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Antonio Gramsci Note sul Machiavelli, sulla politica e sullo Stato moderno IntraText CT - Lettura del testo |
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Note sparse
Americanismo. Confrontare Carlo Linati, Babbitt compra il mondo, nella «Nuova Antologia» del 16 ottobre 1929. Articolo mediocre, ma appunto perciò significativo come espressione di una media opinione. Può servire appunto per fissare cosa si pensa dell'americanismo, da parte dei piccoli borghesi piú intelligenti. L'articolo è una variazione del libro di Edgard Ansel Mowrer, This American World, che il Linati giudica «veramente acuto, ricco di idee e scritto con una concisione tra classica e brutale che piace, e da un pensatore a cui certo non fanno difetto né lo spirito d'osservazione né il senso delle gradazioni storiche né la varietà della cultura». Il Mowrer ricostruisce la storia culturale degli Stati Uniti fino alla rottura del cordone ombelicale con l'Europa e all'avvento dell'Americanismo. Sarebbe interessante analizzare i motivi del grande successo avuto da Babbitt in Europa. Non si tratta di un gran libro: è costruito schematicamente e il meccanismo è anche troppo manifesto. Ha importanza culturale piú che artistica: la critica dei costumi prevale sull'arte. Che in America ci sia una corrente letteraria realistica che incominci dall'essere critica dei costumi è un fatto culturale molto importante: significa che si estende l'autocritica, che nasce cioè una nuova civiltà americana cosciente delle sue forze e delle sue debolezze: gli intellettuali si staccano dalla classe dominante per unirsi a lei piú intimamente, per essere una vera superstruttura, e non solo un elemento inorganico e indistinto della struttura-corporazione. Gli intellettuali europei hanno già in parte perduto questa funzione: non rappresentano piú l'autocoscienza culturale, l'autocritica della classe dominante; sono ridiventati agenti immediati della classe dominante, oppure se ne sono completamente staccati, costituendo una casta a sé, senza radici nella vita nazionale popolare. Essi ridono di Babbitt, si divertono della sua mediocrità, della sua ingenua stupidaggine, del suo modo di pensare a serie, della sua mentalità standardizzata. Non si pongono neanche il problema: esistono in Europa dei Babbitt? La quistione è che in Europa il piccolo borghese standardizzato esiste, ma la sua standardizzazione invece di essere nazionale (e di una grande nazione come gli Stati Uniti) è regionale, è locale. I Babbitt europei sono di una gradazione storica inferiore a quella del Babbitt americano: sono una debolezza nazionale, mentre l'americano è una forza nazionale; sono piú pittoreschi ma piú stupidi e piú ridicoli; il loro conformismo è intorno a una superstizione imputridita e debilitante, mentre il conformismo di Babbitt è ingenuo e spontaneo, intorno a una superstizione energetica e progressiva. Per il Linati, Babbitt è «il prototipo dell'industriale americano moderno», mentre invece Babbitt è un piccolo borghese e la sua mania piú tipica è quella di entrare in famigliarità con gli «industriali moderni», di essere un loro pari, di sfoggiare la loro «superiorità» morale e sociale. L'industriale moderno è il modello da raggiungere, il tipo sociale a cui conformarsi, mentre per il Babbitt europeo il modello e il tipo sono dati dal canonico della cattedrale, dal nobilastro di provincia, dal capo sezione del Ministero. È da notare questa acritica degli intellettuali europei: il Siegfrid, nella prefazione al suo libro sugli Stati Uniti, contrappone all'operaio taylorizzato americano l'artigiano dell'industria di lusso parigino, come se questo fosse il tipo diffuso del lavoratore; gli intellettuali europei in genere pensano che Babbitt sia un tipo puramente americano e si rallegrano con la vecchia Europa. L'anti-americanismo è comico, prima di essere stupido.
