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Luciano Zuccoli
La volpe di Sparta

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  • I.   L'ombra della donna.
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I.

 

L'ombra della donna.

 

Tra i numerosi commessi del grande negozio di maglieria Adolfo Scotti e C., la signora cercava degli occhi il suo commesso di fiducia, il Baganella, che sapeva i gusti, dava buoni consigli, veniva a patti sui prezzi «proprio perchè è Lei», e le faceva trovar tutto a casa o le mandava tutto in villa con esattezza scrupolosa. Ma Vittorina Ornavati non riusciva a vederlo tra quel viavai. Il direttore, abbandonando il banco e la cassa per un istante, le andò incontro con la sollecitudine che meritava una cliente di sì grande importanza, e salutò lei e suo marito, sorridendole con discrezione.

- Cerca del Baganella, signora Ornavati? È in licenza per un mese; stava poco bene.... Ma le indicherò un altro giovane di cui sarà contenta....

- O Celso, il Baganella sta poco bene! - disse Vittorina con voce dolente a suo marito.

- Chi? - rispose Celso Ornavati. - Ah, mi dispiace! Speriamo che guarisca....

Egli non sapeva chi fosse quel Baganella; fumava la sigaretta, guardando una giovane troppo elegante che comperava maglie di seta troppo fini.... Ma dal momento che non stava bene, era giusto augurargli di guarire; se poi non fosse guarito, sarebbe stato lo stesso. Celso Ornavati era gentile e distratto: si dilettava di pittura, di musica, di letteratura, di filosofia, con la misura giusta per non riuscire a nulla, e fumava sessanta sigarette al giorno. Quel giorno aveva letto in treno, accompagnando Vittorina dalla villa in città, gli aforismi di Oscar Wilde; ed era in cerca di aforismi egli pure per provarcisi.

- Mi aspetti? - riprese Vittorina, mentre seguiva il direttore. - Non starò molto.

Celso prese la sedia che gli offriva un commesso e sedette quasi alle spalle della giovane troppo elegante, per foggiare un aforisma su di lei.... La donna.... La serietà della donna mentre guarda una maglia di seta.... Non toccate la donna che entra in un negozio.... Il denaro dell'uomo che si tramuta in una maglia.... Nulla di nuovo in coteste osservazioni: bisognava inventar qualche cosa di veramente paradossale; per esempio.... Ma fu interrotto da un movimento della giovine, che sentendosi guardata, si drizzò sul busto e respirò dolcemente.... «Nel fondo d'ogni umana vicenda, voi trovate il malinteso....» Celso Ornavati era giunto a questo aforisma, perchè aveva pensato che la giovane, non avendolo visto entrare con Vittorina, lo credeva solo. Ma non gli parve degno di stampa; qualche cosa di simile era già stato detto.

All'estremità del banco, in piedi, a braccia incrociate, chiuso in una redingote irreprensibile, guardando gli altri, stava un commesso alto e biondo; a lui il direttore condusse Vittorina e gliela affidò, dicendogli:

- La signora Ornavati: una cliente di gran conto, Filippeschi!

Poi, fatto un nuovo inchino alla signora, si allontanò.

A Vittorina parve subito molto singolare quel commesso, che aveva polsini e solino candidissimi, e una cravatta nera, il cui nodo avrebbe destato l'invidia di Giorgio Brummel. Nel profilo di lui, negli occhi cilestri, nella linea della bocca, nella forma delle mani, vide qualche cosa d'indefinibile, che veniva dall'educazione o dalla razza. Il suo buon Baganella era uomo semplice e cortese, paziente ed esperto, una brava macchina da lavoro, un ampio casellario di merce, e null'altro. Colui che il direttore aveva chiamato Filippeschi era un giovane elegante: Vittorina lo avrebbe preso per marito senza batter ciglio, anzi con un poco di timore, perchè le sembrava molto più serio, nonostante gli aforismi, che il suo Celso.

