IntraText Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText | Cerca |
I LORO OCCHI SI APRIRONO...
Precedente | Successivo |
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
Si erano incontrati, piaciuti, presi, sottratti alla legge, dati alla loro passione trionfale, con rapidità vertiginosa. Il loro amore era stato come un uragano che aveva sconvolte le vite di alcune altre creature ed aveva dato a loro l'oblio e la felicità, in uno di quegli improvvisi scoppi di egoismo umano che sembrano magnifici ad alcuni giudici e orribili a molti altri.
Unendosi per la loro gioia, Rosanna Idis e Manfredo Oddi avevano lasciati i loro compagni legittimi, ed i loro figli, le loro elevate posizioni sociali, il mezzo signorile e sereno in cui vivevano; ed erano andati incontro all'avvenire illuminati dalla rossa luce delle fiamme di cui ardevano.
Erano ricchi entrambi, la vita materiale non offriva loro difficoltà; erano disoccupati e non interrompevano nessuna opera assidua dell'intelletto.
Furono prodigiosamente felici e dimentichi di quanto non fosse il loro piacere. Erano l'uno e l'altra sui trent'anni, di temperamento sensuale e nervoso e d'indole imperiosa. Si assomigliavano moralmente per quanto differivano corporalmente. Egli era un biondo fine, regolare nei tratti del viso, bello della persona, quasi troppo femminilmente gentile, se la vita in campagna e i viaggi in mare non gli avessero dorata la pelle e prestata un'apparenza di forza fisica ch'egli giudicava di buon gusto. Portava il volto glabro, la lente nell'occhio, e una eleganza innata, una disinvoltura in parte nativa, in parte acquisita nelle consuetudini dello «chic» internazionale, rendevano in lui tollerabile l'eccessiva raffinatezza del vestire e d'ogni personale abitudine.
Ella era alta e formosa nella linea squisita della persona, nera di capelli, bruna di carnagione, balenante di luce negli occhi grigi bellissimi, intensi come due riflettori elettrici sui quali ogni tanto calassero come piccoli spegnitori le lunghe ciglia scure che ne velavano d'ombra il singolare splendore. I denti aveva bianchi, forti, grandi, un po' sporgenti, sì che nel silenzio il labbro superiore restava un po' sollevato, e nel riso ne uscivano come piccole zanne, dandole un aspetto un po' ferino, contrario alle regole del bello, ma particolarmente attraente. Quel riso un po' bestiale era il suo difetto ma era anche il suo fascino. Di lei dicevano le donne invidiose, felici di trovarle un punto debole! «Sì, sarebbe una bella donna... ma quella bocca!». Di lei dicevano gli uomini, con gli occhi accesi e bramosi: «Ah, quella bocca!»
Erano gli amanti due raffinati, due complicati, dallo spirito moderno ed inquieto; volevano per il loro amore ardente e spasmodico i più belli ambienti del mondo. Viaggiavano. Piaceva loro adorarsi sotto le palme di Nizza, in riva ai laghi dell'Engadina, lungo i viali delle ville romane, nei canali veneziani, al Bois de Boulogne, a Biarritz, a Ostenda, al Cairo, dovunque fosse un bel paesaggio da godere... e insieme un albergo di prim'ordine con tutti i comodi ultra moderni della vita.
Già da un anno e più essi erano insieme, insaziati, immemori, avvinti l'uno all'altra da un amore che ad essi pareva inestinguibile e meraviglioso. Pareva loro che ogni altro affetto umano fosse tepido e blando al paragone, e avevano degli amori altrui pietà e disdegno. Gli sbadigli dei legittimi coniugi, i consensi interessati delle nozze nella loro classe; i matrimoni di stima, i legami d'abitudine... oh come tutto ciò era lontano, inferiore al loro duetto ardente, alimentato dal desiderio sempre acceso, che rinasceva ogni giorno dalla sua cenere, come la favolosa fenice!
Del loro amore essi erano superbi e amavano ostentarlo senza pudore e senza ipocrisia, perchè il mondo vedesse che si sa ancora amare in questi tempi di scetticismo in cui è divenuta rara la più bella, la più necessaria delle attività umane.
Così essi pensavano. Ed era veramente, in un certo senso, uno spettacolo dilettevole e radioso il vedere quella coppia umana, nel fiorente rigoglio della vita, amarsi ed integrarsi in un perfetto accordo di facoltà create a posta per completarsi. La loro felicità era stata accompagnata da un coro di biasimi e di riprovazioni, ma anche un'onda d'invidi aneliti era salita verso di essi come un incenso profano. Essi se ne accorgevano e ne insuperbivano sempre più, persuasi che una bellezza di eroismo fosse nel formidabile legame che li univa. Erano abbastanza côlti tutti e due per trarre dalla memoria paragoni letterari ed appropriarli al loro caso.
