Sfinge
La gaia scienza

LA CODA DI MINOSSE

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LA CODA DI MINOSSE

 

 

Una giornata d'estate, pacata e serena.

Aspettavo, nel mio angolo preferito del parco, la visita di un celebre scrittore che gli amici di una villa vicina dovevano condurmi.

Sotto le mie care vecchie quercie faceva più caldo che in casa, ma l'aria era dolce e profumata, e gli sprazzi di cielo e di collina che occhieggiavano di tra il denso fogliame erano di un azzurro e di un viola cosí tenero che confortava il corpo e lo spirito, meglio che la frescura prigioniera delle grandi stanze buie...

Ero molto curiosa di conoscere personalmente l'uomo che era certo, in quel momento, incamminato verso di me. Una curiosità di donna, più che di... collega.

Conoscevo l'opera sua e l'apprezzavo, , per certe qualità di imaginazione fresca e di sentimentalità un po' leziosa. Qualche cosa di femmineo, di voluttuosamente delicato è, nella produzione di quell'artista, che non ha ancora conquistata la grande popolarità, ma che ha lettori fedeli e specialmente lettrici appassionate. Ma non era l'opera sua che più m'interessava di lui. Era l'uomo. Perchè ero stata, due anni innanzi, l'involontaria confidente, anzi, un poco la vittima, di una donna freneticamente innamorata di lui

Nella mezz'ora che precedette l'arrivo dell'atteso mi piacque richiamare alla mente tutti i particolari dell'episodio d'amore raccontatomi, in più riprese, da quella povera creatura esaltata e dolorosa.

Una ragazza di nobile famiglia decaduta, che vive in provincia, in un ambiente malinconico, tra le ristrettezze economiche e il decoro da conservare. Lei e la madre, e un fratello fannullone, corto d'intelletto, che si occupa male delle poche terre rimaste e fa il sindaco di un piccolo paese, contentandosi di troneggiare nella farmacia e nel caffè del borgo, soddisfatto d'essere il primo personaggio tra un gruppo di villani che sfruttano la sua bonarietà stupida e boriosa.

Le altre due sorelle hanno fatto matrimoni meschini, rassegnandosi al loro mediocre destino.

Polissena ha trovata la sua «menzogna vitale, nel sogno, nel quale si rifugia per l'orrore della tediosa realtà. Lettrice appassionata di romanzi, romantica, di una sensibilità esasperata, s'innamora dei favolosi eroi, fantastica, si esalta alle storie che legge, s'identifica con le donne, le cui avventure le piacciono, si commuove leggendo, dimentica se stessa per trasfondersi nelle irreali esistenze altrui. Ha fatto così per molto tempo, per lunghi anni, componendosi un mondo intimo suo, illusorio e piacevole... che l'ha riposata e consolata dalla monotonia opprimente della sua povera vita.

Poi, finalmente, un giorno, la parte unicamente di lettrice e di sognatrice, cioè di spettatrice della inesistente vita di tanti fantasmi attraenti, non le bastò più. Volle essere qualche cosa di più, volle fare qualche cosa di meglio: essere una donna che ha, per conto suo, una storia, almeno una piccola storia d'amore, da assaporare in segreto, da trarne calore e luce per il freddo, per il buio della sua squallida realtà... «Non si sa mai – ella pensò – il destino fa qualche volta dei doni inaspettati, se gli si va incontro con fiducia, se si ha il coraggio di osare».

In quel periodo, la biblioteca circolante alla quale era abbonata (il suo lusso, il suo conforto) le aveva mandate alcune opere di uno scrittore del quale si parlava onorevolmente nel mondo letterario e anche in provincia. Qui lo chiameremo N. N. Ma ha un bel nome di battesimo, un sonante cognome; e un suo ritratto, unito a uno dei suoi volumi, lo raffigurava bello, giovane, elegante, seducente.

Polissena divenne subito ammiratrice ardente dei suoi romanzi. Storie d'amore vibrante, stile fiorito, conoscenza dell'anima femminile, sensibilità un po' morbosa, sottile tormento cerebrale, insidioso veleno di suggestioni erotiche, che lasciavano nella lettrice solitaria un solco di nostalgia che la snervava e l'attraeva... «Come deve essere interessante l'uomo che scrive così!», ella pensava. Forse alcune delle appassionate storie che raccontava così bene erano state vissute veramente da lui! Perchè no? Certo era cosí...