- Non saprà nulla! - -pensò con disagio.

Invece sapeva tutto: era pratico di seta e di lana e di cotone e delle specie e sottospecie e dei prezzi e dei nomi e delle scatole; ascoltava e obbediva; esprimeva, se richiesto, il suo parere; sapeva avvolgere nella carta dodici paia di calze e farne un pacchetto maneggevole; giudicava con sicurezza i colori e la durata. Aveva anche le sue clienti, come il Baganella; alcune signore entrando e passando dietro Vittorina lo avevano salutato con un sorriso o un lieve cenno del capo....

Donde era piovuto?... Vittorina si sentiva, a mano a mano che le sue compere s'accatastavano sul banco, diventare infedele al bravo Baganella: se non fossero state quelle mani lunghe senz'anelli che scivolavano sulla seta come sopra la tastiera d'un piano, e quel nodo di cravatta e quella bellissima redingote, infine se non fossero state le caratteristiche esteriori del giovane, che in un commesso la infastidivano, avrebbe finito col preferire al povero Baganella quel Filippeschi dai polsini candidissimi.

- Mi faccia mandare tutto in villa! - disse Vittorina, alzandosi e staccandosi dal banco. - Ma al più presto, la prego....

- Oggi stesso, fra un'ora, - rispose il Filippeschi inchinandosi.

Vittorina s'avviò, poi si fermò d'un tratto.

- Lei non sa il mio indirizzo, - -osservò con uno sguardo al commesso che la seguiva per accompagnarla fino alla soglia.

- Non importa, signora! - rispose il Filippeschi.

La signora si morse le labbra.... Che sciocca!... Aveva ragione il commesso: l'indirizzo l'avrebbe trovato al banco, presso il direttore.... Non era una cliente di gran conto? Non comperava presso Adolfo Scotti e C. da quattro anni all'incirca?

- Celso, - -disse, avvicinandosi a suo marito. - Io sono pronta. Non comperi nulla tu?...

Celso, un po' inclinato innanzi, discorreva dalla sua sedia con un fox terrier, che seduto sopra una sedia vicina, rimaneva immobile, superbo di un collare di cuoio rosso coi campanelli dorati, guardando disdegnoso quel signore che non aveva mai visto.

- Io? - disse Celso alzandosi e mettendo fine con un lieve saluto dell'indice alla conversazione. - Sì, calze di seta....

Il Filippeschi ritornò al banco, e mentre gli andava dietro, Celso mormorò a sua moglie:

- Non si scherza! È un vero gentleman, come non se ne vedono che a Londra, il tuo Baganella!...

- Ma non è il Baganella! - corresse Vittorina. - È un nuovo, che fa il commesso per ridere....

- Per ridere? - esclamò Celso. - Non mi darà delle calze rattoppate?

Sul banco eran già allineate le scatole di cartone bianco: la sigaretta tra l'indice e il medio della destra, Celso fece la scelta d'alcune paia di calze, poi si stancò e disse al Filippeschi:

- Insomma, ha capito. Me ne mandi una dozzina.... Posso fidarmi di lei?

- Credo; - rispose il giovane sorridendo.

- Allora, con la roba che manderà a mia moglie.... E grazie....

Ma fu interrotto dalla voce di una signora, che presso di lui diceva al direttore:

- Non ho fretta, non ho fretta.... Quando il conte avrà finito....

Celso si rivolse, e vide una piccola bruna, che parlando del conte accennava con gli occhi al Filippeschi; e questi ebbe sul viso un'ombra fugace, subito dissimulata dalla maschera di un sorriso gentile.

- Hai capito?... È un conte! - -disse Celso a sua moglie, mentre s'avviava con lei, dopo aver salutato il Filippeschi. - Ho buon naso io.... Non bisogna mai disperare.... Un'ora fa sarei morto senz'aver veduto un conte che vende le calze. Che cosa mi riserba il buon Dio per questa sera?

