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LA VIRTÙ CHE L’UOMO NASCONDE
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– Basta un solo esemplare di una specie per provare che quella specie esiste. Sì o no?
– Un solo esemplare può essere un fenomeno, e non prova nulla.
– Cavilli! Perchè, chi dice uno, dice cento. E contro la vostra rettorica del pessimismo, io ho una ben nutrita statistica di casi...
Si parlava, come accade a sazietà, della fedeltà nell'amore, specialmente nel matrimonio. E il mio oppositore, uno di quegli scettici per partito preso, per chic, per paura di passare per ingenuo: un individuo, che mi urtava tremendamente i nervi, se ammetteva che ci possa essere una discreta percentuale di mogli fedeli, negava assolutamente la possibile esistenza dell'animale umano coniugato fedele alla propria moglie.
–– Vorrei sapere il perchè di codesta supposta impossibilità – chiesi io. – È un luogo comune, il vostro. Bisogna mutare rotta. La fedeltà ha il diritto di diventare di moda, dopo tanta impopolarità!
Il contradditore che teneva enormemente a passare per un don Giovanni, disse che la fedeltà rassomiglia all'araba fenice – che ci sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa.
– Lo so io! – asserii – e lo sapreste anche voi, se guardaste davvero nelle cose e non vi scivolaste sopra, come fate. Ho un documento fresco fresco, interessantissimo nella sua semplicità. Ve lo infliggo. E dico così perchè so che ne sarete furibondo. Tanto peggio per voi!
E raccontai.
– C'era una volta (sì, perchè in questi vertiginosi tempi, due anni sono un'èra) una povera donna, molto ricca e poco giovane. Però, seducentissima ancora, dicevano tutti. Occhi splendenti, cosmesi sapientissima, eleganza squisita. Passava per una donna fatale, cioè una di quelle cui nessun uomo resiste. (La «fatalità» è poi semplicemente la ferma volontà di conquista che hanno certe donne, o meglio la loro instancabile attività amorosa).
Eravamo nello stesso albergo sul mare, in un mite inverno toscano che odorava di salmastro e di resina di pinete.
La povera milionaria, assetata di amore e oramai sfiorita, non aveva molta selvaggina a portata del suo abile tiro, ma non istava tuttavia inoperosa e reclutava quanto di meglio trovava sulla spiaggia quasi deserta e negli atrii dei pochi alberghi aperti in quella stagione. Era stata un poco malata e lo era forse ancora, se stava lì in quel luogo così bello, ma troppo tranquillo per la sua irrequieta smania di godere.
Ebbe bisogno dei consigli di un medico, e le fu indicato un giovane assai reputato che aveva una grande clientela durante la season e che studiava sul serio durante il resto dell'anno e dava lezioni in una vicina Università. Un bel giovane che sarà certo qualcuno un giorno, e che è già una interessante personalità.
All'aspetto pare un po' un anglosassone, con qualche cosa di più dolce e di più fine. Alto, biondo, sbarbato, ha la stessa intonazione di un colore leonato sulla pelle, sui capelli, corti e densi, negli occhi. La sola cosa chiara sul suo volto abbronzato, sono i denti che gli splendono tra le labbra fresche. Ha trent'anni ma non gli se ne dànno venticinque. Un po' brusco, di poche parole, scruta, indaga, trapassa i pazienti col suo sguardo fermo ed acuto. E le sue belle mani, magre e grandi, di uomo che nuota e rema, hanno una sensibilità estrema nel toccare i corpi infermi, come se facessero vibrare strumenti musicali. Parla rado e molto sa. La conoscenza è la gioia massima verso la quale il suo spirito anela.
Dunque questo medico fu chiamato presso la bella signora malata di dolore per la imminente morte della sua gioventù. (Cosa che può far sorridere, ma che, in fondo, è argomento di tragedia).
Ella s'innamorò fulmineamente di lui. A modo suo, s'intende, cioè al modo di tanta gente che chiama amore quell'accensione che viene e va, lasciando qualche bruciatura, dopo aver fatto al cuore (diciamo così) un po' di bene e un po' di male. Quella volta però, poichè l'oggetto non si accorgeva della fiamma destata e non si prestava al gioco, la donna amava e soffriva di più.
