II.
Il
segreto di una madre.
Maria
non si mostrò punto sorpresa della visita; pareva ch'essa
aspettasse quella persona.
La
signora sconosciuta si fermò sulla porta, e chiese piano a
Maria:
-
Chi è quell'uomo?
-
Non temete, signora, rispose a bassa voce la povera donna. È
mio figlio.
Poi
siccome pareva che quella esitasse, aggiunse più piano:
-
Entrate pure!
Mentre
la signora si avanzava nella stanza, Gaetano meravigliato trasse in
disparte la madre, e le chiese.
-
Chi è quella signora?
Maria
parve imbarazzata a rispondere, e mormorò fra i denti:
-
È... una mia amica.
-
Ohè mamma! soggiunse Tognetti in tuono faceto. Tua amica una
signora di quello stampo! Se tu non fossi quella brava donna che sei,
faresti pensare...
E
sorridendo il giovane baciò la mano alla madre, e mosse verso
la porta.
Maria
lo fermò per un braccio, e disse con tuono espressivo:
-
Dunque ritorni!
-
Fra cinque minuti, rispose Gaetano. Anzi se viene Curzio gli dirai
che mi aspetti.
-
Pensa, replicò la madre, che mi lasci nella maggior angoscia.
-
Non temere! disse Gaetano.
Poi,
volgendosi alla signora velata, ch'era rimasta immobile in piedi, nel
mezzo della stanza, la salutò chinando la testa.
-
Signora!
Ed
uscì.
Appena
fu partito il figlio, Maria accorse accanto alla donna, dicendole:
-
Perdonate, signora!
Questa
rispose con un'amichevole stretta di mano, poi dopo aver guardato
intorno, per assicurarsi ch'ella era sola con Maria, alzò il
velo nero che le copriva il volto.
La
principessa Rizzi ch'era dessa, era una donna, che sebbene avesse
varcato il limite dell'età giovanile, conservava tutto il
prestigio di una possente bellezza. La sua statura elevata, le forme
statuarie, le trecce d'ebano, gli occhi eloquenti, il profilo
veramente romano formavano un insieme che destava l'ammirazione, e
imponeva il rispetto.
Gli
anni non avevano recata una ruga su quella fronte maestosa, quelle
labbra incantevoli conservavano tutta la freschezza dell'adolescenza.
-
Perdonate! proseguiva Maria. In questi momenti io sono tanto
angustiata! Sto in pena per la vita di mio figlio.
-
Buona Maria! soggiunse la principessa. Il mio cuore comprende le
angoscie del tuo: pel cuore non v'è distinzione di
gradi2 sociali: il cuore delle madri è sempre lo
stesso, lo ti trovo tremante per la vita di tuo figlio, e io venni
appunto, perchè anch'io temo per la sicurezza del figlio mio.
È necessario che io lo veda.
-
Egli deve venir qui fra poco, rispose Maria. Ha un appuntamento con
Gaetano.
-
Povera Maria! riprese la principessa prendendola per mano. Tu fosti
una seconda madre pel mio Curzio; tu gli hai dato il tuo latte, gli
hai prodigate le tue cure. Quanto debbo esserti riconoscente! Ma
dimmi: egli ignora sempre chi sia la madre sua?
-
Sempre. Io gliel'ho tenuto occulto questo segreto, come voi mi avete
imposto.
-
Ed egli non ha indovinato che le mie premure, il mio affetto, avevano
una sorgente pura, innocente, santa?
In
quel momento qualcuno bussò alla porta. La dama abbassò
il velo.
-
Eccolo, esclamò Maria, deve esser lui, signora!
E
andò ad aprire.
Entrò
un bel giovane che di poco aveva passati i vent'anni, ma dall'aspetto
maschio, virile, superiore all'età. I lunghi capelli neri,
sciolti con pittoresco disordine, lo sguardo di fiamma, la fisonomia
ispirata, l'abito negletto eppure elegante, tutto in lui rivelava a
prima veduta un'artista.
Infatti
il giovane Curzio Ventura era un valente scultore. L'occhio
esercitato fin dall'infanzia sui preziosi avanzi dell'arte antica,
racchiusi in quel vasto museo che si chiama Roma, la vocazione
naturale, l'istintiva intuizione del bello, avevano abbreviato il suo
tirocinio; ed egli già plasmava nella creta le ideali creature
della sua mente, quando i suoi coetanei, modellavano gli studi
dell'accademia.
-
Curzio! esclamò Maria.
-
È lui! gridò la principessa, e rialzò il suo
velo.
Il
giovane scultore, senza badare alla dama, chiese tutto frettoloso a
Maria:
-
Gaetano? Dov'è Gaetano?
-
Egli è uscito per un momento, rispose la madre di Tognetti.
-
Ah Dio! esclamò Curzio, con un energico movimento di rabbia.
Poi si volse, per ripartire senz'altro.
Maria
lo arrestò, e disse:
-
Aspettate! Egli mi ha incombenzata di dirvi che ritornerà fra
pochi istanti, che lo aspettiate.
-
Non posso! rispose Curzio.
-
Per pochi momenti, soggiunse Maria. Intanto.... vi è quella
signora che vuole parlarvi.
-
Ah! la signora!... ma in questo momento....
-
Finchè aspettate Gaetano potete trattenervi con lei.