Ancora Babbitt. Il piccolo borghese europeo ride di Babbitt e quindi ride dell'America, che sarebbe popolata di 120 milioni di Babbitt. Il piccolo borghese non può uscire da se stesso, comprendere se stesso come l'imbecille non può comprendere di essere imbecille (senza dimostrare con ciò di essere un uomo intelligente) per cui sono imbecilli quelli che non sanno di esserlo e sono piccoli borghesi i filistei che non sanno di esserlo. Il piccolo borghese europeo ride del particolare filisteismo americano, ma non si accorge del proprio, non sa di essere il Babbitt europeo, inferiore al Babbitt del romanzo del Lewis, in quanto questo cerca di evadere, di non essere piú Babbitt; il Babbitt europeo non lotta col suo filisteismo ma ci si crogiola e crede che il suo verso, e il suo qua-qua da ranocchio infisso nel pantano sia un canto da usignolo. Nonostante tutto, Babbitt è il filisteo di un paese in movimento, il piccolo borghese europeo è il filisteo di paesi conservatori, che imputridiscono nella palude stagnante del luogo comune della grande tradizione e della grande cultura. Il filisteo europeo crede di aver scoperto l'America con Cristoforo Colombo e che Babbitt sia un pupazzo per il suo divertimento di uomo gravato da millenni di storia. Intanto nessuno scrittore europeo è stato capace di rappresentarci il Babbitt europeo, cioè di dimostrarsi capace di autocritica: appunto è imbecille e filisteo solo chi sa di non esserlo.
[Cultura e tradizioni culturali.] Il Duhamel ha espresso l'idea che un paese di alta civiltà debba fiorire anche artisticamente. Ciò è stato detto per gli Stati Uniti, e il concetto è esatto: ma è esatto in ogni momento dello sviluppo di un paese? Ricordare la teoria americana che in ogni periodo di civiltà i grandi uomini esprimono l'attività fondamentale dell'epoca, che è anch'essa unilaterale. Mi pare che le due idee possono accordarsi nella distinzione tra fase economica corporativa di uno Stato e fase etico-politica. La fioritura artistica per gli Stati Uniti può concepirsi essere quella europea, data l'omogeneità nelle forme di vita civile; cosí in un certo periodo l'Italia produceva artisti per tutta la cosmopoli europea ecc. I paesi allora «tributari» dell'Italia si sviluppavano «economicamente» e a questo sviluppo è successa una propria fioritura artistica, mentre l'Italia è decaduta: cosí è avvenuto dopo il Rinascimento per rispetto alla Francia, alla Germania, all'Inghilterra. Un elemento storico molto importante nello studio delle «fioriture artistiche» è il fatto della continuità dei gruppi intellettuali, cioè dell'esistenza di una forte tradizione culturale, ciò che appunto è mancato in America. Un altro elemento negativo, da questo punto di vista, è certamente rappresentato da ciò, che la popolazione americana non si è sviluppata organicamente su una base nazionale, ma è il prodotto di una continua giustapposizione di nuclei emigrati, sia pure emigrati da paesi anglosassoni.
Vittorio Macchioro e l'America. Vittorio Macchioro ha scritto un libro: Roma capta. Saggio intorno alla religione romana, Casa Ed. G. Principato, Messina, in cui tutta la costruzione si basa sulla «povertà fantastica del popolo romano». Nel 1930 è andato in America e ha inviato delle corrispondenze al «Mattino» di Napoli e nella prima (del 7 marzo) ecco il motivo (cfr. «Italia Letteraria» del 16 marzo 1930): «L'americano non ha fantasia, non sa creare immagini. Non credo che, fuori dell'influenza europea (!), mai ci sarà un grande poeta o un grande pittore americano. La mentalità americana è essenzialmente pratica e tecnica: da ciò una particolare sensibilità per la quantità, cioè per le cifre. Come il poeta è sensibile verso le immagini, o il musicista è sensibile verso i suoni, cosí l'americano è sensibile verso le cifre. – Questa tendenza a concepire la vita come fatto tecnico, spiega la filosofia americana medesima. Il pragmatismo esce per l'appunto da questa mentalità che non pregia e non afferra l'astratto. James e piú ancora Dewey sono i prodotti piú genuini di questo inconsapevole bisogno di tecnicismo, per cui la filosofia viene scambiata con l'educazione, e un'idea astratta vale non in se stessa, ma solo in quanto si può tradurre in azione. ("La povertà fantastica del popolo romano avviò i Romani a concepire la divinità come un'energia astratta la quale si estrinseca solo nell'azione"; cfr. Roma capta). E per questo l'America è la terra tipica delle chiese e delle scuole, dove la teoreticità si innesta alla vita». Mi pare che la tesi del Macchioro sia un berretto per tutte le teste.
