Jolanda
Pagine mistiche

XIV. La Madonna.

PrecedenteSuccessivo
Link alle concordanze:  Normali In evidenza

I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio

XIV.
La Madonna.

 

Fu San Pio V che stabilì la ricorrenza della festa dell'Immacolata agli 8 del mese di Dicembre: ma il culto della Madre Purissima risale assai più lontano, come si rivela dalle liturgie, ai tempi apostolici.

Da un ascetico libro in cui si narra l'origine d'ogni festa cristiana, si apprende che S. Andrea di Crata, vissuto nel IV secolo, la ricordò; e S. Sato, che fiorì verso il 481, compose diversi canti su tale soggetto. L'imperatore Leone, detto il Saggio, il cui regno s'iniziò sul declinare del secolo IX, in parecchi discorsi ne fa l'elogio.

Si vuole che la festa speciale celebrata dapprima in Oriente e diffusa poi in Occidente in onore della Immacolata, sia stata solennizzata primieramente dall'Inghilterra per volere di S. Anselmo, Arcivescovo di Cantorbery, verso l'anno 1100: ma altri vorrebbero rivendicarne l'onore a Napoli, poichè nel calendario marmoreo della sua Chiesa, scolpito fra l'840 e l'850 si trova segnato l'augusto titolo: Conceptio B. Mariae Virginis.

In Francia, nell'antica città di Rouen, si celebrava tale festa con entusiasmo, e in questa occasione veniva eretta una tribuna dov'era gara tra gli oratori in tutte le lingue a chi più eloquentemente tessesse il mistico elogio di Maria. E perfino inni, odi, sonetti, ballate e canti, venivano declamati in simile occasione: tanto che nel 1632 alla spirituale tenzone prese parte pure il sommo tragico francese Corneille.

L'autore del libro che ho citato ritiene che da «queste poetiche e geniali Corti d'Amore indette dagli araldi medioevali per esaltare la Regina del Cielo» abbiano avuto origine gli attuali Congressi Mariani.

Un re di Francia, Luigi il Grande, nel 1650 rinnovò con pompa solenne la consacrazione votiva che il padre di lui, Luigi XIII aveva fatto di e del suo regno alla Vergine Immacolata nel 1630, ad esempio dell'atto compiuto quasi tre secoli prima da Giovanni I, Re d'Aragona e di Valenza.

Anche in Austria, l'Imperatore Ferdinando III, l'anno 1647, consacrava alla Purissima la sua persona e i suoi Stati, inalzando a pegno e ricordo della promessa in una piazza di Vienna una colonna di marmo con figure ed emblemi esprimenti le vittorie di Maria Immacolata sul male.

Fra tutte le nazioni devote a questo Titolo della Vergine, la Spagna ne fece un Ordine cavalleresco: ed una pia principessa, nel vicino Portogallo, creava l'ordine religioso della Immacolata.

In Italia fu un Duca di Savoia, Vittorio Amedeo II, che elesse Maria Immacolata a patrona della sua stirpe e dei suoi sudditi. Dopo la crudele guerra sostenuta per lunghi anni dal valoroso Piemonte contro la Francia, e terminata con celebre vittoria, il Duca emanava un editto nel quale, come gli antichi cavalieri crociati, cristianamente rendeva grazie e lodi a Nostra Donna per le singolari prove di protezione ch'egli e i suoi ne avevano avuto; e si riprometteva, come i suoi pii avi, di onorarla e farne celebrare e rispettare il culto.

L'editto ha parole semplici e austere, rievocanti al vivo la fede sincera e profonda dei cavalieri antichi, che, prima di recarsi a combattere, piegavano il ginocchio sulle pietre delle cattedrali e posavano la loro spada sull'altare perchè vi scendesse la benedizione del Signore.

