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Luciano Zuccoli
Farfui

IntraText CT - Lettura del testo

  • PARTE SECONDA.
    • XVII.
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XVII.

 

Sull'imbrunire d'un giorno umido e nevoso, pervenne a Lorenzo Moro un biglietto, col quale Tito Bardi lo pregava di passar da casa sua.

Lorenzo non vedeva da tempo il suocero, presso il quale si scusava di volta in volta, adducendo a ragione della sua assenza un lavoro pressante e continuo o qualche appuntamento con uomini d'affari. Sfuggiva il suocero come il cognato, Federico Berardi, nel timore che l'uno o l'altro potesse leggergli in animo il mutamento che andava operandosi in lui.

- Che cosa vorrà? - egli si disse, girando e rigirando il biglietto in mano.

Guardò la pendoletta che stava sulla scrivania e vide che mancavano due ore al pranzo. Poteva approfittar di quel tempo per una corsa in via Morone. Diede ordine d'attaccare, e contrariamente alle sue abitudini, perchè usciva quasi sempre a piedi o, nei momenti di fretta saliva sul tram, si fece condurre in carrozza a casa di Tito Bardi.

Già nel varcar la soglia dello studio in cui il suocero lo riceveva, Lorenzo capì che il vecchio era mal disposto; e il vecchio, al solo vedere Lorenzo varcar la soglia, capì che l'uomo il quale gli stava innanzi non era più quello d'una volta.

- Scusami se t'ho disturbato, - disse Tito Bardi, accennandogli una sedia. - Io devo guardarmi dalla neve e dal freddo; se no, sarei venuto io stesso da te, per non farti perdere troppo tempo....

Tacque un poco, e andò a sedersi alla sua tavola; presso la poltrona di Tito era stata posta una vetrinetta a più piani e dentro erano allineati i balocchi di Farfui, quelle figurine d'avorio a ciascuna delle quali il piccoletto aveva dato un nome.

Tito Bardi alzò il capo, indagò con gli occhi Lorenzo attentamente, e gli disse a un tratto:

- Non mi piaci!

Il volto di Lorenzo prese un'espressione interrogativa.

- Che cosa vuoi dire? - egli domandò.

- Voglio dire che tu conduci una vita vergognosa! Prima che tu passassi il limitare, io ho sentito l'odor di «grappa» che ti precede.

- Ahi! - pensò Lorenzo. - Morella ha parlato!

- È vero, o non è vero che tu bevi? - interrogò Tito Bardi, tenendolo inchiodato sotto lo sguardo.

- Bevo! - rispose Lorenzo insolentemente.

La forma e la franchezza con cui il vecchio gli si era rivolto, irritavano Lorenzo, il quale aveva subito preso il suo partito.

- Ma questo non mi riguarda, - seguitò il suocero. - Tu confessi di bere, e del resto sarebbe curioso che tu negassi, quando l'alito e il colorito ti denunciano. Mi fa pena di vederti così; non credevo fosse riserbato alla mia vecchiaia questo spettacolo umiliante; io mi sono illuso.... Tu vuoi ubbriacarti e metterti al disotto dei tuoi facchini.... È un gusto da matti.... Ma non sei matto, non ti posso creder matto.... E per ciò, ti ho chiamato perchè tu mi spieghi quali ragioni ti hanno spinto a questa vergogna? Io sono vecchio, e puoi confidarti con me. Ciò che tu mi dirai, rimarrà qua dentro.

Tito Bardi appuntò l'indice destro alla sua fronte.

- Qua dentro. Nessuno al mondo ne saprà mai nulla.... Ma ho il diritto di vedere con te se alle ragioni che mi dirai non vi sia rime....

Una risata stridula di Lorenzo Moro gli ruppe la parola in bocca.

- Scusami, caro Tito, - egli disse, alzandosi e passeggiando concitato per lo studio, - scusami, te ne prego! È inutile che tu continui. Ho capito: tu credi ch'io beva per dimenticare qualche cosa, qualche ingiustizia, che so io? qualche dispiacere.... Ti ringrazio molto della tua bontà e della tua attenzione.... Ma io non ho da lagnarmi di nulla e di nessuno. Tutto va benissimo, così bene che non potrei desiderare nulla di più e di meglio.

Tito Bardi che lo ascoltava scombuiato e sorpreso, lo interruppe a sua volta.

- E allora? - domandò.

- Allora, è molto semplice: bevo perchè mi piace bere. Non c'è altro.

Il vecchio calò un pugno sulla tavola.

- Non pigliarti giuoco di me! - esclamò con voce minacciosa. - Un uomo di quarantasei anni non diventa un ubbriacone all'impensata, per capriccio. Non ci si alza una mattina, e per passatempo non ci si mette a ingoiar vino e liquori.... Tu eri un uomo sobrio....

