4.
Prime persecuzioni contro gli
internazionalisti
La sezione di Napoli, organizzata in
corpi di mestiere, progrediva assai rapidamente, tanto che al
principio del '70 contava, a quanto pare, intorno a tremila
soci457. Sia per questo fatto, sia per l'eco delle
discussioni svoltesi nel Congresso di Basilea, fatto sta che le
autorità napoletane si misero in una certa apprensione. Sul
principio di febbraio una quarantina di operai pellettieri, alcuni
dei quali internazionalisti, vennero espulsi da una fabbrica, senza
che le rimostranze di una commissione, da essi nominata, valesse a
far ritirare il provvedimento. Gli operai, riuniti alla sede
dell'Internazionale, provocarono allora lo sciopero; e la sezione
s'incaricò di passar loro un modesto sussidio giornaliero.
Furono cosí messi in grado di resistere per alcuni giorni. Ma
la polizia intervenne e, sciolta un'assemblea degli operai
scioperanti, trasse in arresto il Caporusso, presidente della
sezione, il segretario, Francesco Forte, l'avvocato Gambuzzi e due
degli operai458.
Siccome nella perquisizione
contemporaneamente eseguita si eran trovate carte compromettenti,
alcune delle quali provenienti dall'estero459, venne istruito
un processo in seguito al quale gli arrestati, salvo il Gambuzzi
assolto, furon condannati a un mese di carcere.
Tutto ciò produsse i suoi
effetti e la sezione di Napoli, abbandonata da molti soci impauriti,
decadde rapidamente460.
Ma, al solito, le persecuzioni giovano
e non nuocciono, in ultima analisi, a chi le soffre: alla sezione di
Napoli si volgono le simpatie di altri nuclei di operai di tutta
Italia. Perfino la Commissione permanente delle società
operaie italiane, sedente in Genova, spedisce un indirizzo di
solidarietà461; un altro indirizzo giunge dalla
sezione italiana dell'Internazionale, in Ginevra, con queste parole:
«Le persecuzioni ingiuste e illegali alle quali voi siete stati
esposti in codesti giorni, come pure gli arresti brutali dei
cittadini Caporusso, Gambuzzi e Francesco Forte, se ci hanno
vivamente feriti, non ebbero però il prestigio di
sorprenderci. E veramente, noi vediamo dappertutto il capitale
dominatore, speculatore in guerra aperta contro l'operaio... Coraggio
fratelli! Le ingiurie, le calunnie, le persecuzioni, le disfatte non
ci mancheranno, ma la forza operaia risvegliandosi nel sentimento
della rivendicazione dei suoi umani diritti, saprà vincere ben
tosto ogni ostacolo, e proclamare il trionfo del lavoro sul
privilegio e l'ingiustizia. Ci siamo creduti in dovere d'inviarvi
queste poche linee di riconoscenza e di ringraziamento pel vostro
fermo contegno dinanzi ai nostri comuni avversari... W.
L'Internazionale!»462.
E mentre a Londra il Consiglio
generale si sente spronato a occuparsi piú assiduamente della
organizzazione in Italia (il 17 maggio vengono eletti membri del
Consiglio due italiani – Ayassa e Bora – il primo dei
quali assume la carica di segretario per l'Italia)463,
Bakunin raddoppia la sua attività.
Dal 22 aprile al 1° maggio 1870 è
a Milano, dove s'incontra col Gambuzzi, che lo informa delle novità
napoletane e col quale prende gli accordi per la diffusione
dell'Internazionale in Lombardia464; conosce Cavallotti
(allora collaboratore del «Gazzettino rosa»)465 e
rivede Gaspare Stampa «onestissimo uomo d'intelligenza un po'
corta – scrive il 4 maggio al Gambuzzi. – Ma tuttavia ci
sarà prezioso. M'ha fatto incontrare a Abbiategrasso un signor
Sartirana, ragioniere, presidente della Società di operai di
Abbiategrasso... Abbiamo deciso insieme che senza perder tempo essi
trasformeranno l'associazione operaia di Abbiategrasso in sezione
dell'Internazionale466. Stampa deve scriverti subito per
domandarti dei libretti, statuti, regolamenti e altri stampati della
nostra (sezione) Internazionale...»467 A Firenze si
lavora per fondare una sezione e per stampare un giornale
internazionalista.468
Bakunin si lamenta che gli amici
italiani non spieghino come lui una febbrile attività. Scrive
al Gambuzzi il 5 luglio: «C'è ancora una sezione a
Napoli? In che stato si trova? E non sarebbe definitivamente caduta
nelle mani di intriganti?... Ma, in nome del cielo, non
dormire...»469. E il 1° agosto al Mrozkowski:
«Fanelli è diventato pigro... Gambuzzi è un bravo
ragazzo... diventa sempre piú socialista...»470.
Nel settembre 1870 Fanelli e
fors'anche Gambuzzi si recano a Locarno per conferire con
Bakunin471, il quale diventa sempre piú ottimista
sulla possibilità di scatenare la rivoluzione sociale in
Italia. Facile profeta sul risultato della guerra franco-prussiana,
scrive a un amico nello stesso mese di settembre che l'Italia è
ormai all'orlo di questa rivoluzione: «Vittorio Emanuele si
sente attirato col suo signore, Napoleone III, verso l'abisso. Non si
attende che il segno d'una rivoluzione in Francia... per cominciare
la rivoluzione in Italia»472.
