Sfinge
La gaia scienza

LE VIE DELLA SALUTE

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LE VIE DELLA SALUTE

 

 

La primavera dell'anno scorso, a Pallanza, era tutta un sorriso d'acqua, di terra e di cielo.

L'Hòtel Eden (troneggiante dall'alto, nella sua architettura di caserma, nobilitata dai meravigliosi giardini in fiore, che gli si distendono intorno, in pendío, come tappeti persiani) era pieno zeppo di forestieri. Fra i pochi italiani, una signora bella, interessante e molto elegante, che attirava l'attenzione ma che concedeva a ben pochi la grazia di avvicinarla.

Era una donna che bastava a se stessa, che non si annoiava mai, perchè aveva una ricca immaginazione che le teneva buona compagnia. Sulla trentina, divisa dal marito (per colpa di lui), ricca, della miglior società, intelligente, amava tutte le cose belle della vita, ma preferiva se stessa a tutte le cose e a tutte le creature.

Essa poneva fra i beni di questo mondo anche l'amore, che aveva conosciuto solo di sfuggita, con suo marito, il quale tosto l'aveva delusa. Era stata due o tre volte sul punto d'innamorarsi, ma sempre qualche fatto era giunto a salvarla in tempo, diceva lei. Dei nonnulla, delle sfumature, dei piccoli fatti quasi senza nome e senza volto, avevano ostacolato, all'ultimo momento, la completa persuasione amorosa che conduce alla catastrofe.

Era di una sensibilità psichica straordinaria la contessa Marichette (battezzata Maria Enrichetta, ma da ognuno così chiamata) e il suo cervellino dominava tutte le altre frazioni della sua individualità. Aveva un acuto senso critico, che le impediva di ammirare e di amare senza riserve, e il suo self-control sorgeva sempre fra lei e gli oggetti del suo amore. Ma quella volta, nel tremulo incanto d'azzurro e d'oro di Pallanza, in faccia alle isole fatate che sorgono quasi per prodigio dalle onde, in mezzo ai giardini delle Esperidi tutti trapunti di giacinti, di tulipani, di violaciocche, ella credette veramente d'essersi incontrata in colui al quale non avrebbe potuto resistere.

Era un rumeno, bello, intelligente, oltre ogni dire seducente: il conte Carol Dobescu. Un po' uomo politico, un po' letterato, autentico signore, era stato in diplomazia, aveva girato il mondo, aveva una grande cultura, uno spirito finissimo, un senso innato della donna e di tutte le arti che conducono alla sua .

Era ammogliato, con due figli sui dieci e dodici anni. Ma la famiglia era a Bucarest. Parlava raramente di sua moglie come di persona cui lo legassero soltanto doveri e ricordi. Anche sua moglie viaggiava spesso, ma evidentemente i due coniugi preferivano la propria libertà: di comune accordo, uniti solo nell'affetto verso i due figliuoli. Uno di quei matrimoni moderni, poco morali, ma che rappresentano un modus vivendi, una transazione, nell'interesse famigliare e sociale: così pensava Marichette. E provava un po' di rimorso verso quella lontana donna, il cui marito faceva a lei così appassionata corte, ed era forse alla vigilia di ottenere il sospirato compenso.

Marichette, per quanto cerebrale, moderna, superficiale, di elastica coscienza, non era corrotta e qualche sentimento onesto poteva fiorire ancora su dalla sua anima anestetizzata dall'esempio di permanente amoralità che respirava nell'aria, nel suo mondo... Aveva pietà di quella donna che non conosceva... e se la trovava spesso accanto, fantasma importuno, nei colloquii con Carol Dobescu, che cominciavano a diventare significativi e febbrili.

Com'era bello il paesaggio, e come fatto per l'amore! Marzo pareva maggio e le pallide rose di Pallanza, piccole e divinamente profumate, facevano già esplosione nei vecchi giardini seicenteschi dell'Isola Bella e di San Remigio; e occhieggiavano qui e dal verde fresco e ombroso delle selve e selvette lacustri, tutte fresche e roride delle azzurre onde che le allacciano in un liquido amplesso.

