XL
Reti
gesuitiche.
Lascio
figurare qual notte angosciosa avevano passata Lucia e Teresa: solo i
fanciulletti17, che in sulla sera avevano ottenuto un poco di
cibo, avevano poi dormito placidamente per tutta la notte.
Le
povere afflitte vedevano volontieri don Omobono, del quale
conoscevano la semplicità mansueta, tanto diversa dalla
consueta boria dei preti di Roma.
Quando
lo vide entrare, Lucia levò l'occhio mesto, e lo salutò
con un breve cenno del capo.
-
Poveretta!... fatevi cuore!... disse don Omobono, avvicinandosi a
lei. Pensate ai vostri figliuoli, che sono il maggior bene che vi
rimanga a questo mondo; pensate a questi cari angioletti, ai quali
resta aperto un avvenire migliore.
-
E quale? Poveri orfani, senza guida, senza sostegno! esclamò
Lucia baciando con trasporto ciascuno de' suoi figli, che al solito
stavano aggruppati, quale in grembo, e quale accanto a lei.
-
La misericordia del Santo Padre è inesauribile, e... riprese
don Omobono col suo fare dinoccolato, martoriando al solito il suo
cappello, quasi volesse spremerne le parole che non trovava.
-
Non mi parli del Papa! gridò Lucia, di quel vecchio spietato,
innanzi al quale mi sono inginocchiata come innanzi a Dio, e che
avrebbe potuto salvare la vita di mio marito con una parola, con un
cenno della mano. Egli è stato l'assassino, il boja del povero
Peppe!
-
Non parlate così, sora Lucia, altrimenti scappo via, e non
ritorno più. Non posso tollerare che in mia presenza si parli
in tal modo di Sua Santità. Specialmente poi, quando vengo a
parteciparvi un tratto veramente angelico del suo cuore paterno.
-
Che? esclamò Lucia stupita, che cosa viene a parteciparmi?
-
Guardate, proseguì il prete, se avete torto d'interpretare
così sinistramente l'operato del Santo Padre! S'egli non ha
salvato vostro marito, gli è proprio che non poteva senza
ledere la giustizia: ma il suo cuore oh! il suo cuore ne ha pianto
sicuramente. E ne volete una prova? eccola appunto, è questa,
che appena soddisfatta la giustizia, il suo primo pensiero è
quello di correre in soccorso della famiglia del condannato. braccio,
e girandolo intorno la mostrò da ogni parte agli zuavi
schierati. - Pag. 154.]
-
Anch'esso! Che buona gente! disse Lucia, sorridendo amaramente. Che
gente pietosa! Non posso lagnarmi di loro! È vero che mi hanno
ammazzato il marito: ma poi in compenso mi mandano del denaro!
-
Non è questa veramente l'intenzione di Sua Santità,
soggiunse don Omobono. La sua munificenza va più oltre. Egli
ha destinati i vostri figli ad essere mantenuti ed educati a sue
spese nel collegio dei gesuiti, e la bambina nell'orfanotrofio del
Sacro Cuore; e voi, che sarete naturalmente stanca del mondo, potrete
trovar riposo nel convento delle Carmelitane, dove potrete pregar
pace all'anima del vostro sposo, e passare in santa quiete la vostra
vita.
-
Ciò vuol dire, esclamò Lucia, ch'esso mi offre la
prigione per me e pei miei figli! Egli, che non conosce il cuore di
una madre, crede che io avrei acconsentito a lasciarmi strappare i
miei figli così, e vuol fare di me una monaca, e de' miei
ragazzi dei gesuiti!... Ebbene, dite voi, a Sua Santità, che
s'inganna, che io non so che farne de' suoi doni, che io porterò
alteramente per tutta la vita il nome di vedova Monti, e che questi
miei figli saranno educati ad onorare la memoria del loro padre, e a
maledire i suoi carnefici, come io in questo momento li maledico!
Don
Omobono non aveva petto da resistere a tanta furia, e conobbe che
innanzi a quella tempesta, era forza ripiegare le vele. Si ricacciò
in testa il cappellaccio, ch'era ridotto in uno stato da non dire, e
infilò la porta borbottando fra i denti.
Riprese
poscia la via, non già con passo allegro e frettoloso, come
aveva fatto prima, ma camminando lento lento, e di sghimbescio, chè
lo turbava l'idea di ritornare innanzi a padre Bindi con una prova
palese della sua imbecillità, e con una solenne lavata di capo
in prospettiva.
Più
si avvicinava al Gesù, più avrebbe voluto esserne
lontano, e gli avveniva spesso di fare, senza accorgersene, un passo
innanzi e due indietro. Nemmeno la vista della finestra aperta, che
indicava la morte dell'ammalato, valse a rinfrancarlo, ed esso entrò
a capo chino e in aspetto ritroso nel convento del Gesù, e
salì alle stanze di padre Bindi.
-
Ebbene? gli chiese questi.
-
Ebbene, io sono un asino, reverenza! riprese don Omobono, con quel
tuono di compunzione con cui si recita il Confiteor. E vostra
reverenza ha fatto male a scegliere un asino come me per una missione
di tanta importanza.
