XXV.
Il dì seguente, per un'inquietudine strana,
della quale non sapeva rendersi ragione, Edoardo Falconaro sentì il bisogno da
correr da Morella, di pieno giorno, a un'ora insolita; e vide che
nell'anticamera era pronto un baule con le cifre della signora.
Morella stava nel suo salottino leggendo, presso
un divano su cui Aquileio dormiva, il capo appoggiato a un guancialetto di seta
azzurra.
- Ebbene? - chiese Edoardo, girando l'occhio
intorno stupito. - Che è avvenuto?
- Me ne vado! - rispose Morella. - Ho preparato tutto,
come vedete; ma volevo prima il vostro consiglio.... Che è avvenuto? Ecco.
E la donna raccontò la scenata del dì innanzi,
in seguito alla quale Farfui non aveva potuto chiuder occhio, ripreso dal
terrore. Solo allora s'era addormentato, esausto per la fatica.
- Ricomincia! - esclamò Edoardo, in preda a un
abbattimento insolito. - Che fare?... Che fare contro quel bruto?
Guardò a lungo il bambino, il quale dormiva d'un
sonno agitato, quasi avesse avuto innanzi agli occhi una visione, alla quale
tentava indarno di sfuggire.
- Me lo uccide! - disse Morella. - Lo ha
giurato, e me lo uccide!
Edoardo non rispose; sedette in una poltrona a
fianco di Morella, e prese di sulla tavola un volumetto dalla copertina gialla
che la donna vi aveva posato.
- È ubbriaco anche oggi? - domandò.
- No. Oggi non ha bevuto, pare; non ricorda più
nulla. È in casa....
- È in casa, - ripetè Edoardo.
E rimaneva, col volumetto tra le mani, assorto
in una meditazione, fissando ora Morella, ora il bambino. Il suo animo era
diventato gelido, di colpo, quasi che una volontà inesorabile o tremenda
l'avesse pervaso e fatto rigido.
- Leggevate? - seguitò distratto. - Che è?
- Poesia, - rispose Morella, comprendendo che il
pensiero di lui vagava lontano.
- Bisogna fare uno scandalo, - disse Edoardo
risolutamente, come enunziando la conclusione a cui era venuto d'un tratto. -
Io solo non basto più a difendervi. Ricoveratevi da vostro padre con Farfui;
non c'è altro, per ora. Poi bisognerà ricorrere a un avvocato.... Vi avevo
detto che in questi giorni avevo combinato con lui un buon affare; sono stato
un ingenuo a pensarlo.... Gli recavo tutto il mio patrimonio in soccorso e
volevo ottenere in cambio il rispetto per voi e pel bambino.... Me lo aveva
promesso.... Egli si trova in condizioni rovinose; il suo bilancio presenta già
una perdita di più che novecentomila lire, gettate in speculazioni puerili, per
amore di vanità.... Non ne sapevate nulla?
- Nulla, - ripetè la donna attonita.
Farfui si mosse un poco, balbettando parole
incomprensibili a fior di labbra. I due tacquero, finchè egli non riprese
l'immobilità del sonno quieto.
- Se si pensa a questo cumulo di follie, -
continuò Edoardo, - v'ha quanto basta per chiedere una separazione legale. Il
solo dissesto e l'alcoolismo incorreggibile presentano già ragioni sufficienti
a dividervi.... Non occorrerà parlare dei maltrattamenti subiti da voi e da
Farfui....
- Oh no, Edoardo! - esclamò Morella. - Io starò
da mio padre col mio bambino, e non farò nulla contro Lorenzo.... Voglio
evitare pubblicità....
- Non otterrete niente, - insistette Edoardo
crollando il capo. - Una causa di separazione vi darà maniera di mostrare che i
torti son tutti di lui, e obbrobriosi; una fuga come quella che voi volete
compiere senz'altro seguito, farà pensare che i torti siano vostri.
- E che m'importa? - esclamò la donna. - Il
giorno in cui Aquileio sia felice sarò felice io pure.
Tacquero di nuovo; di nuovo il bambino si
muoveva, storcendo convulsa la bocca, e il capo biondo scivolava dal
guancialetto. Morella lo compose dolcemente, gli ravviò i capelli e stette a
scrutarlo con lo sguardo intento e avido.
- Vedete come è tribolato? - disse sottovoce
disperatamente. - Me lo uccide!...