Era uno spettacolo veramente ridevole e doloroso ad un tempo, quello che colei offriva, a chi avesse insieme il senso del comico delle cose e il cuore aperto alla umana pietà. Povera donna! faceva la ruota, si esibiva, si offriva, sfoggiava tutte le sue risorse naturali, tutte quelle (figuriamoci!) dell'arte, per cogliere l'uomo nelle sue reti. Ma lui nemmeno se ne accorgeva.
Essendo ella non propriamente malata, ma convalescente certo di «squisiti mali», le visite mediche, o alcune di esse; avvenivano alla spiaggia, o nell'atrio sotto gli occhi di quelli che vi si trovavano.
Era un'autentica signora, ed io la conoscevo personalmente, ed ero presente qualche volta, senza volerlo, alle visite suddette.
C'era proprio da ridere! Ma non di lei, che mi faceva pietà; bensì di lui. La sua ingenuità... la sua cecità (non mi rendevo ancor conto del suo stato d'animo e non potevo battezzarlo) era quasi inverosimile! Perchè, in fin dei conti, quella donna era ancora molto bella, era tutt'altro che sciocca e di una eleganza mirabile, e non accorgersi dell'entusiasmo ch'essa per lui nutriva, era quasi assurdo
Rammento – tra gli altri – un pomeriggio della fine di gennaio, davanti alle nostre capanne, in quella stagione morta, che era invece così viva per l'anima, nella cara semisolitudine, davanti a tutto quello spazio divinamente libero e nostro! Era quasi il tramonto. Il mare era liscio, immobile, opaco, colore di pallide turchesi. Il cielo chiaro, quasi dello stesso colore, più lieve, più mobile...
All'orizzonte, un'immensa striscia porpora e oro, dai contorni sfumati, si stendeva come un baldacchino dietro la ruota fiammeggiante del sole scendente. Da sinistra, cinque paranze da pesca, poc'anzi bianche come gigli marini, si erano coperte d'ombra, e andavano via lente, velate di grigio, come monachelle dai cappucci aguzzi, verso l'altare del Dio che si coricava, ardendo...
Si chiacchierava un po', dalla mia capanna a quella della convalescente, dalle nostre sedie a sdraio, cariche di cuscini. Ella portava una specie di camauro di velluto viola (colore del pesante suo mantello) dal quale uscivano alcuni ricci cuprei. Sui lineamenti delicatissimi, sul pallore naturale, perfezionato dall'artificio sapiente, erano una dissonanza violenta e deliziosa, i grandi suoi occhi tenebrosi.
Ella non era soltanto donna di senso, ma di passione. Mutevole, senza nobiltà forse, pure meritevole di pietà, poichè almeno quella volta la faceva soffrire.
All'avvicinarsi del medico, che vedemmo avanzarsi sulla sabbia, ella sfavillò in volto di scintille d'amore. Almeno, se quello che provava, fosse stato veramente amore, non avrebbe potuto trasfigurarsi più di così!
Sentire la sua mano fra quelle di lui, che premurosamente le tastava il polso e l'epidermide, pareva per lei una folle gioia! E nemmeno si vergognava di me e delle persone che con me erano!
Presa, dominata, inebbriata fino all'incoscienza!
E lui? Niente. Imperterrito, glaciale, cieco fino alla comicità. Disse, tetragono alle moine della donna, alle sue occhiate languide, alle note di colomba della sua voce: «Debbo dirle, signora, che questa è l'ultima visita medica che le faccio. Lei sta bene. Mangi, si ossigeni il cervello all'aria. Ricominci a fare un po' di sport. E si divaghi. Lei non ha un temperamento fatto per la vita contemplativa. E fumi poco, raccomando».
Ella protestò in uno spasimo sincero di tutto il suo essere che si tendeva verso quell'uomo con impudicizia senza pari. «Ma venga a trovarmi come amico, dottore! Venga a farmi un po' di compagnia! Farà un'opera di misericordia! Anche le anime hanno bisogno di cure...».
Egli, quasi brutalmente: «Sono molto occupato, signora. E poi, io curo i corpi, non le anime... Ad ogni modo, credo alla saviezza dell'antico adagio: Mens sana... con quel che segue. Verrò a salutarla prima della sua partenza: questo sí!». E se ne andò.
