XI.
Aveva paura.
Mariano Frigerio, l'uomo ormai abituato a soffrir
fame e freddo, a passare intere notti con gli occhi spalancati nell'oscurità e
il cervello vagante tra i disegni più strambi, l'uomo che aveva lottato contro
Lorenzo Moro freddamente e ostinatamente, per farlo fallire ed era rimasto
vinto nella sorda guerra; e poi s'era giuocato un patrimonio e l'aveva perduto;
l'uomo avido di piacere, assetato d'emozioni, il libertino, lo scioperato, il
cinico; Mariano Frigerio aveva paura.
Che sarebbe avvenuto?
Morella Moro si dirigeva a casa, contenta della
sua buona azione, impaziente d'abbracciare il piccolo adorabile Aquileio. Ella
doveva pensare con gaudio alla casa tepida, al bambino, agli agi abbandonati un
istante per recar da mangiare a un altro piccoletto disgraziato. Sì, ella aveva
varcata quella soglia sorridendo; aveva con le sue mani accarezzato, con le sue
labbra baciata la fronte di Fausto; era vissuta qualche tempo in quella stanza
dell'abiezione e della miseria, ma gentilmente, senza mostrare il ribrezzo che
certo il suo cuore provava.
La camera era ancor pregna del suo mite profumo
e della sua presenza luminosa....
E colui al quale aveva recato una parola, di
conforto, colui al quale aveva sfamato il figlio, poche ore prima l'aveva
denunziata al marito come adultera, e aveva additato il figlio di lei come la
prova vivente e parlante della sua colpa, perchè il marito s'avventasse
sull'una e sull'altro, e li cacciasse di casa!...
Morella Moro tornava al suo focolare con l'animo
quieto e un buon sorriso sulle labbra. Vi avrebbe trovata l'infamia e la desolazione,
sparsevi largamente, ebbramente, da quello stesso uomo ch'ella aveva
beneficato. Ella sarebbe stata colpita nel suo Aquileio, dopo avere sfamato
Fausto con le sue mani.
Mariano Frigerio indugiò a lungo, accoccolato
meglio che seduto sopra uno sgabello che perdeva le treccie di paglia.
Aveva paura di ciò ch'era stato capace di fare,
e delle conseguenze che alla sua delazione non potevano non seguire.
Di repente parve risvegliarsi, udendo il passo
di Livia, che gli ronzava intorno per chiedergli quale somma fosse riuscito ad
intascare.
Egli balzò in piedi e afferrò un braccio della
donna.
- Ascoltami bene, - disse. - E ricordati che se
m'interrompi, io ti spezzo la testa.
Livia lo sbirciò di traverso. Bisognava obbedire
e tacere. Egli aveva l'occhio torbido, la fronte accigliata, il ghigno
minaccioso e risoluto che le mettevano per le carni un brivido di spavento. In
quell'ora sarebbe stato veramente capace di spezzarle il cranio contro la
parete.
- Ascoltami bene. La signora ha lasciato un po'
di danaro qui. Con questo andrai a comprar legna, e accenderai la stufa. Poi ti
occuperai di Fausto, e se avrà fame gli darai da mangiar di nuovo; e lo laverai
e lo pettinerai. Egli è protetto da qualcuno ch'è più forte di me e di te. Guai
se ti pensassi di trascurarlo!... Fausto è al sicuro; ciò m'importava più
d'ogni altra cosa. Hanno detto che mangiando e dormendo bene, il piccolo deve
rifiorire; e se fra quindici giorni non sarà forte e allegro, io ti getterò giù
per le scale come un sacco di biancheria sporca. Se questo non ti piace, torna
alla strada!...
La femmina, scossa più volte pel braccio da una
stretta che la crollava da capo a piedi, non rispose parola, e in silenzio,
quasi sulla punta dei piedi, s'accinse ad obbedire.
Mariano, tornato al suo sgabello, non parlò più
fino a sera, nè toccò del cibo che Livia aveva recato e gli aveva posto accanto
in una scodella.
In quel momento, la casa di Morella Moro doveva
essere un inferno, e Mariano non si poteva toglier dalla mente la visione della
giovane che sorrideva ignara, e imboccava Fausto con tanta pazienza.
Un nuovo pensiero era venuto a Mariano.