-
E perchè? chiese il gesuita.
Allora
don Omobono raccontò come la vedova di Monti avesse respinto
sdegnosamente le sue offerte, tacendo però le frasi ingiuriose
da lei proferite contro la santità del Beatissimo Padre, frasi
ch'egli non avrebbe ripetute per tutto l'oro del mondo. Confessò
ch'egli non aveva saputo trovare l'eloquenza necessaria per
persuadere quella donna; e facendo quella esposizione, il povero
prete faceva seguire ogni parola del suo discorso da una piccola
pausa, nella quale pareva che ripetesse mentalmente: mea culpa,
mea culpa!
Giunto
alla fine, egli si aspettava una grandine di vituperi, o per lo meno
una patente di bestia in tutte le forme, come gli era avvenuto di
riceverne spesso da' suoi superiori ecclesiastici in circostanze di
molto minore importanza.
Niente
di tutto questo: il padre Bindi accolse con aspetto benigno, e quasi
quasi con un risolino di compiacenza, la narrazione del prete; e
quando questi ebbe finito:
-
Bravissimo! egli disse stringendogli una mano. Vedo ch'ella ha
benissimo compreso la sua missione, e l'ha eseguita precisamente in
quel modo che si aspettava da lei.
Don
Omobono rimase a bocca aperta.
Padre
Bindi proseguì:
-
Era da prevedersi che quella donna avrebbe rifiutato le nostre
offerte. Eh! naturalmente il mal seme delle opinioni perverse si è
trasfuso da suo marito in lei. Essa vorrebbe educare i figli coi
medesimi principii libertini, i quali produrrebbero per essi la
rovina del corpo e la dannazione dell'anima: il male di questa vita e
dell'altra. Ma noi non possiamo permettere la perdita di queste
creature, non possiamo tollerare ch'esse vengano allevate con delle
idee contrarie ai santi principii della Chiesa Romana. E perciò
bisogna ricovrare quelle anime benedette sotto il patrocinio della
Santa Chiesa. E se la madre si oppone, ebbene lo faremo anche suo
malgrado: la prima madre è la Chiesa. Dunque, don Omobono, noi
faremo in modo che quei piccini siano portati nel santo asilo che li
aspetta: e la madre, siccome bisogna pensare anche all'anima sua,
sarà ricoverata anch'essa nel convento delle Carmelitane.
Quelle
belle parole, proferite dal gesuita con tutta l'unzione della pietà
e l'effusione della carità, volevano dire che si sarebbero
strappati gli orfanelli di Monti dal seno della loro madre per farne
dei monaci, e si sarebbe rinchiusa la loro madre in un convento, come
in una prigione perpetua. Tali erano le benigne intenzioni del
governo romano riguardo la famiglia del condannato.
-
Noi dovevamo, riprese Bindi, provare colle buone maniere. Se la
vedova Monti aderiva al nostro caritatevole invito, tanto meglio,
allora ci avrebbe risparmiato le misure energiche alle quali, nel suo
medesimo interesse, ci troviamo ora astretti di ricorrere. Ma,
siccome quella donna ostinata, quella peccatrice indurita respinse la
mano diretta a soccorrerla, così sarà necessario di
adoprare per forza quei mezzi che devono condurre lei e i suoi figli
sul cammino dell'eterna salute.
Don
Omobono guardava maravigliato il reverendo padre, che seguitava a
parlare. Il povero prete non comprendeva perchè mai si
facessero a lui quelle confidenze.
-
Potrebbe avvenire però, continuò il gesuita, e lì
stava senza dubbio il nodo dell'affare, perchè così
parlando esso piantò gli occhi in faccia a don Omobono in modo
significante: potrebbe avvenire che la vedova Monti cercasse di
fuggire, opponesse resistenza, e dovessero nascere scandali,
calunnie. La cosa deve dunque condursi segretamente, e con tutta
prudenza. Ed ecco come convien fare. Qui sta, e accennò i
cassetti dello scrittoio, un passaporto regolare per quella donna;
ella, don Omobono, glielo recherà, e le dirà, che non
avendo essa accettato le offerte generose di Sua Santità, è
invitata a lasciare lo Stato. Essa accetterà con gioia,
entrando naturalmente la partenza ne' suoi disegni. Però, per
vidimare il passaporto, dovrà presentarsi alla Direzione di
Polizia; ora la Direzione sta sull'avviso, e quando essa si
presenterà, sarà introdotta in una vettura chiusa, e
senz'altro verrà condotta al convento delle Carmelitane.
Assicurata così la madre, i figli verranno senza resistenza
guidati al loro destino.
-
Io dunque devo...
-
Non far altro, che porgere amorosamente questo passaporto alla vedova
Monti: il resto verrà da sè.
-
Ma...
-
Prenda dunque, e rifletta all'importanza di questo incarico.
Padre
Bindi, consegnandogli il passaporto, licenziò don Omobono, e
questi si avviò per le scale.
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