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Luciano Zuccoli
Farfui

IntraText CT - Lettura del testo

  • PARTE PRIMA.
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X.

 

Egli riprese:

- Avevo un bambino anch'io, tutto bello.

Morella sentì un brivido correrle per le spalle. Dal modo con cui Edoardo ricordava, aveva inteso: il bambino non c'era più, era morto. Ebbe la pietà d'interrompere:

- Non ne ha mai parlato con alcuno?

- Io non ho amici, - rispose nettamente Edoardo.

- E Lorenzo? - domandò Morella attonita.

Il Falconaro esitò; ma era ormai vano cercare eufemismi e giuocar di parole. Disse con franchezza:

- Credo che Lorenzo non possa capir queste cose. Non gliene faccio colpa: non ha figli. Prima che io avessi quel mio bambinetto, ero anch'io insofferente come Lorenzo.

Una stilettata non avrebbe fatto sanguinare più copiosamente il cuore di Morella.

Tutto gridava in lei: «È giusto, è giusto! Lorenzo non capisce queste cose: tu non gli hai dato un figlio, tu non hai un figlio, anche tu non sai che cosa sia nella vita questa dolcezza!»

Reclinato il capo sul petto, chiuse gli occhi e cercò dissimulare l'angoscia, ma Edoardo continuava:

- Una donna sì, soltanto una donna può indovinare. Lei mi ha indovinato a quell'atto.

Morella sollevò la testa, e proruppe con violento slancio:

- Sì, sì, ho indovinato! Era tanto nuovo quell'atto, così inatteso in un uomo come lei, che ne rimasi sbalordita, come se mi avesse confidato ogni suo pensiero! La leggerezza con la quale curava quella ferita mi fece capire ch'era abituato ad accarezzare i bambini, e mi accorsi che pensava a qualche lontano.

- Molto, molto lontano, - mormorò Edoardo perdutamente. - Troppo lontano, per sempre!

Si guardarono, trasognati e paurosi.

Avvertirono in quel punto che una mano invisibile li avvicinava, e pareva volerli gettare l'una nelle braccia dell'altro. Dominati da un medesimo sentimento di rammarico, la donna per ciò che non era stato, l'uomo per ciò che non era più, le loro anime e i loro corpi si desideravano, quasi avessero voluto sopir quella ardenza in un selvaggio amplesso fecondo.

Edoardo fissò la bocca tremante della donna impallidita, e Morella ebbe un fremito di spavento.

- Poldo! - chiamò subito.-Poldo, vieni qui!

- Eh, hop! Eh, hop! Eh, hop! - andava gridando il piccino.

Ma alla voce della padrona, accorse.

- Sta qui, - gli ordinò Morella, - mettiti a terra, al miei piedi, e giuoca senza allontanarti.

Poi sì rivolse a Edoardo con un debole sorriso:

- Non è mai venuto in giardino, e potrebbe smarrirsi, - disse, a guisa di spiegazione.

Poldo obbedì; seduto a terra, rimase qualche tempo taciturno; ma gli sembrò che innanzi alla bellezza del suo cavallino fosse impossibile ammutolire, e dopo un istante ricominciò il giuoco ai piedi di Morella, discorrendo col balocco superbo e facendolo saltare e caracollare.

Il breve delirio era vinto. Morella, ancora un po' turbata, seguitò:

- Ha visto che Poldo ha una sorella? L'ha trovata in casa, quando lei andò a visitare il bambino?

- Una sorella? - ripetè Edoardo scuotendosi. - Non sapevo. Perchè mi domanda?

La giovane fece un piccolo riso.

- Perchè, - disse, - Isidora credeva che lei andasse in quella casa a far la corte alla ragazza, che ha sedici anni.

- È straordinario! - esclamò il Falconaro, sorridendo. - Ho dunque una fama così cattiva?

- No, ma Isidora non poteva imaginare la verità, e ha messo fuori la prima idea che le è venuta in testa.

- E lei l'ha dissuasa?

- Certo!

- Le ha raccontato?...

- Non le ho raccontato nulla, ma le ho detto che s'ingannava, e Dora sa che io non mento.

Pronunziò le parole con tono reciso, quasi con alterigia; era bello poter dire di non aver mai mentito.

