VIII.
Lorenzo Moro stava rimproverando uno dei suoi
facchini, il quale s'era dato da qualche tempo al bere.
Mariano Frigerio entrò e disse:
- Enzo, ho bisogno di parlarti.
Erano anni che Lorenzo non vedeva Mariano; e
perciò gli diede un'occhiata curiosa. Mariano indossava un ferraiuolo senza più
colore, il quale gli serviva a coprire l'abito e un paio di calzoni le mille
volte rattoppati. Le scarpe eran bianche di fango secco, il cappello grigio
chiazzato di macchie giallastre.
Lorenzo capì. Il solo fatto che Mariano
contrariamente alle sue abitudini d'ostentata indifferenza, teneva il cappello
in mano e si presentava a testa nuda, svelava ch'egli era venuto per implorare.
- Ciao, - gli disse Lorenzo. - Sono qui ad
ascoltarti.
Mariano girò l'occhio sospettoso attorno e guatò
i facchini.
- Hai bisogno di parlarmi da solo a solo? -
riprese Lorenzo. - Bada che ho poco tempo da perdere. Voialtri andate nella
stanza dei Friburgo e preparatene fuori una ventina; poi vi chiamerò io.
Gli uomini di fatica obbedirono e uscirono
silenziosi.
Lorenzo sedette sopra il piano della stadera.
Era vestito con un abito di stoffa grossa, che allargandogli ancora le spalle e
affondandogli il collo, gli dava l'aspetto d'un orso. In testa aveva un
berretto di pelo, quantunque la corsia in cui lavorava fosse tenuta
costantemente a una temperatura mite perchè i formaggi non si fendessero.
Lo spirito beffardo di Mariano prese un attimo
il sopravvento, e con una sbirciata ironica a Lorenzo Moro, pensò: - Ha fatto
bene sua moglie a farlo becco!
- Dunque? - interrogò Lorenzo, accingendosi a
caricar la pipetta di radica.
- Tu imagini per qual ragione io sono venuto a
disturbarti, - mormorò Mariano.
- No, io non imagino niente, - rispose pronto e
secco Lorenzo.
- Ho bisogno d'esser aiutato da te. Ho bisogno
d'un po' di denaro....
Senza lasciarlo proseguire, Lorenzo si alzò in
piedi, e si avviò:
- Se sei venuto per questo, - egli disse, - hai
perduto il tuo tempo, e me ne dispiace. Io non ho denaro, e non posso aiutarti.
L'occhio velato di Mariano s'animò
improvvisamente con una luce sinistra. L'uomo balzò innanzi a Lorenzo Moro e le
fermò.
- Ascoltami, - proferì con voce agitata. - Io ho
un figlio. Ti chiedo aiuto per mio figlio, che è piccino e innocente. Anche tu
hai un figlio, e possiamo dunque capirci. Mio figlio ha fame.
- Lasciami passare, - rispose Lorenzo. - Tu hai
un figlio; e che cosa hai fatto per lui? Io per mio figlio lavoro. Tu dal
giorno in cui hai abbandonato il commercio, sei sparito dalla società dei
galantuomini e sei vissuto al tavoliere, nelle cantine, tra le bagasce, tra i
bari.... Tutto si paga, caro mio. Adesso tuo figlio ha fame. E che colpa ne ho
io?... Mi dispiace per il bambino, ma non posso nulla per lui....
L'odio che Lorenzo Moro aveva sempre nutrito
contro gli imbelli gli saliva alla gola. Egli teneva l'occhio su Mariano senza
alcuna pietà, anzi con ira sdegnosa per quella rovina d'uomo che avrebbe potuto
essere un onesto commerciante, un paffuto e ricco borghese.
E perchè Mariano non aggiungeva parola, Lorenzo
stava per andarsene, credendo che tutto fosse finito; ma non appena egli fece
un passo, Mariano scattò di nuovo.
- Bada a quello che dici, - mormorò. - Bada a
quello che dici, Lorenzo!
L'altro lo fissò stupefatto.
