XVI.
Quando mi risentii, mi trovai
donna Marcantonia addosso che mi cacciava due sudici cenci bagnati nell'aceto,
uno delle nari e l'altro nella bocca; non che le importasse punto della vita
mia, ma perché, s'io fossi morta, non le sarebbe più avanzato nessuno, onde
avere qualche novella del suo perduto secchione. Non ricuperai così bene la
virtù de' sensi ch'io non mi rimanessi come stupefatta. Donna Mariantonia,
fuori di se e balbettante dal dolore, e pure chiamando ad ogni poco di secchia,
così com'ell'era scinta e scapigliata, mi trascinò sulla via. Quivi ai pugni ed
ai calci mischiava talora alcuna carezza, reprimendo con memorabile sforzo il
suo furore, per il desiderio che la stringeva di recuperare l'arnese smarrito.
Così ebbi io un attimo di tempo per dirle che l'avevo lasciato alla bottega del
farinaiólo ch'era in sulla piazza di santa Caterina. Don Gaetano, intanto,
fattosi alla finestra e vista la disperazione di colei che sola volgeva la
chiave del suo cuore, anch'egli, a uso Catanzaro, scese in farsetto sulla via
con un berrettino bianco a cocuzzolo in testa. E udito il caso e profferto il
suo braccio a donna Mariantonia, che con l'altra mano mi teneva forte perch'io
la menassi dov'io diceva, c'inviammo tutti verso la piazza di santa Caterina,
non senza avere appresso un codazzo di lazzaroni accorsi ai tronchi gridi ed
allo smarrito volto di donna Marcantonia.
Essendo già quasi il mezzodì, il
buon farinaiólo era ito a desinare a un'osteria fuori la porta Capuana; ed
aveva lasciata sua moglie a guardia della bottega e del secchione. Arrivati che
fummo in sulla piazza, donna Mariantonia vide da se la botteguccia, e
torreggiarvi entro l'immensa corporatura della padrona; e dietrole, fra molti
sacchi di farina e bugnole di crusca, il suo amato secchione. Onde, studiato
quanto potette il passo, cominciò, in atto fra brusco ed allegro, a domandare a
colei il suo secchione.
Si sdegnò a simili modi l'altera
venditrice di farina, e parendole che donna Mariantonia quasi sospettando della
sua interezza, avesse voluto farle scorno nella venerabile presenza degli
onesti lazzaroni che ci seguitavano, quasi tutti amici o conoscenti antichi
della casa sua, se le levò incontro, e ripiegando le braccia, ed appoggiando il
dorso delle mani nei fianchi:
E che credevi tu, le disse
levando altissimo la voce, ch'io fossi una qualche mariola come tu sei, che sei
sempre richiesta a corte per le masserizie che tu vai rubando a tuoi studenti?
O credi tu di farmi paura con cotesto studente calabrese che t'è al fianco; che
se lo vede il mio marito, te lo scortiva vivo vivo...
E con mirabile agilità di lingua
continuava a proverbiarli entrambi.
A me mariola... A me studente
calabrese, santo diavolo... risposero, quasi a un tempo stesso, donna
Mariantonia e don Gaetano. E il proverbiare la donna a vicenda, e l'azzuffarsi
tutti tre insieme, e l'essere don Gaetano cacciato per terra senza berrettino e
tutto lacero e rabbuffato, fu tutt'uno. Le donne, rimaste padrone del campo, si
ghermirono come due uccelli di rapina. Si stracciarono i capelli a ciocche, si
graffiarono i visi, si troncarono a furia di morsi le carni, ed entrambe al
punto medesimo toltisi i pettini d'argento dal capo, si sforzavano
scambievolmente, con ogni estrema prova, di ficcarsene gli aguzzi denti nella
gola. Tutti gli sforzi dei lazzaroni ch'erano intorno, per separarle, furono
indarno. Alla fine uno di costoro corse al corpo di guardia del commessariato
di polizia del quartiere a chiamare il feroce, che sapete che così si domandano
qui i birri e qualunque servente della famiglia. Giunse il feroce, ed è
mirabile a pensare come in un subito il suo venerando aspetto sedò la
battaglia. In meno che non lo dico, ci trovammo tutti nel cospetto del
commessario sul commessariato, donna Marcantonia, la farinaióla, don Gaetano,
un viluppo di lazzaroni stati testimoni del fatto seguito, la secchia ed io. Il
commessario non ebbe bisogno d'imporci silenzio; perché fra tanta moltitudine
non si udiva più uno zitto. Poscia ch'ebbe interrogato il feroce del fatto,
disse una gran villania alle due donne, ma una grandissima a don Gaetano,
aggravandolo, non so perché, di tutta la colpa, e dandogli ripetutamente dello
studente, come se gli avesse dato del ladro e del ruffiano. Di poi comandò che la Mariantonia, così la chiamava, avesse ripreso il suo secchione, e tutti si fossero tornati
con Dio alle case loro: ma prima si fossero abbraciati e baciati nella sua
presenza, per dimostrare di non aver più rancore veruno: altrimenti li avrebbe
tutti ritenuti. Onde vi fu un grande abbracciarsi e un gran baciare, massime
fra le due donne ancora tutte insanguinate; con un sordo fremito di tenerezza e
d'approvazione dei presenti lazzaroni: ed usciti dal commessariato, e
consegnatami la secchia a strascinare, ce ne tornammo tutti in santa pace alle
nostre case.
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