«Siamo fermamente persuasi – è detto nell'editto che la Beatissima Vergine è quel prezioso e sacro canale, onde, in ogni tempo ci sono derivate grazie tanto sensibili dal Cielo sopra la nostra Casa e sopra i nostri popoli, come chiaramente si vede nella lunga esperienza di otto secoli nei quali quella gran Madre e Signora ha date ai regnanti a ai sudditi tante e sì segnalate prove del suo materno patrocinio, così nelle contingenze di guerra, come in altri periodi e disastri; perciò Noi, seguendo l'esempio di quell'amore filiale e di quella pia riconoscenza de' nostri antenati, che all'onore di Essa hanno fondate tante chiese di qua e di dai monti, instituito il Sacro Ordine della Santissima Annunziata, che essi medesimi portarono con gran riverenza, dandolo a' suoi più illustri e vittoriosi vassalli per contrassegno e ricompensa dei meriti loro; finalmente han fatti e pubblicati diversi editti indirizzati al mantenimento del suo culto ed alla celebrazione delle sue feste, come sono quella del Beato Amedeo, ai 17 Giugno 1430: quella di Carlo Emanuele I, mio bisavo, ai 6 Dicembre 1621; quella di Cristina di Francia, mia avola, ai 21 Marzo 1635; e, per ultimo, quella di Carlo Emanuele II, mio fu signore e padre, ai 28 Giugno 1648: i quali tutti, oltre alla divozione generale agli altri Misteri di Nostra Signora, han professata una speciale venerazione a quelli della sua Immacolata Concezione ed Annunziazione.... noi rinnoviamo tutti questi editti.... e consacrandoci di nuovo con tutta la nostra famiglia e posterità, e con tutti i nostri Stati, a quella Divina Madre, dichiariamo che abbiamo fatto e facciamo un voto speciale, così per noi come per la nostra famiglia e per tutti i nostri Stati e popoli, del consenso dei quali la nostra ben conosciuta pietà non ci lascia alcun dubbio, di celebrare in perpetuo la festa dell'Immacolata Concezione agli 8 di Dicembre».

Bello e gentilmente poetico è questo vasto tributo d'omaggio, questi atti di sottomissione che l'alto linguaggio degli individui che li compirono e il reciso tono di comando in cui usavano esprimersi rendono più magnanimi, e adombrano, anche nell'umiltà, d'una simpatica, virile fierezza. Bello per la religione e per l'ideale questo armonioso contrasto della forza e della potenza, ed anche della crudeltà, delle armi, che s'inchina, riconosce ed adora la Purezza assoluta e ne fregia i petti come segnacolo di onore, come ricompensa al valoroso e ne fa soggetto d'arte e di poesia, e la innalza sui pinnacoli a tutelare la vita civile, e simbolicamente si raccoglie sotto il suo manto azzurro come all'ombra d'un augusto vessillo di protezione e di salvezza. Bello questo omaggio della sovranità terrena alla sovranità celeste nella sua forma, più mistica e pura: questa consacrazione cristiana di riconoscenza alla Patrona delle Vittorie, che nel soave simulacro trionfa sulla colpa, sul fango, sulle impurità umane, raffigurate dal serpe velenoso da Lei domato col piccolo piede che sa solo le vie stellate delle altissime sfere.

Maria Immacolata, che, nella festa dell'Annunciazione del 1858, ripeteva la divina scena dell'Angelus svelandosi ad un'umile predestinata, alla pastorella di Lourdes, è, tra le immagini della Madonna, quella che alle fanciulle si conviene di più, quella che con maggior fervore dovrebbero venerare. Esse ne portano i colori nelle cerimonie sacre: bianco e azzurro: purezza e misticismo; esse nella loro primavera incontaminata guardano a Lei come a modello di candore. Ella non reca il bimbo divino fra le braccia come negli altri aspetti in cui la sua maternità l'avvicina di più alla terra: è sola, mistica colomba pronta a spiccare il volo, a sollevarsi e perdersi nella luce da cui scese un istante per rivelarsi alla nostra fralezza, e di cui pare abbia già la nostalgia nelle pupille rivolte in alto, mentre le diafane mani, congiunte, adorano.