Come conosceva bene il cuore femminile! che incanto doveva essere la sua parola viva, uscente dalla sua bocca così fine! (quella del ritratto). Polissena invidiava le sue «eroine», sapeva a memoria molti brani della sua poetica prosa, aveva un album sul quale trascriveva soltanto squarci scritti da lui, che era diventato oramai il suo autore preferito. Un po' grafomane Polissena era sempre stata. Scriveva lunghe lettere liriche alle sue amiche e conoscenti. Ricopiava i pezzi che più le piacevano dei libri che leggeva faceva il suo giornale intimo... tutti sbocchi della sua contenuta vitalità interiore compressa, che minacciava di straripare senza qualche sfogo innocente.

Qualche volta aveva avuta la tentazione di scrivere agli autori che la commovevano di più, appena finito di leggere un loro libro... Ma non aveva mai osato. Nel piccolo ambiente in cui viveva tutto era difficile, perfino impostare e ricevere una lettera in certo modo clandestina! E lo stesso ambiente pesava su di lei come forza inibitoria, togliendole materialmente il coraggio necessario ad un gesto insolito e un po' audace. In casa la chiamavano già «la letterata», perchè invece dell'ago maneggiava troppo spesso la penna. Non bisognava dunque destare sospetti e accrescere le cause di disapprovazione...

Però, un giorno, non aveva saputo resistere alla tentazione. E avendo letto l'ultima pagina di un libro di N. N. (una di quelle chiuse a lieto fine, fatte per soggiogare il pubblico, con quella sentimentalità un po' convenzionale, ma scaltra, che avvince l'ingenuo lettore), Polissena aveva scritto all'autore un veemente messaggio di ammirazione e glielo aveva coraggiosamente mandato.

Ed era cominciato per lei un periodo di felicità il sogno avverato, l'oasi verde e fresca della deserta sua vita!

Perchè lui, il nume del suo intimo cielo, aveva risposto, iniziando con lei una corrispondenza un po' ambigua, fra l'amicizia e l'amore, durata circa un anno, finchè...

Non abbiamo ancora descritto esteriormente Polissena e bisogna farlo. Una ragazza verso la trentina non propriamente bella ma simpatica. Però, non so se l'aggettivo sia esatto, dato che la simpatia è un fatto soggettivo. Si può piacere ad una persona e dispiacere ad un'altra. A me e a molti altri quella giovane donna alta e sottile, dall'aspetto distinto, dal colorito bruno pallido, dai grandi occhi pieni di ombra, con un alone di malinconia intorno alla fronte, pare piuttosto interessante.

Le sue mani però non sono belle, migliorate dalle raffinate cure. Non è ben calzata, è mediocremente vestita, e manca della disinvoltura che, ormai è comune anche alle donne di provincia. C'è qualche cosa di monacale nel suo aspetto, un non so che di un po' antiquato, e le sue vesti mandano un triste odore di rinchiuso, come di chi vive in camere poco soleggiate e non usa profumi squisiti. Ma la sua voce è calda; si esprime bene, ha una certa cultura e una intelligenza fuori del comune. Quando si espande, a tu per tu, vincendo quella sua timidezza un po' selvatica da collegiale fuori di stagione, si fa tutta vibrante, si abbellisce, trova accenti di vera eloquenza!

Ricordavo quasi esattamente le sue parole, mentre aspettavo l'ospite nuovo, sotto le quercie del mio caro nido... Polissena diceva: «, a lei oramai devo confessare tutto: io m'innamorai di lui, di lontano, e non glielo seppi nascondere. Mi firmavo «Rudella», oppure col solo verso cosí bello e cosí malinconico:

«Per voi tutto il cuore mi duol».

Io chiesi: – Ma... che atteggiamento aveva preso lui nel corrispondere con una signorina per bene che non conosceva? Era la sua una corrispondenza letteraria o una corrispondenza d'amore?

Polissena disse: – Diventò quasi subito una relazione sentimentale anche da parte sua. Intellettualmente egli non mi riteneva certo alla sua altezza. Mi accorgevo che egli evitava di parlare delle sue opere e di quelle altrui. Parlava di lui come uomo e di me. Era curioso dell'anima mia... e a poco a poco diventò curioso anche della mia persona.

– E... lei? – chiesi io.

