S. Caterina da Siena
Dialogo della divina provvidenza

TRACTATO DE LA DISCREZIONE

CAPITOLO L

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CAPITOLO L

Come questa anima venne in grande amaritudine per la cechitá di quelli che s’annegavano giú per lo fiume.

Alora quella anima ansietata di desiderio, considerando la sua e l’altrui imperfeczione, adolorata d’udire e vedere tanta ciechitá delle creature, e avendo veduto che tanta era la bontá di Dio che neuna cosa aveva posta in questa vita che fusse impedimento, in qualunque stato si fusse, a la sua salute, ma tucte ad exercitamento e a provazione della virtú, e nondimeno, con tucto questo, per lo proprio amore e disordinato affecto, n’andavano giú per lo fiume non correggendosi, vedevali giognere a l’etterna dannazione.

E molti di quelli che v’erano, che cominciavano, tornavano a dietro per la cagione che udita aveva da la dolce bontá di Dio, che aveva degnato di manifestare se medesimo a lei. E per questo stava in amaritudine. E fermando essa l’occhio de l’intellecto nel Padre etterno, diceva: — O amore inextimabile, grande è l’inganno delle tue creature! Vorrei che, quando piacesse a la tua bontá, tu piú distinctamente mi spianassi e’ tre scaloni[97] figurati nel corpo de l’unigenito tuo Figliuolo; e che modo essi debbono tenere per escire al tucto del pelago e tenere la via della Veritá tua, e chi sonno coloro che salgono la scala.


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