 

***

 

La contessa Marichette non aveva mai incontrato un uomo che le piacesse come quello. Alla sua fiorente bellezza bionda era omogenea corporalmente e spiritualmente la magra persona bruna del rumeno che aveva dei profondi occhi d'Oriente e una limpida e suadente grazia latina per parlarle d'amore. Passeggiavano insieme, andavano in barca, remavano a due, sotto la protezione di un vecchio barcaiuolo che somigliava a Napoleone, col suo bel profilo aquilino e che portava una cacciatora di velluto color tabacco.

All'albergo, il loro duetto, era ormai un fatto accertato che faceva le spese di conversazioni in tutte le lingue, nella lunga veranda tappezzata di stoffa a grandi righe chiare, coi divanetti e le poltrone ornate di bizzarri cuscini futuristi, dove si prende il al suono dell'orchestrina, in faccia alla lunga parete tutta traforata di finestre che s'aprono sulla visione vaporosa del lago, incontro ai profili delle montagne.

Ma «il fatto» non era ancora compiuto, se pure sembrava avvicinarsi ineluttabilmente...

Quell'uomo piaceva a Marichette e contentava il suo cervello assetato di bellezza in tutte le manifestazioni della vita. Le cose comuni e mediocri la disgustavano. Ella sapeva, per esempio, che avrebbe voluto per amante un uomo magnifico o un mostro: mai una mediocrità. Un uomo intelligentissimo o addirittura un semplice, un «puro folle» qualsiasi. Un gran signore suo pari, o una specie di mendico.

Mai il luogo comune, la piccoletta verità quotidiana, insulsa e borghese.

Carol era bello, ancor giovane (sui trentacinque), gran signore (di famiglia principesca addirittura), possedeva un superbo castello sul Danubio, dove scriveva, solo coi suoi pensieri e coi suoi sogni. Nel consorzio, era un dominatore. Deputato influente, si parlava di lui come futuro ministro e sarebbe salito certo fino ai più alti gradi della carriera politica. Scriveva versi, ed aveva nel suo Paese e anche in Francia buona fama di originale poeta. Oltre a tutti questi meriti, aveva quello di amarla appassionatamente.

E Marichette era stata presa al contagio di quel veemente e squisito amore d'uomo d'ingegno e di mondo che per lei era diventato come un adolescente alle sue prime armi, tanto era fresca la sincerità del sentimento che provava per lei.

Erano in lui una forza e una dolcezza che l'avevano a poco a poco soggiogata. Aveva una voce così maschia e così soave insieme, che conferiva significato profondo alle più semplici parole. Il suo sguardo espressivo, un po' duro qualche volta, si vellutava di carezze avvolgenti quando si posava su di lei... e il bel francese cosmopolita ch'egli parlava, aveva una musicalità che le pareva nuova e singolare non solo nelle parole tenere, ma in ogni sillaba che uscisse da quelle labbra.

Era colui un amante nato. Non un volgare don Giovanni, ma un erede spirituale di Tristano e di Romeo. Era molto amato, perchè molto sapeva amare. Come resistere al suo fascino? Marichette diceva a se stessa che la resistenza era oramai inutile, e che l'abbandono totale era oramai solo l'ultima tappa del fiorito cammino che avevano già percorso in due, tutto profumato e insaporato di ricordi deliziosamente memorabili.

Dove avrebbero essi consumata l'ora divina? Per una simile coppia di raffinati amanti, il nido doveva essere stupendo.

Ma c'erano anche le convenienze da salvare. Non potevano già scegliere un talamo di camelie rosse sfogliate, nel deserto viale di una villa, la camere di lei o quella di lui, all'albergo dove abitavano, sotto gli sguardi della folla curiosa; la barca, a fiore dell'acqua cilestrina, che aveva per pilota il vecchio Napoleone, insistente nell'attenderli al varco e nell'offrire i suoi servigi...