Quell'uomo mi aveva incuriosita singolarmente. La donna, no, poveretta! Era quello che era; una creatura senza misteri, tutta aperta al sole, offrente la sua misera anima al facile studio d'ogni dilettante di cosidetta psicologia femminile.
L'interessante era lui. Uomo d'ingegno e di lotta assetato di tutto il sapere, ambizioso, notevolmente bello del corpo, superiormente dotato di facoltà dello spirito. Era buon conoscitore d'arte, e gli piaceva venire ogni tanto a fare con me, diceva lui, un po' di scherma intellettuale.
Il giorno appresso, infatti, venne a visitarmi, ed io ero già abbastanza in confidenza con lui, per potergli parlare della sua «vittima».
Egli parve cadere dalle nuvole.
– Io? No, io... come ogni altro. È una nevrastenica, povera donna. Questo clima, non le si confà. E si ostina a rimanere...
– Rimane per lei...
– Sarebbe un bel fatto! Ad ogni modo, non me ne occupo. Ho altro da fare.
– Ma non ne è neppure un po' lusingato? E nemmeno lontanamente commosso? È una donna molto interessante, ancora assai corteggiata e desiderata in società a malgrado del vicino tramonto... – dissi io.
Egli mi guardò, imperterrito.
– Ma io non sono disponibile. Avesse vent'anni e fosse una Venere rediviva... non mi commoverei!
I miei occhi si spalancarono. Egli se ne accorse e continuò:
– Ella immaginerà che nella nostra professione... – (una brevissima pausa, gonfia di sottintesi... che andavano oltre la professione) – le occasioni non mancano. Io esercito per il pane quotidiano dei miei... contro voglia. D'estate ho una clientela spaventevole. Vengono qui ottantamila bagnanti. Gente di tutte le categorie, donne, purtroppo, quasi tutte d'una categoria sola... Non è bella, da vicino, l'umanità!
Tacque, con una espressione triste sul maschio volto.
Io chiesi:
– Allora, lei è un marito fedele?
E i miei occhi continuavano a rimanere molto aperti...
Egli se ne accorse, perchè disse:
– Se ne meraviglia? Mi sorprende, ciò, da parte di una studiosa come lei! Nel mondo c'è tutto. Quindi, anche i mariti fedeli. E io sono uno di questi.
Come un ghiottone cui si ponga dinanzi un cibo prelibato, io mi accinsi a gustare il sapore nuovo della vivanda spirituale che mi si offriva all'improvviso. Contenni nei giusti termini la mia meraviglia, interrogai con arte, e sopratutto, con simpatia. Così, l'uomo prodigioso parlò:
– No, non sono fedele a mia moglie per dovere. Le sono fedele perchè l'amo, perchè è la sola donna per la quale io mi senta nato ad esercitare la mia parte d'uomo sulla terra.
– Da quanti anni si sono sposati? – chiesi, e faticavo immensamente a nascondergli il mio stupore, del quale mi vergognavo in faccia alla sua candida semplicità.
– Da sette anni. Ne avevo ventitre, essa venti. Ma il nostro affetto è molto più antico. Quando mi innamorai di Estella, avevo quattordici anni e lei undici. Paolo e Virginia, come lei vede, possono essere una realtà...
La mia attenzione lo lusingava e lo eccitava a parlare:
– È un vero romanzo il nostro, ma un romanzo pulito, di quelli che non si scrivono quasi più... I nostri parenti non volevano che ci fidanzassimo. Quelli di lei erano più ricchi dei miei. Noi giurammo di attendere la maggiorità. Invece i genitori di Estella ebbero un dissesto finanziario e divennero più poveri dei miei. Allora il consenso fu dato. E appena avuta la laurea e un posto rimunerato all'ospedale, ci sposammo. È la prima, la sola donna che io abbia conosciuta sulla terra, nel significato biblico della parola. Comprende?
Tacque un poco. Studiava sul mio viso l'impressione prodotta dalle sue parole. E pareva compiacersi della sua propria confessione.