Ed Ella è la Trionfatrice sulla più rude lotta, quella dell'ombra e della luce quella del Bene contro il Male. Ella che è l'Invitta, insegnerà le fanciulle a vincere le più difficili battaglie, le compenetrerà dell'olezzo de' suoi gigli sì che qualche atomo di quel profumo sovrumano resti chiuso nel loro cuore e vi rimanga tutta la vita come un rifugio, una salvezza, un istinto, una guida: parlerà loro con la voce dolce delle giovani morte che ebbero care sulla terra e che recarono intatta nell'eternità la loro veste verginale: le esorterà in umiltà gloriosa come le provvide monacelle che danno pace alle giovinezze immolate per la patria sui campi di battaglia: pregherà per esse con la soavità delle bendate sorelle che s'odono e non si vedono dietro le grate dei silenti monasteri. E le fanciulle prostrate ai suoi altari pregheranno così «Ave, ave, o Maria! Anche la nostra giovinezza debole, ignara, viene a Te e ti adora: e a Te, regina di Purezza, si consacra con tutte le sue speranze, con tutte le sue fedi, con tutte le sue impazienze e le sue trepidazioni pel vasto avvenire. Veglia su noi, e fa che ad ogni passo che muoviamo su per l'erta difficile, fiorisca un fiore di bontà; che ogni nostro proposito sia retto e incontaminato; ogni nostra aspirazione alta e pia. Fa che dalla nostra vita e dai nostri atti e dai nostri pensieri emani la serenità d'una coscienza monda, e che altri, guardandoci, sia tratto a seguirci, e che la nostra carezza sia pietà e il nostro cuore sia premio. Ave, ave, o Purissima

Nelle chiese magnifiche, monumenti d'arte e di storia, e nelle cappellette umili e solitarie, s'erge e domina, nel ridente mese dei fiori, questa pura forma femminile, a cui va particolarmente l'omaggio della fede e della preghiera.

Certo, l'omaggio non è unanime come una volta, quando un sincero impulso o un'obbedienza cieca traevano ricchi e poveri, superiori e dipendenti, ai piedi dell'altare: quando le famiglie, riunite patriarcalmente intorno al loro capo che assumeva in quella data ora una dignità quasi sacerdotale, nell'oratorio di casa, o intorno a un altare improvvisato, recitava preghiere e cantava inni ad onore della Vergine Maria. Ma ancora, nonostante lo scetticismo, lo sprezzo, l'indifferenza, la Purissima s'erge tra i gigli e le rose nel mistero del tempio, pende dalle pareti delle intime stanze, posa sui cuori ingenui, sui petti malati, innanzi ad occhi piangenti come una protezione, come una carezza sovrumana. La gioventù e l'infanzia vengono ancora a Lei come al simbolo divino della maternità nella sua forma più vasta ed eccelsa, come all'esempio della più immacolata castità; e allo spirito della creatura che fu madre del Redentore affidano con maggior sicurezza il peso dei primi crucci, l'amarezza delle prime disillusioni, l'ansia delle prime lotte, l'esuberante riconoscenza delle prime vittorie, come al tramite più pronto e più degno per comunicare con la Divinità.

Ardenti e candide suppliche di fanciulle buone che salite col profumo dei fiori, con le fiammelle dei ceri e col vaporar dell'incenso, nel maggio soave, verso la Regina dei Cieli e la Stella Mattutina, io vorrei che nessuna ricadesse inascoltata, che nessuna rimanesse inesaudita. E colei che chiede la salute per i suoi cari e per ; colei che chiede la pace sulla sua casa agitata da conflitti domestici: e chi domanda la forza di vincere una passione che bisogna soffocare o di estirpare un difetto che resiste ad ogni sforzo di volontà: chi domanda la luce per una decisione o una fiamma di zelo per qualche nobile impresa; chi vuole la tolleranza per le imperfezioni altrui e la difficile costanza nell'adempimento del dovere quotidiano, tutte, tutte queste anime giovinette vorrei sapere appagate e felici, tutte vorrei vederle sciogliere il canto gioioso della riconoscenza e della lode.