- Auf, quanto sei uggioso con le tue divagazioni! - osservò Vittorina.

E presso alla soglia, chiese al direttore:

- È davvero un conte quel nuovo commesso?

- Il conte Folco Filippeschi; ma egli desidera non si sappia o almeno non si dica troppo, - rispose il direttore. - La signora Galassi, che ha scoperto il segreto, non sa tacere....

La signora Galassi doveva essere la piccola bruna.

- E come mai è venuto a finir qui? - interrogò Vittorina incuriosita.

Il direttore si strinse nelle spalle.

- Sa, circostanze! - rispose vagamente, con un sorriso, il quale voleva addolcire la parola troppo breve.

- Perdite di giuoco! - definì Celso. - In questo caso è meglio fare il croupier a Montecarlo.

- Non ci ha la faccia, - ribattè Vittorina con sicurezza. - Piuttosto qualche disgrazia di famiglia.

- I Filippeschi non li conosco: devono essere di Pistoia, - osservò Celso.

- Di Perugia, - rettificò il direttore. - Nobiltà del quattrocento.

- Quattro e cinque, nove; cinque secoli di nobiltà, - calcolò Vittorina.

- È un'esagerazione, per vendere le calze! - disse Celso. - Io venderci almeno cavalli e carrozze.

- Li avrà già venduti, - riflettè Vittorina. - Ed è solo?

- No, signora....

Ma in quel punto il campanello del telefono squillò: la fabbrica domandava del direttore.

- Chiedo scusa, - disse questi, felice d'interrompere una conversazione, che gli faceva perder tempo. - Devo dare qualche ordine....

- Vada, vada. Arrivederla! - consentì Vittorina.

E guardò in alto. Pioveva un'acqua sottile e fredda, che pareva iniziare un autunno precoce: per la strada, rapidamente spopolata, passavano radi uomini malcontenti sotto gli ombrelli lucidi; un cavallo era scivolato sull'asfalto nero all'angolo della via, e un gruppo di curiosi gli stava intorno, osservando gli sforzi del cocchiere, che voleva rimettere in piedi la bestia senza sfibbiarne le tirelle.

Celso Ornavati fece segno a una vettura pubblica; e mentre dava la mano a Vittorina per salire, disse, come concludendo un pensiero che lo aveva occupato fino a quell'istante:

- La cosa, del resto, non è punto strana.

Salì egli pure, si mise a fianco della moglie, e dato al vetturino il nome d'un caffè, riprese:

- Tutti i grandi scrittori, tutti i grandi artisti, tutti gli uomini che avevan da dire o da fare qualchecosa d'originale, han cominciato sciupando il loro tempo, per assecondare la famiglia; sono stati commessi, scrivani, impiegati, copisti.... Poi un bel giorno han trovato il coraggio di rischiare il gran colpo, si son ribellati alla tirannia di casa, e si sono gettati a mare. Io ho avuto un amico....

Era una specie di ritornello nei discorsi serii di Celso, la frase: «Io ho avuto un amico....» Il numero dei suoi amici sarebbe stato incalcolabile, se veramente fossero esistiti tutti quelli dei quali citava la vita e le gesta a suffragarne qualche tesi o un qualsiasi ragionamento.

- Io ho avuto un amico, il quale è oggi un romanziere celebre. Ebbene aveva già pubblicato un romanzo, quando per compiacere la famiglia che non vedeva scaturir danaro dal libro, dovette acconciarsi a tener la contabilità in un magazzino di formaggi, poi i registri presso una Società d'Assicurazioni.

Vittorina si guardò dal chiedere il nome del romanziere celebre; e indispettito, Celso continuò come avesse voluto rintuzzare le più vive obiezioni.

- Ma perchè citare i miei amici?... Non ve n'è alcun bisogno.... La storia della letteratura, la biografia dei grandi uomini....

