Jolanda
Pagine mistiche

XII. Resurrezione.

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XII.
Resurrezione.

 

Mentre l'armonia festosa delle campane si diffonde nel limpido cielo primaverile, e i fiori odorano sugli altari nelle chiese parate a festa, e l'olivo della pace s'inalbera in ogni dimora come un vessillo pio, leggiamo insieme il racconto dell'avvenimento divino:

«Passato il Sabato, Maria Maddalena e Maria madre di Giacomo e Salome avevano comperato gli aromi, per andare a imbalsamare Gesù.

«E, partite di gran mattino il primo della settimana, arrivarono al sepolcro quand'era già sorto il sole.

«E dicevano tra di loro: Chi ci leverà la pietra, che ne chiude il monumento?

«Ma, osservando, videro ch'era stata rimossa la pietra, la quale era molto grande.

«Ed entrate nel monumento videro a destra sedere un giovane in bianca veste, e rimasero stupefatte.

«Ma egli disse loro: – Non temete: voi cercate Gesù Nazzareno crocifisso: egli è risuscitato, non è qui; ecco il luogo dove l'avevano deposto.

– «Ma andate, dite a' suoi discepoli, e a Pietro: Egli vi andrà innanzi nella Galilea: ivi lo vedrete come egli vi ha detto».

Nessuna lirica, per quanto ispirata, nessuna pagina di prosa, per quanto elegante e sapiente, possono avere sul nostro spirito, oggi, ancora avvolto nei fervori della preghiera, nella soave dolcezza della purificazione, l'efficacia del racconto storico nella sua rozzezza primitiva, nella sua suggestiva semplicità.

La scena maravigliosa, tracciata nei suoi principali contorni, senza artificio di stile, senza ornamenti retorici, come gli antichissimi graffiti sui marmi delle chiese, balena in una luce sovrumana all'anima nostra riverente e sitibonda di mistiche consolazioni. Venti secoli sono passati dall'avvenimento miracoloso: gli imperi sono succeduti agli imperi, la civiltà ha percorso un lungo cammino: nuovi orizzonti si schiusero al pensiero, all'attività umana; leggi nuove ne regolano le azioni, ne tutelano i diritti, ne stabiliscono i doveri: eppure ora come allora l'anima dell'uomo, che in fondo è rimasta la medesima per amare e soffrire, ancora si rivolge verso quella tomba, e, se credente, vi attinge le sue più preziose speranze, se priva di fede vi cerca ansiosamente la spiegazione del grande mistero.

Attraverso alla narrazione del Vangelo, vediamo lucidamente, viviamo anzi, quell'alba primaverile sotto il cielo d'Asia velato di bianchi vapori all'oriente. le tre donne, chiuse nei loro manti oscuri, come ancora le Arabe li portano ai giorni nostri, i manti che celano i vasi con gli unguenti profumati di nardo, d'aloè, di benzoino, che lasciano dietro i loro passi una traccia d'acuto aroma. Vanno in silenzio le pietose, atterrite ancora dalla tragedia a cui assistettero; angosciate tuttora dall'inuguagliabile strazio della Madre Dolorosa. L'una d'esse, la bionda Maddalena, piange lacrime furtive che terge nascostamente con un lembo del suo manto. Ella ha perduto non solo il Maestro, la Guida sicura, il risvegliatore delle coscienze e dei cuori, ma il suo salvatore. Per lei, peccatrice ravveduta, Gesù fu il redentore prima che per tutti gli altri uomini. Ella viveva nelle tenebre, ed Egli le diede la luce: ella seguiva le vie dell'errore, i suggerimenti del suo istinto primitivo perchè ignorava che vi fossero parole, che vi fossero sentimenti d'una specie superiore. Ma dal giorno in cui Gesù le posò fraternamente la sua mano radiosa sulla spalla, e con la voce dolce e profonda l'assolvette delle sue passate colpe e le ingiunse di non peccare più, da quel memorabile giorno Maria Maddalena si sentì interamente rinnovata, monda, felice. I piaceri materiali non l'allettarono più, i compagni e le compagne delle ore di orgia e di dissolutezza le ispirarono ribrezzo e pietà. Tutta l'anima sua primitiva e semplice fiammeggiò come un rogo di purificazione e d'amore divino. Umilmente ella venne sulle tracce di Cristo: si spogliò delle ricche vesti e dei gioielli di cui tanto si compiaceva; si vestì come le povere donne che andavano ad attingere acqua alle fontane e ch'ella guardava altezzosa e beffarda. Sciolse i suoi lunghi dorati capelli, come nelle ore di duolo, e compì pubblicamente l'atto del pentimento espiatorio: assunse l'ufficio di schiava ai piedi del suo Maestro. Pubblico era stato lo scandalo destato dalla sua condotta, pubblica doveva essere la riabilitazione. E gli unguenti che odorano forse sotto al suo mantello chiuso, le ricordano quegli altri unguenti che sparse sui piedi di Gesù e rasciugò con le sue chiome in quel giorno memorando: i piedi che solo avevano percorso le vie della purezza, che si erano crudelmente insanguinati sul cammino di passione, e che ora, rivedrebbe inerti, straziati dai chiodi dell'infame martirio.

Maria Maddalena lagrima silenziosamente, ma in cielo i piccoli cherubini esultano per quel pianto.