- Come? Tu mi minacci? - egli esclamò. - Devo
badare a quel che dico? Ti dico la verità sacrosanta. Sei vissuto come un
disonesto, e ora hai fame. È la legge, la legge della vita.... E tu mi minacci?
Ma io ti farò prendere da uno dei miei uomini e gettar sulla strada!...
Allora Mariano Frigerio fu come la bestia che
addossata al tronco, uccide prima di morire; il furore gli traspariva dagli
occhi luccicanti, dal tremito che gli agitava le labbra; egli si tratteneva a
fatica per non imitare il suo amico Scopa e non immergere un coltello nel
ventre di Lorenzo Moro; ma si ricordò in buon punto d'avere un'arma più
agguatatrice e più insanabile.
- Tu ti vanti d'una vittoria che non è tua, -
disse con la voce che gli usciva dalla strozza come un sibilo. - Tu saresti un
miserabile qualunque, un miserabile come me, se un santo protettore non ti
avesse tenuto la mano sul capo.... Il santo si chiamava Edoardo Falconaro....
Lo ricordi?... Edoardo Falconaro ti ha aiutato a cavarti dalla trappola in cui
i tuoi concorrenti ti avevan preso e ti affogavano.... Ti sei arricchito col
danaro degli altri, e ora me lo butti in faccia....
Il volto di Lorenzo Moro, che alla prima offesa
era diventato paonazzo, si fece subitamente pallido; il ricordo del beneficio
avuto da Edoardo lo calmava d'un tratto.
- È vero! - confermò. - Ma io del danaro avuto
ho fatto buon uso.... E tu, perchè non ti sei rivolto a Edoardo Falconaro?
- Mi sono rivolto a lui, non dubitare. Egli ha
comperato da me roba di cui non aveva bisogno, e l'ha pagata quanto ho
voluto.... Non era una casa, intendiamoci, e non vi ha guadagnato su
quindicimila lire, e non era nemmeno un cavallo, e non ne ha guadagnato millecinquecento....
Mariano ghignava, nel dir queste parole,
ghignava e tremava, guardando Lorenzo, che con la pipa, nella destra e con la
sinistra in una tasca dei calzoni lo fissava attonito, chiedendosi se l'antico
suo competitore fosse impazzito....
- Ma io ti tengo, - proseguì Mariano, sempre con
quella sua voce sibilante. - Ah tu neghi il pane a mio figlio, al mio Fausto
che non sa nulla delle nostre colpe? Ah tu mi getti sulla strada? Ma quando
uscirai di qui, tu sarai morto!
- Oh, oh! - interruppe Lorenzo. - Non facciamo
smargiassate. Con due dita al collo ti mando all'inferno, caro Mariano! Tu sai
che non ho mai avuto paura....
Mariano sfrenò un'altra risata, piegandosi un
poco in avanti.
- Che? - egli disse, continuando a ridere. - Tu
credi che io voglia ucciderti davvero, come si uccide l'orso in una caccia? Ma
no, caro mio; non sono tanto ingenuo.... Io posso spaccarti il cuore senza
muovermi, senza alzare un dito.... Ascoltami bene.... Dunque tu neghi il pane a
mio figlio?... Ma tu sei stato aiutato, dicevo, e una e due e dieci volte, e ti
sei fatto ricco.... Hai camminato sull'orlo del fallimento e hai fatto fallire
gli altri.... Io da Edoardo Falconaro ho chiesto aiuto una volta sola; non
avrei potuto chiedere di più.... E sai la ragione di questa differenza?
Scommetto che tu non sai la ragione di questa differenza?
Lorenzo Moro non aveva più voglia d'allontanarsi
e di far cacciare lo sciagurato; ascoltava, preso da una curiosità non priva di
sospetto, appoggiando le spalle a una scansia, affondate le mani entro le
tasche della giacca, la pipa all'angolo sinistro delle labbra. Tra lui e
Mariano intercedeva lo spazio occupato dalla stadera.