E il 15 ottobre, al Gambuzzi,
dissuadendolo dal progetto di seguire Garibaldi in Francia: «Credimi,
resta in Italia. Se riusciamo, avrete immensamente da fare nel vostro
paese, e noi vi daremo tutti i mezzi necessari per agire»473.
Il Friscia, intanto, fa propaganda in
Sicilia, cercando di costituire nuove sezioni. Quella di Sciacca, da
lui fondata, spedisce nell'ottobre il seguente indirizzo alla
Commissione ligure delle società operaie (mazziniana):
«Fratelli operai della Liguria! Noi, legati per sentimento di
solidarietà e d'interesse alla grande famiglia
dell'Internazionale, vi dichiariamo che l'opera nostra è
diretta piú che alle inefficaci ed inconcludenti modificazioni
del regime parlamentare... a ottenere che nell'ordine sociale sia
sostituito il regime industriale-economico al regime
politico-governativo, poiché cosí solamente al
dispotismo, all'ineguaglianza sarà sostituito il regime della
libertà e della pace, fondata sull'eguaglianza, la solidarietà
e la mutualità»474.
Altro documento dell'attività
internazionalista in Italia è un foglietto, diffuso nel 1870,
contenente un dialogo che si può considerare come un vero e
proprio commento allo statuto dell'Internazionale. Esso è
interessante anche come uno dei primi documenti estremisti
antirepubblicani.
« – Che cosa è
l'operaio nella società?
« – È l'uomo che
lavora e che soffre piú di tutti.
« – Perché la
classe dei lavoranti, che sono la maggioranza, non ha mai potuto
migliorare il proprio stato?
« – Perché aspettò
sempre la manna dall'alto, si fidò alle promesse dei governi,
e delle classi agiate, e non pensò mai ad acquistare i suoi
diritti con le proprie forze.
« – Possono gli operai
sperare un miglioramento delle loro condizioni economiche da un
mutamento della forma di governo?
« – Qualche vantaggio
possono sperarlo, ma non possono essere certi che una repubblica li
tragga dallo stato miserevole in cui si trovano rispetto alle altre
classi sociali.
« – Ma come mai, se la
repubblica proclama l'emancipazione del lavoro dal capitale,
l'uguaglianza, la stessa parte dei doveri e dei diritti per tutti?
« – Certo la repubblica si
fonda su questi principi; ma altro è proclamarli, altro
attuarli realmente».
E il foglietto si dilunga a mostrare
che è inutile cianciare di diritti civili e politici
dell'operaio finché questi è cosí ignorante,
inutile cianciar d'istruzione, finché non ha il tempo di
coltivarsi. «Bisogna persuadersi di una verità; ed è
questa: L'interesse delle classi privilegiate è
incompatibile coll'interesse delle classi popolari, perché il
primo vive della rovina del secondo... Gli operai devono tendere
all'emancipazione economica colle sole loro forze, senza chiedere
capi ed aiuti dalle classi privilegiate»475.
Bakunin, spingendo il moto in Italia,
persegue un fine preciso: quello di procurarsi numerosi aderenti per
la lotta, che prevede imminente, contro il Consiglio generale
dell'Internazionale, da lui accusato di voler render obbligatoria,
nell'associazione, la dottrina marxista: ossia – come egli la
definisce – la dottrina del comunismo autoritario, in netta
antitesi col suo collettivismo libertario.
Egli ha per alleati gli
internazionalisti spagnuoli, belgi e parte dei francesi e svizzeri.
L'Internazionale è nel 1870 all'apogeo della sua potenza; ora
questa crepa minaccia molto seriamente il grandioso edificio.
Mazzini intanto è
preoccupatissimo dei progressi che il materialismo e l'Internazionale
stan facendo in Italia. Scrive a Campanella, l'11 marzo 1870: «Che
cosa diavolo intenda Maz[zoni] per una rivoluzione socialista, io non
so. Se hanno modo, la facciano. Io mi contento di farne una
repubblicana... Non ne parliamo piú. Questo pretendere di far
tutto, per astenersi dal far qualcosa, mi stomaca»476.
E, per fare la sua rivoluzione
repubblicana, intanto, lavora attivamente le sue società
operaie. L'11 settembre 1870 la Commissione permanente degli operai
di Genova (direttamente ispirata da lui) pubblica un indirizzo agli
operai italiani, del quale ecco la parte sostanziale: «Sí,
Roma! Ma Roma non ha senso né valore per le classi del lavoro,
se dessa non è la Roma del popolo... A Roma la Nazione
convochi un'Assemblea costituente... solo a questo patto i figli del
lavoro possono esultare pensando alla patria e alla sua città
eterna»477. Per fronteggiare poi lo sviluppo
dell'Internazionale, Mazzini incoraggia con rinnovato fervore le
iniziative nel campo del mutuo soccorso e della cooperazione.
Secondo le fonti ufficiali, nel 1870
le società di mutuo soccorso sono già 878478. A
Roma, nel '70, si fonda la Società fra i tipografi; nel
febbraio, a Bologna, il Magazzino cooperativo di produzione degli
operai sarti, che emette azioni da L. 50 e che raggiunge nel primo
anno un movimento di capitale di L. 7000479. Il 14 agosto '70
gli stessi operai sarti organizzano a Bologna il I Congresso di una
Fratellanza italiana dei sarti, cui partecipano rappresentanti delle
società di Torino, Milano, Firenze, Venezia,
Padova480.
Punto nero sull'orizzonte, gli
scioperi. Che, sempre secondo i dati ufficiali, salgono nel '70 a ben
venticinque, con un notevole incremento in confronto agli anni
precedenti481.
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