Farfui era in preda a un sogno angosciaste e
andava balbettando parole, quelle parole smozzicate e informi che nell'incubo
di un dormiente sembrano eco d'un mondo misterioso.... Pareva volesse ritrarsi
e non potesse fuggire e avere le gambe incatenate....
Poi d'un tratto, mentre Edoardo e Morella ne
seguivano ansiosi ogni gesto, sbarrò gli occhi, si rizzò a sedere. Riconobbe
subito Edoardo, e ancora terrorizzato dall'oppressione imaginaria gli gettò le
braccia al collo con un grido disperato:
- Salvami, Drado! Salvami, Drado!...
Morella era balzata dalla seggiola rabbrividendo
ma già il bambino era serrato sul petto d'Edoardo che lo baciava e lo
accarezzava con mano tremante.
- Caro, caro, - egli disse. - Non aver paura,
amore! Son qua io.... Vedi la mamma?...
La mamma gli si avvicinò sorridendo benchè le
lagrime le bruciassero gli occhi....
- Suvvia, Farfui, che è?... Un brutto sogno?...
È finito, non è vero?... Guarda che bel sole....
Farfui seguì l'indice della madre, e fissò la
striscia di sole pallido ch'entrava da una finestra a dorare la parete; ricompose
con un largo sospiro le imagini della realtà, e cominciò a sorridere.... Era un
bel risveglio, un bel sole davvero quello che illuminava la mamma e Drado.
- Partite, partite al più presto, - incalzò
Edoardo. - Viaggiate un poco, distraete Farfui; i suoi poveri nervi sono troppo
malati....
Morella fece un gesto brusco.
- Zitto! - esclamò.
S'udiva fuori il passo incerto e tardo di
Lorenzo, e il soffio asmatico di lui, come se compiesse qualche gran marcia in
salita. Il passo andò approssimandosi, esitando, si fermò presso l'uscio.
Questo fu spalancato d'un colpo, e Lorenzo apparve sulla soglia.
- Oh! - egli biascicò tra i denti, alla vista
del Falconaro che teneva Farfui sui ginocchi, mentre la donna, in piedi gli
stava al fianco. - La famiglia!...
Inoltrò con quel suo passo malcerto, e andò
vicino a Edoardo.
- Buon giorno! - fece sorridendo. - Mi dài
notizie del bilancio? A che punto siamo?
- Alla fine! - rispose Edoardo, sentendo che
Farfui tremava. - Alla fine!
- Be', ne ho piacere!... Io ho fatto una dormita
stupenda.... Non ho voglia di lavorare, oggi.
Nessuno rispose.
- Vorrei andare a passeggio.... Dove si potrebbe
andare a passeggio?... Mi accompagni tu?... Che cosa significa il baule che ho
visto?... No; aspetta. Metti giù il bambino, e vieni in sala a far due
colpi....
Morella subitamente, irragionevolmente, sentì un
brivido tra le spalle, e cercò gli occhi d'Edoardo, con gli occhi
supplichevoli.
- Grazie, - questi rispose. - Non c'è il
maestro; non tiro senza il maestro, perchè tu sei troppo avventato.
Lorenzo fece una smorfia di sprezzo.
- Su, su, pauroso! Sarò calmo, non temere,
andiamo!
- Non ne ho voglia, caro Enzo, Permettimi di
rifiutare.
Ma Lorenzo aveva indosso un bisogno sordo di
offendere, d'insultare, di provocare, che non voleva lasciare insoddisfatto.
Rise a bocca, chiusa, sbirciando l'altro di traverso.
- Uh! che vigliacco! - disse fingendo di
scherzare. - Che vigliaccone!... È tremarella, la tua, non è mancanza, di
voglia.... Hai paura, col guantone e con la maschera, come tu fossi scoperto.
Il maestro!... Bella scusa!...
Un'espressione d'angoscia si stese sul volto di
Morella, che comprendeva la sfida grossolana alla quale Edoardo non avrebbe
saputo resistere, poichè la donna era presente.
- Mi hai chiesto, - ella interruppe, - come quel
baule si trovi in anticamera?
- Non ho chiesto niente, - ribattè Lorenzo. -
Parlavo con quel mio socio di domani, il tiratore prudente.... Ogni giorno se
ne inventa una per nascondere la sua vigliaccheria....
- Enzo, - proferì Edoardo con le labbra
sbiancate, mentre le pupille gli ardevano. - Anche per ischerzo non si devono
dire certe frasi triviali....