Auguriamocelo! Intanto andate, o fanciulle, andate ad inginocchiarvi con l'umiltà e la semplicità delle prime vergini cristiane, ai piedi del Mistico Fiore a cui l'arte d'ogni scuola diede sembianze immortali. Confidate alla Misericordiosa quello che vi addolora, quello che vi turba, ditele ciò che temete o che sperate di più nella vita in cui avete appena posto piede. Il poetico e soave culto di Maria ci permette di onorarla e d'invocarla sotto quell'aspetto e con quegli attributi che meglio possono armonizzare con l'età nostra, con le circostanze in cui ci troviamo, col nostro carattere, coi nostri bisogni. Ecco, per le anime vergini e pure, Maria Immacolata dalla candida veste, dal manto color del cielo, coronata di stelle, che s'erge vittoriosa sul simbolo del male soggiogato e vinto dal suo piede leggero. A lei, o fanciulle, dite di serbarvi immuni da ogni ombra, di preservarvi da ogni veleno di corruzione, onde possiate, placide e sicure, consacrare un giorno la vostra fede al prediletto del vostro cuore o alla luminosa missione destinata a divenire il nobile fine d'una vita utile e attiva.

Ecco la Dolorosa con gli occhi piangenti verso il cielo, il cuore trafitto da sette spade, colei che conobbe il più crudele degli strazi, che accolse, innocente, un infinito numero di angoscie, che subì un inenarrabile martirio. Quale pena non potrà Essa intendere e consolare con una ispirazione, con un raggio, con un prodigio? Dalle sue labbra sembrano venirci le parole della divina promessa cristiana: «Venite a me, o voi tutti travagliati e dolenti: io vi consolerò». Andate a lei, abbrunate ombre femminili, pallidi volti da cui fuggì per sempre il sorriso, cuori malati di nostalgia e di tristezza, anime chiuse su un'intima pena, che non si può rivelare a nessuno; o voi offese, tradite, colpite negli affetti più sacri, voi a cui caddero le speranze nel loro fiore come le corolle d'un giardino al passare dell' uragano: voi a cui la vita tutto negò, a cui la morte tutto tolse; andate verso la Madre del Dolore, la Consolatrice degli Afflitti, la Salute degli Infermi. Non vi rialzerete senza che Dio vi abbia parlato per mezzo Suo. E sia pure una sola parola, ma essa sarà divina.

Ecco la gloriosa Assunta. Miriadi di piccoli angeli, di cherubini alati, la trasportano verso il regno dei Cieli, ed Ella, già tutta avvolta nella luce d'oro della sua apoteosi, guarda estasiata le porte mistiche che si schiudono per accoglierla, degna fra le degne. A questa Madonna trionfatrice eleviamo lo sguardo e il cuore quando dopo la prova siamo consolate; quando, dopo aver pianto a lungo nel buio d'una notte che pareva non aver fine, l'orizzonte si rischiara innanzi alle nostre pupille stupite e incredule ancora, e spunta, anche per noi, finalmente, il sole. A Lei innalziamo gli inni di gloria e di gioia, a Lei, col cuore commosso, offriamo l'olocausto più grato, sciogliamo il voto più ardente. Un'armonia è fra il trionfo di Maria Assunta gloriosa e la vittoria di tutto il nostro essere: per lei e con lei osanniamo esultanti al Signore.

Ecco Maria sposa, protettrice delle fidanzate, stendere in bell'atteggiamento modesto ed umile la mano virginale al sacerdote che nel tempio la congiunge alla mano sapiente e prudente di colui che sarà il suo protettore. Il candido giglio fiorisce nell'ombra: e le simboliche nozze di Maria di Nazareth sembrano purificare ogni unione d'amore lungo il corso dei tempi. Chiedete la sua semplicità, la sua docilità, o fidanzate, e l'aureo anello di fede che brillerà al vostro dito possa significare il primo anello d'un'aurea catena d'amore, sì, ma anche di invitta fedeltà alla vostra missione futura.