Egli si compiaceva di chiamarla ad ora ad ora, secondo il momento e la fortuita somiglianza dell'occasione, coi nomi delle più amate donne della storia o dell'arte. Se navigava, ella era Isotta, e nel ricordo, il povero abbandonato marito di lei era re Marco. Se leggevano insieme ed interrompevano la lettura per più dolce occupazione, ella era Francesca; Desdemona invece quando egli era preso dalla gelosia, o qualche altra eroina molto amata.
Egli aveva il culto del corpo di lei: immaginarla meno bella per gli anni, o diversa, non avrebbe potuto. Gli pareva che quella splendida giovinezza sarebbe stata eterna per lui, per il suo piacere, per la sua ebbrezza. Ella era come stregata dal fluido che emanava dalla persona di lui. Abbrividiva al suono della sua voce, al contatto delle sue mani, impallidiva se avveniva che, per caso, egli guardasse un'altra donna. Manfredo tremava solo guardando i piedi sottili ed arcuati di lei, la linea del suo collo; soffriva un vero tormento, talvolta tra la folla, nel guardare, senza poterla premere con la sua, quella fresca bocca rossa e ferina di piccola tigre crudele...
Quella deformità della sua amante, che ne rendeva imperfetto il bellissimo volto e che ne era la caratteristica e la nota originale, era ciò che di lei più fieramente lo attraeva.
Ma nel profondo delle anime, delle loro anime mediocri di gregge umano non evoluto, essi si ignoravano. Non avevano mai avuto il tempo nè la curiosità di studiarsi scambievolmente. A che pro? Essi amavano reciprocamente il corporeo involucro di qualcosa di oscuro che loro non interessava.
***
Un giorno, sul terrazzo di un grande albergo di Montreux, tra una selvetta di geranî e di garofani sanguigni, distesa sulla chaise-longue carica di molli cuscini, vestita di una veste da camera di stoffa egiziana autentica, con la sua lunga inseparabile collana di perle (un solo filo lungo cinque metri), ella attendeva il suo amore. Accanto aveva un tavolino da tè, carico di dolciumi squisiti e di frutti meravigliosi ch'erano la sua passione. Succhiava un grappolo d'uva, trasparente ed ambrata, dolce come il miele.
Guardava il Lemano vasto come un mare, azzurro come un cielo, la Dent du midi candida di neve, sopra le selve fosche degli abeti, e seguiva il volo basso delle bianche mouettes e il volo più alto di alcuni idroplani, uccelli più grandi e più scuri, nei quali palpitavano giovani cuori umani... in una gara internazionale indetta per quel giorno...
– Miissimo!
Dai vicini terrazzi erano osservati. Si contennero, si strinsero le mani con una febbre d'amore, che accumulava gioia per la loro solitudine.
– Che delizia, l'acqua! Culla, accompagna le carezze! Ti piacerebbe, amore, passare l'Oceano?
– Ah sì! Un lungo viaggio! Andiamo in America? Assisteremo alle rappresentazioni del Metropolitan; che gioia!
– In capo al mondo, se vuoi. Quando?
– Fra due o tre settimane. Deliro già pregustando il piacere!
– Prima però a Parigi per le tue toilettes, mia tigretta.
– Sì, caro!
– Sono follemente felice se tu lo sei...
***
S'imbarcarono a Southampton sopra un grande transatlantico che doveva toccare New York in pochi giorni: il Celtic.
Il fluido animale che li attirava l'un verso l'altra componeva intorno ai due naviganti un'atmosfera di ebrietà. I loro centri nervosi non avevano esaurito il magnetismo carnale che li spingeva a cercarsi. Egli era ancora per lei l'«unico»; ella era ancora per lui l'«unica». Il loro accoppiamento era fatto di gioia spensierata e di baldanza. Credevano sinceramente d'essere la più perfetta coppia di amanti che esultasse tra cielo e mare, padiglione e talamo ai loro amori...
Compiangevano e avevano in dispregio il resto dell'universo. Nelle loro cabine eleganti, corredate di tutte le comodità della vita; sul ponte, sulle loro poltrone indiane, essi erano a momenti persuasi di viaggiare sopra una fantastica nave che solo per loro filasse molti nodi all'ora verso un paese di felicità...