Quasi non avesse udito, Lorenzo girava per la
camera, guardando con attenzione sui mobili intorno.
- Che cosa cerchi? - domandò Morella.
- Cercavo.... volevo bere. Ma tu non possiedi un
servizio da liquori in tutto il tuo appartamento.... Berrò dopo....
E voltosi a Edoardo riprese, sogghignando
ancora:
- Tremarella, dico io!... Pauraccia! Ci vuole il
maestro, l'angelo custode, o gli casca l'asino.... Sono troppo avventato!
guarda che premura!... Vigliacco!...
Edoardo mise a terra Farfui, e s'alzò in piedi
di slancio.
- Vieni! - disse.
La donna protese istintivamente le mani a
supplicare, ma le lasciò ricadere, affranta. Non aveva più forza; la notte insonne,
l'ansia pel suo bambino, le aveva messo nell'animo una malinconia disperata e
sfibrante, che le aveva tolto ogni potere.
Vide in silenzio: Edoardo uscì; Lorenzo lo
seguì, sempre beffando; udì chiudersi l'uscio alle loro spalle.
Perchè tremava, con una mano sulla fronte
pallida? Quella partita di scherma, pure abituale, le incuteva senza ragione
uno spavento freddo e si augurava che finisse presto.... Ebbe la tentazione di
scendere a sua volta per assisterli, ma non trovò tanta energia da varcar la soglia;
e preso Farfui sulle ginocchia cominciò a cantargli una cantilena dolce ed
uguale perchè sì riaddormisse. Quasi rannicchiata, stava sul divano, percossa
da un presentimento atroce.
I due uomini erano scesi nella sala, e s'arano
armati.
- Socio prudente, - disse Lorenzo impugnando la
leggera sciabola luccicante. - Vedrai che ho la testa a segno!
E subito Edoardo avvertì che, come un tempo,
Lorenzo gli tirava, alla gola.
- Più basso! - ammonì, parando la prima e la
seconda botta.
- Figura, esterna! - rispose Lorenzo.
- Allora più alto! Non è figura esterna.
Lorenzo attaccava senza parare e senz'accusare,
con quella velocità fulminea, che in un uomo tozzo qual'era, e di solito
pencolante, aveva del meraviglioso; e la lama fischiava intorno al capo e al collo
d'Edoardo.
Questi comprese: il nemico studiava
l'«accidente» per piantargli il ferro nella carotide con la cieca irruenza
dell'odio covato e rattenuta a lungo.
- Tira più basso o più alto! - ripetè Edoardo.
- Para di quinta. Colpo alla testa! - rispose
Lorenzo.
- Non è colpo alla testa, è colpo alla gola! -
esclamò Edoardo. - Io smetto.
Allora, temendo di vederlo smettere davvero e
subito, Lorenzo gli serrò addosso un attacco selvaggio, reiterando i colpi
agguatatori. La partita di scherma si mutava in un orribile duello con guantone
e maschera, e con le armi dalla punta smussata.
Edoardo si sentì coperto da un sudor freddo e
pensò a Farfui. Fece un ragionamento breve; era caduto in un'insidia, e
l'altro, preso da un eccesso di furore sotto la maschera, non avrebbe desistito
neppure s'egli avesse voluto troncar la partita e gettar l'arme.
Sentiva l'ansito del petto, il sibilo del
respiro, il fremito possente di quell'odio che gli cercava l'arteria per
squarciarla. Lorenzo gli stava sopra, e gli occhi gli sfavillavano ferinamente.
Bisognava liberarsene.
- Attento, Enzo! - gridò Edoardo, che quel
folgorar di colpi aveva ricacciato contro il fondo della sala e addossato al
muro.
Steso il braccio quant'era lungo, col pugno dal
basso in alto, a tutta forza colse Lorenzo in pieno volto, e spezzate le maglie
della maschera, gli affondò il ferro sotto l'occhio destro.
S'udì un urlo, insieme al colpo secco della lama
che si schiantava.
Poi silenzio; e a terra una massa plumbea
insanguinata.
Più bianco che pallido, Edoardo Falconaro varcò
la soglia, mentre Morella, stringendo Farfui al petto, si drizzava atterrita.
Egli abbracciò l'uno e l'altra in un solo
disperato abbraccio.
E disse con voce sorda:
- Vien giù. Lorenzo è morto!
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