III.
Il
principe Rizzi.
Francesco
Rizzi di Castelgrande principe assistente al soglio pontificio,
antico allievo dei gesuiti, abbarbicato da lunga mano ai caporioni
della reazione, era uno dei più accaniti sostenitori del
potere temporale del Papa.
La
sua natura malvagia era apertamente rivelata dalle sue fosche
sembianze. Allo, magro, stecchito, egli aveva radi capelli, tinta
olivigna, naso grifagno, guardatura losca. Camminava di sbieco,
parlava con voce rauca, profonda; v'era nella sua persona qualche
cosa che suscitava istintivamente il ribrezzo.
Tale
era l'uomo, al quale era congiunta coi vincoli del matrimonio la
bella principessa.
-
Mio marito! esclamò essa, con un acuto grido di terrore,
quando lo vide apparire sulla porta, come bieco fantasma.
Egli
si avanzò lentamente, in silenzio, mentre Curzio, interdetto,
scostatosi d'un passo, guardava il nuovo venuto.
Giunto
vicino alla moglie, il principe Rizzi le disse in tuono severo:
-
Io vi chiederò, o signora, che cosa sia venuta a fare la
principessa Rizzi nella casa di un povero muratore, dove io la trovo
in compagnia di...
Qui
egli s'interruppe, e volta un'occhiata sdegnosa sopra Curzio,
proseguì in tuono sprezzante:
-
Di uno sconosciuto!
Le
fiamme salirono al volto del giovane, il quale acceso d'ira proruppe
in aria minacciosa.
-
Di tale sconosciuto, che....
E
più avrebbe detto, se la principessa frapponendosi e
trattenendolo non gli avesse detto piano e rapidamente:
-
Per pietà, Curzio!...
Poi,
voltasi al marito, gli disse con tutta la serenità della
purezza offesa:
-
Ed io vi risponderò, o signore, che la principessa Rizzi sente
troppo altamente di sè per rendere conto delle sue azioni a
chi sospetta di lei; e che voi, o signore, dovreste stimarmi
abbastanza per non abbassarvi fino a spiare la mia condotta.
Il
principe, accigliando di più in più la fronte,
soggiunse:
-
Le vostre parole sono altere, ma i fatti vi accusano palesemente, ed
io, usando del mio diritto di marito e signore, v'impongo di
giustificarvi.
Questi
detti furono pronunziati come una brutale ostentazione di forza.
Curzio,
testimonio di quella scena, non potè più frenarsi, e
volgendosi al principe, disse:
-
Mi pare che il signore abbia scelto assai male il suo momento per una
spiegazione conjugale. Egli è, s'io non erro, un principe
assistente al soglio pontificio. Ora che i nemici del potere
temporale del Papa stanno per giungere alle porte di Roma, egli
dovrebbe affrettarsi a sorreggere il soglio, che minaccia di crollare
e cadere per sempre.
-
Se tale è il mio dovere in questo momento, rispose Rizzi con
fredda ironia, il dovere di un framassone, quale voi siete se io non
erro, si è quello di recarsi in mezzo alla congrega, ed
affilare il pugnale della sua setta. Ciò vuol dire che se io
ho scelto male il momento di una spiegazione conjugale, voi
sceglieste assai male l'ora di un abboccamento amoroso.
A
quelle parole, che suonavano un atroce insulto per sua madre, Curzio
stette per lanciarsi addosso al principe, gridando:
-
Miserabile!
La
principessa si frappose anche una volta: il giovane si contenne
fremendo. Un riso sarcastico inarcò le labbra sottili di
Rizzi.
-
Signora, diss'egli, la vostra carrozza vi aspetta qui fuori. Quanto a
voi, bel giovinotto, non tanto fuoco: ci rivedremo, ve lo prometto,
ci rivedremo!
-
Quando e dove vorrete, esclamò prontamente Curzio.
La
principessa, onde por termine a una situazione tanto perigliosa,
decise di seguire il marito; fece un segno di fervente preghiera
verso il figlio, ed uscì con Rizzi, il quale l'accompagnò
col suo cupo sogghigno sulla bocca.
-
La lascerò partire con colui, così?... pensava Curzio.
Ah no!
Si
avviò per seguire i due ch'erano partiti.
Maria
ch'era intanto entrata nella stanza lo trattenne.
-
Fermatevi, Curzio! Voi non sapete chi è il principe, e di che
cosa è capace.
-
E che mi cale di lui?
-
Egli è fratello d'un cardinale, e potentissimo. Vi farà
arrestare.
-
Dunque anche tu, povera madre, sclamò il giovane, anche tu sei
vittima di questo abborrito potere sacerdotale! Colle catene di Roma
cadranno anche le tue. All'opera dunque! alla lotta!
La
porta s'aperse, e Tognetti entrò frettoloso nella stanza.
-
Tu appunto, disse, tu, Curzio, fratello!
Poi,
trattolo in disparte, scambiò con esso alcune parole piano e
in fretta.
-
Ho parlato ora con Cucchi, tutto è concertato per questa sera.
L'ora fissata è alle sette. A noi è affidata una
missione importante. Vieni, parleremo fuori.
-
Andiamo.
-
Ah no! gridò Maria posta in apprensione dal mistero di quel
breve colloquio. No, non partite. Voi andate a farvi uccidere, ed io
povera madre...
-
No, disse Tognetti, rassicurati, mamma. Ti ho già detto che
sarà un affare da nulla. Prega il Signore per noi.
-
Un bacio, figlio mio, un abbraccio, pregò la povera donna, che
si sentì impotente a trattenerli.
E
li abbracciò entrambi.
-
Anche voi, Curzio, anche voi siete mio figlio. Che il Signore vi
benedica entrambi.
-
Il Signore ci assisterà, disse Gaetano, perchè noi
vogliamo la libertà della patria e il trionfo della vera
religione di Cristo.
I
due giovani baciarono un'ultima volta la donna, e svincolati
dall'abbraccio partirono.
Essa
tentava di richiamarli ancora.
-
Figlio!... Fermati... Si sono allontanati! non odo più i loro
passi. Oh Dio! se non dovessi più rivederlo il mio Gaetano!
Santa madre di Dio, aiutatemi voi!
Poi
si volse a un'immagine della Madonna che pendeva da una parete della
stanza con un lume acceso dinanzi, e postasi in ginocchio, e giunte
le mani in atto di fervorosa preghiera:
-
Santa Vergine! esclamò. Voi che provaste la pena atroce di
vedere il vostro figliuolo tormentato e morto, voi che sentiste tutti
gli spasimi che può sentire una donna, abbiate compassione di
una povera madre. Proteggete mio figlio!
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