sessione dell'"Unione di Malines")
risulta: alla fine del settembre 1929 è stata tenuta
l'assemblea annuale dell'«Unione Internazionale di studi
sociali» che ha sede a Malines, il cui lavoro si concentrò
specialmente su questi tre soggetti: lo Stato e le famiglie numerose;
il problema della popolazione; il lavoro forzato. Sul problema
demografico si verificarono forti differenziazioni: l'avv. Cretinon,
«pur seguendo una politica della popolazione che faccia credito
alla Provvidenza, fa rilevare che non bisogna rappresentare
l'eugenismo come semplicemente materialistico, giacché ha pure
intenti intellettuali, estetici e morali». Le conclusioni
adottate furono concertate non senza difficoltà dal padre
Desbuquois e dal prof. Aznar: i due compilatori erano profondamente
divisi. «Mentre il primo propugnava il progresso demografico,
l'altro era piuttosto inclinato a consigliar la continenza per timore
che le famiglie cattoliche non si condannassero alla decadenza
economica a causa della troppa prole».
Il medico cattolico e
l'ammalato (moribondo) acattolico. Cfr.nella
«Civiltà Cattolica» del 19 novembre 1932, p. 381,
la recensione del libro di Luigi Scremin, Appunti di morale
professionale per i medici (Roma, Editrice «Studium»,
1932, in 12°, pp. 118, L. 5): «... cosí a p. 95, pur
citando il Prümmer, è detto male che "per un
acattolico che desideri ed esiga un ministro della sua religione, è
lecito al medico, in mancanza di altri, far conoscere al ministro
stesso il desiderio dell'infermo, ed è anche tenuto (sic) a
farlo solo quando giudichi dannoso per l'infermo non soddisfare
questo desiderio". La sentenza del moralista è ben altra;
ed infatti il Prümmer (I, 526) ci dice che non si deve
chiamare un ministro acattolico, il quale non ha alcuna potestà
di amministrare i sacramenti: ma piuttosto aiutare l'infermo a
fare un atto di contrizione. Che se l'infermo esige assolutamente
che si chiami il ministro acattolico e dal rifiuto
nascerebbero gravi danni si può (non già si
deve) far conoscere a detto ministro il desiderio dell'infermo. E
si dovrebbe distinguere ancora, quando l'infermo fosse in buona fede
ed appartenesse a un rito acattolico, in cui i ministri fossero
insigniti di vero ordine sacro, come tra i Greci separati». Il
brano è significativo.
[La contraddizione degli
intellettuali.] La contraddizione creata dagli intellettuali che
non credono, che sono giunti all'ateismo e a «vivere senza
religione» attraverso la scienza o la filosofia, ma sostengono
che la religione è necessaria per la organizzazione sociale:
la scienza sarebbe contro la vita, ci sarebbe contraddizione tra
scienza e vita. Ma come il popolo può amare questi
intellettuali, ritenerli elementi della propria personalità
nazionale [?].
La situazione si riproduce
nel Croce, sebbene meno scandalosamente di ciò che sia
avvenuto per alcuni intellettuali francesi (il Taine è
classico per ciò e ha creato i Maurras del nazionalismo
integrale). Mi pare che il Croce accenni in qualche parte
sdegnosamente al Disciple di Bourget, ma non è proprio
questo l'argomento trattato dal Bourget, sia pure con quel
consequenziarismo razionalistico proprio della cultura francese?
Posizione del Kant tra la
Critica della ragion pura e la Critica della
ragion pratica per ciò che riguarda Dio e la religione.
Cattolicismo e laicismo.
Religione e scienza, ecc. Leggere il libretto di Edmondo Cione,
Il dramma religioso dello spirito moderno e la Rinascenza,
Napoli, Mazzoni, 1929, pp. 132. Svolge questo concetto: «la
Chiesa, forte della sua autorità, ma sentendo il vuoto
aleggiarle nella testa, priva di scienza e di filosofia; il Pensiero,
forte della sua potenza, ma anelante invano alla popolarità ed
all'autorità della tradizione». Perché «invano»?
Intanto non è esatta la contrapposizione di Chiesa e di
Pensiero, o almeno nell'imprecisione del linguaggio si annida tutto
un modo errato di pensare e di agire, specialmente. Il Pensiero può
essere contrapposto alla Religione di cui la Chiesa è
l'organizzazione militante. I nostri idealisti, laicisti,
immanentisti ecc. hanno fatto del Pensiero una pura astrazione, che
la Chiesa ha bellamente preso sottogamba assicurandosi le leggi dello
Stato e il controllo dell'educazione. Perché il «Pensiero»
sia una forza (e solo come tale potrà farsi una tradizione)
deve creare una organizzazione, che non può essere lo Stato,
perché lo Stato ha rinunziato in un modo o nell'altro a questa
funzione etica quantunque la proclami ad altissima voce, e deve
perciò nascere nella società civile. Questa gente, che
è stata antimassonica, finirà col riconoscere la
necessità della massoneria. Problema «Riforma e
Rinascimento» altre volte accennato. Posizione del Croce (il
Cione è un crociano) che non sa (e non può)
popolarizzarsi, cioè «nuovo Rinascimento» ecc.