Dove, dunque, trovarsi insieme, soli e insospettati? La Pasqua si avvicinava e la contessa doveva rientrare a Milano, per passare le feste con sua madre... e il rumeno scongiurava l'amata di indicare un luogo, un giorno ed un'ora...

Ella non si decideva. Lo amava. Ma amava ancora di più se medesima, la sua riputazione le convenienze. «Avere un flirt è ammesso, è naturale, è quasi doveroso, per una bella donna. Ma avere un amante è un'altra cosa. Almeno, bisogna averlo con prudenza...».

Cosi diceva a se stessa Marichette. E teneva sulle spine, anzi, sui carboni ardenti, il suo amatore. Il quale ebbe un'idea. Disse: «Marichette del mio cuore facciamo cosí. Io parto e vado a stabilirmi a Stresa. Voi, dopo due giorni, mi raggiungete. C'è poca gente, non siete conosciuta , potete fidarvi. Staremo , sempre insieme, ininterrottamente, fino alla vostra partenza per Milano. Va bene? Marichette bella, Marichette bionda, dite di

Ella disse di . Ed egli traversò il lago, beato...

 

***

 

Il giorno stesso della partenza di Carol Dobescu, arrivò all'Hôtel Eden un vecchio diplomatico italiano, amico dei genitori della contessa, che aveva veduta lei bambina. Un gentiluomo di antico stampo, con un bel nome, ex-ambasciatore, mediocre come politico, ma perfetto galantuomo, piacevole causeur, che aveva girato il mondo e sapeva a memoria vita e miracoli di tutte le società eleganti di tutte le capitali d'Europa. Egli fu lietissimo di trovare Marichette, che amava come una figlia (almeno diceva cosí) ed essa fu molto contenta di chiacchierare in quei due giorni col vecchio marchese che sapeva un'infinità di storielle divertenti, vecchie di cinquant'anni e fresche di pochi giorni, che egli raccontava col suo erre savoiardo, col suo spirito scettico, d'uomo che aveva una pessima opinione dell'umanità..., ma che non se ne amareggiava punto poco. Egli si definiva felicemente: un ottimista del pessimismo.

Saputo che era partito dall'Eden il mattino il conte Carol Dobescu, si rammaricò con Marichette di avere perduta l'occasione di stringergli la mano, professandosi sincero ammiratore di quell'uomo notevole per tante svariate qualità.

Marichette, che aveva così poche notizie della vita di Carol, e che ne era assetata, assunse un tono disinvolto e disinteressato, e si mise a intervistare il marchese con donnesca abilità diplomatica. Il marchese, che sapeva Marichette fredda ed impeccabile, non indovinò (da buon diplomatico tradizionale!) quello che si agitava nell'animo di lei, e parlò a cuore aperto.

«È un giovane di grande ingegno, che ha tutto per arrivare molto in alto nella vita; cioè, avrebbe tutto, se...». Sospirò, fece schioccare la lingua contro il palato, ingoiò il fumo della sua profumata sigaretta di contrabbando, e si arricciò nervosamente la punta dei baffi bruni ...che i maligni dicevano fossero tinti all'hénné.

«Cosa, dunque, caro cattivo marchesechiese Marichette senza dimostrare eccessivo interessamento, sembrando animata solo da un poco di mondana curiosità e molto occupata ad assaporare la sua deliziosa sigaretta, uscita dalla scatola d'oro del marchese,