– Io?... Il mio entusiasmo cresceva di lettera in lettera, e morivo di voglia anch'io di conoscerlo personalmente. Perchè, poi? Non lo so. Egli è ammogliato, lo sapevo, ed egli me lo aveva subito confermato con la sua bella lealtà. Ma che me ne importava? Io non volevo già avere con lui delle relazioni colpevoli... Almeno da principio, cosí mi pareva. Ma mi accendevo sempre di più, ad ogni sua lettera cosí buona e cosí bella, cosí piena di sentimenti alti e puri, eppure tutte imploranti il mio consenso ad un incontro amichevole tra noi...

Di quelle lettere io ne avevo letto parecchie. Ed erano sembrate anche a me, giudice imparziale, piuttosto interessanti e cavalleresche. Che provetto «flirteur»! Come conosceva bene il mestiere! Rispettoso, contenuto, sdolcinato, patetico, amichevole, fraterno: di tutto un po'! Era evidentemente curioso di quella lettrice che lo ammirava cosí appassionatamente, e la sua vanità di autore e la sua mascolinità predace si fondevano per aizzarlo e interessarlo. Ma non era uomo da perdere il suo tempo altruisticamente. E ottenne da Polissena un segreto convegno, in una vicina città, dove ella si recava due o tre volte l'anno per visitarvi delle amiche.

Ella mi parlò come ad un confessore e mi disse qual'era il suo stato d'animo quando si recò al convegno: quello di una donna che è pronta alle più gravi decisioni. Proprio così. Me lo disse senza pudore, provando una specie di ebbrezza nel mostrarsi nella luce più cruda di spietata verità. Capii che uno solo è oramai il suo conforto: abbellire, elevare il suo «eroe», dare a lui tutta la gloria, a tutto il biasimo.

È un'anima pia, che ha vissuto nelle più austere leggi morali, e prova ora (consolazione che l'aiuta a vivere!) la voluttà spirituale di denigrarsi, per riconoscere a lui tutto il merito della sua superstite virtù!

L'appuntamento aveva avuto luogo nell'atrio di un albergo, dove (era il pretesto) avrebbero preso il insieme, chiacchierando.

Essa aveva indossato il suo migliore vestito, aveva curata insolitamente la sua persona. Giungendo... lo aveva subito riconosciuto, e l'impressione provata era stata ancora superiore alla sua già grande aspettazione! Il fascino fisico di quell'uomo aveva confermato e completato il fascino spirituale nel quale da lontano egli l'aveva avvolta...

Egli, essa mi raccontava, era stato squisitamente perfetto con lei. Un po' scherzoso, un po' tenero, sempre rispettoso, le aveva detto parole dolci, indimenticabili. Lodava le sue lettere, se ne diceva orgoglioso, l'assicurava della sua grande riconoscenza, si mostrava addirittura commosso ch'ella avesse osato tanto per lui... A un certo punto le aveva chiesto: – E lei, veramente, cosa vuole da me?

Essa aveva risposto: – Un poco di felicità!

Egli si era turbato... e aveva detto. – Ma non pensa, lei, povera cara, alla mia grande responsabilità?

Ed ella: – Non penso più a nulla. Voglio vivere, vivere un'ora almeno di felicità!

Egli, dietro il gruppo di palme che li nascondeva, aveva strette le sue mani, le aveva accarezzato il volto, l'aveva guardata con espressione triste, con gli occhi umidi di lagrime... Poi l'aveva invitata alla calma, al sacrificio, alla rinuncia coraggiosa, esortandola ad imitare la forza d'animo di lui. Sapeva ch'essa apparteneva a rispettabile famiglia, era stato commilitone di un suo cognato, conosceva dei parenti loro, di nobile casato, residenti in una città ch'egli spesso abitava...

Tutte ragioni che gli incutevano rispetto, quasi timore. «Lei è una signorina per bene, può e deve trovare marito, come l'hanno trovato le sue sorelle. La sua coscienza è alta, piena di religioso fervore, e un giorno non si perdonerebbe di aver mancato alle leggi della onorabilità femminile. Forse, quel giorno mi odierebbe! Ed io non posso sopportare il pensiero di perdere la sua stima, se pure oggi ho il barbaro coraggio di rinunciare al suo amore! È stato un sogno, Polissena, e il sogno è la ricchezza vera delle anime... perchè la realtà s'infrange, cara, ma il sogno non muore mai... perchè la sua materia è impalpabile e indistruttibile! Sia brava, sia forte! Vede? Io non cedo. Mi dia la sua fronte... È il bacio di un amante ch'io vi depongo... ma di un amante del quale non dovrà vergognarsi mai, che non darà mai rimorsi alla sua coscienza di donna onesta! Grazie. Mi voglia bene... come io glie ne voglio». E l'aveva cavallerescamente accompagnata al treno dopo averle offerto dei fiori.

