XIX.
Mariano Frigerio s'era ridotto a vivere in due
camere di via Passerella; due camere scarsamente illuminate, che per la qualità
dei mobili e dei gingilli davan piuttosto idea d'un magazzino che non della
dimora d'uno scapolo scioperato.
Eran quelli gli avanzi d'un lusso e d'un gusto,
i quali dopo il fallimento di Mariano, più non s'eran potuti manifestare; egli
aveva raccolto là tutto quanto gli era riuscito di togliere alla sua casa prima
di venderla, senza impoverirla troppo.
E così nella camera da letto, sopra il camino
marmoreo il cui frontale, ornato da un festone, due donne dalle poppe tumide
sostenevano ai lati, eran posati vasi d'antica porcellana cinese, fondo nero a rabeschi
d'oro, di bellissimo effetto, e una pendola settecentesca, la cui svelta linea
ad anfora era interrotta da due serpenti che scendevan pei fianchi e
s'inanellavano intorno al quadrante, e tabacchiere dorate, incrostate di
pietre, ornate di miniature.
Nel mezzo della camera, un cassettone di mogano,
semplice e snello su quattro colonnette, ornato da bronzi e fasce a treccia,
dorati e cesellati; e tra le due finestre, capace, soffice, voluttuoso, un
letto veneziano col padiglione che le colonne scanalate a piedi di leone
sorreggevano.
Poi, in un disordine indescrivibile, coppe e
candelabri e piatti e parafuoco e piccoli bronzi e piccole porcellane
rappresentanti quasi tutti amori e amplessi, e poltrone di stile, e seggiole
rusticamente e ingenuamente scolpite.... Oggetti comperati all'incanto, in
diverse occasioni, prima per capriccio, poi più frequentemente per trafficarne
quando se ne fosse presentato il destro.
Mariano viveva in quella camera e nell'altra,
che aveva preso il nome di salotto, forse perchè letti non ve n'erano, ma che
come la prima, sembrava un magazzino disordinato di cose disparatissime, alcune
assai pregevoli, altre senza merito d'arte nè valore, se non quello d'esser
comode, come certe poltrone e un divano di cuoio, che Mariano aveva definito
«arredamento per pancioni».
Da quando una sua amica per isbadataggine aveva
rotta una coppa di cristallo estrosamente decorata con una fascia d'oro
chiudente un volo di civette, egli non voleva più donne per casa. Ma andava a
cercarsele in un certo caffè poco lontano.
Era un caffè servito da «chellerine» graziose
col loro abito nero, il grembiale bianco, e la cuffietta di trine. Mariano
aveva per amante la più giovane, Stella Bonaretti, già esperta, a diciott'anni,
d'uomini e d'amori, ignorante d'ogni altra cosa, e allegra, scaltra e qualche
volta infantilmente sciocca.
Una sera le aveva detto, a guisa di madrigale:
- A voi, cara mia, si potrebbe scrivere sulle
spalle: «Non toccare. Pericolo di morte».
- «Non me lo dichi!» - ella esclamò con la espressione
canzonatoria delle ragazze plebee milanesi. - Che cosa significa?
- Significa che voi siete una fanciulla, la
quale può dare brividi e morte....
- La donna elettrica, per la fiera di porta
Genova, - spiegò Stella a sè medesima.
Ma considerando che tra quei frequentatori o
rovinati o loschi, Mariano figurava come gran signore e uomo d'alta levatura,
non gli oppose che la resistenza sufficiente a fargli capire che non era una
ragazza da strada, e quando s'accorse ch'egli n'era tanto persuaso da esserne
annoiato, si lasciò prendere volentieri.
Egli fu del resto gentile, e le fece più regali
di roba e di denaro ch'ella non avesse mai sperato; perchè Stella Bonaretti,
figlia al portinaio d'una casa di via San Giovanni sul Muro, era modesta e
discreta, e godeva ad essere invidiata dalle compagne.
Mariano, anche, non aveva carattere difficile;
accolte con benevolenza le promesse di fedeltà cieca, si contentava che l'amica
non lo tradisse coi frequentatori del caffè. Non ne era geloso, non intendeva
toglierla al suo mestiere, «leggero in tutti i sensi» egli diceva; e quando la
voleva in ore di servizio per suo capriccio o per condurla a teatro o a una
festa di ballo, pagava la multa al proprietario del caffè.
Tra quella piccola gente, giocatori a mal
partito, eleganti d'altri tempi, figli di famiglia che frequentavan le
«chellerine» per farsi un'esperienza, Mariano godeva considerazione grande;
sapeva prestar qualche denaro e dimenticarsene; ciò gli era utile per negare a
mano a mano il credito a tutti i suoi amici, che non avevano pagato il debito
precedente.
