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Luciano Zuccoli
Farfui

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  • PARTE PRIMA.
    • II.
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II.

 

La villa, Villa Mora, non era alla riva del lago. Dalla stazione di Como bisognava percorrere in vettura mezz'ora di strada con una salita tanto dolce che i cavalli potevano trottare.

Lorenzo ed Edoardo trovarono alla stazione la carrozza a canestra, tirata da due vigorosi bai, che scuotevano allegramente le sonagliere e parevano orgogliosi della rete rossa posata sul loro lucido mantello.

- Vedremo che cosa ne dirà mia moglie! - ricominciò Lorenzo, continuando il discorso interrotto.

Edoardo guardava a destra e a sinistra i campi di frumento, ancor verde e sottile, largamente macchiati dalla tinta sanguigna dei rosolacci. Pensava che Lorenzo aveva condotto lui in campagna per impedire colla sua presenza che Morella si rammaricasse troppo vivacemente.

- Forse ho fatto male ad avvertirla a cose finite, - seguitò Lorenzo, - e a non chiederle consiglio.

- Ti avrebbe dato il consiglio di non comperare, - osservò Edoardo.

- Perchè?

- Perchè a una signora non è indifferente vivere fuori di porta Ticinese o in via Bigli. Non ti sembra?

- Hai ragione, - confessò Lorenzo, - ma a queste piccolezze io non arrivo mai, o arrivo troppo tardi.

Edoardo sorrise.

-Bisognerà farle un salottino magnifico, - disse poi, - una camera da letto magnifica, una sala da pranzo magnifica, e allora sarà contenta anche lei. Tutto magnifico, insomma.

Lorenzo non rispose; egli pure aveva pensato a far tutto magnifico, ma di eleganze femminili capiva tanto poco che senza l'aiuto di Morella non sarebbe riuscito a niente.

- Credi che si troverà male, abitando fuor di porta? - chiese dopo un istante di riflessione.

Edoardo si strinse nelle spalle.

- È probabile, - disse. - Una signora elegante a porta Ticinese è molto notata, perchè s'incontra di rado, e ciò può spiacerle. In via Manzoni o in piazza del Duomo o a porta Venezia, la cosa è diversa....

- Che seccatura, l'eleganza! - esclamò Lorenzo, battendo un pugno sui ginocchi.

Edoardo guardò il colle verde, d'uno spesso verde smeraldo, dietro il quale girava la strada larga e candida, e aspirò l'aria sottile che gli alitava in faccia.

- Ho comperato per far piacere a Mariano! - riprese Lorenzo.

- Per carità, non lo dire! - esclamò Edoardo ridendo. - Sai che la tua signora odia Mariano; dille piuttosto che hai comperato per fargli dispetto!

- Una casa da quarantamila non si trova tutti i giorni per venticinquemila lire! - concluse Lorenzo.

E tale riflessione lo rese tranquillo, anzi soddisfatto, perchè quasi subito si stese meglio nella carrozza, come adagiandosi nella sicurezza d'aver usato bene del tempo e del denaro.

- Anche questo non è da dirsi, - osservò Edoardo, - perchè tua moglie sa benissimo che non t'impacci per quindicimila lire di più o di meno.

Ma l'altro era tornato contento di , e rispose con un grugnito, alzando le spalle.

La carrozza si fermò innanzi alla cancellata della villa, e da un viale del giardino uscì e si avvicinò ai due uomini Morella Moro, la quale era alta e magra.

Indossava una camicetta bianca traforata, la cintura nera, la sottana rossa scarlatta. Dimostrava circa trent'anni e ne aveva ventisei; la carnagione scura, i capelli biondi, d'un biondo delicatamente pallido, gli occhi avana; in quel volto affilato era un complesso di contraddizioni che impediva di comprendere a prima vista se la donna era bella o brutta.

Ma la sua voce morbida e vellutata, ricca di chiaroscuri, faceva pensare che le parole d'amore in bocca di lei dovevano avere una significazione carnale e voluttuosa più penetrante d'una carezza. Ella si mostrò lietissima di rivedere Edoardo.

- Si trattenga un mese da noi! - gli disse, stringendogli la mano.

- Io mi tratterrei un anno, se potessi! - rispose Edoardo, mentre si guardava attorno ad ammirare il giardino e respirava l'aria, profumata dalla madreselva che ricopriva il muro di cinta. - Ma Lorenzo non me lo permetterebbe; è geloso di tutti....

- Allora, quanto si ferma?

- Otto giorni, mi ha detto Lorenzo.

Morella sorrise, e crollò il capo.

- In otto giorni si può conquistare una donna meglio che in un anno, - disse poi. - Lorenzo non capisce queste cose.

Lorenzo, che li seguiva, diede in una risata; egli non capiva davvero quelle sottigliezze psicologiche.

- Non mancherò, - promise Edoardo. - Fra otto giorni, lei sarà mia!

Proferì la frase in tono così solenne, che Morella e Lorenzo risero di nuovo insieme.

Sulla soglia della grande sala a terreno, li aspettava Isidora col marito Federico Berardi; questi aveva per il cognato Lorenzo un'affezione fraterna, e appena lo vide gli corse incontro, gli gettò le braccia al collo, gridandogli:

- Bene arrivato, bene arrivato!