Lorenzo si strinse nelle spalle.

- Non ti dico che io mi sia alzato una mattina, - rispose, - e per passatempo mi sia ubbriacato. Ma il mio commercio è diverso dal tuo; il tuo è aristocratico, il mio plebeo.... Noi beviamo per contrattar gli affari; e un bicchierino oggi, un bicchierino domani....

- Frottole! - incalzò Tito. - Dopo tanti anni, il tuo commercio è diventato improvvisamente diverso da ciò che era per l'addietro? Quali affari contrattavi quando non bevevi il bicchierino? E dove conti di giungere a furia di bicchierini? Ho bisogno di saperlo per non lasciare mia figlia in mano d'un vizioso alcoolista.

- Tua figlia! Morella! - esclamò Lorenzo, fermandosi innanzi alla tavola e puntandovi sopra i pugni chiusi. - Ah per tua figlia t'inquieti?... Ah tu non vuoi lasciarmela nelle mani, perchè io bevo?... Tua figlia!...

Dietro le spalle di Tito Bardi, di rimpetto a Lorenzo, luceva uno specchio antico dalla cornice sbiaditamente dorata. Scorgendovi la propria imagine, Lorenzo si ravvide d'un subito....

- È stata qui Morella? - riprese con voce più calma. - Si è lagnata di me?

- No, - disse Tito. - Ho dovuto faticar molto per sapere qualche cosa, e ho saputo poco o nulla. Ma nonostante le reticenze di Morella, ho ben compreso che tutto è mutato in casa vostra. Ti ho chiamato per parlarne; ma non ho avuto bisogno di chiederti di che cosa si trattasse, appena t'ho visto. Guardati nello specchio, caro mio, già che gli sei di fronte: vedrai il ritratto d'uno scioperato.... E io batto qui: avrò torto, ma credo che non ci si alla taverna sui quarantasei anni.... C'è un motivo, c'è qualche cosa che io non so, e che ho diritto di sapere....

Si raccolse un poco a riflettere, poi riprese, con la ostinazione dei vecchi:

- Vediamo insieme. Forse ti vanno male gli affari?

- No, - rispose Lorenzo.

- Forse hai bisogno di denaro?

- No.

- Forse hai avuto a contrastar con Morella?

- No.

Il vecchio si raccolse di nuovo, e poi seguitò;

- Tanto per dirle tutte: sei forse innamorato?

Lorenzo non rispose: grugnì, alzando le spalle, e aprendo la bocca a un riso beffardo.

- Forse hai qualche pensiero, che so io? qualche rimorso?

Lorenzo sempre in piedi davanti alla tavola, proruppe arrogante:

- Rimorso? Io posso avere qualche rimorso?... Tu vaneggi.... Il mestiere di confessore non ti va, caro Tito!... Fai meglio l'antiquario.... Rimorso!... Io non conosco questa parola, non so che cosa sia questo sentimento.... Ho sempre lavorato con onestà, e non ho nulla da rimproverarmi; non ho mai venduto formaggi nazionali per formaggi svizzeri, margarina per burro. Gli antiquarii possono vendere le antichità fabbricate in casa, ma io non vendo che roba autentica; il denaro che guadagno è pulito, non ha odore di truffa.... No, tu farnetichi. Non sono io che devo avere rimorsi.... Il rimorso tormenterà qualche altro; questo è ben possibile.... C'è qualcuno che dovrebbe esserne divorato.... C'è qualcuno che non dovrebbe dormire, perchè ha truffato davvero, nel modo più infame, e gode ancora tutta la stima della brava gente, mentre io so che ha truffato con un'abilità diabolica.... Non lo nego; il rimorso potrebbe passeggiare nei dintorni della mia casa, ma io non lo conosco....

Si morse le labbra, vedendo che il vecchio ascoltava con avidità e attendeva la spiegazione dell'enimma. Con le mani serrò la bocca a forza, in un atto disperato e furioso, quasi avesse voluto suggellarla.

- Ebbene? - incalzò Tito Bardi. - Qualcuno ha truffato? Il rimorso può essere vicino a casa tua? Fuori, fuori; sentiamo.... Ecco dunque, che c'è qualche cosa?... Fatti coraggio; ti ho promesso di non parlare, di tener per me quel che mi dirai. Dimmi tutto, Enzo!

- Dirti tutto? - seguitò Lorenzo, il quale aveva riacquistato la padronanza di stesso. - Non ti dico niente!

Tito Bardi si abbandonò nel seggiolone, facendo un gesto di sfiducia.

- Non ti dico niente, - continuò Lorenzo, - perchè non ho niente da dirti. Proprio ni-en-te! Rimorsi? Truffe?... Non mi ricordo nemmeno di che si parlava! Il rimorso vicino a casa mia? Ma no, ma no, sono chiacchiere!... Tutto è quieto a casa e fuori di casa. Tutto va benissimo....

