IV.
Le due
cugine.
Il
rione di Trastevere presentava in quella mattina un aspetto
singolare. I popolani si aggiravano per le strade; si scambiavano
cenni e parole misteriose, si adunavano in crocchi, si dividevano per
ritrovarsi poco dopo in altri punti, e in mezzo a quel va e vieni
spuntavano ad ora ad ora le figure sospette degli spioni, dei birri
travestiti, che aguzzavano gli sguardi, tendevano le orecchie,
notavano le fisonomie e gli andamenti; e ad ora ad ora qualche
pattuglia di zuavi, qualche drappello di gendarmi passava per le
strade, donde al loro avvicinarsi si erano dileguati i cittadini.
Le
trasteverine, quelle donne belle e sdegnose, che serbano viva la
tradizione dell'antica fortezza e maestà del popolo romano,
tranquille nel sembiante, ardenti nel cuore, si mescevano agli
accordi degli uomini loro, guardavano con piglio di provocante
disprezzo i satelliti della tirannide sacerdotale.
Una
giovane di statura alta, di forme statuarie, il cui vestiario
semplice e modesto presentava quella naturale eleganza di
panneggiamento ch'è proprio delle statue romane, portando un
suo cesto colla grazia ingenita di una Flora antica, camminava sola e
con passo celere verso la propria dimora.
Uno
zuavo papalino atteggiato a un portamento soldatesco fra lo spavaldo
e il galante, la seguiva dappresso, arrischiando alcuni motti
sguaiati in gergo mezzo francese, ai quali la romana non rispondeva
altrimenti che colla più sprezzante noncuranza.
Giunta
alla propria casa, la giovane sta per entrare, quando il soldato,
venutole vicino, vuol seguirla oltre la soglia, ma essa, frappostasi
coll'aitante persona fra la porta e lui:
-
Va via! prorompe, e passando oltre chiude l'uscio con fracasso.
-
Sacrè non! grida lo zuavo rimasto al di fuori; e
intanto tenta, scuotendola, la porta chiusa al di dentro.
-
Mangiati la lingua, brutta figura! esclama la donzella entrata in una
stanza, dove l'aspetta un'altra giovane.
-
Che cos'è stato, Teresa? Che cos'è questo rumore?
questa le chiede.
-
Niente, niente, risponde. Figurati che andando a fare la spesa, ho
incontrato un signore zuavo, che s'è messo a farmi l'occhio
di triglia, e a dirmi delle paroline inzuccherate. Io, via senza
badargli, e lui ha avuto il coraggio di seguirmi fino a casa, e
voleva entrare per forza; ma io gli ho chiuso la porta in faccia ben
bene.
Così
dicendo Teresa aveva deposto il cesto che recava sotto il braccio, e
ne aveva tratto dell'insalata, del pane e dei frutti che andava
disponendo sul desco.
Intanto
lo zuavo seguitava a far chiasso al di fuori, bussando alla porta, e
urlando:
-
Ouvrez non de Dieu!
E
Teresa di rimando a gridare:
-
Batti, batti! così ti battesse il core!
-
Oh Dio! sclamò l'altra donna. Non vorrei che in questo
frattempo arrivasse il mio Peppe. Se ritrova costui lì fuori,
si compromette di certo.
-
Or ora, se non se ne va, disse Teresa, vedrai, Lucia, che vado a
cacciarlo via col manico della scopa. Ma taci: mi sembra che si sia
persuaso e se ne sia andato da sè.
Infatti
il papalino, stanco di bussare inutilmente o pauroso di qualche
brutto incontro, aveva lasciata l'impresa.
Una
bella bambina di cinque anni entrò nella stanza dov'erano
Teresa e Lucia, e s'ebbe carezze dall'una e dall'altra. Era una
brunettina fresca e vivace.
Quella
ragazzina con una sorelluccia e un fratellino più piccoli di
lei, erano i figliuoli di Lucia e di Giuseppe Monti suo marito.
Monti
era un soprastante muratore, nato a Fermo, ma da più anni
dimorante in Roma, dove per causa di lavoro si era stabilito colla
famiglia.
