2.
Michele Bakunin
Mazzini lavorava l'elemento operaio
italiano da un lato; Carlo Marx, dall'altro, pensava al modo di
strapparlo alla sua influenza. All'amico Engels scriveva l'11 aprile
1865: «Attraverso Bakunin a Firenze, porrò delle mine
contro Mazzini»236.
A Bakunin spetta un posto molto
importante nella storia del movimento sociale italiano tra il 1864 e
il 1874. Chi voglia penetrare quel movimento non può
astrarre da lui: fu il piú deciso propagandista rivoluzionario
che si ebbe in Italia dopo le guerre dell'indipendenza e senza dubbio
contribuí potentemente a scalzare la popolarità del
Mazzini.
La vita di Michele Bakunin è
veramente eccezionale per la intensa attività che la
caratterizza tutta. Non è vita, ma febbre di vita. Non v'è
problema che non lo interessi, esperienza che egli non abbia tentato:
dalla carriera militare ai banchi dell'università, dalla vita
agiata alla piú misera, dalla deportazione in Siberia
all'esilio in Inghilterra, in Italia, in Svizzera, dagli studi di
filosofia alle cospirazioni e alle rivolte politiche237.
L'entusiasmo senza limiti, la
giovanilità tenace, il perenne rifiorire delle illusioni ci
spiegano come Bakunin potesse sopportare un'esistenza cosí
tormentata e ansante. La dura realtà della vita non lo piegò
mai. Dalle delusioni germogliavano in lui sempre nuove illusioni.
Spirito ardente, insofferente d'ogni
autorità, intollerante d'ogni dogma, facile ad ingannarsi
ingenuamente sulla vera situazione delle cose, a figurarsela,
nonostante ogni prova contraria, conforme ai suoi desideri,
ingigantendo la portata di modesti avvenimenti o di sintomi isolati,
si compiaceva della fama leggendaria e misteriosa che lo circondava.
Spirito turbolento e inquieto, straordinariamente attivo, era sempre
a maturare nuovi disegni teorici e pratici di rinnovamento politico,
morale e sociale dell'umanità intera; e, per la loro
attuazione, seguendo un impulso istintivo e una tradizione ancor viva
e feconda nel suo paese d'origine, tramontata e ormai quasi oggetto
di scherno nei paesi dell'Europa occidentale, preferiva le
organizzazioni segrete, la stampa clandestina, la corrispondenza
cifrata, insomma i sistemi del cospiratore. Che quei disegni si
attuassero o no, era quasi secondario: nutrimento indispensabile alla
sua esistenza era la loro elaborazione, che gli faceva attraversare
periodi di vera febbre intellettuale, nei quali pareva ritemprare
inesauribilmente la sua energia.
Non forte scrittore, anzi spesso
prolisso e confuso: quasi sempre irruente, a volte efficacissimo
polemista e fine umorista. I continui viaggi e il contatto con
innumerevoli persone avevano fatto di lui un vero campione
d'internazionalismo: si sentiva a casa sua, perfettamente, ovunque;
in Inghilterra, in Francia, in Germania, in Italia, in Svizzera;
forse piú che in Russia! Di qui la comprensione stupefacente
che egli ebbe degli ambienti piú diversi. Chi legga oggi certi
giudizi suoi dell'Italia, delle sue classi dirigenti, dei suoi uomini
piú notevoli espressi soltanto pochi mesi dopo esservi giunto,
non può non restarne colpito. L'esagerazione, la
generalizzazione, il paradosso che quasi sempre li infirma, non sono
che veli superficiali sotto ai quali trapela la osservazione acuta e
originale. Questa facoltà di penetrare il carattere di ogni
paese e di viverne le aspirazioni e i problemi fece sí
che, prima che un internazionalista per ragionamento, egli fosse un
internazionalista per istinto, per intima e prepotente necessità.
Altri pensatori, altri uomini
d'azione, studiando una questione o maturando un programma pratico,
muovono da una limitata esperienza nazionale e s'illudono che le
necessità siano le stesse nei vari paesi. Bakunin, muovendo da
una vastissima esperienza, sapeva trovare i punti di contatto tra le
varie esigenze nazionali – insisteva su questi, e tralasciava
il resto; in tal modo riusciva a legare assieme uomini di ogni
nazione. Insomma un romantico rivoluzionario in cui si alternavano o
si fondevano, al fuoco di un perenne entusiasmo, idealismo
disinteressato e meschina avidità, forza di sacrificio ed
impulsi egoistici, concretezza e ingenuità.
Costantemente animato da sincera
convinzione, poté esercitare intorno a sé larga e
profonda influenza; formidabile assimilatore, subiva poi egli stesso,
in altissimo grado, le altrui influenze; a tal punto che non sarebbe
impresa impossibile quella di ricostruire le varie fonti del suo
pensiero seguendo l'ordine delle sue letture e sapendo con quali
uomini ebbe via via relazioni intellettuali.