Ecco l'Annunziata piena di grazia. Una fanciulla è sola nella sua cameretta e prega nella pace, nel silenzio, nell'innocenza dell'anima sua. Un lampo, una luce, e una diafana forma angelica le appare dinnanzi. Ella ristà dalla preghiera, meravigliata e intimorita; e l'angelo, allora, presentandole un giglio, la saluta e la rassicura: «Ave, Maria; il Signore è teco». E come la vergine lo interroga con lo sguardo riverente e desideroso, intorno al motivo del miracolo, l'Angelo segue: «Tu sei la benedetta fra tutte le donne», e le rivela l'augusta missione a cui il creatore l'ha designata. La fanciulla esita; in quell'attimo, poichè è in comunicazione con Dio, ha la lucida ed intera percezione del significato austero, grande, terribile, del privilegio celeste: ha la visione del martirio che l'attende: eppure non tenta nemmeno sottrarsi alla volontà divina; non ha un moto d'orgoglio per quella predestinazione sovrumana. La sua risposta è breve e dolce; piena di mansuetudine: «Ecco l'Ancella del Signore: sia fatto secondo la tua parola». Quale esempio per chi si prepara ad una missione ardua e superiore, verso cui s'inclinò come rispondendo all'appello di un angelo invisibile! L'anima vegliava in preghiere, avvolta in un velo di ideale e di sogno, vegliava inconscia del comando divino, ma preparata a sorgere, come un guerriero prode e previdente che si tien pronto nell'arma. Ed ecco, nell'ansia dell'attesa silente, il lampo della rivelazione, ecco la voce, ecco il richiamo del Cielo: Salve! tu sei l'eletta! Impariamo a non sottrarci all'incarico che Dio ci affida per grave e difficile che possa sembrarci, per quante difficoltà, tristezze e dolori ci prepari l'avvenire. Impariamo ad essere docili strumenti d'una Volontà arcana e suprema, a rinunziare prontamente a tutto il resto per rispondere, come la dolce fanciulla di Jesse nel profumo dei gigli: «Ecco l'ancella del Signore».

Vediamo la Vergine del Rosario. Non è l'Ancella come l'Annunziata; non è la Madre dolorosa; non la Regina come l'Immacolata e l'Assunta. È la sorella pia che insegna a pregare, la confortatrice che dona un talismano di fede e di fortezza. Come l'omaggio istituito da San Domenico prese il nome di rosario? Una mistica tradizione lo narra. Udite.

Un giovine e innocente pastore, devoto a Maria, soleva recitare la corona mentre il suo gregge pasceva tra le solitudini della montagna. Era così povero e semplice che nemmeno possedeva la pia collana destinata ad aiutarlo nella sua preghiera, ed egli se n'era fatta una di suo gusto, infilando delle more selvatiche in un sottile giunco piegato a guisa di cerchio. Ogni sera appendeva la sua corona agreste ad un albero, ed ogni mattina la riprendeva per orare.

La Madonna, si compiacque del fervore sincero dell'umile creatura, e un mattino del dicembre, mentre la neve, durante la notte, aveva imbiancato i dorsi e le cime delle montagne, e il pastorello, intirizzito, si recava faticosamente al solito albero per riprendere la sua corona di more e di giunco, operò un gentile miracolo, facendo trovare al fanciullo, invece del serto arido, una fresca corona di rose candidissime, tramezzate, di dieci in dieci, da una rosa vermiglia. La notizia del prodigio si divulgò e alla preghiera venne il soave nome di Rosario.

Fanciulle buone, io credo che tutte, nel mese che la chiesa dedica a Maria, offrite un omaggio di fiori e di preghiere all'immagine che veglia il vostro sonno e i vostri sogni. Ma se vi fosse alcuna tra voi più distratta o tepida che non lo facesse, pensi al pastorello della montagna e voglia imitarlo. Fiori spunteranno sull'arido virgulto e vinceranno l'algore del gelo. Sia il Maggio in cui primavera ride ed esulta, immagine universale della vostra giovinezza, sia il mese della purificazione di tutti i pensieri, di tutti i sogni, di tutte le azioni, di tutti gli affetti. Chiedete a Dio per mezzo della Causa della nostra Letizia un dono spirituale – il dono che bramate di più – e Dio non ve lo negherà; offrite un intimo voto con cuore fedele, e sia questo fiore di sacrifizio, il fiore più fragrante, il fiore dei fiori, che la vostra mano pura depone sul marmo dell'altare....


PrecedenteSuccessivo
Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (VA1) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2008. Content in this page is licensed under a Creative Commons License