Quanto
alla romana Teresa, essa era una cugina di Lucia, rimasta priva, dei
genitori in giovane età. Era tenuta dalla moglie di Monti in
conto di una vera sorella.
Era
vicina l'ora in cui Giuseppe soleva venire a casa per dividere colla
sua famigliuola il pasto frugale, e ritornarsene poscia al lavoro
quotidiano.
Lucia,
avvicinatasi al focolare, attendeva alla minestra perchè si
cuocesse; intanto Teresa accudiva ad altre faccenduole; e la piccola
Paolina, così come lo comportava l'età infantile,
prestava l'opera sua ora all'una ora all'altra delle due donne, con
quel vezzo adorabile che è proprio della sua età, e
spesso la madre ricambiava coi baci i suoi tenui servigi.
Finalmente
le due cugine si diedero ad apparecchiare la mensa.
E
Teresa non ristava di parlare colla sua spigliata loquela, mentre
stendeva la tovaglia o recava i piatti, i bicchieri, le posate.
-
Ma sai, Lucia, che ci vuole una bella fronte! andava dicendo. Oh! i
bei difensori che ha il Papa! Villani rifatti che si danno bel tempo
con l'obolo di san Pietro. O che san Pietro manteneva dei soldati?
Questa non l'ho mai sentita a dire. Managgia l'anima loro!
Perchè non stanno ai loro paesi? Fortuna che siamo alla fine,
per quanto pare! Ma non sai la bella notizia? Garibaldi se n'è
fuggito da Caprera. E adesso si trova coi volontari là fuori;
si può dire alle porte di Roma. Guarda!
E
la bella giovane toltasi di saccoccia una coccarda tricolore, la
mostrò tutta allegra a Lucia.
-
Questa me la sono composta da me, e voglio mettermela sul petto
appena Garibaldi sarà entrato in Roma. Ma che non ti rallegri
anche tu? non salti dalla contentezza?
-
Che vuoi? disse tristamente Lucia. Io non posso dividere la tua
letizia. Ho un presentimento che mi opprime. Non so perchè, ma
ho paura che la voglia finir male!
-
Sei pazza? E che, credi che i soldati papali potranno resistere ai
Garibaldini? Ma se ne hanno già prese tante, se ne hanno
prese! Quel bravo giovane di Menotti, il degno figliuolo di
Garibaldi, che Dio lo benedica, gliene ha già date finchè
ne hanno volute. Li abbiamo pure veduti ritornare in città
scornati e fuggiaschi, tutti quegli zuavi e antibojani ch'erano
usciti come tanti rodomonti. Li hai pur visti anche tu!
Lucia
taceva, crollando il capo, come se cupe visioni le ingombrassero la
mente; poi dopo qualche istante di silenzio, soggiunse a un tratto:
-
E se ritornassero i Francesi?
-
I Francesi! esclamò Teresa; ma non è possibile!
-
E perchè dici che non è possibile?
-
Perchè... perchè... ce ne sono tanti dei perchè,
ma non li posso spiegare. Oh! non si sono impegnati con una... so
molto io... con una... convocazione? non hanno promesso
insomma di non tornare più?
-
Le promesse sono chiacchiere belle e buone! Io ho paura, ecco!
-
Tu hai paura, ed io invece mi sento un coraggio da leone.
Teresa
pronunciando quelle parole ardeva negli occhi, e il suo bel volto
esprimeva tutta l'energia d'un'anima5 virile. Si sarebbe
detto che in lei riviveva lo spirito della vergine Clelia.
Bussarono
alla porta.
-
Ohè! sclamò Teresa, che sia quella marmotta? Mo' lo
concio io per le feste.
E
avvicinatasi alla porta, chiese ad alta voce:
-
Chi è?
-
Son io! rispose una voce tremolante.
Teresa
aperse, e apparve sulla soglia la figura sparuta e paurosa di Don
Omobono, il prete di vettura.
Egli
era un vicino della famiglia.
-
Oh don Omobono! sclamò Teresa. Venite avanti.
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