Non si accorgevano quasi che la nave recasse un copioso carico umano. Essi soli erano il centro dell'universo. Gli altri uomini erano soltanto la loro platea. E se qualche figura assumeva contorni distinti nella folla che non li interessava, ciò avveniva solo per trarne paragoni con se stessi e per schiacciarli con la loro superiorità.
Una legittima coppia era a bordo, nota per il nome illustre di lui. Uno scienziato ancor giovane con una nobile fisonomia, una gran fronte prominente: sua moglie, sottile, non bella, già un po' grigia alle tempie, vestita semplicemente, nota al mondo per la sua devozione al marito, per la sua collaborazione alle opere di lui.
Anche navigando lavoravano insieme. Ella copiava gli scritti di lui, rivedeva bozze di stampa. Stavano in disparte, parlavano qualche volta animatamente tra loro di alte cose incomprensibili agli altri, o tacevano a lungo, tenendosi per le mani, guardandosi ogni tanto negli occhi con una mite tenerezza avvolgente, quasi fossero l'uno figliuolo dell'altra.
Rosanna e Manfredo avevano notata quella coppia e ne sorridevano con un poco di compassione. Quella blanda affezione pareva loro così inferiore al loro fiammeggiante amore!
– No, non è quello l'amore! Egli può tenere per un'ora nella sua la pallida mano di lei come si tiene quella di un vecchio amico. Mio Dio! Quale differenza!
«Solo ch'io veda
Il tuo piccolo piede, io tremo:
Ella rispondeva, fatua, felice, sorridente:
– No, essi non sanno cosa sia il vero amore. Le loro labbra non sanno la gioia d'incontrarsi!... Essi, certo, non si baciano altro che sulla fronte!
Era a bordo anche una giovane madre, vedova, con un suo unico figliuoletto sui dieci anni. Il lutto loro era recente, e l'idillio fra quella graziosa donna in fitte gramaglie e quel fanciulletto biondo e fiorente come un angelo di Melozzo, pieno di vita e di tenerezza, era caro a tutti i viaggiatori. Su questa coppia si degnava spesso volgere lo sguardo anche la coppia degli amanti gaudiosi... e forse una fugace ombra oscurava in quei momenti il cuore della donna che aveva oltraggiati i sacri doveri di madre...
Quando vedevano la giovane vedova cullare sui ginocchi il figlio quasi alto come lei; quando la vedevano vegliarne i giuochi infantili o il sonno, estasiata, con gli occhi pieni di lagrime... Manfredo faceva la concessione di accorgersi che quello era un grande affetto, e chiedeva a Rosanna:
Ed ella: – Più, più di così! Così, e più ancora! – e gli porgeva le fresche labbra tra le quali sporgevano candidi denti ferini...
***
I giorni passarono veloci... La vita di bordo era loro dolce nella sua monotonia. Il grande spettacolo dell'Oceano non li commoveva, ma li divertiva. Nessun presentimento funesto era nei loro animi.
Ma il destino, il fosco re del mondo, teneva in serbo per essi, nelle pieghe del suo misterioso mantello, eventi impreveduti e gravi...
Il superbo transatlantico, che aveva più volte traversato l'Oceano, incontrò in una buia notte invernale con la sua chiglia che tentava l'abisso, un masso enorme di ghiaccio, una specie d'isola polare, un ostacolo fiero e terribile, contro il quale ogni forza umana s'infranse.
Tutto l'ingegno dell'uomo, tutte le risorse dell'arte e della scienza del navigatore, furono vane. Il naufragio del possente «Celtic», che recava nel suo grembo tanta forza umana, ricchezze suntuose, giovinezza, beltà, amore, speranze... era imminente. Ogni speranza di salvezza era rimessa in qualche incontro di altra nave o nel più tardivo soccorso richiesto per mezzo dei marconigrammi.
Era la nave come un agonizzante che aspetti solo dalla Provvidenza un aiuto miracoloso.
La certezza, senza scampo, della morte dà spesso agli uomini la calma augusta che li rende pari ai numi. Il dubbio, la speranza della salvezza, la volontà di uscire dal rio cimento, rende gli uomini torbidi, violenti, selvaggi.., li dà in balìa del formidabile istinto della propria conservazione, più possente ancora dell'istinto della riproduzione della specie. La fame (cioè il desiderio della vita) precede l'amore nella misera creatura umana allo stato di natura. Solo la scintilla divina del sentimento, nell'essere evoluto, trionfa dell'istinto animale e fa sì che l'uomo superi talvolta se stesso, uscendo dal suo proprio ritmo, per fondersi divinamente col ritmo del mondo, nell'amore ideale di qualche creatura...
