VII.
«Lei non sa!» Queste tre parole risonarono
lungamente nell'animo di Morella; e tornando adagio in silenzio con Edoardo verso
la villa, e per tutto il giorno.
Da quell'istante, la giovane vide ciò che stava
in fondo al cuore dell'uomo, vide con la stessa, lucidità con cui avrebbe visto
un fatto che le si fosse svolto innanzi.
E capì il segreto.
Edoardo aveva un figlio, nàtogli da qualche
amante, forse dalla medesima che gli aveva scritto la mattina con quella
calligrafia agile e sicura.
Ma perchè non ne aveva parlato e non ne parlava
ad alcuno? perchè tutti ignoravano l'esistenza del bambino? perchè non lo
mostrava superbamente agli amici, e non se lo teneva al fianco, lui, così
tenero, così inopinatamente premuroso per i bambini degli altri?
Questi pensieri si affacciarono alla mente della
donna, ma non potè ordinarli nè approfondirli.
Edoardo l'accompagnava al ritorno, smanioso di
farsi perdonare lo scatto, senza sapere come riuscirvi.
Quando giunsero al limitare della villa, innanzi
all'atrio, tentò.
- Io devo chiederle scusa, - disse, - delle mie
parole villane. Sono desolato, e me ne vergogno sinceramente.
Morella gli alzò gli occhi in volto, e rispose
colla sua voce carezzevole:
- Ma io le ho dato ragione subito, dentro di me.
La colpa è mia, che ho voluto scherzare così fuor di proposito, invece di
ringraziarla di ciò che faceva per quel poveretto.
Sorrise dolcemente e gli stese la mano, che egli
strinse con forza.
Poco di poi, Edoardo si accomiatò per mutare
l'abito, che il sangue del piccolo Poldo aveva macchiato, e rimasta sola, di
nuovo Morella pensò alle tre parole.
Perchè, dunque, se un figlio esisteva, lo teneva
nascosto? perchè invece di esserne lieto, il Falconaro ne era triste? Più volte
dacchè lo conosceva Morella aveva rilevato ch'egli soffriva di repentine
malinconie, dì distrazioni, d'improvvisi accasciamenti. Se avesse amato quel
figlio, non gli sarebbe stato conforto e orgoglio a un tempo?
Ella giudicava col proprio sentimento. Il
matrimonio non le aveva data la consolazione, che sarebbe stata unica in tanto
fastidio di cose; ella aveva sognato d'essere madre, di poter allevare con
infinito studio il figlio in cui avrebbe riposto tutta, la sua alterezza, e
indarno aveva aspettato il delizioso conforto; cinque anni di matrimonio eran
passati indarno, cosicchè aveva dovuto rinunziare alla speranza che in altri
giorni la faceva sobbalzare di gioia.
La sera prima, sua sorella, parlando
storditamente d'un figlio adottivo, aveva rimescolato in lei lo spasimo della
sua delusione, il tedio della sua vita inutile. In verità, aveva pensato non di
rado ad adottare qualche bimbo, e non s'era trattenuta se non per lo spavento
di capitar male, e d'esser più tardi pentita.
Ora, ella non riusciva a comprendere perchè
Edoardo celasse quella sua paternità; non certo per indifferenza o per
freddezza; l'episodio del piccolo Poldo era troppo chiaro. Nè comprendeva
perchè non trovasse bella e gioconda e piena la vita, che aveva per lui uno
scopo, una continuazione nella persona del figlio.
Il sopraggiungere di Edoardo e il ritorno da
Como di Federico e Isidora le troncarono nuovamente il filo delle meditazioni.
La giornata scorse lietissima, e tuttavia sembrò
interminabile a Morella, di cui la curiosità era eccitata dai non pochi
interrogativi senza risposta, cosicchè fu felice quando la sera potè ritirarsi
nella sua camera a riordinare le sue impressioni.
La camera da letto era per lei sola; nè in città
nè in campagna aveva mai voluto una camera in comune con Lorenzo, il quale
dormiva al lato opposto della villa.
Dalle finestre si scorgeva il profilo dei monti,
delineato con sobrio tratto sul fondo opalino del ciclo, che il raggio lunare
colorava diffusamente; e sotto, traspariva un tumulto di fronde e di macchie
dense di verzura, argentee a quella luce e ondeggianti al fiato di lievissima
brezza. Echeggiavano per la vallata lo stridìo dei grilli, e qua e là, attutito
e interrotto dalla lontananza il guaiolar dei cani nelle fattorie. Un largo
scintillare di luce perlacea, rompendo la rigogliosa massa della vegetazione,
svelava verso occaso il mobile specchio del lago.
Morella s'affacciò a una finestra e stette a
contemplar lo spettacolo placidamente grandioso, lasciandosi avviluppare dalle
calde zaffate di profumi che vaporavano dal giardino sottostante.
Andava chiedendosi perchè aveva pensato che
Edoardo avesse un figlio, ma tornava a quella idea, nata dalla prima
impressione, la quale le sembrava esatta. Un uomo della tempra del Falconaro,
più pronto a colpire che a blandire, non avrebbe avuto sguardi per un bimbo
sconosciuto, se l'abitudine e la dimestichezza coi piccoli innocenti non gliene
avessero fatto apprezzar la grazia. L'episodio del mattino doveva aver
risvegliato in lui un sentimento più egoistico, forse il ricordo di un altro
bimbo a lui caro.
Morella conosceva a sufficienza il carattere del
Falconaro, per trovare stranissimo, quasi inverosimile il suo accoramento
innanzi al bambinetto che piangeva; e più strano l'atto di lui che se l'era
preso in braccio e l'aveva curato con tanta attenzione. Ella ricordava quella
fronte maschia, tagliata dalla lunga cicatrice, curva sulla testina del
piccoletto così biondo, che sembrava bianco di capelli; e la donna sorrideva
nell'ombra notturna, compiacendosi ancora della scena.
Poi si scosse. L'antipatia, l'odio pel
Falconaro, l'insofferenza pel suo carattere, eran caduti in un attimo, quasi
magicamente. Morella ne era stupita e commossa. Un gesto semplice di buona
sincerità era bastato a vincere le prevenzioni d'interi anni.
- Questo è molto stupido! - mormorò a chiara
voce.
Ma fu ripresa dal desiderio di sapere. Perchè
Edoardo non si confidava a qualcuno? E il «qualcuno» doveva essere lei medesima.
E come avrebbe potuto Edoardo aprirsi con lei, se al suo primo atto gentile gli
aveva riso in faccia? Occorreva ispirargli fiducia, e allora forse avrebbe
parlato, perchè a una donna si confidan meglio i segreti sentimentali che non
agli uomini, di cui si teme lo scherno. Sarebbe venuto a lei in un giorno di
più forte mestizia.
- Verrà! - ella disse, ancora ad alta voce.
Ma accorgendosi di borbottare da sola, rise
sommessamente.
Indugiò ancora qualche tempo alla finestra, fissando
la campagna cheta e l'ondular degli alberi fogliuti; aspirò l'aria tanto pura e
sottile da parere liquida, poi andò a coricarsi, e riposò, contenta di non aver
nel cuore l'avversione per il più fido e potente amico di suo marito.
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