Riassumerlo brevemente, questo suo
pensiero, non è facile: Bakunin non riuscí mai a
riordinare in un sistema vero e proprio le idee che andava esponendo
in innumerevoli scritti, per inorganicità di pensiero, forse,
o perché le vicende agitate della vita non glielo permisero.
Lo studioso deve perciò far lui
questo lavoro faticoso, spigolando nel suo copiosissimo epistolario,
nella raccolta delle opere238, esaminando abbozzi, manifesti,
discorsi, proclami239.
Il cardine intorno al quale ruotano
tutte le idee del Bakunin è il concetto di libertà;
basta seguirne, nei suoi scritti, lo svolgimento, per portare alla
luce il nucleo sostanziale del suo pensiero.
La libertà deve regolare i
rapporti tra le nazioni, come i rapporti tra la nazione e le sue
singole parti; dev'essere base di esistenza per ogni individuo; egli
è «un amante fanatico della libertà» perché
la considera «come l'unico ambiente in cui possono svilupparsi
e progredire l'intelligenza, la dignità e la felicità
degli uomini»240.
Bakunin non ammette che la libertà
individuale sia limitata dalla libertà degli altri individui:
in questa formola ravvisa l'origine del dispotismo, in quanto vi
corrisponde e ne deriva, in pratica, l'ordinamento della società
concepita come regolatrice e limitatrice della libertà
individuale. La società non deve essere invece che la
conferma, lo specchio, la garanzia della libertà individuale;
e questa, lungi dal trovare un confine nella libertà degli
altri, deve risultarne anzi confermata, estesa. Libertà vera è
uguaglianza nella solidarietà, e si esprime col motto «Uno
per tutti, tutti per uno». L'uomo è tanto piú
veramente libero quanto maggiore è il numero dei liberi
intorno a lui, e piú profonda e completa la libertà da
essi goduta.
Scopo fondamentale di ogni uomo ha da
esser dunque la conquista della propria libertà, di tutta la
propria libertà. Alla quale meta non si giunge se non si abbia
realizzata dapprima una completa autonomia spirituale attraverso la
rivolta contro la società e contro Dio.
Per rivolta contro la società
Bakunin intende lo sforzo di liberazione da quei germi di abitudini
mentali che la società stessa o meglio l'ambiente depongono in
ogni individuo, incatenandolo fin dalla nascita in un complesso
d'idee tradizionali sui problemi fondamentali della vita. Queste idee
innate (sulla giustizia, sull'anima, sulla divinità, sulla
materia, ecc.) impregnano di sé, per sempre, lo spirito
dell'individuo, il quale, se pure evolverà spiritualmente,
assai di rado oserà varcare i confini di questo ambiente
tradizionale e porre in discussione le basi stesse del suo pensiero.
È necessario uno sforzo immenso per procedere a una coraggiosa
e obiettiva valutazione dei valori imposti come indiscutibili dalla
suggestione sociale; ma è, per l'uomo pensante, tappa
indispensabile nel cammino per la conquista della vera libertà.
Fra queste idee innate o tradizionali,
la piú funesta è quella di Dio; poiché la nostra
libertà cessa di esistere se ci sottoponiamo a un'autorità
superiore, invisibile, insindacabile, irresistibile.
Ammettere Dio significa abdicare alla
ragione e alla giustizia umane; se Dio esiste, l'uomo è
schiavo; se l'uomo è libero, intelligente, giusto, Dio non
esiste. Dio rende schiavo l'uomo non solo nel pensiero, ma anche
nella attività pratica: perché adorare Dio nei cieli
significa obbedire ai suoi rappresentanti in terra; e tutti i
despoti, tutti i peggiori nemici della libertà hanno sempre
legittimato la loro autorità col suggello del consenso divino.
Bakunin nega dunque una causa
intelligente della creazione. La materia per lui è tutto,
comprende tutte le manifestazioni del mondo organico, tutta la scala
degli esseri; tutti quei piú nobili prodotti di un organo del
corpo umano, il cervello, che sono i sentimenti, le idee, gli
impulsi. Ma si ribella contro la definizione di materia data dagli
idealisti: i quali attribuiscono a Dio, o allo spirito, tutto ciò
che v'è di bello e di buono nel mondo; alla materia, il
residuo del loro singolare processo astrattivo.
I materialisti intendono rendere alla
materia tutto ciò che è stato arbitrariamente tolto; e
in cosí fare pensano di rendere all'uomo la libertà e
di ristabilire il rispetto per l'uomo, la fiducia nell'uomo, in una
parola l'umanità.
Spregiudicato ed ateo, l'uomo non è
ancora libero; o meglio, lo è solo spiritualmente: mentre egli
deve raggiungere la completa libertà sociale e individuale, e
trovare nella organizzazione sociale il rispetto e la tutela di un
cosí grande beneficio.
