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Luciano Zuccoli
Farfui

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  • PARTE PRIMA.
    • XV.
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XV.

 

L'indomani, quando già Lorenzo ed Edoardo eran partiti per Milano, il tempo cominciò ad annuvolarsi e seguirono alcuni giorni di pioggia ostinatamente continuata, con un certo vento freschissimo, quasi freddo, che faceva pensare a un autunno precoce.

Rimasti in villa, Federico e le due donne passavan le giornate giuocando a bigliardo, scrivendo lettere a conoscenti dei quali non si ricordavano punto nei giorni di sole, e chiacchierando.

Morella andò a scovare in libreria il suo Ludwig Uhland, un'edizione di Stuttgart che aveva comperato da fanciulla pe' suoi studi in collegio, e si rilesse a poco a poco tutti i canti e le ballate del poeta di Tubinga, il quale aveva altre volte popolato di cavalieri e di re, di monache e di bardi i suoi sogni virginali.

Da quel tempo, non aveva più scorso le pagine del poeta, nelle quali non ritrovava il sapore d'un giorno, e solo per averne parlato con Edoardo lo careggiava ancora.

La passione che le mordeva il petto, l'impazienza mal frenata per l'amore prossimo, il timore del dramma ch'ella aveva deliberatamente voluto, così come un fanciullo urtando di continuo una statua gigantesca se la rovescia addosso, l'allontanavano ormai dalla poesia severa e ingenua di Ludwig Uhland.

Federico diede il colpo di grazia ai «lieder» e alle ballate.

Trovò Isidora e Morella in salotto, un giorno, ciascuna con un volume di quell'opera tra le mani, ciascuna evocando le sue memorie di collegio; e quando leggeva ad alta voce Morella, e quando Isidora. Federico si fermò ad ascoltare anch'egli.

La ballata del Re Cieco gli piacque, per quel particolare della spada «Skrep», che allorchè fendeva in due un cavaliere nemico, mandava un suo certo suono tremendo.

- Ci vogliono i tedeschi per queste minchionerie! - osservò bonariamente Federico. - Tu leggi molto bene, Morella!

Isidora desiderò anch'essa leggere a sua volta; e scelse i frammenti di quel dramma, che il buon poeta svevo chiamò Franceska da Rimino.

Federico la interruppe dopo alcune battute.

- Per carità, - disse. - Mi fa l'effetto del bromuro!...

E se ne andò brontolando, con una smorfia comica delusione, che le donne chiusero il libro ridendo, e non ne parlarono altro.

Non era prudente, del resto, lasciar libri di poesia intorno, quando s'aspettava Lorenzo, che doveva arrivare come di solito l'indomani, sabato; egli avrebbe indubbiamente fatto saltare della finestra il Re Cieco e Franceska da Rimino, per quel suo odio impetuoso contro tutto ciò che sapeva di letteratura e serviva alle teste romantiche.

Arrivò nella vettura a due cavalli, nella quale le pieghe del soffietto calato eran colme d'involti contenenti gli oggetti che ogni settimana doveva comperare per commissione d'Isidora e di Morella: dolci o profumerie o stoffe o giornali di mode, cose inutili e necessarie all'ozio delle due giovani.

Egli pareva di buon umore; discorreva vivamente, rivolgendosi spesso anche a Morella, quasi avesse dimenticata la scena brutale di otto giorni innanzi e la rivolta decisa della moglie.

- Edoardo, poi, - diss'egli, stendendosi dopo pranzo in una lunga seggiola disposta presso un grande olmo in giardino, e accendendo la pipetta di radica, - Edoardo, poi, non è partito. L'ho veduto ieri in Borsa, e mi ha detto che deve rinunziare a quel suo viaggio, perchè ha troppo da fare a Milano. Che cosa abbia da fare con questo caldo, in questa stagione, io non so.

- Ma non c'è alcun bisogno che tu lo sappia! - osservò Morella quietamente.

- Basta che lo sappia lui! - aggiunse Isidora ridendo.

Morella, in piedi a fianco d'Isidora, le prese un braccio e la trascinò via, mettendosi a passeggiar con lei poco lungi.

- Io devo tornare a Milano per un paio di giorni, - le disse recisamente. - Voglio vedere quella maledetta casa e sapere che cosa si può fare per renderla abitabile. Temo che Enzo l'abbia comprata pel solo capriccio della sua sala da scherma, e che tutto il resto sia un orrore. Non ne parla più; hai notato? Ci sarà da pulire, da tappezzare, da riattare, e non pensa, lui, che bisogna chiamare gli operai perchè in autunno sia pronta. Dillo anche tu, ad Enzo; io devo andare a Milano a vedere.

- È giusto; hai ragione, - confermò Isidora. - Devi far tutto bello, per te, e non c'è tempo da perdere.