«Senti, cara piccina, non ho scrupolo a parlare, perchè la cosa non è un segreto per nessuno, purtroppo. E forse tu non incontrerai un'altra volta il conte Dobescu. Ma è un fatto che la vita di sua moglie è un vero scandalo! Si, perchè non si dovrebbe abusare di niente nella vita... nemmeno del permesso di far ridere il prossimo! Già, figurati, bimba mia, la contessa Dobescu ha avuta ed ha una ininterrotta serie di... amicizie.., che la rendono celebre! Ma il peggio si è che rendono celebre anche suo marito! Ed è un vero peccato, perchè volere o non volere, qualche sprazzo di fango sale fino a lui... e nella sua posizione ciò può essergli di danno. Oh Dio! non ci mancherebbe altro che le mogli... leggere (diciamo cosí) degli uomini politici chiudessero la strada ai mariti... Quante carriere spezzate, allora, sac-à-papier! Ma via, c'è modus in rebus! Il conte Carol è un po' troppo... come diremo? Insomma..., troppo numerose! Una tremenda corona che non gli giova! Peccato! Una cosa veramente deplorevole».

Marichette, che ogni tanto aveva gettata a fior di labbro, da attrice provetta, una breve interiezione, si decise a chiedere con la sua voce piana: «Ma come mai tollera egli una condotta simile? Sa o non sa?».

Erano nella veranda dell'Eden, in faccia alla visione del lago che a poco a poco si oscurava. Il marchese aveva la vista un po' debole e gli sfuggiva la strana accensione sulle rosate guancie della contessa. Disse: «Punti interrogativi per tutti! Un cumulo di misteri. Egli non ama più sua moglie, questo è chiaro perchè anche lui passa, come una farfalla, di fiore in fiore. Ma questo non è un argomento. Le leggi morali che regolano la condotta di un uomo e di una donnagiuste o no – sono diverse. Sa o non sa? Per me, è indiscutibile che sa. Impossibile essere così ciechi quando si è intelligenti come Carol. Allora, perchè tollera? Questo è il busillis! Sua moglie è molto ricca, è imparentata con cospicue famiglie. Ma anche lui è ricchissimo e di principesca stirpe. Ama il quieto vivere, forse... Non vuole privare i figli della madre, probabilmente. Non glie ne importa affatto di sua moglie, è evidente! Ha una sua morale... dell'avvenire? Chi sa? Insomma, tollera, finge ignorare, è nei migliori rapporti con la contessa, si diverte... e porta con elegante disinvoltura le sue... la sua... posizione! Voila!».

«Allora – disse Marichette con una risata che parve un po' strana perfino al vecchio scettico gentiluomo – allora, se è contento lui, non lagniamoci noi!».

«Io mi lagno. Perchè lo chic non risolve una posizione difficile e non lava le macchie d'unto! Noi della vecchia guardia siamo più severi. Ci piace che chi occupa posizioni alte possa essere guardato da tutte le parti senza offrire il fianco alla critica... e senza far ridere di ! Per questo, forse, non ho mai preso moglie... Se avessi trent'anni di meno... metterei ai tuoi piedi un mucchio di cose non del tutto disprezzabili, Marichette». E fece gli occhi di triglia fritta...

«Non si ricorda più che esiste a questo mondo un uomo che è mio maritodisse lei: e rise ancora.

E parlarono di quell'uomo incomodo, e di tante altre più o meno liete cose.

Il vecchio marchese trovava che ai suoi tempi le dame sorridevano e non ridevano cosí forte come Marichette...

Ma più tardi, nella sua camera, questa non era più la gaia, irrequieta signora di poco innanzi. Simulare l'allegria le era costato uno sforzo enorme. Era scombussolata. Un profondo mutamento era avvenuto nel suo cuore. L'idolo che da qualche tempo vi troneggiava, era improvvisamente caduto, frantumandosi. Cioè, il conte Carol Dobescu, l'uomo che l'amava e che l'attendeva, ch'ella amava e verso cui doveva correre l'indomani, non esisteva più per lei. Le parole del vecchio gentiluomo lo avevano distrutto agli occhi di lei. Perchè? Essa non sapeva spiegarselo, ma sentiva che non poteva porvi riparo. Egli era morto per lei, e la resurrezione era impossibile.