Io mormorai:
Ed egli:
– Strana per gli altri, evidentemente, ma non per me. Si figuri se io avrei potuto contaminarmi, avendo quel grande sentimento nel cuore! Non solo nel cuore ma nei sensi. Estella era una delle più belle creature che sia dato vedere a questo mondo. Una madonna della scuola senese. Dolce e fiera: di una purezza veramente divina. Io sono e fui sempre per lei l'universo. Non è una esagerazione: è la semplice verità. Ella si chiede ogni tanto come ha potuto vivere i primi dieci anni della sua vita, senza di me! Mia, solo mia, tutta mia, d'anima e di corpo. Non meritava il contraccambio? È cosí semplice, cosí logico! Nella coppia umana evoluta e cosciente, deve essere cosí non per dovere: per volontà della stessa natura, quando due amanti, due coniugi seguono il sano istinto e il sacro sentimento, all'infuori delle perversioni del vizio e delle complicazioni cerebrali! Nell'uomo allo stato di civiltà, la fedeltà e la monogamia sono (o dovrebbero essere) connaturate. Cosí come la religione monoteista è superiore al politeismo, oltrepassato in tutte le civiltà. La pluralità degli amori e dei contatti, ne diminuisce l'ardore e la bellezza. Perchè disperdere in avventure vili quello che la natura ha consegnato all'uomo perchè lo tramandi, fiaccola di vita, per l'eternità? Io ho un grande concetto della mia missione d'uomo, anche nella parte animale. Ma perchè cercare la giustificazione della ragione alla mia condotta istintiva? Amo mia moglie, la desidero con ardore di amante ognora rinnovellato, le voglio bene come ad una madre.
– Che donna fortunata! – io esclamai.
– Povera cara! Se sapesse quanto ha patito! Quanto abbiamo patito insieme!
– ?
– Abbiamo perduti due bambini, i due primi, di difterite, in pochi giorni. Io, padre e medico, lí, impotente a salvarli, per lei, per me! Nessun pezzo grosso della scienza fece il miracolo! Povera Estella!... Dopo, fummo uniti non solo dall'amore, ma dal dolore. Lo sa, è vero?, cosa vuol dire avere patito insieme lo stesso martirio! Il dolore unisce gli spiriti, come l'amore unisce i corpi. E quella unione non finisce mai, non sfiorisce mai, avvince, attorce, cementa due esseri sempre più, fa veramente di due creature una sola.
– Hanno altri figliuoli?
– Uno. Un amore. E ne avremo ancora, spero. Se c'è un amore che meriti di creare è il nostro. Qual'è il segno di nobiltà dell'amore se non la sua unicità? Chi può amare due volte nella vita, non ha amato mai. Il piacere, il capriccio, il desiderio, l'accoppiamento non sono l'Amore. L'Amore vero, quello con l'A maiuscola (come pel nome di Dio), non fiorisce altro che una volta in un'anima ben nata. Ricorda un verso del nostro Fogazzaro?
«Ecco, superbo ascende il fior dell'agave»
«L'essere umano che si rispetta è come l'agave che getta il suo bel grido fiorito una sola volta nella sua esistenza. Un uomo. Una donna. Un amore. Una fedeltà. Questo è il poema della perfetta coppia morale. E dalle due sacre verginità che si integrano, nasce e fiorisce la santa famiglia umana. Non creda a tutte le solite sudicie chiacchiere sulla necessaria espansione della esuberanza amorosa dei maschi. Rettorica... e vizio! Queste leggi furono fatte da uomini scostumati.., e indulgenti verso la crapula. Parlo non solo come uomo, ma come studioso di scienza. Bisogna spiritualizzare la vita! E non vergognarsi (cosa veramente deplorevole e iniqua!) di una virtù. Nessuno si vanta mai d'essere fedele in amore... anche se lo è! Ma se ne vergogna, come di una colpa... Bisogna richiamare sul trono ideale, cui ha diritto, questa regale virtù.
– Mi faccia però il piacere di credere che queste confidenze le tengo in serbo per casi eccezionali!
Rise allegramente, e poco dopo, balzando dal pontile sulla sua barca bianca «Estella», diè vigorosamente di piglio ai remi, e, sotto il sole che gli dorava i capelli scoperti, vogò lietamente su pel mare azzurro come un sogno...