Gettarono un'occhiata a Federico, il quale, uscito dall'atrio, era andato a sedersi presso Lorenzo, e ciarlava con lui animatamente.

- Ne parlerai domani, - suggerì Morella. - Non ora, perchè Enzo non capisca che te l'ho detto io. Così lunedì mattina potrò partire con lui, e giovedì sarò di ritorno. Tu rimarrai con Federico.... Siamo d'accordo?...

Isidora teneva un braccio intorno al busto di Morella, e passeggiavano chiacchierando a mezza voce, come ai tempi del collegio, quando tutte le fanciulle uscivano a coppie nei giardini, e si perdevano pei viali, confidandosi i loro non sempre candidi segreti.

Morella volgeva di tanto in tanto un'occhiata indagatrice a Lorenzo, che ridacchiava col cognato e squadrava non di rado la figura flessuosa della moglie.

Questa, fattasi taciturna improvvisamente, andava cercando e studiando un pretesto per isfuggirgli anche quella notte; ma occorreva un pretesto di cui le conseguenze fossero durabili, perchè non si tornasse ogni settimana daccapo e non si ripetessero le scenate e Lorenzo non ricorresse infine alla violenza; occorreva qualche insanabile dissidio tra lei e il marito, che togliesse a quest'ultimo ogni pensiero di possesso per lungo tempo.

E Morella si chiedeva come avrebbe potuto far nascere una discussione, un contrasto, repentinamente, alla presenza d'Isidora e di Federico, perchè il fatto paresse più grave, il dissidio più profondo.

Isidora la tolse a quelle sue premeditazioni, chiedendole con la voce placida:

- Perchè Falconaro non è partito? Aveva detto che voleva fare un lungo viaggio; ti ricordi?

- E a me lo chiedi? - rispose Morella, corrugando la fronte. - Non hai udito Enzo? Dice che ha molto da fare, e per ciò non sarà partito. Tu credi che Falconaro mi abbia scelta a sua confidente?

Ma Isidora non si lasciò questa volta intimidire dall'occhiata della sorella; anzi rise, un pochino, con una certa discreta malizia.

- Ve la intendevate pure i giorni scorsi, - ella osservò ancora sorridendo. - E ne avete fatto, delle chiacchiere, al chiaro di luna, quando siamo andati al Faggio Storto!...

- Non sarai mica gelosa? - interrogò Morella scherzando.

Isidora le rispose con una stretta del braccio, e traendola fortemente a , le diede un bacio sulle labbra.

Ma d'un subito le due donne s'arrestarono insieme, ad ascoltar la voce corrucciata di Lorenzo, che giratosi sulla sedia, guardava a un lato della villa, tra le piante.

- Che è? - diceva. - Che novità è questa? Che fai tu qui?... Chi ti ha permesso, piccolo mostro?...

Morella si svincolò dal braccio d'Isidora, e avanzò verso il marito.

- Vattene, vattene! - seguitava Lorenzo, sempre rivolto a qualcuno che non si vedeva.

E si chinò per raccogliere una pietra sulla ghiaia.

- Che hai da gridare? - domandò Morella.

La pietra partì dalle mani di Lorenzo, sibilò nell'aria, battè contro un tronco, andò a cader lontano sull'erba; s'udì uno stormir di foglie, e Morella vide un piccolo coso vestito di cambrì rosso mettersi a galoppare piangendo, e scomparire.

Poldo, che da molti giorni non vedeva il suo protettore, s'era fatto ardito, e lemme lemme, ogni sera avanzando qualche passo più, era giunto fino innanzi alla villa a cercarlo; e sotto il braccio portava seco il cavallino, ormai scodato e senza ruote al carrello. Ma era stato accolto a sassate da un signore ch'egli aveva da lungi scambiato per Edoardo; e ora fuggiva, tutto spaventato e sorpreso.

- Non ti vergogni? - esclamò Morella, che aveva riconosciuto il bambino, e avvampava d'ira, - Prendi a colpi di pietra i bambini? Non vedi che è Poldo?

- Lo so, lo so, che è Poldo! - rispose Lorenzo. - E lo lascerò venirci tra i piedi perchè è Poldo?

- Io ti domando, Federico, - riprese Morella volgendosi al cognato, con gli occhi accesi da una fiamma di sdegno, - io ti domando se queste non siano piccole infamie?... Per allontanare un bambino, gli tira una sassata alla testa!...

- Alla testa! - ripetè Lorenzo ridendo. - Non hai visto, sciocca, dov'è caduta la pietra?

- È stato un caso; potevi ferirlo, - rimbeccò Morella. - Poldo viene qui, perchè gliel'ho permesso io, e tu lo spaventi a questa maniera.

- Hai fatto male a permettergli; i contadini devono stare a casa loro.

- Ho fatto ciò che ho voluto; anzi, ora vado a prenderlo.