Ciò
detto, senza lasciar tempo a Curzio di replicare, Maria uscì
dalla stanza, entrando in una cameretta attigua. Il giovane non
sapeva dissimulare il suo dispetto.
-
Vi duole di rimanere qualche istante in mia compagnia?
Così
disse con accento dolcissimo la principessa, rimasta sola col
giovane.
Curzio
tacque un istante, poi disse:
-
Oh no, signora! Sapete bene che io nutro per voi della gratitudine e
del rispetto.
-
Ma non dell'affetto, Curzio? Del rispetto e della gratitudine! Il
vostro cuore non vi detta nessun altro sentimento per me?
-
Signora! È venuto il momento che io vi parli col cuore sulle
labbra. Finora io accettai i vostri benefici, senza scrupolo di
sorta. Io fui educato a vostre spese; da voi fui sovvenuto ne' miei
bisogni; assistito nelle disgrazie; da voi ebbi sempre in ogni
circostanza della mia vita una parola di affetto, e un soccorso di
danaro. Voi vi dicevate incaricata da mia madre, ed io non poteva
respingere i doni che mi facevate in suo nome. Da qualche tempo però
il vostro linguaggio si è mutato; l'espansione con cui mi
parlate, il fervore delle vostre premure, la passione, lasciate che
ve lo dica, la passione, che traspare nelle vostre parole, mi fanno
comprendere che un'altra è la ragione, un altro è il
movente dei vostri rapporti con me. No, signora; voi non siete
l'incaricata di mia madre; voi agite per conto vostro, e il
sentimento che vi ispira questa condotta è tale, che io non
potrei d'ora innanzi senza arrossire accettare il frutto della vostra
bontà.
Il
giovane artista pronunciò queste parole con accento solenne.
La
principessa lo ascoltò anelando, di pallida ch'era si fece
vermiglia nel volto, e quando egli si tacque proruppe:
-
Curzio! Tu mi stimi così poco! Tu mi credi capace di un
sentimento basso e umiliante! Ma dunque tu non hai indovinato; il tuo
cuore è rimasto muto alla voce della natura! No, Curzio; io
non sono l'incaricata di tua madre, no io, io stessa sono tua madre!
-
Voi! mia madre! Ah!
Curzio
si lanciò a baciare la mano della principessa, ripetendo:
-
Perdono! perdono!
La
madre impresse un bacio sulla fronte del giovane, con tutta
l'effusione dell'affetto lungamente compresso.
Successe
qualche momento di eloquente silenzio.
-
Adesso, riprese la principessa, comprendi adesso la ragione delle mie
cure, la fonte del mio affetto. Io sono tua madre, e se finora non ti
ho rivelato questo dolce nome si è perchè tutti devono
ignorare i legami che ci uniscono, mio marito pel primo, perchè
egli sarebbe un nemico terribile per te. E se quest'oggi io mi sono
risoluta di rompere il silenzio, gli è perchè
quest'oggi ho bisogno d'invocare i miei diritti di madre. Sì,
Curzio; un gran pericolo ti sovrasta. Sì, figlio mio, io so,
non t'importi come, io so che tu appartieni al comitato
d'insurrezione, che tu sei anzi uno dei capi sezione, so che voi
altri avete concertato per quest'oggi un movimento di rivolta
nell'interno di Roma. Ebbene, sappi che lo spionaggio si è
insinuato nella vostre file, che la polizia è prevenuta, che
il governo3 sta sull'avviso. È impossibile la riuscita
del tentativo; voi correte a inevitabile rovina.
-
Ebbene? chiese Curzio.
-
Ebbene, fino che siete in tempo rinunziate a questo progetto.
-
Impossibile! Tutto è stabilito; si è tardato anche
troppo. L'insurrezione4 di Roma deve scoppiare.
-
Ma siete traditi, vi dico, sarete schiacciati!
-
Non importa: Noi protesteremo col nostro sangue contro la tirannia
del pontefice, e se morremo, la nostra morte affretterà il
giorno della redenzione di Roma.
-
S'egli è destino che debba compiersi la rivolta, si compia; ma
tu figlio mio, rimani in disparte. Pensa che il tuo sacrificio
sarebbe inutile alla causa della libertà, e fatale al cuore di
tua madre.
-
Che? esclamò Curzio. Che io lasci morire i miei fratelli, e
che mi tenga vilmente in disparte! Voi mia madre mi consigliate una
viltà. Ah! voi non siete romana!
-
Io sono madre!
-
Ebbene, armatevi di coraggio: vostro figlio sarà degno di voi.
La
principessa, pure tremando per la vita del figlio, sentiva nel cuore
la santa gioja dell'orgoglio materno.
Curzio
fatto un supremo cenno d'addio, mosse verso la porta per partire.
Tutta
l'angoscia della paura risorse nell'anima della madre, e con energico
sforzo essa trattenne il figliuolo. Gli si parò dinanzi, e
sclamò:
-
Ah no! Io non ti lascio in quest'istante.
-
È necessario! sclamò Curzio, e cercò di
distoglierla dolcemente dalla resistenza.
Ne
seguì una specie di lotta, piena di affanno, di lagrime, di
amore. Da un lato combatteva la tenerezza materna: dall'altro un
generoso proposto, in contrasto coll'affetto figliale.
In
quella si aperse la porta, e un uomo di sinistra apparenza comparve
sulla soglia.
|