Condizione prima ed essenziale di
libertà e nello stesso tempo libertà prima ed
essenziale è che ogni uomo sia messo in grado di raggiungere
il pieno sviluppo di tutte le sue facoltà, ricevendo
un'adeguata istruzione ed educazione. Ma può l'uomo,
nell'attuale organizzazione sociale, istruirsi ed educarsi se non
possiede congrui mezzi di fortuna? Evidentemente no; non v'è
che una piccola minoranza che abbia tale possibilità, ossia
l'incommensurabile privilegio di essere e di sentirsi libera in una
massa di schiavi.
Ecco dunque la necessità di
rivoltarsi contro lo Stato, che garantisce il mantenimento
dell'odierno assetto sociale. Bisogna abolire il diritto di
proprietà, che crea una cosí profonda disuguaglianza
tra gli uomini e il diritto di eredità, che concede di
trasmettere il privilegio; bisogna assicurare a tutti gli uomini
uguali condizioni di partenza.
Vana fatica è quella di
spingere le classi privilegiate a mitigare le sofferenze dei
nullatenenti; esse non risolveranno mai il problema perché non
potranno mai rinunciare al loro privilegio. Necessità
fondamentale si è invece quella di abolire tali classi, non
sopprimendo gli individui, ma sopprimendo il privilegio. Molti
pensano che ciò significhi uccidere nell'uomo il piú
forte stimolo al lavoro; ma questo è vero solo nell'attuale
società che considera sommo bene la possibilità di
vivere senza bisogno di lavorare e una dannazione il lavoro: nella
società futura il lavoro sarà considerato un bene
necessario, un bisogno naturale, irresistibile nell'uomo, legge
suprema della vita, poiché sarà un lavoro misurato,
giustamente retribuito, conforme alle attitudini individuali.
Per rovesciare l'attuale
organizzazione sociale bisogna spingere le masse alla rivoluzione;
lasciare cioè che nello sfogo degli istinti lungamente
repressi, nello scatenamento completo e irrefrenabile degli impulsi
popolari si facciano luce il nuovo ideale umano e il nuovo
ordinamento sociale. Nel vortice dell'esperimento le moltitudini
ignoranti si renderanno conto delle nuove necessità di vita,
determinate dalla rovina dei vecchi ordinamenti sociali.
Bakunin cerca tuttavia di tracciare le
grandi linee della organizzazione futura: la quale, in primo luogo,
permetterà a ogni individuo di chiarire e sviluppare con ogni
mezzo a disposizione, le proprie abitudini. Abolita la proprietà
privata, reso obbligatorio il lavoro, la formazione e l'esistenza di
una classe dominatrice non saranno nemmeno concepibili.
Il lavoro intellettuale verrà
considerato un complemento, libero a tutti e gratuito, dell'attività
manuale, necessaria per vivere. Poiché tutti dovranno lavorare
manualmente, tutti lavoreranno un poco meno di quanto non siano
costretti a fare i proletari d'oggi; a ciascuno resterà perciò
la possibilità di dedicarsi a un'attività non
necessaria.
La libertà sarà il
principio informatore della nuova società, che si ordinerà
dal basso in alto: nuclei d'individui spontaneamente riunitisi
concorreranno a formare delle associazioni di produzione; queste a
formare i comuni, i comuni a formare le province, le province a
formare la nazione. Le nazioni si uniranno fra loro in una lega
dapprima limitata all'Europa, che piú tardi si estenderà
a tutto il mondo. S'intende che la Lega delle nazioni non dovrà
associare quegli organismi centralizzati e centralizzatori,
burocratici, militari, fondati sul privilegio e l'ingiustizia, che
sono le odierne nazioni; il fondamento e lo spirito di ogni nazione
si trasformeranno in base al principio rigeneratore del socialismo.
Poiché la federazione delle
singole parti deve essere spontanea, sorge il dubbio che essa, dopo
lo schianto rivoluzionario, potrebbe anche non verificarsi. Ma
Bakunin credeva di superare lo scoglio esprimendo la sua illimitata
fiducia nell'irresistibile istinto dell'uomo verso l'unità,
quando per unità non s'intenda un cimitero nel quale vengano
seppellite, a beneficio d'ignoti, le prosperità locali.
Per preparare l'umanità a
questa grande trasformazione, in attesa dell'ora in cui si renda
possibile la rivoluzione, bisogna predicare contro la società
borghese, contro Dio, contro l'organizzazione statale, dimostrare il
vuoto e la menzogna che si celano nei vecchi valori tradizionali,
coltivare lo spirito di rivolta in seno al popolo. Bisogna poi
chiarire e diffondere alcune idee-basi, quali federalismo, ateismo,
collettivismo, pacifismo; bisogna promuovere e favorire
l'organizzazione dei lavoratori, cercando di creare un grande, unico
nucleo operaio che sia un modello, in piccolo, di quel che dovrebbe
essere la futura società. Soprattutto risvegliare l'istinto
rivoluzionario, innato nelle grandi masse incolte.
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