Ecco, l'oriente si colora di rosa e di viola, un'aura fresca e pura accarezza i volti pallidi delle afflitte; gli uccelli si ridestano e pispigliano tra gli olivi pallidi e le tamerici: sui margini del sentiero luccicante di rugiada, odorano le violette, si svegliano, aprendo i rossi bocci, le margheritine.

Da lungi vedono biancheggiare le pietre del sepolcro dove il pio Giuseppe d'Arimatea avea calato tre giorni innanzi, avvolta nel bianco sudario, la salma del martire divino. L'ora s'avanza, si fa tardi, e le donne affrettano il passo. Uno strano sbigottimento le ha prese, le impaura: temono d'essere sorprese nella loro opera di misericordia dai nemici di Cristo, d'essere impedite di compiere quell'estremo atto d'omaggio alla memoria del loro maestro. E mentre accelerano il loro andare, ecco il sole che in tutta la sua gloria emerge trionfale dall'orizzonte e dardeggia come in un saluto d'onore i suoi primi raggi sul masso solitario, ermo, silenzioso.

Nessuno custodisce il santo luogo; anche i discepoli più fedeli l'hanno disertato. E le afflitte, giungendo affannate, se ne lagnano sommessamente tra loro, e misurando con gli sguardi le dimensioni e la pesantezza della larga lastra di macigno, disperano che le loro forze femminili possano bastare a scostarla. Ma mentre Maria Maddalena, posate a terra le urnette degli aromi e sbarazzatasi del suo manto s'accinge all'impossibile impresa con l'ardore dell'anima sua che confida in un aiuto sovrumano, s'avvede che la grande pietra è già stata rimossa, e balza indietro e grida inorridita. Ed ecco il celeste guardiano, dall'interno della grotta, bianco, immateriale, soffuso il volto d'un chiarore insostenibile, calmare il femminile smarrimento con le parole consolatrici: «Colui che cercate non è qui, ma altrove; colui che avete creduto non veder più tra voi, rivedrete, e sarà unito a voi per sempre».

Oh, di quali sereni colori, di quale giubilo, di quale aura di festa, si sarà improvvisamente rivestita agli occhi delle stupefatte donne di Gerusalemme la natura, all'inaspettata parola di risurrezione e di vita! Il cielo, la terra, le erbe, gli uccelli, lasciarono la loro mestizia dolente, e arrisero ed esultarono e glorificarono in un largo, immenso, magnifico inno quel mattino del grande prodigio. La morte cupa, dolorosa, era stata vinta dalla vita; la carne umana che Gesù aveva voluto rivestire come un fardello per insegnare agli uomini come si vive, come si muore per il trionfo d'un ideale di verità e di giustizia, era stata vinta dallo spirito luminoso del figlio di Dio. La promessa dei profeti si avverava, il destino sovrumano si compiva. Gesù non poteva deludere coloro che avevano avuto fede in lui. La prova dolorosa era finita: ora e sempre il maestro poteva raggiare sulle anime e dentro i cuori, guida, esempio, forza, consolazione.

L'angelo guardiano porta anche a noi, oggi, dal sepolcro scoperchiato di Gesù, il suo linguaggio di speranza, di conforto immortale. E la natura tutta, risvegliata anch'essa dalla breve morte invernale, esulta e ci ammonisce. Tutto è caduco e fragile quaggiù, ma nulla muore del tutto, ma nulla si perde, ma nulla si distrugge. Più forte della morte è la vita: l'involucro dello spirito è delicato, soggetto a mille alterazioni, a mille miserie, ma lo spirito è immortale, inafferrabile, invincibile, infinito. Nelle tombe, sotto i fiori della pietà e dell'amore le sembianze degli esseri a noi più cari si dissolvono a poco a poco, ma non è , in quel luogo triste, che li dobbiamo cercare: essi sono altrove. I nostri sogni più belli, i nostri sentimenti più fiammeggianti, le nostre aspirazioni più gagliarde, che caddero miseramente lungo il nostro cammino come fiori che nessuno colse o dolci frutti che nessuno curò: che il tradimento, la malvagità, l'ingiustizia, l'insipienza dei nostri fratelli mutarono in veleno, tutto questo tesoro più caro, che piangiamo perduto nel segreto del cuore e che profumiamo col nostro fedele ricordo, tutto questo non è morto, ma rivive: rivive in opere di bellezza, in opere di bontà, in un nuovo ed unico amore meno egoistico e più vasto, per tutte quante le creature. Gesù Cristo rivive la sua seconda ed eterna vita, non tra pochi rozzi uomini che malamente possono intenderlo, ma nell'anima di tutti gli esseri che compongono l'umanità. Rivive e impera nella nostra coscienza, il dolce, il puro, il grande Maestro di Galilea, per confortarci quando siamo afflitti, per deciderci quando siamo irresoluti, per ridonarci la pace quando l'abbiamo perduta, per ammonirci quando abbiamo smarrito la via, per spegnere il risentimento e l'odio e farvi brillare, invece, la pietà e l'amore.

 

Sorridean dai celesti occhi profondi

I pargoletti al bel profeta umil;

Ei lacrimando entro i lor ricci biondi

La mano ravvolgea pura e sottil1.





p. -
1 Carducci.

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