America. È latina l'America centrale e meridionale? E in che consiste questa latinità? Grande frazionamento, che non è casuale. Gli Stati Uniti, concentrati e che attraverso la politica dell'emigrazione cercano non solo di mantenere ma di accrescere questa concentrazione (che è una necessità economica e politica come ha dimostrato la lotta interna tra le varie nazionalità per influire sulla direzione del governo nella politica della guerra, come dimostra l'influenza che l'elemento nazionale ha nell'organizzazione sindacale e politica degli operai ecc.), esercitano un grande peso per mantenere questa disgregazione, alla quale cercano sovrapporre una rete di organizzazioni e movimenti guidati da loro: 1) Unione panamericana (politica statale); 2) Movimento missionario per sostituire il cattolicismo con il protestantesimo; 3) Opposizione della Federazione del Lavoro ad Amsterdam e tentativo di creare una Unione panamericana del lavoro (vedere se esistono anche altri movimenti e iniziative di questo genere); 4) Organizzazione bancaria, industriale, di credito che si estende su tutta l'America. Questo è il primo elemento. L'America meridionale e centrale è caratterizzata: 1) da un numero ragguardevole di pellirossa, che, sia pure passivamente esercitano un influsso sullo Stato: sarebbe utile avere informazioni sulla posizione sociale di questi pellirossa, sulla loro importanza economica, sulla partecipazione loro alla proprietà terriera e alla produzione industriale; 2) le razze bianche che dominano nell'America centrale e meridionale non possono riallacciarsi a patrie europee che abbiano una grande funzione economica e storica: Portogallo, Spagna (Italia), paragonabile a quella degli Stati Uniti; esse in molti Stati rappresentano una fase semifeudale e gesuitica, per cui si può dire che tutti gli Stati dell'America Centrale e Meridionale (eccettuato l'Argentina, forse) devono attraversare la fase del Kulturkampf e dell'avvento dello Stato moderno laico (la lotta del Messico contro il clericalismo dà un esempio di questa fase). La diffusione della cultura francese è legata a questa fase: si tratta della cultura massonico-illuministica, che ha dato luogo alle cosí dette Chiese positivistiche, alle quali partecipano anche molti operai che pur si chiamano sindacalisti anarchici. Apporto delle varie culture: Portogallo, Francia, Spagna, Italia. Quistione del nome: America latina, o iberica, o ispanica? Francesi e italiani usano «latina», portoghesi «iberica», spagnoli «ispanica». Di fatto la maggiore influenza è esercitata dalla Francia; le altre tre nazioni latine hanno influenza scarsa, nonostante la lingua, perché queste nazioni americane [sono] sorte in opposizione a Spagna e Portogallo e tendenti a creare proprio nazionalismo e propria cultura. Influenza italiana, caratterizzata dal carattere sociale dell'emigrazione italiana: d'altra parte in nessun paese americano gli italiani sono la razza egemone. Un articolo di Lamberti Sorrentino, Latinità dell'America nell'«Italia Letteraria» del 22 dicembre 1929. «Le repubbliche sudamericane sono latine per tre fattori principali: la lingua spagnola, la cultura prevalentemente francese, l'apporto etnico prevalentemente (!) italiano. Quest'ultimo è, dei tre, il fattore piú profondo e sostanziale, perché conferisce appunto alla nuova razza che si forma il carattere latino (!); e in apparenza (!) il piú fugace, perché alla prima generazione, perdendo quanto esso ha di originale e proprio (è un bell'indovinello, tutt'insieme!), si acclimata spontaneamente (!) nel nuovo ambiente geografico e sociale». Secondo il Sorrentino c'è un interesse comune tra Spagnuoli, Francesi e Italiani che sia conservata (!) la lingua spagnola, tramite per la formazione di una profonda coscienza latina capace di resistere alle deviazioni (!) che sospingono gli americani del sud verso la confusione (!) e il caos. Il direttore di un periodico letterario ultra-nazionalista dell'Argentina (il paese piú