V.
Essi sedevano nel chiosco, tutelato da una
forzuta quercia, che spandeva tutt'intorno un'ombra fresca e mormoreggiava
all'aria piacevolmente.
La giovane era, fino a quel giorno, rimasta di
rado a viso a viso con Edoardo, e sempre per brevi istanti; vedutasi sola con
lui, fu invasa da un impaccio, da una timidezza selvatica, che la consigliavano
a fuggire; e non appena un servo ebbe ritirato il vassoio col servizio del caffè,
essa si levò bruscamente in piedi.
Ma ebbe coscienza dello sgarbo che stava per
commettere, e si avanzò fino ai grappoli di lilla che s'intrecciavano alle
canne del chiosco e pendevano turgidi dalla vôlta.
- Si annoierà, - disse, mentre aspirava il profumo
di quella massa delicatamente violetta.
Egli, ancora seduto, si rivolse a guardare la
donna, che aveva un semplice abito bianco e azzurro, e calzava stivaletti
bianchi; la testa di lei sul fondo pavoniccio della lilla spiccava, tutta
illuminata nei capelli biondi. Edoardo pensò fugacemente che la giovane
diventava bella non appena il marito se ne andava; e sorrise:
- Se mi tiene compagnia, non mi annoio, -
rispose.
- Vede? Sono qui, - fece Morella. - Mi dica di
che cosa devo parlarle perchè si diverta.
- Non voglio tanto, - osservò Edoardo. - Lei non
deve occuparsi di me; in ogni modo, l'avverto che io non mi annoio mai.
- Mi sveli il suo segreto! - esclamò la donna
avanzandosi.
Il Falconaro la squadrò attentamente, e il suo
viso trascolori. Aveva frainteso; credeva ch'ella gli chiedesse un segreto, «il
segreto», ciò che lo faceva triste e gli dolorava sempre in fondo all'anima; e
nel medesimo tempo, anche Morella indovinò ch'egli aveva mal capito, ne fu
confusa, e sentì per la prima volta che realmente un segreto in quell'esistenza
c'era.
Volendo liberarsi dall'angustia che d'improvviso
li aveva stretti ambedue, Morella prese posto di fronte a Edoardo, e proseguì:
- Mi sveli il segreto per non annoiarsi mai.
Vide che la fronte dell'uomo si spianava d'un subito;
meglio non avrebbe potuto egli confessare d'aver creduto a una indiscrezione,
onde Morella, avvampando dentro, passando dall'inquietudine al dispetto,
seguitò con voce vibrante:
- Che pensava? Che io le chiedessi per davvero
un segreto?
- Non sarebbe stato possibile, - egli rispose,
mentendo con calma, - perchè io non ho segreti, e lei è una gentildonna. Il mio
segreto contro la noia è questo: ho molte cose da fare, molte responsabilità da
sopportare, molti affari da condurre; aspetto sempre il risultato di qualche
impresa o di qualche tentativo; sono sempre in qualche rischio, e una mattina
posso risvegliarmi povero. Vede che la mia vita non lascia spazio alla noia.
- È vero, - mormorò la donna. - Io invece
m'annoio spesso, perchè non ho nulla da fare, e nessun rischio da correre....
Fu interrotta dal sopraggiungere d'un servo, che
recava la posta; per Morella, soltanto i giornali; per Edoardo i giornali e
parecchie lettere.
- Fatevi dare il mio cappello bianco da
Celestina, - ella ordinò al servo, - e portatemelo subito.
Poi rivolta al Falconaro, seguitò:
- Ora andremo nell'orto. Io gli faccio una
visita tutti i giorni.
Edoardo, dato uno sguardo alle lettere, le
lasciò sulla tavola rustica senz'aprirle. Irresistibilmente, gli occhi di Morella
le cercarono; alcune avevano la busta con dicitura commerciale, e quella che
soprastava alle altre era vergata da mano femminile con calligrafia agile e
sicura.
- Se vuol leggere, - disse Morella - non si
trattenga per me.
- Grazie, nulla di pressante, - rispose il
Falconaro, prendendo le lettere e mettendole in tasca. - Andiamo nell'orto.
Il servo tornava a corsa. La donna prese il
cappello dalle sue mani e se lo pose in testa, passando l'elastico sotto la
gola e dietro le orecchie.
- È un cappello di fattura pratica, non è vero?
- osservò a Edoardo. - Senza spilloni, come quando ero a scuola.
Egli assentì con un cenno. Morella pensò che
avrebbe potuto essere irreprensibile e tuttavia rivolgerle un complimento; col
gran cappello bianco dal merletto piovente che dava risalto alla capigliatura
bionda e al carnato del viso, doveva star bene; ma aspettò invano una parola.
Si avviarono, camminando per la lunga andàna
degli alberi, le cui foglie stormivano tutte con un susurro incessante; e il
Falconaro si chiedeva se avrebbe dovuto tener la scala, mentre la giovane
saliva a cogliere i frutti. Ma il suo pensiero venne fermato dalla voce di
Morella, alla quale dispiaceva quel silenzio.
- E che cosa si può fare per non annoiarci? -
domandò.
- Ora non s'annoierà più, - rispose Edoardo, -
perchè avrà da ordinare la casa nuova....
Morella s'arrestò di botto.