Jean Barois. Riceve
i sacramenti della religione prima di morire. La moglie trova poi tra
le sue carte il testamento, redatto negli anni della maturità
intellettuale. Vi si trova: «per tema che la vecchiaia e le
malattie mi indeboliscano a tal segno da farmi temere la morte e da
indurmi a cercare le consolazioni della religione, redigo oggi nella
pienezza delle mie facoltà e del mio equilibrio intellettuale,
il mio testamento. Non credo all'anima sostanziale e immortale. So
che la mia personalità è un agglomerato di atomi la cui
disgregazione comporta la morte totale. Credo al determinismo
universale...». Il testamento è gettato nel fuoco.
Ricercare.
Eugenio Di Carlo, Un
carteggio inedito del P. L. Taparelli D'Azeglio coi fratelli Massimo
e Roberto, Anonima Romana Editoriale, Roma, 1926, L. 16,50.
Libro importante. Prospero
Taparelli D'Azeglio, fratello di Massimo e di Roberto, nato a Torino
il 24 ottobre 1793, entrò nella Compagnia di Gesú nel
1814 col nome di Luigi. Accanito oppositore del liberalismo,
difensore dei diritti della chiesa e del potere cattolico contro il
potere laicale nei suoi libri e nella «Civiltà
Cattolica». Propugnò il tomismo, quando questa filosofia
non godeva molte simpatie tra i Gesuiti. Prima giobertiano,
avversario dopo il Gesuita moderno; sostenitore della
necessità di un avvicinamento e di un accordo tra liberali
moderati e cattolicismo, contro il liberalismo che voleva la
separazione della Chiesa dallo Stato: per il potere temporale. Il Di
Carlo lo difende dall'accusa di austriacantismo e di nemico della
libertà. Oltre la prefazione del Di Carlo, 44 lettere dal '21
al '62, in cui trattati i temi del giorno.
(Mi pare che anche in
questo libro ci sia la tendenza a riabilitare i nemici del
Risorgimento, con la scusa della «cornice dei tempi». Ma
qual era questa «cornice», la reazione o il
risorgimento?)
Francesco Orestano, La
Chiesa Cattolica nello Stato Italiano e nel mondo, «Nuova
Antologia», 16 luglio 1927. Articolo importante nel periodo
delle trattative per il Concordato. (Confrontare con polemiche tra
«Popolo d'Italia», Gentile, «Osservatore Romano»,
riprodotte in opuscolo dalla «Civiltà Cattolica»).
(La legge delle guarantigie, in quanto avente valore statutario,
aveva abrogato l'articolo 1° dello Statuto?).
L'articolo dell'Orestano
pare scritto da un gesuita. È favorevole alla concessione di
un territorio al Papa e nei limiti del plebiscito del 2 ottobre 1870
(cioè tutta la città Leonina, che mi pare fu appunto
esclusa dal plebiscito ufficiale). (L'Orestano scrisse nel 1924 uno
studio, Lo Stato e la Chiesa in Italia, Roma, Casa Editrice
Optima, e nel 1915 una Quistione Romana ristampata in Verso
la nuova Europa, Casa Editrice Optima, 1917).
Cattolicismo nell'India.
Upadhyaya Brahmabandhav, celebre Sannyasi (?) cattolico, che
voleva convertire l'India al Cattolicismo, per mezzo degli stessi
indú, cristianizzando le parti dell'induismo passibili di
essere assorbite; fu disapprovato dal Vaticano per eccessi di
nazionalismo. (Quando avvenne questa predicazione di Upadhyaya? Mi
pare che oggi il Vaticano sarebbe piú tollerante). Per la
quistione del Cristianesimo in India vedere il fenomeno del Sadhu
Sundar Sing: cfr. «Civiltà Cattolica», 7 e 21
luglio 1928.
Giuseppe Tucci, La
religiosità dell'India, «Nuova Antologia» 16
settembre 1928. Articolo interessante. Critica tutti i luoghi comuni
che di solito si ripetono sull'India e sull'«anima»
indiana, sul misticismo, ecc. L'India attraversa una crisi
spirituale; il nuovo (spirito critico) non è ancora cosí
diffuso da formare un'«opinione pubblica» che si
contrapponga al vecchio: superstizione nelle classi popolari,
ipocrisie, mancanza di carattere nelle classi superiori cosí
dette colte. In realtà anche in India, le quistioni e gli
interessi pratici assorbono l'attenzione pubblica. (È evidente
che in India, dato il secolare intorpidimento sociale, e le
stratificazioni ossificate della società e data anche, come
avviene nei grandi paesi agrari, la grande quantità di
intellettuali medii, specialmente ecclesiastici, la crisi durerà
molto a lungo e sarà necessaria una grande rivoluzione perché
si abbia l'inizio di una soluzione). Molte osservazioni che il Tucci
fa a proposito dell'India si potrebbero fare per molti altri paesi e
altre religioni. Tenere presente.
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