E passava gran parte della giornata in quel
caffeuccio, tra le gonnelle delle ragazze, sbadigliando innanzi a una tazza di
birra, raccontando e inventando avventure della sua vita, dando del tu a tutti,
interessandosi alle imprese ridicole dell'uno, ai dolori sentimentali
dell'altra, leggendo le lettere che gli ammiratori scrivevano a questa o a
quella «chellerina», uscendo, tornando, attardandosi a pranzare con Stella,
chiamando a convegno in quel caffè le persone rispettabili che gli eran rimaste
amiche, giocando a domino con un vecchio brontolone, facendo da protettore e da
consigliere, indifferente e paterno, con quel sarcasmo ora nella voce ora nella
parola, da cui non sapeva dipartirsi neppur quando era sincero.
La vendita della casa gli aveva rifornito il
portafoglio, e alla sua amante era toccato in regalo un paio d'orecchini
preziosi, che avevano aumentato il prestigio onde l'uno e l'altra erano
circondati.
Stella lo amava seriamente, ormai; gli era
veramente fedele; e questo fatto inatteso lo aveva percosso di stupore prima, e
poi lo aveva inquietato.
Ma si lasciava trascinare, divertendosi a vedere
sconfitti e respinti gli uomini e i ragazzi che tentavano di portargli via la
fanciulla, la quale, tutta elegante e profumata, andava facendosi veramente
appetibile.
- Purchè non sia feconda! - pensava Mariano,
guardandola di traverso, quando ella dormiva coi capelli neri sparsi sul
guanciale e la bocca socchiusa. - La portinaia di via San Giovanni sul Muro ha
pure avuta una figlia, che è questa; speriamo che questa la pensi diversamente
da sua madre.
E teneva la ragazza in un'apprensione continua,
avvertendola che «se fosse stata feconda» l'avrebbe piantata subito.
- Ti figuri che bel farabutto nascerebbe da una
«chellerina» e da un gentiluomo? Mi par di vederlo.... E poi in tesi generale,
nulla è più vile e animalesco della fecondità....
Stella Bonaretti lo guardava intontita, i grandi
occhi castagni sbarrati, per capir bene quel ragionamento di cui non aveva mai
udito l'uguale.
- Io non sono una mosca; sono le mosche, che
lasciano sporco dove passano.... Io non voglio lasciar nessuna porcheria dietro
di me.... Siamo intesi?... Non farmi un «chellerino» perchè sono capace di
gettarlo dalla finestra....
Questo sermone fu snocciolato una notte in cui
Mariano era più nervoso e malcontento del solito; per affezione e per
degnazione, consentiva qualche volta ad accogliere Stella in casa sua e a
lasciarla dormire nel letto veneziano capacissimo.
Ma la mala ventura di quell'altra, che aveva
spezzato la coppa col volo delle civette, stava sempre in mente a Stella, la
quale camminava guardinga e timida, spogliandosi con mille precauzioni per non
urtare del gomito le altre coppe, per non dar del piede in qualche porcellana
che giaceva a terra, per non muovere nemmeno l'aria.
Quella notte, Stella s'era seduta in un angolo,
sopra una seggiola alla Savonarola, e perchè quasi ignuda, stava per coricarsi
e Mariano ancora vestito non finiva il suo discorso, ella s'era gettata sulle
ginocchia un drappo rosso e aveva posato i piedi con cautela sopra una pelle di
tigre, della quale sentiva con piacere il pelo liscio sotto le piante.
E così ascoltava, guardando ora Mariano, ora i
bronzi fàllici, ora il letto prezioso, non sapendo tra tutte quelle cose quale
incutesse maggior paura e maggior rispetto; e annuendo col capo alle parole o
alle frasi che per esser più difficili le sembravano più importanti.
Non era la prima volta che Mariano la
minacciava; minacciandola, l'aveva a poco a poco ridotta umile e docile; e se
ne irritava, perchè gli sembrava che con tanta bontà, con sì devota affezione,
ella cercasse di crearsi un diritto e di portarsi più in alto per non essere
cacciata.... E la minacciava anche peggio; cosicchè la ragazza era terrorizzata
dall'idea di spiacergli, e viveva come camminava in quella strana camera da
letto: in punta di piedi, sbirciando a destra e a sinistra, tremando sempre di
rompere qualche cosa, la coppa o l'amore, l'incanto o la pendola, il sogno o la
porcellana cinese.
Mariano s'era fatto più bisbetico il giorno in
cui, imbattutosi in Morella Moro, che andava a prender Lorenzo, aveva udito
quella voce vellutata pronunciare il nome del Falconaro:
- «Andiamo?... Falconaro ci attende!»
E gli occhi di Mariano avevano avuto un guizzo
di luce e la sua mente un lampo d'intuizione.
- Hai capito? - s'era detto. - Hai udito?...