europeo e latino dell'America) ha affermato che l'uomo argentino «fisserà il suo tipo latino-anglosassone predominante». Il medesimo scrittore che si autodefinisce «argentino al cento per cento» ha detto ancora piú esplicitamente: «Quanto ai nordamericani, il cui paese ci ha dato la base costituzionale e scolastica, è bene dirlo una buona volta, noi ci sentiamo piú vicini a loro per educazione, gusti, maniera di vivere, che non agli europei e agli spagnoli afro-europei, come amano qualificarsi questi ultimi; e non abbiamo mai temuto lo staffile degli Stati Uniti». (Si riferisce alla tendenza spagnola di considerare i Pirenei come una barriera culturale tra l'Europa e il mondo iberico: Spagna, Portogallo, America Centrale e Meridionale e Marocco. Teoria dell'iberismo – ibero-americanismo – perfezionamento dell'ispanismo – ispano-americanismo –). L'iberismo è antilatino: le repubbliche americane dovrebbero solo orientarsi verso Spagna e Portogallo. (Pure esercitazioni da intellettuali e da grandi decaduti che non vogliono persuadersi di contare ormai ben poco). La Spagna fa dei grandi sforzi per riconquistare l'America del Sud in tutti i campi: culturale, commerciale, industriale, artistico. (Ma con quale risultato?). La egemonia culturale della Francia è minacciata dagli anglosassoni: esistono un Istituto Argentino di Cultura Inglese e un Istituto Argentino di Cultura Nordamericana, enti ricchissimi e già vivi: insegnano la lingua inglese con grandi agevolazioni agli alunni il cui numero è in costante aumento e con programmi di scambi universitari e scientifici di sicura attuazione. L'immigrazione italiana e spagnola è stagnante; aumenta l'immigrazione polacca e slava. Il Sorrentino desidererebbe un fronte unico franco-italo-iberico per mantenere la cultura latina.
Varie. Sono da ricordare alcuni libri di Guglielmo Ferrero sull'America: quanti dei luoghi comuni coniati dal Ferrero sono entrati in circolazione e continuano a essere spesi senza ricordare il conio e la zecca? (Quantità contro qualità, per esempio, è di origine ferreriana, che pertanto è il padre spirituale di tutta l'ideologia scema sul ritorno all'artigianato ecc. Il libro del Ferrero Fra i due mondi è da rivedere come la bibbia di una serie di banalità delle piú trite e volgari). Sull'americanismo è da vedere l'articolo L'America nella letteratura francese del 1927, di Étienne Fournol nella «Nuova Antologia» del 1° aprile 1928, comodo come repertorio delle banalità piú marchiane sull'argomento. Parla del libro del Siegfried e di quello del Romier (Qui sera le maître?), accenna a un libro di Andrea Tardieu (Devant l'obstacle: l'Amérique et nous, Parigi, Librairie Emil Paul) e a due libri di Luc Durtain, un romanzo, Hollywood depassé, e una raccolta di novelle, Quarantième étage, editi ambedue dalla N.R.F. e che paiono interessanti. A proposito del prof. Siegfried è da notare questa sua contraddizione: a p. 350 del suo volume Les États-Unis d'aujourd'hui egli riconosce nella vita americana «l'aspetto di una società realmente (!) collettivistica, voluto dalle classi elette e accettato allegramente (sic) dalla moltitudine», ma il Siegfried scrive poi la prefazione al volume del Philip sul movimento operaio americano e lo loda, nonostante che non vi si dimostri precisamente questa «allegria» e che in America non esista lotta di classe, ma anzi vi si dimostri l'esistenza della piú sfrenata e feroce lotta di una parte contro l'altra. Lo stesso confronto si potrebbe fare tra il libro del Romier e quello del Philip. È da rilevare come in Europa sia stato accettato molto facilmente (e diffuso molto abilmente) il quadro oleografico di un'America senza lotte interne (attualmente i nodi son venuti al pettine) ecc. ecc. Cosí che nello stesso tempo si è combattuto l'americanismo come sovversivo della stagnante società europea, ma si è presentata l'America come esempio di omogeneità sociale per uso di propaganda e come premessa ideologica di leggi eccezionali.