Isidora non somigliava a sua sorella. Piccola, di capelli neri e lucenti, di carnagione tanto bianca che da ragazza, e per questo e per il carattere placido, le compagne di scuola la chiamavano «la quaglia», era di due anni più giovane dell'altra.

- Siete di buon umore, - osservò Federico. - Vi abbiamo udito ridere allegramente.

- Sì: Edoardo ha promesso di conquistare Morella in questi otto giorni di vacanza, - disse Lorenzo.

- Farà fiasco, - rispose Federico con gravità; - son cose che non si preannunziano....

- Ma io sono capace d'un miracolo! - esclamò Edoardo.

Federico lo guardò sorridendo: di statura media, e appena trentenne, già tendeva a una certa pinguedine. Amministrava i beni di una grande famiglia lombarda, ma aveva piuttosto l'aria d'un professore che d'un uomo d'affari. Il suo volto era paffuto e roseo, e sul naso s'appoggiavano gli occhiali d'oro a stanghetta. Lo sguardo non significava se non la perfetta quiete dell'anima, alla quale corrispondeva l'amore smodato per l'ordine e la precisione in tutte le cose della vita.

- Quando conquistasse Morella o un'altra, - egli osservò, - si procurerebbe delle noie. Non c'è nessuna donna che valga una buona dormita.

- Ma ciò che tu dici, Federico, è molto insolente! - ribattè Morella. - Se io fossi tua moglie, me ne offenderei.

- Io non me ne offendo, - dichiarò Isidora, - perchè anch'io penso che nessun uomo vale una buona dormita.

Essi entrarono, così scherzando, nell'ampia sala da pranzo addobbata con pochi mobili di legno chiaro. I vetri delle porte-finestre che guardavano il giardino erano color di croco a rosoni di cobalto, e un ultimo raggio di sole indugiandovisi, ne gettava un riflesso vivace sul pavimento a mosaico veneziano. Nitide cristallerie scintillavano sulla tavola, traversata da una lunga fronda a cui s'intrecciavano le più ricche rose, le rose rosse e le rose gialle dalla foglia carnuta.

- Noi abbiamo una grande notizia da darti! - annunziò Lorenzo a Morella, quando tutti ebbero preso posto.

- Voi due? - chiese Morella. - Non mi fido.

- Veramente io non c'entro per nulla, - corresse Edoardo. - Lorenzo vuole addossarmi una parte di responsabilità, e io l'accetto; ma non ho alcun merito nella novità che deve annunziare.

- Fuori la novità! - esclamò Isidora battendo le mani fanciullescamente.

- Più tardi! - disse Lorenzo.

Ma Isidora non si contentò; per tutto il pranzo, andò imaginando novità: una pariglia di roani, che piacevano a Morella, una villetta in montagna, un abito di merletto antico per la prima serata alla Scala, due cuccioli mastini per la guardia alla villa, una collana di perle e zaffiri....

- Tu corri troppo! - osservò Lorenzo, - e vai lontano.

- Non c'è senso comune in ciò che dici, - incalzò Federico. - Ti pare che sia la stessa cosa una collana di perle e zaffiri o una coppia di cani?

- Allora, un bambino adottivo? - chiese Isidora con sbadataggine.

La frase cadde e fu seguita da un breve silenzio, un breve silenzio d'angoscia: il volto di Morella si contrasse come per intenso spasimo, e si ricompose d'un subito.

Edoardo osservò e tacque.

Ma Federico sentendo quel malessere nell'aria, intervenne:

- Un bono della banca d'Italia, - seguitò - con la cifra in bianco; un'opera in musica scritta da Lorenzo su libretto di Edoardo....

- E intitolata: «Io non capisco niente!» - concluse Morella ridendo.

- No, no, siete lontani, - fece Lorenzo; e a sviare la conversazione, si rivolse a Federico: - Sai che la ditta Goggioli e Bianchi è fallita?

- Non te l'avevo predetto? - osservò Edoardo, - tu non mi credevi....

- Falconaro è profeta, - disse Morella con lieve ironia. - Egli sa prima degli altri.

- Non è difficile saper certe cose quando si vive in Borsa, - rispose Edoardo.

Vinti dalla passione e dall'abitudine, gli uomini parlarono d'affari. A quella ditta Goggioli e Bianchi, Lorenzo aveva per due volte negato il credito, obbedendo ai consigli del Falconaro, ma con fede mediocre; ora egli si sarebbe trovato fra le vittime, alle quali spettava, sì e no, il sette o l'otto per cento; ed esaltava l'accortezza di Edoardo e la bontà delle sue informazioni. Morella ascoltava, apparentemente distratta.

Sul finire del pranzo, tolse una rosa rossa dalla tavola e allungando la mano, l'offerse a Federico; un'altra rosa rossa puntò all'occhiello di Lorenzo; e finalmente prese una rosa gialla, guardò Edoardo, levò la mano, ma la lasciò ricadere subito.

- Ah, la civetta! - mormorò Lorenzo.

Edoardo raccolse allora tutte le rose che gli stavano innanzi, le partì in due mazzi, ne presentò uno inchinandosi a Morella e l'altro a Isidora.

- Che lezione, che lezione memorabile! - proferì Morella con un sorriso.

Si drizzò in piedi e aggiunse:

- Usciamo nell'atrio a prendere il caffè.

 

 

 




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