***
Il periglio di morte piombò sul duetto amoroso di Manfredo e di Rosanna come un falco feroce su due tubanti colombe, e lo divorò. Divorò, assorbì, annientò il loro scambievole ardore. Le pile elettriche che erano i loro corpi furono all'improvviso scariche del magnetismo che li avvinceva l'uno all'altro; furono all'improvviso due forze esauste, due desideri sazi, due scintille spente. In faccia alla terribile ombra della morte, le loro due individualità egoiste e prepotenti si trovarono sole ed estranee...
Non era tra loro la buona, profonda tenerezza che unisce qualche volta in divina fraternità le creature umane; non l'onda di sentimento che può fondere due cuori e foggiarne uno solo, sì che l'uno fa parte veramente dell'altro in un amplesso ideale cui solo l'eternità è degno sfondo. Cessato per la sùbita convulsione dei nervi, prodotta dallo spavento, il palpito della carne, gelato il desiderio dal livido fantasma della morte, nessun filo avvinceva più quelle due creature. Lo spavento, il dolore, la speranza della salvezza, l'orrore del nulla, furono ad un tratto barriera insuperabile tra di essi. Il loro cosidetto amore si spense, stridendo come un vivo tizzo immerso nell'acqua. Non si amarono più; non si cercarono, non furono l'uno all'altro, nell'ora tragica, di consolazione nè di aiuto.
Attesero il probabile soccorso, muti, chiusi nel loro mistero, ostili, pieni di rimproveri non espressi, ignoti spiritualmente l'un l'altro, divisi moralmente in faccia a quella suprema lotta per la vita e nemici.
Nella lunga notte oceanica, invocato ad alte grida, da preghiere, da imprecazioni, da silenzi lugubri, preceduto da qualche gelido bacio di morte sulle più deboli fronti, il soccorso finalmente venne.
Un'altra nave, più piccola, la «Pensilvania» giunse al disperato richiamo, attraverso l'immensità delle acque infide...
I marinai dei due bastimenti fecero miracoli di umana carità. Il salvataggio dei passeggeri del «Celtic» fu quasi completo. Secondo la consuetudine santamente cavalleresca si vollero salve prima le donne. Le madri. La debolezza fisica davanti alla quale l'uomo si inchina reverente. Molte donne furono tratte in salvo, così. La giovane madre in gramaglie, col suo figliuoletto, furono portati a bordo della nave sopraggiunta, avvinti così strettamente che le loro carni erano ferite dalle loro unghie, e i loro corpi irrigiditi, quasi fuori dei sensi, per lo sforzo immane del non volersi separare.
La moglie dello scienziato non volle precedere il marito nella via dello scampo, a malgrado delle disperate esortazioni di lui..., sicchè per essi il soccorso giunse troppo tardi, e morirono insieme, tenendosi per mano, avendo accanto i loro manoscritti come figliuoli diletti...
Era vivo Manfredo? Rosanna, già condotta a salvamento, non lo sapeva.
Era salva Rosanna? Manfredo, già salvo, lo ignorava...
Erano vivi tutti e due, separati dal caso, soli, ignorando l'uno la sorte dell'altra, ma lieti di vivere, svegli come da un orribile sogno, liberati da un incubo mostruoso, respirando beatamente, felici per la sola gioia animale di vivere, integri, giovani, forti, sorrisi ancora dalle speranze...
I loro pensieri, come avviene nelle crisi decisive dell'esistenza, andavano a ritroso, saltavano il periodo di tempo più vicino e tornavano al passato lontano...
Una grande nostalgia del tranquillo e dolce passato li teneva... Eppoi, tornati alla sicurezza, alla normalità della vita, dopo aver tocca la terra, i loro sensi riposati vibrarono di nuovo ed aspirarono allo smarrito oggetto del loro scambievole desiderio...
Seppero allora l'uno dell'altra; avrebbero potuto incontrarsi ed unirsi ancora...
Ma la buona vergogna li fece accorti e li ammonì del loro inganno. Solo allora i loro occhi si aprirono. No, quello ch'essi avevano creduto il loro grande amore era stato solo un piccolo giuoco allegro che aveva usurpato il nome di una cosa grande e rara, che non si deve nominare invano; una cosa più forte non solo della vita, ma anche della morte...
E non si videro mai più.