[Industria americana.] Nel n. del 16 febbraio 1930 della «Nuova Antologia» sono pubblicati due articoli: Punti di vista sull'America: Spirito e tradizione americana del professor J. P. Rice (il Rice nel 1930 fu designato dall'Italy-America Society di New York a tenere l'annuale ciclo di conferenze stabilito dalla Fondazione Westinghouse per intensificare i rapporti tra l'America e l'Italia); l'articolo vale poco; e La rivoluzione industriale degli Stati Uniti, dell'ing. Pietro Lanino, interessante da questo punto di vista: come un accreditato pubblicista e teorico dell'industria italiana non ha capito nulla del sistema industriale capitalistico americano. (Il Lanino nel 1930 ha scritto anche una serie di articoli sull'industria americana nella «Rivista di politica economica» delle società per azioni). Fin dal primo paragrafo il Lanino afferma che in America è avvenuto «un capovolgimento completo di quelli che sino allora erano stati i criteri economici fondamentali della produzione industriale. La legge della domanda e dell'offerta rinunziata nelle paghe. Il costo di produzione diminuito pure aumentando queste». Non è stato rinunziato nulla: il Lanino non ha compreso che la nuova tecnica basata sulla razionalizzazione e il taylorismo ha creato una nuova e originale qualifica psico-tecnica e che gli operai di tale qualifica non solo sono pochi, ma sono ancora in divenire, per cui i «predisposti» sono contesi con gli alti salari; ciò conferma la legge dell'«offerta e della domanda» nelle paghe. Se fosse vera l'affermazione del Lanino non si spiegherebbe l'alto grado di turnover nel personale addetto, cioè che molti operai rinunzino all'alto salario di certe aziende per salari minori di altre. Cioè non solo gli industriali rinuncerebbero alla legge della domanda e dell'offerta, ma anche gli operai, i quali talvolta rimangono disoccupati rinunziando agli alti salari. Indovinello che il Lanino si è ben guardato dal risolvere. Tutto l'articolo è basato su questa incomprensione iniziale. Che gli industriali americani, primo Ford, abbiano cercato di sostenere che si tratta di una nuova forma di rapporti, non fa maraviglia: essi cercarono di ottenere oltre all'effetto economico degli alti salari, anche degli effetti sociali di egemonia spirituale, e ciò è normale.
Mino Maccari e l'americanismo. Dal Trastullo di Strapaese di Mino Maccari (Firenze, Vallecchi, 1928): Per un ciondolo luccicante | Il tuo paese non regalare: | Il forestiero è trafficante | Dargli retta non è affare | Se tu fossi esperto e scaltro | Ogni mistura terresti discosta: | Chi ci guadagna è sempre quell'altro | Che la tua roba un mondo costa / Val piú un rutto del tuo pievano | Che l'America e la sua boria: | Dietro l'ultimo italiano | C'è cento secoli di storia | [...] Tabarino e ciarlestone | Ti fanno dare in ciampanelle | O Italiano ridatti al trescone | Torna a mangiare il centopelle | Italiano torna alle zolle | Non ti fidar delle mode di Francia | Bada a mangiar pane e cipolle | E terrai a dovere la pancia. Il Maccari, però, è andato a fare il redattore capo della «Stampa» di Torino e a mangiar pane e cipolle nel centro piú stracittadino e industriale d'Italia.