- Mio Dio, - interruppe Vittorina, afferrando la destra di Celso. - Mi pare che quell'automobile....

Con ritmo esatto e fragoroso, un'automobile da corsa, un mostro grigio e basso, rasentò la vettura e sparì ancor prima che la signora potesse concludere:

- .... ci venga addosso!...

Poi, abbandonando la destra di Celso, Vittorina seguitò:

- È inutile; io ho sempre paura dell'automobile quando non ci son dentro.... Se piove, poi, fa così presto a dare una scivolata e a sfuggir di mano....

E distratta non ascoltò più il discorso di Celso, il quale stava dimostrando che i commessi di oggi sono i grandi uomini di domani; e nominava lo Stanley, il Daumier, Arrigo Beyle, il Livingstone, personaggi trovati tutti nelle sue ultime letture, oltre un discreto numero di amici personali e anonimi, diventati illustri dopo essere stati servi di bottega.

Ma allorchè furono al caffè, seduti innanzi a una tavola candida preparata per la colazione, col trionfo delle frutta in un angolo, e la lista delle vivande sotto gli occhi, Vittorina ritornò al pensiero di Celso:

- Sì, due uova sode con salsa mayonnaise; e vino, mezza bottiglia di Corvo, - ella disse al cameriere che offriva. - Io credo che tu sbagli....

- Chi?... io? - domandò Celso. - A me darete un risotto con tartufi; bianchi, s'intende....

Spiegò il tovagliolo sulle ginocchia, guardò il pane, vide la propria imagine riflessa nel fondo del piatto che gli stava innanzi, e ripetè:

- Io sbaglio, tu dici?... Su che cosa?... A che proposito?...

- Ma sì, tutta quella storia di Arrigo Beyle, di Livingstone, che so io?... Non c'entra nulla con quel conte Filippeschi che fa il commesso....

- Non c'entra nulla? Ti pare?... - esclamò Celso, contento di poter riprendere un discorso di carattere intellettuale. - Io diceva che, alla fin fine, non mi sembra cosa troppo bizzarra trovare in un negozio di maglieria un conte impiegato come commesso.... I contemporanei di Arrigo Beyle avranno pur trovato Arrigo Beyle che vendeva prodotti coloniali; e non sono per ciò impazziti dallo stupore....

- Dio, questa pioggia! Ci guasterà tutta la giornata! - osservò Vittorina, guardando un signore che entrava coll'impermeabile gocciolante. - Arrigo Beyle non lo conosco; sarà stato un grande scrittore....

- Naturalmente!

- E si sarà piegato a far qualche tempo un mestiere per raggiungere poi il suo ideale. Anche lo Stanley e il Livingstone avevano una vocazione, erano gente che dovevano lottare per qualche cosa grande. Non è vero?

Interrogava, come un viandante che percorre una strada nuova e ha bisogno, ai trivii e ai crocicchii, di essere a mano a mano confortato dalle indicazioni della gente pratica.

- Lasciami assaggiare un poco del tuo risotto. È appetitoso! - -ella seguitò, allungando il cucchiaio verso il piatto che Celso le porgeva. - Erano grandi uomini, lo hai detto tu stesso.... E quel Filippeschi non è un grande uomo, epperò non c'entra affatto con la storia degli altri.

- Chi lo sa?... Lo vedremo più tardi! - ribatte Celso fidente. - Finchè vendeva prodotti coloniali, Arrigo Beyle non era ancora un grande scrittore; e il Daumier non era un maestro del disegno e della caricatura quando faceva da scrivano presso un avvocatello; diventarono poi, cambiando strada, arrischiando tutto per tutto....

- Allora tu credi che io abbia comperato le mie maglie, le mie calze, i miei corpetti, le mie sottane da un romanziere che sarà famoso tra poco, da un poeta che sarà celebre domani?