Scoperta la sua opera nefanda, egli diventava un
impaccio. Aveva bensì promesso Morella d'aiutare Fausto; ma come avrebbe
potuto, se il padre di Fausto aveva denunziato lei e il figlio di lei, il
piccolo Aquileio? Ella era donna e madre. Non le sarebbe riuscito di perdonar
tanto male fatto al suo bambino, per beneficare colui che l'aveva così
bassamente offesa.
In verità, egli era un impaccio.
E l'infamia in cui viveva da tempo, la miseria,
la straccioneria, la nessuna speranza di poter mai più rialzarsi, quella stessa
femmina che gli stava al fianco spaurita e silente, ma che domani avrebbe
ripreso a bere; tutto gli si rivelava all'occhio subitaneamente, tutto gli
cadeva sul cuore e gli veniva a nausea.
Egli era un impaccio per gli altri e per sè
medesimo.
Anche nell'ipotesi assurda che Morella ed
Edoardo gli avessero perdonato, non poteva già vivere a loro spese, gravare
sulle loro spalle col figliolo e l'amante. E chi gli avrebbe dato lavoro, se
egli non sapeva alcun mestiere? Pei mestieri più rozzi gli mancavano le forze
necessarie.... Aveva disperso venticinquemila lire in bagordi....
Venticinquemila lire!... La somma gli sembrava ora favolosa, una ricchezza inesauribile,
e si guardava le mani quasi a sincerarsi che avevano davvero stretto e gettato
al vento quel prodigioso patrimonio....
No; in verità era un impaccio, e fin ch'egli
fosse vissuto, Fausto non avrebbe avuto bene.
S'alzò di scatto, e nell'oscurità andò a cercare
Fausto, il quale dormiva, tra' suoi stracci, nel gran letto veneziano colla
testolina sul guanciale poco pulito.
Mariano baciò avidamente suo figlio, che poteva
infine riposare senza fame.
Poi si voltò a Livia, la quale, non osando
coricarsi, s'era aggomitolata in un angolo.
- Hai capito? - le disse. - Devi occuparti
sempre, attentamente di lui, se vuoi salvarti. Ricordati di queste parole....
Ti torneranno in mente più tardi, e le intenderai meglio....
Accese una candela e fissò la donna, mettendole
il lume a un dito dalla faccia.
- Sei una disgraziata anche tu! - soggiunse. -
Io dovevo lasciarti alla tua strada, che è più allegra della nostra vita....
E mentre Livia lo squadrava sorpresa, egli le
volse le spalle e si trascinò nella camera attigua, di cui chiuse la porta, con
due giri di chiave.
Livia rabbrividì a quel rumore. C'era qualche
cosa d'inusitato nell'aria, un senso di fatalità e di sciagura che le pesava
addosso e di cui non sapeva rendersi ragione.
Andò alla porta con passo cauto, tese l'orecchio
e udì che Mariano passeggiava pel lungo e pel largo, certo in preda a un
tumulto di pensieri.
- Mariano, - disse a mezza voce, - perchè hai
chiuso?
Mariano continuò a passeggiare senza rispondere.
Dopo un istante, Livia susurrò di nuovo:
- Non hai mangiato niente. Mangia qualche cosa e
poi vieni a dormire. Qui è caldo....
Silenzio. L'uomo non udiva o non curava.
Livia alzò la voce:
- In nome di Dio, Mariano, te ne supplico,
rispondi, apri!... Ho paura!
Mariano allora s'approssimò e disse senza
aprire:
- Aspetta.... Ho promesso di pagare. Lascia che
io paghi!
La donna aspettò, chiedendosi intontita, che
cosa quelle parole significassero.
Udì ch'egli apriva il cassetto della tavola; poi
i suoi passi s'avvicinarono:
- Ti raccomando Fausto! - egli disse.
Livia stava per rassicurarlo, quando
istintivamente fece un balzo indietro. A due passi da lei, di là dalla porta,
l'aria era stata lacerata da una detonazione rimbombante, e un corpo
precipitava a terra pesantemente.
- Mariano! - urlò la donna, avventandosi contro
la porta e scuotendola con tutta la forza che la disperazione le dava. -
Mariano! Che cosa hai fatto?...
Mariano Frigerio non rispondeva più.
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