Tendenze contro le città. Ricordare nel libro del Gerbi sulla Politica del '700 l'accenno alle opinioni di Engels sulla nuova disposizione da dare agli agglomerati cittadini industriali, dal Gerbi malamente interpretate (e le opinioni di Ford che il Gerbi anche interpreta male). Questi modi di vedere non sono da confondere con le tendenze «illuministiche» contro la città. Vedere le opinioni di Spengler sulle grandi città, definite «mostruosi crematorii della forza del popolo, di cui essi assorbono e distruggono le energie migliori». – Ruralismo, ecc.
Emigrazione. Il viaggio di Enrico Ferri nell'America meridionale avvenne nel 1908-9 (ma il suo discorso in Parlamento mi pare proprio che sia del 1911). Nel 1911 si recò nel Brasile una commissione di rappresentanti delle organizzazioni operaie di cooperazione e di resistenza per farvi una inchiesta sulle condizioni economico-sociali: pubblicò a Bologna nel 1912 una relazione (Emigrazione agricola al Brasile, Relazione della Commissione, Bologna 1912). (Questi dati molto imprecisi sono nell'articolo del Virgilii citato nella nota precedente). Della commissione faceva parte il prof. Gaetano Pieraccini che pare sia stato l'estensore della relazione. A proposito delle concezioni di Enrico Corradini sulla nazione proletaria e sull'emigrazione, sarebbe interessante sapere se non abbia influito su di lui il libro di Ferruccio Macola, L'Europa alla conquista dell'America latina, Venezia, 1894, di cui il Virgilii cita questo brano: «È necessario che la vecchia Europa pensi che le colonie fondate dal suo proletariato nel continente nuovo devono considerarsi, non piú come strumento di produzione a beneficio dei rapaci e viziosi discendenti di avventurieri spagnoli e portoghesi, ma come le avanguardie della sua occupazione». (Il libro del Macola deve essere molto voluminoso, perché la citazione è presa da p. 421, e deve essere molto divertente e sintomatico dello stato d'animo di molti crispini).
Americanismo. La delinquenza. Di solito si spiega lo sviluppo della delinquenza organizzata in grande stile negli Stati Uniti come una derivazione del proibizionismo e del relativo contrabbando. La vita dei contrabbandieri, le loro lotte ecc. hanno creato un clima di romanticismo che dilaga in tutta la società e determina imitazioni, slanci avventurosi ecc. È vero. Ma un altro fattore occorre cercarlo nei metodi di inaudita brutalità della polizia americana: sempre lo «sbirrismo» crea il «malandrinismo». Questo elemento è molto piú efficiente di quanto non paia nello spingere alla delinquenza professionale molti individui che altrimenti continuerebbero nell'attività normale di lavoro. Anche la brutalità delle «terze sezioni» serve a nascondere la corruzione della polizia stessa ecc. L'illegalità elevata a sistema degli organi di esecuzione determina una lotta feroce da parte dei malcapitati ecc.
La filosofia americana. Studiare la posizione di Josiah Royce nel quadro della concezione americana della vita. Quale importanza e quale funzione ha avuto l'hegelismo in questa concezione? Può il pensiero moderno diffondersi in America, superando l'empirismo-pragmatismo, senza una fase hegeliana?
America ed Europa. Nel 1927 l'Ufficio internazionale del Lavoro di Ginevra ha pubblicato i risultati di una indagine sui rapporti fra padroni e operai negli Stati Uniti Les rélations industrielles aux États Unis. Secondo Gompers gli scopi finali del sindacalismo americano consisterebbero nell'istituzione progressiva di un controllo paritetico, estendentesi dalla singola officina al complesso dell'industria e coronato da una specie di parlamento organico. (Vedere quale forma assuma nelle parole di Gompers e C. la tendenza degli operai all'autonomia industriale).
