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Nello Rosselli
Mazzini e Bakunin

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  • I. L'ambiente sociale
    • 4. Primordi di organizzazione operaia
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4.

Primordi di organizzazione operaia

 

 

 

 

 

Fino al 1859-60 non si può parlare di movimento operaio italiano. Prima di questi anni all'infuori del regno di Sardegna, tutti gli altri Stati italiani, retti da un sistema antiliberale, non ammettono, salvo eccezioni, il principio dell'associazione operaia. Qualche nucleo sorge anche in questi Stati, ma sono nuclei isolati che non tendono, né potrebbero tendere se anche lo volessero, a moltiplicarsi e a unificarsi; o sono società di beneficenza, istituite da non operai. Il fatto piú eloquente è che il nucleo relativamente piú numeroso di società si trova nell'Emilia, ossia negli Stati del papa: sono in gran parte società fondate o sorvegliate dal clero. Si può dunque parlare di una vera e propria organizzazione operaia?

Quanti fossero questi primi nuclei è impossibile determinare con precisione; ci dobbiamo contentare delle notizie contenute nella Statistica delle società di mutuo soccorso pubblicata nel 186428; ma le cifre che essa riporta sono evidentemente inferiori al vero, in quanto che tiene conto solo di quelle società che sussistono ancora nel 1862.

Secondo la Statistica, prima del 1850 sarebbero state fondate nei vari Stati italiani (escluso il Piemonte) 32 Società operaie29; fra il 1850 e il 1859 incluso, 27; nel 1859, dunque, in tutta Italia, escluso il Piemonte, ne esistevano – sempre secondo la Statistica – 59, cosí ripartite: 10 in Lombardia, 38 negli Stati del papa, 9 in Toscana, 2 in Sicilia. Pure ammettendo che molte altre sieno sorte e cadute prima di penetrare nel rilievo statistico, il loro numero, ripartito in quasi tutta Italia, resta assai scarso e non ci permette di dare a questi primi tentativi il nome di organizzazione operaia.

 

Un vero e proprio movimento operaio si ha invece, prima del 1859, nel Regno di Sardegna, dove dal '48 in poi le libertà sancite dallo Statuto vengono costantemente osservate.

Anche per il Regno di Sardegna dobbiamo però riferirci quasi esclusivamente alla Statistica del 1864; secondo la quale, fino al 1848, non ci sarebbero state che 12 società operaie. Nel 1848 nacque a Torino30 la prima Società di resistenza: quella dei compositori tipografi, con lo scopo dichiarato di volersi opporre a eventuali riduzioni di salario: essa stipulò con i proprietari una tariffa di lavoro, che venne poi rinnovata nel 1850 e nel 185131. Altra società fra i tipografi venne fondata a Genova nel 1852.

La Statistica registra poi due società nuove sorte a Pinerolo, nel 1849; una delle quali (la Società operaia) istituí nell'anno medesimo una cooperativa di consumo per i soci: era la prima che si tentasse nel Piemonte, e pare fosse la prima in tutta Italia32.

Il movimento s'intensificò alquanto col 1850; fra il 1850 e il 1853 nacquero 85 società33. Fece progressi anche la cooperazione di consumo, con due magazzini aperti nel 1850, cinque nel 185134.

Se si eccettua quella dei compositori, erano tutte società di semplice mutuo soccorso. Lungi dal rivestire un carattere di opposizione al governo, erano anzi dal governo favorite, e si può dire che tutto il movimento del mutuo soccorso operaio piemontese anteriore al 1859 fu protetto e sospinto dagli uomini del partito moderato.

Nel 1853 un procuratore di VigevanoStefano Boldrinilanciò l'idea di riunire i delegati delle varie società operaie a periodici congressi, nei quali si discutessero questioni economiche e di organizzazione e attraverso i quali si mantenesse la coesione fra tutte le società. Accolta l'idea, il I Congresso si riuní ad Asti nell'ottobre 1853, presenti i rappresentanti di trenta società operaie piemontesi. Seguirono negli anni successivi altri congressi, con un numero sempre piú alto di partecipanti e una crescente proporzione di delegati operai. Una evoluzione radicale si nota anche negli argomenti posti all'ordine del giorno. E mentre ad esempio i quesiti presentati al II Congresso (1854) sembrano quasi ridurre il complesso problema del lavoro a una meschina questione di beneficenza, altri, discussi nel IV Congresso, rivelano nei proponenti e nei congressisti tutti, un maturo senso della realtà, e una cosí progredita coscienza dei dati fondamentali della questione operaia, che, in relazione al tempo e paragonati alle idee piú diffuse nei ceti intellettuali, ci appaiono davvero assai notevoli35.