- Perchè no? Anche i buoni borghesi di Marsiglia comperavano zucchero e caffè da colui che un giorno doveva scrivere La Chartreuse de Parme e Rouge et Noir.

- Quanto mi piacerebbe! - disse Vittorina, ridendo e osservando il rosso delle uova diffondersi pel piatto al colpo della sua forchetta. - Se ne fossi certa, metterei da parte come ricordo la maglia grigio-perla.... Ma t'inganni....

Riflettè un poco, quindi soggiunse:

- Io sento che c'è sotto una donna....

- È possibile, - spiegò Celso bonariamente. - Anche nel caso di Arrigo Beyle c'era sotto una donna, una giovane attrice, la Lenoar. Egli la seguiva dappertutto, e per farla finita, la famiglia di lui, che non voleva impicci, lo lasciò senza un soldo. Allora il Beyle seguì la Lenoar a Marsiglia e s'impiegò presso un magazzino di coloniali....

- Poi sposò la sua attrice! - disse Vittorina.

- No, veramente; l'attrice sposò un russo.

- Poveretto! - esclamò Vittorina; e non sapeva ella stessa quale dei due, il russo o il Beyle, meritasse la sua pietà.

Innanzi al caffè e a un bicchierino di liquore dorato, sul finir della colazione, avendo bevuto molto Corvo bianco, mangiato bene e fumato saporitamente quattro sigarette tra una portata e l'altra, Celso si sentì preso dallo spirito energico degli uomini che aveva nominato più volte.

- Anch'io, vedi, - confidò d'un tratto a sua moglie, - sarei stato capace di ribellarmi alla mia famiglia e di stentar la vita per un mio ideale.

- Non ti mancava che l'ideale, - ribattè la giovane signora.

- No; l'ideale c'era; l'arte, la letteratura; mi mancò l'opposizione. La mia famiglia mi ha lasciato scrivere, dipingere, studiar musica, sbizzarrirmi a mio piacere, e così sono stato costretto a vivere delle mie rendite.... Era una buona famiglia....

Fece una pausa, ripensando agli aforismi di Oscar Wilde che aveva letto in treno.

- Le buone famiglie non hanno alcuna importanza per l'umanità, - seguitò poscia gravemente. - Questa è un'idea originale che si potrebbe sviluppare.... Soltanto le cattive famiglie, arcigne, inesorabili, testarde, costringendo i figli a uscir di casa, li mandano pel mondo in cerca di glorie e di battaglie.... È l'opposizione che affina i caratteri e tempra la volontà.... Io non ho avuto un padre brutale, non una madre feroce, non una moglie intrattabile.... ed eccomi ridotto ad essere il povero signor Celso Ornavati, che non significa nulla....

Anche perchè la pioggerella s'ostinava monotona spargendo intorno una malinconia indicibile, egli s'era quasi intenerito; e aspettava che Vittorina lo confortasse, o almeno giudicasse nuova la sua idea sulla funzione sociale delle famiglie. Ma la giovine moglie rise; e Celso pagò il conto.

- Io, però, - disse la signora alzandosi e gettando sulla tavola il tovagliolo, - la storia del conte Filippeschi voglio saperla. Ne chiederò al direttore del negozio....

- Vedrai ch'è come te la dico io! - rispose Celso, aiutando Vittorina a infilar la sua giacca. - Fa il commesso in attesa di darci qualche grande opera....

- Ma che!... - -s'ostinò Vittorina. - C'è sotto la donna....

- L'una non esclude l'altra, - obiettò Celso.

Poi mentalmente si felicitò seco stesso; non aveva perduto il suo tempo: due begli aforismi alla maniera di Oscar Wilde; e nella sua villa sul Lago Maggiore doveva nel pomeriggio condurre a termine un acquerello con effetto di tramonto. Per diventare un grande artista non gli mancavano che un padre brutale, una madre feroce e una moglie intrattabile...

 

 

 




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