Falconaro; Falconaro dappertutto.... Questa bella donna è la sua amante; o lo
diventerà, se non lo è ancora.... Adesso mi spiego perchè Edoardo aiutava
Lorenzo; gli gettava l'oro negli occhi, invece della polvere; e come interesse
gli ha preso la moglie. Lo aiuta e lo fa becco.... Ed è carina; per Dio, se è
carina!... Proprio il tipo che piace a me; magra, bionda, vibrante, superba;
una di quelle donne intelligenti e orgogliose che son capaci di tutto....
Falconaro ha i quattrini e le femmine eleganti e intelligenti; io ho dei debiti
e la figlia della portinaia, quel tremendo empiastro che non so più come
levarmi di dosso.... Purchè non sia feconda!... Falconaro se ne può ridere,
lui.... C'è il papà pronto; quel caro Lorenzo!... Per Dio, che idiota quel
Lorenzo!... Egli crede ancora adesso che Falconaro gli abbia prestati tanti
denari solo per farlo diventare il Napoleone del burro, come se il burro
importasse molto al Falconaro.... Non s'è avveduto, no, che intanto il
Falconaro gli portava via l'altro burro; e che bel burro, e che burro tenero, e
che burro gustoso!... Povero Lorenzo!... Stava a sbuffare e a sudare nel
magazzino, tra quella canaglia pericolosa del suburbio, e la moglietta tutta
bianca veniva a prenderlo per passare un'oretta col Falconaro, col solito
Falconaro, col troppo solito Falconaro!... E lui a portare il lume, intanto che
gli altri due se la saranno intesa, coi piedi e con le mani, sotto la
tavola!... E se glielo dicessi?... Se glielo facessi capire?...
Questa idea, venutagli di traverso,
repentinamente, gli troncò netto il soliloquio; ed egli seduto al caffè, dopo
colazione, in quel medesimo giorno, in quella medesima ora in cui Morella si
lasciava possedere con sì cieca bramosìa da Edoardo, rimase a guardar fuori,
nella zona d'ombra proiettata dalla tenda ch'era innanzi al negozio, e fissò a
lungo, senza vederlo, il marciapiede.
Mandare al diavolo Morella, Edoardo, Lorenzo,
impedir gli amori di quei due, creare una catastrofe dove era la pace e forse
la felicità, gli pareva impresa degna di lui. Bisognava pur vendicarsi di
qualcuno....
- Dirglielo; farglielo capire.... Ma che so
io?... Che posso dirgli?
- Desideri ancora qualche cosa? - domandò Stella
sollecita, venendo presso il tavolino.
- Che posso fargli capire?... Io non so nulla:
io ho capito perchè ho la scintilla del genio, e perchè nel mio sistema due e
due fanno quattro.... Ma quel disgraziato appartiene alla famiglia degli
ignoranti che vogliono le prove; il suo naso non ha fiuto....
- Desideri ancora qualche cosa? - ripetè Stella,
facendoglisi più vicina.
Egli guardò la ragazza, la quale gli stava di
fronte, tutta linda, un bel grembialino a fiori sopra la veste nera, una
borsetta pendente al fianco da una cinghia di cuoio a tracolla. E sorrideva un
po' incerta, un po' timorosa, mostrando tra le labbra socchiuse i denti
bianchissimi.
- Tu mi sembri un manifesto pel Cacao! - egli disse
squadrandola, - Io me ne vado; non desidero altro che d'andarmene e di non
essere annoiato.
- Sei di cattivo umore, caro? - domandò Stella
con voce flebile.
- Per Dio!... Che scoperta!... Sono di cattivo
umore; è evidente. Un uomo che parla come me, è di cattivo umore; se ti getta
un piatto in faccia, è di umore pessimo; se ti prende a revolverate è
intrattabile.... Io non sono una mosca....
Egli aveva osservato che quando le rammentava di
non essere una mosca, la ragazza si rattristava subito; o che l'argomentazione
le ricordasse la notte in cui le aveva parlato della fecondità, minacciandola
di abbandonarla se gli avesse fatto un «chellerino», o che per la sua
stravaganza la frase le paresse più infida e temibile. Epperò Mariano, per
farla tacere usava spesso ricorrere al paragone della mosca, il quale aveva il
potere di allontanarla.
Stella si allontanò in fatti, chetamente a capo
basso; e Mariano afferrò il cappello e uscì, per riprendere e concludere la sua
meditazione sul «dirglielo o farglielo capire».
Ma non ne concluse nulla, nè quel giorno nè i
giorni di poi.
Seppe da Lorenzo tra una parola e l'altra che
Morella veniva a Milano tutte le settimane, dal lunedì al giovedì, ed era molto
affaccendata ad ordinare la casa; e Mariano volle vedere la casa sua e gli
abbellimenti e le mutazioni, non sapeva forse egli stesso che cosa; gli pareva
che una visita alla sua dimora antica dovesse fargli piacere.
E un giorno vi andò, nell'ora in cui per solito
gironzava sul mercato o s'indugiava a chiacchierare con Lorenzo.
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