XIV.
Il
prelato e la principessa.
Monsignor
Pagni, che noi incontrammo vestito da secolare nella povera casa di
Giuseppe Monti, era in quella mattina abbigliato con tutta quanta la
civetteria prelatizia. Dalla chioma leggiadramente azzimata intorno
alla chierica fino alle scarpette da damigella, tutto era in lui
accurato e lindo; l'abito dal taglio elegante, la mantelletta
paonazza, finamente pieghettata, le calze di seta, il cappello coi
fiocchi lucenti, ogni cosa rappresentava il lusso ecclesiastico in
tutta la sua pompa.
Marini
e Leoni si alzarono in piedi, al primo presentarsi di monsignore.
Il
giudice si profuse in inchini, esclamando più volte:
-
Eccellenza reverendissima!
Il
prelato si avanzò con passo ardito e disinvolto; fece passando
un leggero cenno della testa in risposta al saluto dei due signori,
poi venuto innanzi alla principessa, le baciò la mano con
galanteria, e le disse familiaramente:
-
Bella cugina, come va?
-
Bene, monsignore, rispose essa. Accomodatevi. Abbiamo appunto bisogno
di voi.
Il
prelato sedè vicino alla signora. Marini andò per
baciargli la mano; egli fece un gesto di rifiuto.
-
Avete bisogno di me! esclamò monsignor Pagni. Me fortunato! È
una buona sorte trovarmi nel caso di poter servire in qualche cosa la
mia amabile cugina.
-
L'avvocato Leoni, che io vi presento, disse la principessa (Leoni
fece un leggero inchino) bramerebbe di ottenere una grazia da voi,
monsignore. Ed io ve la chiedo per lui.
-
Una grazia, voi dite: chiamatelo piuttosto un comando. Ciò che
vien chiesto dalla bocca della mia gentile cugina io non posso
rifiutarlo.
-
Egli vorrebbe come avvocato, difendere innanzi al Tribunale della
Sacra Consulta i principali accusati della gran causa....
-
Di lesa Maestà in primo grado, soggiunse il giudice
processante.
-
Io gli accorderò volentieri quanto egli mi domanda per vostro
mezzo, disse monsignor Pagni alla principessa; ma credo bene di
prevenirlo ch'egli aspira a un ufficio pericoloso.
-
È quello che gli diceva io medesimo.....
Così
soggiunse Marini, e più avrebbe detto, ma una brusca occhiata
di monsignore, lo rese avvertito che non toccava a lui a interloquire
in quel momento, ed egli si tacque tutto compunto.
-
Per quanto periglioso sia quest'ufficio, disse Leoni con fermezza, io
mi sento coraggioso abbastanza per compierlo.
-
Quand'è così, soggiunse il prelato, io vi ammetterò
a sostenere questa difesa, ma vi prevengo che il giudizio non avrà
luogo tanto presto; non siamo che ai primi stadi dell'inquisizione.
Non è vero, signor giudice?
Questa
volta non parve vero a Marini di essere invitato a parlare da
monsignore, e rispose senza timore:
-
Al primissimo stadio, eccellenza. Si stanno appunto raccogliendo le
fila preliminari degli indizi. Il processo intero sarà l'opera
di molti mesi, sarà una mole ingente; sempre si aggiungono
nuovi nomi, nuovi accusati.
-
Intanto, disse Leoni, io ringrazio la signora principessa e
monsignore; quando verrà il giorno del cimento, pregherò
il cielo che mi dia forze bastanti all'impresa.
Poi
si alzò salutando, e uscì. Anche il giudice si alzò,
dicendo:
-
Io pure riverisco la signora principessa, e prego umilmente
monsignore di avermi nella sua memoria.
Poi
camminando all'indietro, e intercalando quella marcia retrograda con
riverenze da minuetto, uscì dal salotto.
La
principessa e il prelato rimasero soli. Regnò qualche momento
di silenzio. Monsignor Pagni fu il primo a romperlo, dicendo:
-
È qualche tempo ch'io vedo una nube sulla fronte della mia
cara cugina. Luigia, v'è qualche cosa che vi addolora.
-
Nulla; v'ingannate, monsignore.
-
Eppure sapete che da lungo tempo io sono uso a leggere nella parte
più riposta del vostro cuore.
-
Ebbene, che cosa vi leggete adesso?
-
Un'occulta pena; voi non sorridete più; voi.... insomma non
siete più la stessa.
-
E a che cosa attribuite il mio cambiamento?
-
Non saprei, disse il prelato con un accento particolare; poi dopo un
momento aggiunse, guardando in faccia la principessa: A meno che non
fosse vero ciò che si va dicendo per Roma, a bassa voce, ma si
va dicendo.
-
Che cosa mai? chiese essa con noncuranza.
-
Che fra gl'insorti v'era un vostro amante, rispose lentamente
monsignor Pagni, senza staccare gli occhi da lei. E ch'egli si trova
ora in qualche pericolo.
-
Che? esclamò la principessa con un grido irresistibile di
spavento. Poi subito dopo represse la sua commozione, e disse con
orgoglio: E voi poteste credere a questa bassezza?
-
Io! aggiunse con ipocrisia il prelato. Il cielo me ne guardi!... Vi è
però qualcuno che ci crede.
-
E chi, di grazia?
-
Vostro marito.
-
Mio marito!
-
Ma non temete; la mia protezione non sarà mai per mancarvi.
-
Oh! esclamò essa con indignazione. Io so bene quello che vale
la vostra protezione! di voi altri santi pastori! È la
protezione del lupo sopra l'agnello. E non l'ho provata io stessa? E
non era una povera orfanella, giovinetta, sola, e innocente, quando
fui affidata alla vostra tutela? Voi eravate il nipote di mio padre,
maggiore a me di anni e di senno, incamminato nella carriera
ecclesiastica, uomo di pietà e di religione!... Ebbene, voi
abusaste indegnamente di quell'incarico sacrosanto. Valendovi del
potere che vi affidavano le leggi ed il sangue, invece di difendermi,
voi mi avete sedotta, tradita; e nel giorno istesso nel quale il
vostro dito riceveva l'anello vescovile, io sola, abbandonata, sopra
un letto di dolore...
-
Basta! proruppe monsignore. Qualcuno potrebbe udirvi.
-
Io divenni madre: e la mia sventura fu un mistero per tutti. Ma voi,
snaturato, voi che non miravate ad altro che all'ambizione della
casa, voi mi costringeste a sposare un uomo che io aborriva,
minacciandomi, se io rifiutava, di pubblicare la mia vergogna. Questa
fu la tutela, questa la difesa, la protezione che io m'ebbi da
voi!... Ed ora io debbo sorridervi, porgervi la mano, chiamarvi caro
cugino, e anche ascoltare in pace gli oltraggi che mi volgete col
sorriso di miele sul labbro!
Un
servo entrò.
-
Signora principessa, disse, un uomo domanda di parlarvi.
-
Ha detto il suo nome? chiese ansiosamente la signora.
-
Ha detto di chiamarsi Giano.
-
Ah! finalmente!... Venga.
Giano
fu introdotto dal servo.
-
Vieni, gli disse la principessa. Avanzati.
Poi
essa guardò in modo significativo il prelato. Egli comprese
ch'era invitato ad uscire: squadrò con rapida occhiata da capo
a piedi l'ignobile figura di Giano; poi, volto alla cugina, le disse:
-
Vedo, signora, che avete degli affari. Vado nel gabinetto di vostro
marito: ho appunto bisogno di parlargli.
-
Accomodatevi, monsignore.
Il
prelato uscì. La dama rimase sola con Giano.
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