- Non è vero! - interruppe Tito Bardi drizzandosi in piedi e fulminando il genero con un'occhiata così vivace e penetrante, che pareva vibrata dall'occhio d'un giovane. - Non è vero. Tutto va male, te lo posso assicurare io.... Morella è cambiata; il bambino è cambiato. Io lo so; ce ne siamo accorti io, Federico, Isidora, tutti quelli che sanno vedere!... Bisogna che tu dica la verità: che cosa hai contro tua moglie e tuo figlio?... Non sono un indifferente, io.... Voglio bene a Morella e a Farfui, e ho diritto di sapere ogni cosa.... Essi non parlano, non parla nemmeno quel'innocente, perchè sua madre deve averglielo proibito.... Ma tu hai da parlare, tu hai da rendermi conto della tua condotta!...

- Io? Sono io che devo renderti conto? - ripetè Lorenzo. - Ah i conti venite a chiederli a me? E sta benissimo: allora....

Si vide nello specchio e si frenò.

- Allora, niente! - soggiunse tosto, ridendo. - Se Morella e Giuseppe sono cambiati....

- Giuseppe? - domandò Tito Bardi con accento di maraviglia, - chi è Giuseppe?

- Il bambino; non lo sai? Si chiama Giuseppe Tito Aquileio, e io lo chiamo Giuseppe, e tutte le altre scimunitaggini le lascio a sua madre e agli amici di sua madre, se ci si divertono!... Dunque Morella e Giuseppe sono cambiati, mi dici? E che c'entro io? È affar loro; avranno i loro pensieri.... Io non so niente, e non ne ho colpa....

Il vecchio impallidì a quelle parole; un nuovo lampo gli brillò nello sguardo e la voce gli uscì fortissima:

- Come! - gridò indignato. - Tu risolvi la situazione a questa maniera? Ma tu sei un cinico! Riconosci che tua moglie e tuo figlio sono mutati, mutati in peggio, intristiti, dimagrati, e non te ne occupi, dicendoti che avranno i loro pensieri e che tu non c'entri? Parliamoci schietto una volta per sempre. Tu sei venuto qui per scherzare e prenderti beffe di me, o per discorrere seriamente?

- Io? - rispose Lorenzo, dando una crollata di spalle. - Io son venuto qui per rispondere a un tuo invito e farti piacere, ma non sentivo il più lontano desiderio di discorrere, con te, con altri. E ti prego di non insistere. Da molto tempo, da troppi anni io non rendo conto ad alcuno di ciò che faccio. Tu mi hai chiesto se mi piace bere; potevo risponderti di no, e ho risposto di sì. È il solo piacere ch'io mi largisca, e me lo tengo. Io non sono come altri, i quali non bevono, no, conducono una vita apparentemente sobria, e nascondono una cloaca di ben altri vizii.... Lasciamola , non parliamone! Ora me ne vado.

- Ma si tratta di mia figlia! - gridò nuovamente Tito Bardi. - Non riesci a capire, non ti entra in codesto cervello durissimo una verità così patente, che io mi occupo di mia figlia e della sua vita? Ne ho il diritto, o no?

- Hai il diritto, non lo nego! - rispose Lorenzo.

- E allora ti avverto che se io non vedrò mia figlia come per l'addietro allegra, fiduciosa, contenta, io la riprenderò in casa mia.... Siamo d'accordo?

- Non ci verrà! - rispose Lorenzo freddamente.

- Ci verrà senza dubbio, - insistette il vecchio.

- Non ci verrà; non è una bambola, ha trent'un anno. E per venire da te vorrà produrre uno scandalo e dar luogo a chi sa quali dicerie? Spero che rifletterete tutti!... Del resto, l'allegria e la fiducia di Morella non dipendono da me....

- E da chi dunque?

- Non so.

- Ma ciò che tu dici, manca di senso comune!... - esclamò Tito Bardi.

- Non manca, non manca di senso comune!... Tua figlia, è capricciosa; e il figlio di tua figlia è più capriccioso di lei....

- Falso, falso, falso! - gridò Tito Bardi. - Quel bambino è un ometto, non sa che sia un capriccio! Tu non meriti la fortuna d'avere un figlio e una moglie come Morella e Farfui!

- Oh, hai detto bene! - proferì Lorenzo, battendo le mani con un applauso sardonico. - Io non merito una tale fortuna! In questo, solo in questo, posso convenire pienamente con te!

E preso di sulla tavola il cappello, s'avvicinò al vecchio, gli fece una sghignazzata sotto il naso, e uscì, sbatacchiando la porta.

 

 

 




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