XI.
Da quel giorno e pei pochi giorni che Edoardo
passò ancora in villa, egli e la giovane studiarono di sfuggirsi. Avevano
compreso che la confidenza impensatamente sgorgata dal cuore d'Edoardo,
troncata per improvviso sbigottimento, non era finita con quelle scarse parole,
e ambedue ritardavano un'occasione nuova.
Con molta accortezza, destreggiarono sempre in
modo che Federico o Isidora, o l'uno e l'altra insieme, fossero con loro.
S'intesero in silenzio, ma non pensarono che l'assidua cura di non incontrarsi
a viso a viso era un confessare d'esser già presi; e nelle ore di solitudine,
quando si ricordano i casi della giornata e si predispone la giornata
successiva, essi non ricordavano se non il colloquio avuto e non preparavano se
non l'astuzia per non continuarlo.
Fu una liberazione per entrambi l'arrivo di
Lorenzo a Villa Mora.
Egli giunse il pomeriggio del sabato, accolto
con festa. Era come di consueto, ma a Morella parve più del consueto, allegro,
chiassoso, volgare. Gli scherzi di lui le facevano uggia; umiliata
dall'abitudine ch'egli aveva di chiamarla «moglietta» «gallinella» «la mia
bionda», per ciascuno di quei vezzeggiativi, la donna cercava con gli occhi
Edoardo e ne scrutava la fisionomia.
Edoardo si mostrava impassibile; anzi, qualche
volta sorrideva come avesse approvato la familiarità di quei nomignoli, i quali
dicevano il contento del maschio che possiede una femmina gustosa. Magnifico
padrone di sè, orgoglioso nemico d'ogni confidenza, poco incline alle amicizie
e poco tenero per gli uomini in generale, Edoardo Falconaro s'era foggiata
presto una maschera, divenuta d'anno in anno più perfetta. Avevano concorso a
darle forma i disinganni, i piaceri, i commovimenti pericolosi della sua vita
d'affari, l'asprezza d'una lotta continua, la nessuna stima per gli uomini.
Difficile afferrare un'impressione sul suo
volto; paziente, cortese, inappuntabile in tutto ciò che era forma, colto
perchè prima di darsi alle speculazioni di Borsa e d'iscriversi tra gli agenti
di cambio, aveva compiuto gli studi classici e s'era laureato in legge, Edoardo
Falconaro sembrava l'uomo più facile alla condiscendenza e all'intimità.
Era inflessibile. il suo «no» o il suo «sì» non
mutavano per nessuna preghiera, e per nessuna minaccia; e questa energia
caparbia gli aveva fatto pullulare intorno oscuri nemici, che aspettavan
l'occasione di colpirlo alle spalle.
Sorpreso di non essere riuscito a padroneggiarsi
innanzi a una fragile donna e d'essere venuto così presto alle confidenze più
gelose, aveva fermato il proposito di guardarsene in avvenire, col
presentimento che in quel dramma di cui s'eran fatte chiare le prime linee,
forse nemmeno la sua ferrea volontà l'avrebbe sempre sostenuto.
Ascoltò dunque senza batter ciglio i complimenti
di Lorenzo a Morella, e non parve accorgersi che l'amico aveva anche allungato
la mano per carezzar la guancia della moglie, la quale s'era ritratta con un
brusco movimento.
- Oh là, là! - disse Lorenzo ridendo. - Che
scontrosa! Forse Edoardo non sa che sei la mia bionda?
Se le avesse strappato l'abito di dosso,
mostrandola nuda, non l'avrebbe fatta soffrir tanto; ma egli non capiva, e
volgendosi a Edoardo, parlò d'interessi e gli diede un rapido ragguaglio della
settimana.
Edoardo, quando l'altro ebbe finito, disse
noncurante:
- Io ora me ne torno a Milano, mi vi trattengo
pochi giorni per dare ordine ad alcuni affari, e poi mi metto in viaggio.
- Parte? - ripetè Morella, ch'era nel crocchio.
- Sì; voglio fare un viaggio al Nord, e rimarrò
assente parecchi mesi.
- Va in Norvegia! - suggerì Federico. - Bisogna vedere
la Norvegia; io, quando vi sono andato tre anni or sono....
- Mi dispiace, - interruppe Lorenzo, - Ora che
ho la sala da scherma, contavo di vedertela frequentare. Anche Pino Monti ti
aspetta. Ho comprato sciabole e spade che sono un portento del genere; ma tu
manderai le tue. E il «campanone» me lo conservo ancora....
Edoardo sorrise. Il «campanone» era una grossa e
pesante maschera da sciabola che Lorenzo prediligeva.
- Noi siamo affezionati alle nostre armi e ai
nostri arnesi come il prete al suo messale, - continuò Lorenzo. - E a proposito
di preti, ascolta questa, che m'hanno raccontato ieri....
Morella, prevedendo che suo marito avrebbe
snocciolato qualche barzelletta lubrica, si alzò ed uscì.
Si fece dare dalla cameriera un ombrellino, un
piccolo guanciale di seta, e andò fuori pei campi.
A pochi passi dalla villa, incontrò Poldo che
giuocava col suo cavallo sotto il sole sferzante.
- Vieni con me, Poldo, - gli disse.
Era indicibile il timore che al piccino incuteva
Morella, la padrona, la signora, quella che non s'era mai occupata di lui e ora
gli si rivolgeva con un'affabilità che lo stordiva. Egli aveva la testa
perfettamente sferica e perfettamente rasa con una lievissima pelurie così
bionda che pareva bianca, ma nel visetto abbronzato gli brillavano gli occhi
cilestri. Vestito con un abituccio di cambrì rosso, teneva appeso ad una spalla
il fazzoletto d'Edoardo, che la sua mamma aveva lavato con cura.