- Morella, non andare! - ammonì Lorenzo.

- Vado; sarà atterrito dalla tua brutalità, e desidero rassicurarlo.

- Morella, non andare! - ripetè Lorenzo.

Federico e Isidora, ch'era sopraggiunta, ascoltavano dolenti e angustiati, non osando interloquire, parteggiar per alcuno.

- Vieni, - disse Morella a Isidora, - Vieni a prendere Poldo e a vedere se non si è fatto male.

- Ma che stupidaggini, ma che bestialità, ma che sentimentalismi, tu mi metti fuori? - gridò Lorenzo, lasciando prorompere la sua ira. - Che è, tuo figlio, Poldo? È un personaggio sacro, quel rospo?... E che mai non si possa avere un'ora di pace, quando si viene a trovarti?

- Suvvia, - intervenne Federico, titubante, guardando a volta a volta Lorenzo e Morella e Isidora. - Non esagerate tutt'e due....

- No, no, lasciami dire! - proseguì Lorenzo.

- Io non esagero, sai? Questa è una commedia, te lo assicuro. Tu non conosci tua cognata. È una commediante di prim'ordine. Tu non sai certe cose....

Si strappò di bocca la pipetta e la scaraventò a terra con violenza, bestemmiando.

- Del bambino le importa quanto importa a me, ci scommetterei il collo, - riprese Lorenzo. - Ma aveva bisogno di fare una scenata, e l'occasione era bellissima.... Così ne avremo per tutto il tempo ch'io rimarrò in campagna, fino a lunedì.... Lunedì la vedrai allegra e vispa e contenta, e magari sarà la prima a rimandar Poldo a casa sua....

- Non sai ciò che ti dici! - ribattè Morella. - Io voglio bene a Poldo, perchè voglio bene a tutti i bambini, e poi perchè.... E non posso tacere quando commetti qualche vigliaccheria....

Isidora che era presso Morella, le tirò la gonna, spaurita.... Il volto di Lorenzo, purpureo, lucido, con gli occhietti neri animati da una luce insolita, le faceva spavento.

- Te ne prego, Isidora, - esclamò Lorenzo, - conduci via tua sorella, conducila da Poldo, dai contadini, in malora!...

- Andiamo, Enzo, - interruppe Federico. - Non dir parolacce.

- Parolacce? - ripetè Lorenzo. - Ma perchè non rimproveri mia moglie, che parla impudentemente di vigliaccherie? Sabato scorso ha fatto questa scoperta, che io sono un vigliacco; e me l'ha cantata sotto il naso. Tu non sai, Federico, tu non sai nulla!... Ti ripeto che questa è tutta una commedia studiata e preparata da tempo.... Conducila via, Isidora, tua sorella, che non mi guardi con quella sua aria sarcastica.

- Sì, andiamocene, - disse Morella. - Lasciamolo solo; è ignobile.

Trascinò Isidora per un braccio e s'allontanò con lei, ma alle loro orecchie giunsero ancora le parole di Lorenzo:

- Io mi domando se non è pazza, da qualche tempo. Ora protegge e si tira in casa i marmocchi pidocchiosi, perchè vengano a guastarci il giardino....

E s'udiva anche la voce scorata di Federico, il quale tentava di calmare l'altro:

- Sii ragionevole, Enzo... Si tratta di malintesi....

- Malintesi?... - urlò Lorenzo. - Sta a sentire: sabato scorso m'ha cacciato dalla sua camera come un cane idrofobo. Stasera m'ha inscenato questa farsa per giuocarmi lo stesso tiro, È o non è mia moglie?... Ho o non ho il diritto...?

Morella si turò le orecchie con le mani e si diede a correre, per non udire più, a correre verso l'orto, quasi verso un luogo di rifugio; e vedendo sul cielo pallido spiccar la forma nota del ciliegio ormai sfruttato, gli sorrise, lo raggiunse in un istante, si stese a terra sotto la sua protezione, aspettando Isidora, la quale era rimasta addietro.

La sorella comparve poco appresso, pallida e mortificata.

- Perchè è tanto cattivo Lorenzo? - domandò.

Aveva temuto di trovar Morella in lagrime, il viso bianco di furore e d'offesa. La vide quieta, un'espressione ferma in volto, gli occhi foschi.

- Peggio per lui! - esclamò. - E cattivo, ê villano, è ripugnante?... Peggio, per lui! Non parlarmene più....

E ripensando a Poldo, seguitò con certo riso nella voce:

- Poveretto, il piccolo!... È scappato come una lepre, tu avessi visto! Era venuto a cercar Falconaro, che gli voleva tanto bene e gli aveva regalato il cavallo; e quest'altro me lo piglia a sassate! Tu vedessi quant'è carino e pulito e timido. Falconaro gli voleva tanto bene.... Andiamo a trovarlo; vuoi?

 

 

 




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