Polissena era stata, da prima, assai delusa, benchè non avesse voluto ammetterlo. Poi s'era persuasa che il suo «eroe» aveva avuto ragione, e si era sempre più esaltata di ammirazione per lui.

In fondo, era davvero una coscienza onesta, e si sarebbe certo pentita, presto o tardi, se fosse caduta in irreparabile colpa. E viveva di quel ricordo, di quell'unico episodio interessante della sua triste esistenza, felice di avere almeno un santo da adorare sulla terra, oltre quelli che adorava, troppo lontani, nel cielo...

, non c'era che dire, N. N., l'attraente e fortunato scrittore, l'uomo di avventure, il seduttore di tante donne (tale era la sua riputazione) si era portato assai bene con la povera Polissena... e io ero, in verità, molto curiosa di vederlo da vicino, finalmente, il piccolo moderno arciere che si serviva dei suoi libri come il Dio della favola antica si serviva delle freccie del suo turcasso per ferire i cuori!

Giunse. Fisico perfettamente «ad hoc» per la sua professione. Bel pezzo di architettura umana e provetto commediante della vita. Un sorriso chiaro, insinuante, quasi femmineo; uno sguardo di una soavità che sembra chiedere indulgenza, protezione, simpatia... chiedere sempre qualche cosa, insomma.

Ecco perchè ottiene molto: battete, battete e vi sarà aperto!

Io avevo la donnesca smania di avere da lui la parola dell'enigma «Polissena».

Come mai quell'uomo che mi stava davanti, con quella psiche complicata per gli ingenui, ma evidente per me, aveva potuto compiere nella sua vita un atto disinteressato e morale?

Un perfetto gaudente, un sottile egoista, un raffinato assaggiatore di tutti i buoni bocconi che gli si offrono; un mondano elegante, di uno snobismo che non tenta nemmeno di nascondersi; tale mi appariva colui che così nobilmente si era diportato accanto alla giovane austera donna che appassionatamente gli si offriva, e alla quale egli per un anno aveva scritto lettere amorosamente suggestive! Condotta ambigua, la sua... Volevo sapere.

Quando rimanemmo soli, sotto la protezione dei bei rami ombrosi, come gli altri si furono sbandati per visitare il parco, gli dissi che conoscevo Polissena e che avevo avute le sue confidenze, due anni innanzi.

Egli rimase, da prima, interdetto. Non sapeva cosa rispondermi... perchè temeva che le sue parole guastassero la bella figura che voleva fare davanti a me. Venni in suo soccorso.

Egregio confratello, non c'è che dire. Lei si comportò allora assai cavallerescamente! La sua condotta deve averle data una grande soddisfazione morale!

Erano, le mie parole, perfidamente insincere... Egli cadde nel tranello.

– Ah sì, illustre signora, non posso negarlo! E quando siamo buoni, qualche rara volta nella vita, noi non sappiamo che lo siamo specialmente verso noi stessi! È savio operare il bene... di quando in quando. Perchè forse, un giorno, del bene che facciamo ci sarà tenuto conto, in confronto di tanto male! La coda di Minosse, terribile giudice, quando sarà per avvinghiare il corpo, nei fatidici giri, per destinarci al più tremendo loco, si arresterà forse, considerando da una parte il grave pondo delle nostre colpe, e, dall'altra, il leggero peso del po' di bene che ci sarà riuscito di fare, perchè un po' di clemenza ci sia usata!...

Aveva la faccia compunta, la bocca raccolta, gli occhi bassi, in un atteggiamento ipocrita che tirava gli schiaffi! Voleva prendersi gioco di me l'egregio collega? Cosí poco stimava la mia chiaroveggenza? Ah, no! Proprio no! Non me la sentii di passare per ingenua agli occhi suoi di artista mediocre e di seduttore dozzinale! Mi ribellai... E la mia ribellione prese la forma allegra. Scoppiai in una bella, corale, sonora risata... che lo lasciò a bocca aperta.

Allora, a bruciapelo, gli chiesi: – Mi dica la verità, solo la verità, tutta la verità: lei fece quel bel gesto, perchè... quella donna non le piaceva! È cosí? Badi, se mi dicesse di no, io resterei della mia opinione.

E lo fissai con uno sguardo che gli frugava i più riposti penetrali dell'anima...

Egli sostenne bravamente il mio sguardo, non vide via di uscita, si arrese e mormorò umilmente: – È cosí!


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