L'America e il Mediterraneo. Libro del professor G. Frisella Vella, Il traffico fra l'America e l'Oriente attraverso il Mediterraneo, Sandron, Palermo, 1928, pp. XV-215, L. 15. Il punto di partenza del Frisella Vella è quello «siciliano». Poiché l'Asia è il terreno piú acconcio per l'espansione economica americana e l'America comunica con l'Asia attraverso il Pacifico e attraverso il Mediterraneo, l'Europa non deve opporre resistenze a che il Mediterraneo diventi una grande arteria del commercio America-Asia. La Sicilia ritrarrebbe grandi benefici da questo traffico, diventando intermediaria del commercio americano-asiatico ecc. Il Frisella Vella è persuaso della fatale egemonia mondiale dell'America ecc.
Sull'americanismo. Roberto Michels, Cenni sulla vita universitaria negli Stati Uniti, «Nuova Antologia», 1° novembre 1928. Qualche spunto interessante.
Azione Cattolica. Cfr. l'articolo La durata del lavoro nella «Civiltà Cattolica» del 15 marzo 1930 (del padre Brucculeri). Difende il principio e la legislazione internazionale sulle 8 ore contro Lello Gangemi e il libro di costui, Il problema della durata del lavoro, Vallecchi, Firenze, pp. 526. L'articolo è interessante; il libro del Gangemi è stroncato molto bene. È interessante che un gesuita sia piú «progressista» del Gangemi che è abbastanza noto nella politica economica italiana attuale come discepolo del De Stefani e della sua particolare tendenza nel campo della politica economica.
Lello Gangemi, Il problema della durata del lavoro, Firenze, Vallecchi, 1929, L. 25. (Dalla breve recensione di Luigi Perla in «Italia Letteraria» del 18 agosto 1929 si ricava: il problema della durata del lavoro, passato in seconda linea dopo il miglioramento delle condizioni economiche seguito al periodo di depressione che ebbe inizio nel 1921, è ritornato ora in discussione per la crisi economica attuale. Esame della legislazione vigente in materia nei vari paesi, ponendo in luce la difficoltà di una regolamentazione uniforme. Il problema e [la convenzione di] Washington. Dal punto di vista dell'organizzazione scientifica del lavoro. Le pretenzioni teoriche e sociali, che hanno dominato il problema, si sono dimostrate inapplicabili nella pratica azione legislativa. Di contro alle ideologie che vorrebbero abolire le ingiustizie sociali e finiscono invece col moltiplicarle e renderle piú gravi, la pratica ha confermato come la semplice riduzione delle ore lavorative non possa, da sola (!), raggiungere l'intento di una maggiore produttività e di maggiori vantaggi (!) per il lavoratore. Resta invece dimostrata la utilità di determinare un limite dello sforzo lavorativo; ma questo limite non deve essere imposto in base a ideologie astratte, ma deve risultare dalla razionale coordinazione di concetti (!) fisiologici, economici ed etici).
L'Unione internazionale dei Soccorsi. Iniziativa di origine italiana. Creata nel 1927 in una Conferenza internazionale alla quale furono invitati anche gli Stati che non fanno parte della Società delle Nazioni (Stati Uniti, U.R.S.S., ecc.). L'Unione coordina l'attività delle organizzazioni di soccorso esistenti, aggiungendovi la partecipazione dei governi. Le calamità considerate sono i disastri e i rivolgimenti dovuti a casi di forza maggiore quando colpiscono popolazioni intere, quando superano i calcoli di un'amministrazione anche previdente, quando hanno un carattere eccezionale. L'aiuto non comporta riparazioni né ricostruzione. Stretta neutralità nazionale, politica, religiosa, ecc.
«Mente et Malleo». Organo ufficiale dell'Istituto «M. Fossati», pubblicato a cura dell'Associazione Nazionale Esperti nell'Ordinamento della Produzione, Torino, via Rossini 18, Anno 1°, n. 1, 10 aprile 1929, in 4°, pp. 44-XVI. Bollettino tecnico quindicinale, si propone di portare un contributo all'organizzazione scientifica del lavoro od ordinamento razionale della produzione in qualsiasi campo dell'Industria, dell'Agricoltura, del Commercio.
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