La porpora in ciclo era scomparsa, l'aria s'era precipitosamente abbuiata sotto un velario di nuvole nere, che proiettavano nella valle e sui monti un'oscurità cupa. Edoardo e Morella non s'erano accorti dell'addensarsi del temporale, e fu solo al primo brontolìo del tuono ch'essi avvisarono il mutamento.

- Bisogna andare! - disse la giovane. - C'è tempesta.

E indicò su quel fondo fosco alcune immobili nuvolette bianche e tonde, che promettevano una grandinata.

- Riconduciamo Poldo, - soggiunse, - che non abbia a spaventarsi.

- Lo riconduco io, - offerse Edoardo. - Lei corra a casa!

- No! - rispose Morella. - Vengo con lei.

Edoardo raccolse il cavallo da terra, prese a mano il piccolo, che diede l'altra mano a Morella, e prestamente s'inoltrarono nell'orto, scesero per un sentiero, accompagnarono Poldo fino al limitare di casa sua; quindi ritornarono tra il sibilare furioso del vento, che piegava come giunchi gli alberi giovani.

L'acqua principiò a cadere a grosse goccie, poi rabbiosamente, un rovescio, un diluvio.

Morella non aveva il busto, e la camicetta tutta fradicia aderendo al torso la disegnò con tale perspicuità di linee, che la donna, serrata ai fianchi dalla zona di cuoio nero, pareva nuda fino alla cintola.

Indi a poco prese a sferzar tra le fronde la grandine; era uno sfarfallar d'accecanti luci verdognole, le quali illuminavano fantasticamente il giardino, gli alberi che si divincolavano sotto la frustata, i monti lontani, una scena di disordine e di terrore, mentre si sparpagliavano in alto le foglie strappate e aggirate dalla veemenza dell'uragano.

- Ha paura? - chiese Edoardo.

- No, con lei non ho paura, - rispose Morella.

Edoardo voleva ribattere: «Io non posso arrestare i fulmini», ma si rattenne e sorrise, vedendo che Federico accorreva disperatamente, munito di due ombrelloni da campagna. Era ridicolo, il poveretto, coi grandi arnesi colorati, sbuffante e rosso, tutto madido perchè non aveva pensato a ripararsi con l'ombrello, nel suo impulso generoso per gli altri.

Ma ci pensò Edoardo, che diede un ombrello alla donna, e ricoverò sè e Federico sotto l'altro.

- Bei matti, bei matti! - borbottava Federico, trottando a fianco del Falconaro. - Non avete visto il tempo? Dove eravate?

- Se tu mi fai ridere, io mi fermo! - esclamò la giovane, a cui quel borbottìo sembrava comicissimo.

- Ridi, ridi! - mugolò Federico imbronciato. - Volevate annegarvi sotto l'acqua? Ecco un fulmine, per esempio!...

E in mezzo a una luce sanguigna, abbacinante, crepitò un rimbombo prolungato, che si disperse via via, di monte in monte, di valle in valle.

- Eccone un altro! - annunziò Edoardo.

- Eccone un terzo, sempre per esempio! - fece Morella.

I lampi si susseguivano ai lampi con velocità singolare, svelando ampi sprazzi di cielo entro cui si disegnava la folgore corrusca in linee spezzate.

Morella s'accorgeva d'essere calma; la presenza d'Edoardo le infondeva un coraggio assurdo, incredibile, come s'egli avesse potuto smagare il pericolo tra l'incrociarsi delle scariche elettriche di cui tutta la campagna fremeva.

Ma erano ormai arrivati alla villa. Morella ne varcò la soglia, si diede un'occhiata, ebbe una fiamma alla faccia.

Il torso pieghevole era veramente plasmato dalla camicetta sgocciolante, e la donna pensò che Edoardo l'aveva vista così, palpitante e seminuda. Presa da subitaneo impaccio, scomparve per mutarsi d'abito.

- Va a trovare Isidora! - le gridò Federico. - È spaventata per te! Va a rassicurarla!

Risonò la voce vellutata di Morella nel corridoio del primo piano:

- Dora, Dora, sono qui, sono viva, sono salva!... Dora, vieni a vedermi!...

 

 

 




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