Poldo sollevò il cavallo, se lo mise tra le
braccia e a piedi scalzi seguì Morella in silenzio. La signora camminava pei
campi così prestamente che Poldo si decise a trotterellare come un cagnolino
per non rimanere indietro.
Giunti appena nel bosco, la cui fresca ombra
chiazzava largamente il verde del prato, Morella, scelto un posto sotto un castagno,
si sdraiò, lasciando il parasole aperto a terra; e visto Poldo che le stava
innanzi quasi aspettasse ordini, ebbe un sorriso fugace e gli disse:
- Tu mi farai compagnia!
Il bambino sgranò gli occhi per tentar di
comprendere, con un'espressione di buona volontà inutile così buffa, che
Morella dovette ridere.
- Va, va a giuocare! - riprese. - Giuoca col tuo
cavallo!
Egli esitò un poco, ma vedendo che la donna non
gli badava e col capo appoggiato al guancialetto, distesa sull'erba, fissava il
cielo, riprese a giuocare, mentre la donna si perdeva in una meditazione
profonda.
Non pensava tanto all'annunciata partenza
d'Edoardo, quanto a ciò che aspettava lei, al ritorno in città, alla vita nella
casa nuova e in un quartiere plebeo.
Dacchè Edoardo aveva parlato, dacchè ella stessa
aveva parlato di bambini, la sua angoscia s'era fatta più viva, la desolazione
d'una casa senza gridi infantili e senza testoline ricciute le si era delineata
innanzi alla mento con maggior rilievo. Tornare a Milano per chi?
Non vedeva suo marito che a colazione e a
pranzo; quelle sere ch'egli le dedicava, le avrebbe da ora in poi trascorse
quasi intere nella sua sala da scherma.
E lei avrebbe dovuto trascinar la vita uscendo a
far visita, leggendo instancabilmente, chiacchierando di cose che non la
interessavano e di cui fingeva interessarsi, in una vuotaggine disperata,
invecchiando lentamente per arrivare al giorno in cui neppur l'eleganza, se non
un'eleganza nera, le sarebbe stata permessa, e all'altro giorno in cui si
sarebbe ammalata e sarebbe morta, senza figli al capezzale?
Si strinse le mani e se le torse furiosamente.
- Mio Dio, mio Dio! - mormorò.
Ma notando che Poldo allungava il capo a
fissarla inquieto, si rattenne.
- Giuoca! - gli disse. - Non mi guardare!
Le era entrato nell'animo il desiderio d'un
bambino, e vi rimaneva saldo, lacerandola. L'aveva anche visto nella sua
fantasia, il bambino che avrebbe voluto: scuro di carni, con occhi grigi e
capelli biondi.
Perchè gli occhi grigi? Ella aveva gli occhi
color avana; Lorenzo, gli occhi piccoli e neri; gli occhi grigi erano di
Edoardo Falconaro. Non se lo nascondeva: quegli occhi nel carnato scuro eran
bellissimi, e il bambino avrebbe avuto lunghe ciglia ombrose per attutirne la
luce.
Osò dirsi a bassa voce, con una impudicizia di
cui arrossiva e godeva, che lei ed Edoardo, loro due e nessun altro, avrebbero
fatto un bambino bello.
Si passò una mano sulla fronte, sbalordita ella
stessa dall'audacia di quel pensiero, ma non potè liberarsene; combinando le
sue proprie particolarità fisiche con quello di lui, raggentilite dalla grazia
infantile, ne formava un ritratto delizioso; e anche le sarebbe piaciuto che
suo figlio avesse avuto le qualità morali d'Edoardo, ch'ella avrebbe rese più
morbido con un'educazione sapiente e dolce.
Si perdette nel sogno di quell'educazione, di
cui tutta la sua esistenza sarebbe stata piena; immaginò i primi studi, su su,
fino al liceo, fino all'università, fino alla laurea; si vide vecchia, coi capelli
d'argento, presso un giovane vigoroso, un giovane leale e ardito, ch'era suo
figlio.... Bruno in volto, biondo, con gli occhi grigi dallo sguardo metallico.
Ancora si torse le mani fremendo.
- Fa bene, fa bene a partire! - mormorò.
E levatasi in piedi, raccattato l'ombrellino e
il guanciale, chiamò Poldo.
- Andiamo! - gli disse, guardandolo con un
sorriso. - Torniamo a casa, che la tua mamma ti cercherà per darti la pappa.
Poldo sembrò colpito dalla notizia; era
inesatta, e osò rettificarla:
- La mamma non mi dà la pappa!
- E chi dunque?
- Nunziata!
- Ah, non sapevo! - esclamò la giovane. - Allora
Nunziata, Nunziata che ti dà la pappa, deve cercarti! Andiamo!
E udendo ch'egli trotterellava dietro, a un
passo, come il cucciolo timoroso e fedele, pensò che quella madre, la quale
certo invidiava lei e il suo lusso e le sue ricchezze, poteva essere da lei
invidiata: aveva tutto; il podere che le rendeva da vivere, un marito della sua
stessa levatura che le voleva bene, e due figliuoli, quella Nunziata di sedici
anni, pulitina e gentile, e Poldo, il maschietto.
Le parve che dover invidiare la moglie del suo
contadino fosse l'estremo della miseria morale, e due lagrime scottanti le
scesero per le gote.
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