Mentre si svolgevano i congressi, e in parte sospinta da questi, la organizzazione operaia si andava notevolmente sviluppando in tutto il Piemonte. A Torino, nell'ottobre 1854, sorgeva una cooperativa di consumo, organizzata dalla Società operaia, con l'emissione di buoni da una lira. Rappresentò per gli operai «una vera rivelazione»36. Altra cooperativa di consumo fondavano nello stesso anno i ferrovieri37, e molte società di mutuo soccorso, in tutto il Piemonte, seguirono l'esempio38.

Tra il 1853 e il 1855 si formarono diciotto nuove società di mutuo soccorso39. Nel 1856 si costituiva ad Altare (Genova),40 per iniziativa di un medico, la Associazione artistico-vetraria tra ottantasei operai vetrai; era una vera e propria cooperativa di produzione (la prima in Italia), tentata dagli operai con la speranza di alleviare le loro condizioni economiche, rese disastrose e per la crisi generale dell'industria e per le conseguenze del colera. In un primo tempo l'Associazione urtò contro infinite difficoltà, non ultima la persecuzione del governo, che, sospettoso sui suoi veri scopi, voleva addirittura scioglierla. Organizzata molto seriamente, seppe però superare ogni ostacolo e avviarsi a un prosperoso avvenire.

Una seconda cooperativa di produzione sorgeva a Torino nel 1859: la Stamperia dei compositori tipografi41. Nello stesso anno le società operaie di mutuo soccorso sommavano nel territorio del Regno di Sardegna a 134.

Nell'ottobre 1859 si radunava il Congresso di Novi, che chiuse la serie dei congressi piemontesi. La terza guerra dell'indipendenza era terminata con i preliminari di Villafranca, che sancivano la cessione della Lombardia al Piemonte; le rivoluzioni scoppiate nell'Italia centrale sboccavano nelle annessioni al Regno di Sardegna. Ormai le modeste radunate di trenta o quaranta delegati di società operaie dovevano cedere il posto a piú importanti congressi, che avrebbero attirato rappresentanti d'ogni parte d'Italia: non si trattava piú di discutere gl'interessi di una piccola massa omogenea di artigiani e operai, accomunati da tradizioni, condizioni, bisogni, speranze comuni, sibbene di frazioni di un'immensa massa riunita solo dal comune desiderio di star meglio: profondamente diversificata, poi, se non altro, pel fatto d'esser dispersa su una superficie cosí vasta e d'aver vissuto, da regione a regione, esperienze tanto dissimili.

Ma anche i piccoli congressi piemontesi avevano avuto la loro importanza: avevan dato il primo impulso a un movimento destinato a svilupparsi e a prendere sempre piú vaste proporzioni. Con le discussioni che vi si erano svolte avevano precisato e additato certi punti fondamentali del problema operaio, e insomma avevan costituito il primo tentativo di unificare le forze del lavoro.

Gli operai delegati ai congressi, insieme ad elementi appartenenti ad altre classi sociali, partecipando a quelle discussioni o soltanto seguendole, avevano forse intravista la possibilità e l'efficacia di una azione economica e politica vastamente organizzata, alla quale partecipassero tutti i lavoratori della loro regione; si eran resi conto, fors'anche, degli interessi diversi, dai quali i rappresentanti di altri ceti erano mossi a occuparsi della questione operaia e a indirizzarla in un senso piuttosto che in un altro.

E infatti perché mai le classi di governo in Piemonte avevano tanto appoggiato il movimento delle società operaie di mutuo soccorso? Perché non avevano tardato a comprendere tutto il vantaggio che poteva derivare all'ordine sociale dal fatto di legare in pacifici organismi economici, dei quali fosse per statuto limitabile e sorvegliabile l'attività, quelle forze sulle quali poteva esercitarsi e in parte si esercitava il potere di attrazione del partito sovversivo (allora il repubblicano): di largheggiare con esse in concessioni di carattere economico (e quindi legarle allo Stato) pur di tenerle rigidamente estranee al pericoloso giuoco politico42.

 

Il Piemonte fu dunque la culla del movimento operaio italiano. Incoraggiò le prime esperienze, accolse le prime cooperative, i primi congressi, tollerò i primi giornali operai43. La pratica del mutuo soccorso, se pur di necessità ristretto entro i limiti del sussidio ai soci bisognosi (sola eccezione la cassa di resistenza fra i tipografi), risultò preziosa: primo addestramento degli operai alla disciplina dell'organizzazione, fece germogliare in essi l'idea che la classe lavoratrice ha interessi suoi propri, che possono essere contemperati, ma sono certo distinti dagli interessi delle altre classi sociali.