- Tu mi dirai, - proseguì Mariano, - che la
differenza è questa: che tu eri un brav'uomo, un lavoratore accanito, mentre io
sono un disonesto, un fannullone celebre, un vizioso.... Ma innanzi tutto: vuoi
tu, puoi tu darmi un po' di danaro per sfamare il mio Fausto?
Prima di vibrare il colpo mortale, Mariano
implorava; avrebbe preferito salvare sè e gli altri, e ottenuto danaro, non gli
sarebbe mancata l'abilità di far finire la cosa in una farsa.
Lorenzo Moro gli rispose:
- Tu mi sembri matto, caro mio! Ti ho già detto
che danaro non ne ho, che aiutarti non mi è possibile.... E ora, poi, dopo le
tue parole, dovrei darti danaro?
- Dunque niente? - incalzò Mariano.
Lorenzo levò la mano, quasi perchè ciò che stava
per dire riuscisse più solenne:
- Niente! - ripetè. - Niente!
- E allora non sai la differenza? - riprese Mariano,
ormai risoluto. - La differenza è questa: che tu eri ammogliato, e io sono
scapolo!
- Che significa? - domandò Lorenzo, il quale non
aveva capito.
- Significa che io non ho una moglie giovane,
elegante, coi capelli biondi....
S'interruppe. Lorenzo, che s'era staccato dalla
scansia per lanciarsi contro Mariano, barcollò. La mazzata era stata forte, il
bue colpito alla nuca; e Mariano lo spiò con l'occhio freddo o spietato, mentre
l'altro stendeva le braccia barcollando.
Dopo alcuni passi incerti, Lorenzo si lasciò
cadere di peso sulla stadera, su cui sedeva poco prima sicuro e insolente; con
le mani si strappò il colletto che lo soffocava, e alzò gli occhi su Mariano.
- Vigliacco! - balbettò. - Sei un vigliacco!...
Non si accusa una donna così....
- Ah! non si accusa? - esclamò Mariano ridendo.
- E non si lascia morir di fame un bambino!... O tu credi che noi siamo carne
da salsiccia? Te l'avevo detto; non m'insultare, non mi torturare! E tu
addosso!... Ebbene io sto per scomparire, lo sento; ma guai a quelli che mi
sono intorno!... Il mio piccolo Fausto non troverà da mangiare, ma guai a chi
non gli ha steso la mano!... Ah! la morale! La morale è una bella invenzione
per te, e ti fa risparmiar danaro; ma morirai, sotto la tua morale, ma rimarrai
schiacciato, sotto la tua morale da villano arricchito!... Io creperò pure,
siamo d'accordo; soltanto, io vi farò tremare prima d'andarmene.... E così?...
Ti ho avvertito che ti avrei spaccato il cuore senza muovermi!...
Egli parlava, sfavillante negli occhi di gioia
diabolica e stava sopra, lui vinto, lui perduto, stava sopra il vittorioso,
affondando un colpo dopo l'altro con ebbrezza feroce.
Lorenzo era annientato; un ronzìo malauguroso
gli riempiva gli orecchi; gli si annebbiava a poco a poco la vista, le gambe
non lo reggevano più, e ad ogni frase dei nemico alzava il braccio come a
farsene scudo contro quella grandine di stilettate....
Infine ritrovò la parola e mormorò:
- Non si accusa, non si accusa...! La prova?
quale prova?...
Mariano scoppiò in un sghignazzamento in cui
echeggiava il livore della sua anima attossicata.
- La prova? - egli disse. - Ma l'hai sotto gli
occhi da mattina a sera, imbecille! La prova si chiama Aquileio...!
Udì un gemito. Lorenzo che ancora aveva alzato
il braccio quasi a ripararsi, non resse più oltre, e lentamente, piegandosi via
via, si rovesciò quant'era lungo per terra.
Mariano stette a contemplarlo un istante, poi si
recò nel magazzino dei Friburgo, di cui aperse l'uscio con un colpo del piede:
- Ohe, compagnia! - egli disse ai facchini. -
Andate a vedere laggiù, che al vostro padrone gli è venuto un accidente!
E uscito col passo lento e strascicante, si mise
a fischiettare, come a' suoi bei tempi.
|