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XXII. Bontà.
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«Gesù – narra il Vangelo – andava attorno per tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe e predicando il Vangelo del Regno e sanando le malattie del popolo. E si sparse la fama di lui per tutta la Siria: e gli presentarono tutti quelli ch'erano afflitti da diversi mali e dolori, ed ei li risanò. E lo seguì una gran turba dalla Galilea, dalla Decapoli, da Gerusalemme, dalla Giudea, e dal paese di là dal Giordano. Gesù, vista quella turba, salì sopra un monte e disse:
«Beati i poveri di spirito, perchè di loro è il regno dei cieli.
«Beati quelli che piangono, perchè saranno consolati.
«Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia, perchè saranno saziati.
«Beati i misericordiosi, perchè troveranno misericordia.
«Beati quelli che hanno, il cuor puro, perchè vedranno Dio.
«Beati i pacifici, perchè saranno chiamati figli di Dio.
«Beati quelli che soffrono persecuzioni per amore della giustizia, perchè di loro è il Regno dei cieli.»
Soffusa d'una luce e d'una poesia veramente divina è questa pagina della vita di Gesù. Egli è all'apogeo della rinomanza e nella pienezza del suo dominio spirituale. L'anima primitiva di quella folla rozza, impulsiva e sincera si accostava alla sua, tratta da una misteriosa influenza, da un fàscino arcano. Solo ch'Egli lo avesse desiderato, sarebbe stato proclamato sovrano d'un regno terrestre, e avrebbe trovato centinaia d'umili schiavi, d'adulatori, di cortigiani, d'amiche belle e superbe, dolci e umili dinanzi a Lui. Ma Gesù non volle. Venuto per compiere una celeste missione, per additare agli uomini la vera via, per consolare il dolore e addolcire la morte di una divina speranza, per abbattere la vanagloria; la prepotenza, ed esaltare l'umiltà e la semplicità, nulla volle per sè di materiale e dì terreno. Non sui gradini addobbati di porpora d'un trono fiancheggiato da armigeri e da cortigiani, volle Egli scendere per parlare al popolo, ma su un verde monte, sotto il libero azzurro cielo d'Oriente, solo, inerme, senza ori nè gemme nella sua candida tunica, simbolo di purezza e di austerità. E sulla cima della collinetta aprica, tra i fiori silvestri che gli accarezzavano i piedi, i rami degli arbusti che proteggevano il biondo capo divino aureolato di luce, Gesù di Galilea esaltava e benediceva il pianto, la povertà la giustizia, la misericordia, la pace. E la folla attonita, più stupefatta che convinta, ascoltava il nuovo verbo del nuovo oratore. Verbo così diverso da quello tante volte ascoltato, tendente a blandire i loro vizi, a insegnare a sfuggire alla sofferenza, ad acquistare ricchezze e piaceri, a godere la vita fosse pure a prezzo della violenza e del male altrui; oratore così dissimile dai greci e dai romani, questo risvegliatore di coscienze che diceva semplici e disadorne parole, spoglie d'ogni retorica, dirette ai cuori. Gesù parlava, e trillavano gli uccelli, mormoravano le sorgenti nascoste tra le roccie, i bimbi gli si accostavano senza timore, e levavano i cari innocenti occhi a guardarlo; e le madri a cui rendeva i figliuoli col miracolo, lo benedicevano lagrimando di tenerezza; e gli oppressi sentivano a poco a poco qualche cosa snodarsi e stendersi nel loro spirito, come le piante nel loro midollo al messaggio della primavera. E tutti andavano a lui, non per obbligo, non per timore, ma per curiosità, non per divertimento, ma per amore: perchè Egli consolava i dolori, guariva i loro mali, traeva le loro anime in una mistica sfera di luce.
Beati i poveri di spirito. Che intese dire il Divino Maestro? Forse che le persone di limitata intelligenza sono beate? Così si interpreta tante volte falsamente questa laude che Gesù volle invece rivolgere alle anime spoglie di ogni avidità. Poichè esser poveri non basta per acquistare la vera superiorità agli occhi del Redentore. Vi sono dei poveri scontenti, dei poveri che meditano di prendere con l'astuzia o la violenza ciò che non possiedono. E non questi Gesù chiama beati: ma coloro che, pur non avendo nulla, sono in pace coi desideri e con la coscienza, che si contentano della condizione in cui Dio li fece nascere, e non hanno occasione di attaccarsi troppo tenacemente ai beni di quaggiù, di sentire la schiavitù delle passioni provenienti dal superfluo, o di mostrarsi avidi, egoisti, disumani. Quanto meno possiedono materialmente, tanto più possono elevare il loro spirito leggero e sgombro nel regno della luce e della pace.