 

Nelle altre regioni d'Italia il biennio 1859-60, che segna il prevalere delle minoranze liberali e l'estendersi delle franchigie costituzionali, vede anche l'inizio di un vero e proprio movimento operaio.

Sorgono numerosissime società di mutuo soccorso, mentre le poche già esistenti, fino allora appena tollerate, trovano finalmente il terreno e l'ambiente propizio per svilupparsi, estendere la loro attività, e collegarsi. Sono generalmente elementi della borghesia democratica che danno la prima spinta; rari nuclei sorgono per spontanea iniziativa operaia.

Grave errore sarebbe l'attribuire la quasi inesistenza di un movimento operaio anteriore al 1859 in tutta Italia salvo che in Piemonte al fatto che operai e artigiani, tutti presi dal problema della indipendenza nazionale, abbiano volontariamente posticipato la loro organizzazione di classe per la conquista delle loro libertà.

Abbandoniamo definitivamente l'idea che alla fatica per la unità e la indipendenza nazionale abbia partecipato attivamente, e con coscienza del fine, il popolo, o anche una frazione importante delle classi lavoratrici. La verità è che sul fondo grigio dell'ignoranza, dell'indifferenza e addirittura in molti casi dell'ostilità delle masse, una esigua minoranza, appartenente alle classi medie e superiori, cosciente piú o meno del fine, discorde spesso sui mezzi da impiegare e sugli obiettivi immediati da raggiungere, in parte obbedendo a impulsi ideali, in parte sospinta da piú modesti interessi concreti, danneggiati dallo spezzettamento politico d'Italia, portò a soluzione il problema nazionale. S'intende che l'agitarsi di questa minoranza non poteva non suscitare desideri e speranze piú o meno confuse anche in alcuni strati delle classi proletarie. Risvegliando interessi trascurati, addossando ai regimi esistenti la colpa di molti mali, facendo sperare in un avvenire migliore per tutte le classi sociali, cercando di trascinare nella lotta nazionale gli elementi piú attivi e piú intelligenti delle classi operaie, quelle minoranze ottennero, qua e , la neutralità benevola o addirittura l'attivo se pur momentaneo favore di qualche gruppo operaio. Ma furono casi tutt'altro che frequenti, limitati, salvo eccezioni, a qualche centro dell'Italia settentrionale e centrale.

La grande maggioranza del proletariato mantenne la piú completa indifferenza ed apatia.

Vero è invece che il problema dell'indipendenza e dell'unità politica assorbí completamente quegli elementi della borghesia democratica i quali soltanto dopo il 1859-60 si dedicarono con molto ardore alla causa della organizzazione operaia.






p. -

28 Delle statistiche successive, pubblicate nel 1875 e nel 1880, la prima si limita a indicarci il numero delle società sorte fra il 1848 e il 1861, che sussistono ancora nel 1875 e non ci permette di sapere quante sono sorte prima dell'unità nazionale e quante nel biennio 1860-61. La seconda ci notizie piú precise, ma è evidente che solo la minima parte delle società anteriori al 1859 sussisteva nel 1880: essa novera 14 società fondate anteriormente al 1850 in tutta l'Italia, escluso il Piemonte; 15 fra il 1850 e il 1859.



29 Si avverta che la Statistica riguarda anche alcune società di mutuo soccorso fra bottegai, professionisti, e altre categorie non operaie; le cifre che riporto si riferiscono esclusivamente alle società operaie.



30 Per iniziativa dell'operaio tipografo Vincenzo Steffenone.



31 Prima ancora della costituzione della Società i tipografi torinesi avevano stipulato una tariffa di lavoro con i proprietari, che fissava lo stipendio minimo settimanale in L. 16. Con la tariffa del 1851, si fissava l'orario di lavoro a dieci ore, la retribuzione a L. 0,40 l'ora (T. BRUNO, La Federazione del libro nei suoi primi cinquant'anni di vita, Bologna 1925, pp. 22 sg.).



32 S. FENICIA, La cooperazione in Piemonte, Torino 1901, pp. 8 sg.



33 La Statistica del 1880 concorda con quella precedente per il numero di società fondate fino al 1849. Fra il '50 e il '53, ne registra invece solo 50.