- Che orrore! - disse. - Che orrore! Si può dar
di peggio che una casa fuori di porta Ticinese? E stato lei a consigliare
Lorenzo in quest'affare?
- Io non ne ho saputo nulla, - confessò Edoardo,
- e se avessi saputo, lo avrei dissuaso. Tuttavia, mi pare che lei esageri....
- No, non può capire! - obbiettò la giovane,
mentre riprendevano il cammino. - Bisogna essere donne per capire queste cose.
Intanto pensi che la casa apparteneva a Mariano Frigerio. Lei sa chi è Mariano
Frigerio?
Edoardo sorrise senza rispondere.
- E che cosa ne faceva, il Frigerio? - proseguì
Morella. - Una palazzina, un ritrovo?...
Non disse altro, temendo di dire troppo; ma al
sorriso di Edoardo, capì di essere capita, e soggiunse:
- Così, io dovrò vivere in quella casa, ed ogni
volta che metterò piede in istrada, sarò studiata e scrutata come una bestia
rara.... Non uscirò più, ecco!...
- Ha la carrozza! - osservò Edoardo, facendo sua
l'osservazione di Lorenzo.
Ma la donna parve non aver nemmeno udito, perchè
continuò nello stesso tono:
- Se mio marito non ha chiesto il suo consiglio,
poteva chiedere il mio. Gli avrei fatto comprendere che non si accettano doni
da un Mariano Frigerio.
- Doni? - ripetè il Falconaro. - Lei ha
frainteso. La casa è stata pagata a pronti contanti.
- Lorenzo ha detto che fu un affare d'oro, che
soltanto il mobiglio vale il prezzo d'acquisto; dunque noi siamo per qualche
cosa debitori di chi l'ha venduta. O ne abbiamo accettato un regalo, o
approfittando delle strettezze di chi vendeva, ne abbiamo fatta una
speculazione. Tutto questo è indegno!
Passavano lungo la cisterna, entro la quale per
poco la sera prima Lorenzo non era caduto a capofitto. Edoardo vi gettò un'occhiata,
e vide l'acqua torba immobile nella vasca, in cui dieci uomini potevano
annegare.
- Perchè non dà ordine di coprire questo
serbatoio? - domandò. - È pericoloso.
Ma la donna, corsa innanzi, non rispose nemmeno,
e s'arrampicò sulla scala disposta presso il ciliegio. La scala era doppia e
convergente all'apice, le due parti trattenute da una catena. Edoardo attese
dalla parte opposta a quella su cui si drizzava la donna, che coglieva i
frutti, mangiava, gettava il nocciolo lontano.
- Ha caldo? - ella chiese d'un tratto, ridendo.
Splendeva il sole, folgorante. L'orto si
stendeva lungo il dosso della collina, il viottolo correva in piani diversi;
gli alberi fruttiferi eran più bassi, e in quel punto la sola piccola ombra del
ciliegio dava ristoro. Il verde sotto il sole brillava pomposamente.
- No, sto bene, - rispose il Falconaro.
- Non vuole frutti? Non le piacciono?...
- Grazie; sto bene, - ripetè Edoardo.
Fissava una grande distesa di campo color vinato
giù per la collina, e non riusciva a comprendere che cosa fosse. Morella
discese rapidamente, e gli si fece vicino:
- Bisogna venir qui più presto, - disse. - Col
caldo le ciliegie perdono il loro gusto.
- Che cosa è quel campo laggiù? - domandò
Edoardo. - Perchè ha quel colore?
- Lupinella! - definì la giovane. - Ne sa meno
di prima, non è vero? - aggiunse, sorridendo. - Lupinella, erba medica, che si
taglia e si dà a mangiare alle bestie....
- Lei è molto dotta....
- In una settimana sarà dotto anche lei, come
me.... Guardi la bella ginestra quassù, tutta d'oro!... E questo ribes, che
pare di rubino....
Invece di guardare ciò che Morella gli indicava,
Edoardo guardava lei; ora veramente imbellita e ringiovanita, dacchè Lorenzo
aveva preso il treno; e mostrava il sano piacere di vivere all'aria in quella
campagna piena di gaio splendore.
Trovò una parola gentile per la ginestra, per
gli alberi, per il ribes, pei rosolacci e i papaveri che invermigliavano il
prato; fremeva nelle sue frasi la soddisfazione d'un'anima che allacciando in
un medesimo sentimento di sollecitudine tutte le ingenue bellezze della
campagna e riposando fra il verde, obliava le avversità d'una vita non fatta
per renderla contenta.
Edoardo la lasciava cantare il suo inno,
ascoltandola silenzioso.
Un minuscolo scarabeo raccolse il volo sulle
mani di Morella; era tondo, bruno, il dorso macchiato di punti rossi.
- Guardi com'è carino! - esclamò, protendendo la
destra su cui correva lo scarabeo. - Qui li chiamano «vacchette della Madonna».
Si ferma.....
S'era fermato sul mignolo, presso l'anello con
grosso diamante, e pareva scrutarne abbacinato lo sfavillìo multicolore.
- Ha l'anima d'un gioielliere, la vacchetta, -
osservò Edoardo. - Sta ad ammirare l'acqua del diamante.
Morella rise, e agitò più volte la mano, finchè
sciogliendo pigro le alette, lo scarabeo ripigliò il volo.
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