Beati i mansueti. Forse i deboli? forse i vili? forse l'acquiescenza stupida che non ha idea propria, che si sottomette senza lotta al capriccio altrui? No. La mansuetudine non è sempre debolezza; è spesso anzi fortezza d'animo. Poichè costa più resistere ai puntigli, agli scatti di collera, alle tentazioni delle piccole o grandi vendette, all'arroganza di chi si sente forte del proprio diritto, all'asprezza di chi sa di potersi valere del comando, costa più resistere a questi impulsi e trasformarli in mansuetudine che seguirli. La mansuetudine è la soavità, è la grazia; è la compiacenza che si sacrifica sorridendo, è la goccia di miele che vince più della tazza d'aceto.
Beati quelli che piangono. Beati? Ma il pianto significa dolore, cioè il nemico più accanito dell'umanità; il pianto significa sconfitta, significa angoscia, abbandono. Sì, ma il dolore è anche elevazione, luce, pentimento, purificazione, vittoria dell'anima sui sensi, rinnovellamento di coscienza e di vita. Sentire il dolore dei falli altrui, delle proprie e altrui sofferenze, è nobiltà, è penetrare nell'essenza di questa nostra vita fatta più per dolorare che per godere; è mettersi in grado, forse, di ottenere la consolazione, ch'è qualche cosa di più profondamente squisito e dolce della comune felicità. Beati, beati quelli che piangono e che saranno consolati!
Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia. La giustizia è ordine e dovere; è la base della vita onesta e retta. Ordine per ciò che riguarda a noi medesimi, che non dobbiamo lasciarci trasportare dall'effervescenza dei cattivi istinti, nè dare al desiderio insaziato più di quanto è giusto che abbia: dovere per ciò che riguarda altrui, ossia rispetto alla proprietà, alla libertà degli altri, e la coscienza dell'obbligo di riparare per quanto sta in noi le crudeltà della natura e della sorte. Gesù non considerò le ricchezze che come un mezzo per soccorrere il fratello bisognoso e in questo suo intento era più giustizia che pietà. Così egli benedisse anche coloro che nutrivano un sentimento uguale nel cuor loro.
Beati i misericordiosi. Nulla ripugnò più al Maestro divino, della durezza e dell'intransigenza. Egli aveva sempre parole severissime verso coloro che si erigevano superbamente a giudici altrui, mentre nessuna creatura è senz'ombra di colpa. Per questo proclamò, beati i misericordiosi verso i peccatori, come i misericordiosi verso i sofferenti, giacchè in ogni caso la misericordia è pietà; pietà verso i patimenti fisici e morali, ed anche pietà per la debolezza, per l'ignoranza, per la cecità, per l'imperfezione dell'anima, come per l'imperfezione del corpo. Ed è anche la misericordia, umiltà, poichè ci fa fraternizzare con tutte le creature; e Dio ha avuto per questa virtù, tanto a lui cara, una promessa luminosa e veramente divina.: «Beati i misericordiosi perchè troveranno misericordia.»
Beati i mondi di cuore. La purità fu sempre grata a Gesù e tra quei popoli rozzi e dediti ai materiali piaceri, amava esaltarla. Egli lodava la purità che dà all'anima maggior chiaroveggenza per distinguere il vero, maggior sollecitudine per adorare Dio, e quella pace e quella letizia della buona coscienza che durano, inalterabili anche tra i maggiori travagli della vita.
Beati i pacifici. Anche qui la parola di Gesù fu spesso fraintesa, così che si ricorda questa Beatitudine quasi con un senso ilare, pensando alla brava gente che non vuol fastidi e non ama essere disturbata, nè s'altera per contrarietà che le avvenga. Ma non di costoro intese Gesù parlare; Egli che detestava gli ignavi e riprovava quelli che si concedono ogni mollezza. Pacifici, sono, nel pensiero divino, gli apportatori di pace, e coloro che la pace hanno seco, nella coscienza oltre che nel linguaggio. L'ufficio di riallacciare le anime, di disporle al perdono, all'oblio, all'amore, è benedetto da Gesù che beneficò e perdonò perfino sulla croce. E per questi fedeli seguaci suoi il Maestro serbava la ricompensa più ricca, il luogo più eccelso. Li vuol figli di Dio: «Beati i pacifici, perchè saranno chiamati figli di Dio.»