34 S. FENICIA, op. cit., pp. 8 sg.



35 Questi congressi sono stati ingiustamente dimenticati dagli studiosi del movimento operaio. Io avrò occasione di parlarne piú diffusamente in una piccola monografia di prossima pubblicazione. Notizie su di essi sono difficilmente rintracciabili. Piú a lungo di tutti ne trattò il MACCHI in uno studio su Le associazioni operaie di mutuo soccorso, apparso nella «Rivista contemporanea», marzo 1862. Ho consultato inoltre il Sunto degli atti del II Congresso generale delle società degli operai dello Stato tenutosi in Alessandria nel 1854, gli Atti del VI Congresso generale delle società operaie tenutosi in Vercelli, 1859, e una serie di giornali che va dall'«Italia e Popolo», Genova, alla «Gazzetta di Genova», al «Vessillo della libertà», Vercelli, alla «Gazzetta piemontese», Torino, ecc.

Riassumo qui l'attività dei singoli congressi.

Congresso di Asti (17-19 ottobre 1853): discussioni su l'istruzione degli operai – sulla fondazione di un giornale operaio – sul trattamento reciproco tra i membri delle varie società di mutuo soccorso.

Congresso di Alessandria (ottobre 1854): discussioni sulla opportunità di fondare una Società manifatturiera agricola e commerciale con capitale raccolto dagli operai – sulla istituzione dei comitati di previdenza (cooperative di consumo) – sulla costruzione di case per le classi lavoratrici – sull'istruzione degli operai – sul miglior mezzo per soccorrere i soci impotenti al lavoro per malattia o per vecchiaia – su una Esposizione industriale da aprirsi ogni anno in occasione e nella sede del congresso.

Congresso di Genova (23-25 novembre 1855): discussioni sul modo di diffondere l'istruzione tra le classi operaie – sul riconoscimento giuridico delle società di mutuo soccorso – sulla possibilità di diffondere il mutuo soccorso operaio in tutte le province d'Italia – sull'abolizione del titolo soci onorari – sull'istituzione del giurí nelle controversie fra operai e datori di lavoro.

Congresso di Vigevano (1856): discussioni sulla convenienza di accettare erogazioni fatte dal governo alle società di mutuo soccorso – sull'istruzione degli operai.

Congresso di Voghera (settembre 1857): non sono riuscito a trovare resoconti. È rammentata soltanto una discussione sull'opportunità di ammettere la fondazione di società operaie confessionali.

Congresso di Vercelli (2-4 ottobre 1858): discussioni sull'opportunità di presentare una petizione al Parlamento perché venga resa obbligatoria l'istruzione elementare – sulla durata del lavoro – sulla cooperazione di consumo – sulla unificazione delle società operaie – se sia conveniente che le società operaie si costituiscano in comitati elettorali in occasione delle elezioni e si mettano in relazione con la Società nazionale.

Congresso di Novi (ottobre 1859) discussioni sull'opportunità di federare le società operaie piemontesi con le altre sorte o in via di formazione nel resto d'Italia – sulla cooperazione di consumo – sulla definizione giuridica del lavorodiscussioni di carattere politico.



36 Sunto storico presentato all'Esposizione Nazionale di Torino, 1884, sulle società operaie di Torino, e S. FENICIA, op. cit.



37 CASALINI, Cenni di storia del movimento cooperativo in Italia, Roma 1922, p. 47.



38 Non ne conosciamo il numero perché gli studiosi del fenomeno cooperativo, non considerando questi spacci come vere e proprie cooperative, sibbene come una branca del mutuo soccorso, non li compresero nelle statistiche della cooperazione.



39 Statistica del 1880 cit.



40 In realtà Savona che però non è “provincia” tra il 1859 e il 1927 [nota per l’edizione elettronica Manuzio]



41 RABBENO, Le società cooperative di produzione, Milano 1889, pagine 280 sg.



42 Sulle preoccupazioni delle classi dirigenti piemontesi di fronte al lavorio dei repubblicani per sobillare l'elemento operaio, cfr. una lettera di Cavour ad Angelo Conte, del 4 luglio 1858 (L. CHIALA, Lettere edite ed inedite di Cavour, Torino 1887, vol. VI, p. 2445).



43 Sarebbe utilissimo raccogliere e studiare tutti i giornali operai che nacquero in Piemonte dopo il 1848. Io ho potuto consultare tre fogli genovesi: «Il povero», trisettimanale, sorto il 14 maggio 1851, «Il lavoro», settimanale, dal 4 settembre 1852, «Associazione, Lavoro», settimanale, dal marzo 1853. Qualche giornale operaio era stato fondato anche in altre regioni d'Italia. A Milano, per esempio, nel 1848, avevano veduto la luce «L'Operaio», «La Politica per il Popolo», e «L'Operaio galantuomo».





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