Non vedeva più, dacchè il vecchio amico aveva parlato, l'uomo seducente e innamorato, l'amante messo dal fato sul suo cammino; ma solo il marito gabbato, tollerante o cieco, cinico o imbecille, spregevole in ogni caso, indegno d'essere amato da una donna come lei! L'ombra di quel... disonore lo macchiava e lo imbruttiva siffattamente, ch'ella non vedeva più in lui nessuno di quei meriti che prima l'avevano affascinata. Forse avrebbe potuto continuare ad amarlo se avesse saputa di lui qualche grave colpa. Anche un uomo che abbia commesso un errore, financo un delitto, può trovare grazia nel cuore di una donna. Ma un uomo ridicolo, no.

«È ingiusto forse il marchio di scorno che il mondo impone ai mariti delle donne infedeli. Ogni uomo dovrebbe esser chiamato a rispondere delle proprie azioni e non di quelle altrui; ed è forse crudele fargli portare la responsabilità delle canaglierie degli altri... Ci sono esempi di uomini egregi, anche sommi, che furono afflitti da mogli dissolute... Tant'è. Non è permesso far ridere la gente alle proprie spalle. Il ridicolo, che tradizionalmente fatalmente, bolla la fronte dei mariti gabbati, deve avere una ragione profonda e permanente che non muta per mutare di tempi e di costumi. Se il tradimento della moglie è per il marito un motivo di tragedia, allora la sua dignità è salva. Ma se l'avvenimento, nella placida accettazione, diventa una farsa..., allora la rispettabilità dell'uomo è spacciata».

Marichette pensò e ripensò tutto questo distesa sul divano, vibrando in tutte le sue belle membra, lunghe e serpentine, di fremiti di ribellione quasi visibili sotto il candore della sua epidermide e sotto la lieve stoffa che la vestiva. Provò, in coscienza, a cercare per lui delle attenuanti: «È egli forse meno bello, meno intelligente, meno innamorato, per questo? Non sarei io dunque andata domani a Stresa, con gioia, se il marchese non avesse parlato? Verso di me ha egli mutato, ha peccato in qualche modo? No, certamente no. Ma ha peccato contro l'ideale ch'io m'ero fatto di lui, si è disonorato agli occhi miei, mi disgusta, non mi piace più, non l'amo, non sento di lui pietà, ma disprezzo...».

E provò una sorda rabbia verso di lui, verso se stessa, un'amara delusione pel sogno infranto, un'ira fonda per la sua debolezza, per tutte le debolezze umane... per la stolta illusione che ci fa sperare, credere di trovare qualche cosa e qualcuno di bello e di buono sulla terra popolata di bassezza e di volgarità!

«Se fossi pia come la mamma, direi che Dio si serve di tutti i mezzi per menarci pentiti, lungo le vie della salute... Questa volta si è servito di...».

Sorse ad un tratto dal suo giaciglio, mormorando a denti stretti: «Vigliacco!» e si sedette alla scrivania ornata di oggetti d'arte e di fiori, nell'angolo della camera ch'ella aveva addobbata con gusto squisito, che pareva il salottino di una casa signorile. Sulla sua bella carta stemmata e profumata, con la sua grande scrittura elegante, nel suo bel francese (che, se non era quello di Madame De Sevigné, non era nemmeno il gergo dei moderni romanzi) scrisse una semplice, candida, perfida letterina, che avrebbe anche potuto smarrirsi, ed essere letta dal più malevolo lettore, senza menomamente compromettere la dama che l'aveva mandata:

«Caro conte, come si fa? Non posso più mantenere la quasi promessa fattale di venire a prendere il con lei a Stresa. È giunto un vecchio amico della mia famiglia per passare qui due giorni, e a lui mia madre ha dato l'incarico di farmi da cavaliere fino a Milano. Mi scusi. So che Lei è un uomo straordinariamente indulgente verso le debolezze femminili. Sia dunque indulgente con me... che sono, invece, severissima verso ogni debolezza umana!

«Mi sento molto colpevole e mi punirò!

«Buon viaggio. Auguri.

«Contessa Maria Enrichetta X di X».


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