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Nello Rosselli
Mazzini e Bakunin

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  • IV. Anni di crisi (1868-70)
    • 4. Prime persecuzioni contro gli internazionalisti
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4.

Prime persecuzioni contro gli internazionalisti

 

 

 

 

 

La sezione di Napoli, organizzata in corpi di mestiere, progrediva assai rapidamente, tanto che al principio del '70 contava, a quanto pare, intorno a tremila soci457. Sia per questo fatto, sia per l'eco delle discussioni svoltesi nel Congresso di Basilea, fatto sta che le autorità napoletane si misero in una certa apprensione. Sul principio di febbraio una quarantina di operai pellettieri, alcuni dei quali internazionalisti, vennero espulsi da una fabbrica, senza che le rimostranze di una commissione, da essi nominata, valesse a far ritirare il provvedimento. Gli operai, riuniti alla sede dell'Internazionale, provocarono allora lo sciopero; e la sezione s'incaricò di passar loro un modesto sussidio giornaliero. Furono cosí messi in grado di resistere per alcuni giorni. Ma la polizia intervenne e, sciolta un'assemblea degli operai scioperanti, trasse in arresto il Caporusso, presidente della sezione, il segretario, Francesco Forte, l'avvocato Gambuzzi e due degli operai458.

Siccome nella perquisizione contemporaneamente eseguita si eran trovate carte compromettenti, alcune delle quali provenienti dall'estero459, venne istruito un processo in seguito al quale gli arrestati, salvo il Gambuzzi assolto, furon condannati a un mese di carcere.

Tutto ciò produsse i suoi effetti e la sezione di Napoli, abbandonata da molti soci impauriti, decadde rapidamente460.

Ma, al solito, le persecuzioni giovano e non nuocciono, in ultima analisi, a chi le soffre: alla sezione di Napoli si volgono le simpatie di altri nuclei di operai di tutta Italia. Perfino la Commissione permanente delle società operaie italiane, sedente in Genova, spedisce un indirizzo di solidarietà461; un altro indirizzo giunge dalla sezione italiana dell'Internazionale, in Ginevra, con queste parole: «Le persecuzioni ingiuste e illegali alle quali voi siete stati esposti in codesti giorni, come pure gli arresti brutali dei cittadini Caporusso, Gambuzzi e Francesco Forte, se ci hanno vivamente feriti, non ebbero però il prestigio di sorprenderci. E veramente, noi vediamo dappertutto il capitale dominatore, speculatore in guerra aperta contro l'operaio... Coraggio fratelli! Le ingiurie, le calunnie, le persecuzioni, le disfatte non ci mancheranno, ma la forza operaia risvegliandosi nel sentimento della rivendicazione dei suoi umani diritti, saprà vincere ben tosto ogni ostacolo, e proclamare il trionfo del lavoro sul privilegio e l'ingiustizia. Ci siamo creduti in dovere d'inviarvi queste poche linee di riconoscenza e di ringraziamento pel vostro fermo contegno dinanzi ai nostri comuni avversari... W. L'Internazionale!»462.

E mentre a Londra il Consiglio generale si sente spronato a occuparsi piú assiduamente della organizzazione in Italia (il 17 maggio vengono eletti membri del Consiglio due italianiAyassa e Bora – il primo dei quali assume la carica di segretario per l'Italia)463, Bakunin raddoppia la sua attività.

Dal 22 aprile al maggio 1870 è a Milano, dove s'incontra col Gambuzzi, che lo informa delle novità napoletane e col quale prende gli accordi per la diffusione dell'Internazionale in Lombardia464; conosce Cavallotti (allora collaboratore del «Gazzettino rosa»)465 e rivede Gaspare Stampa «onestissimo uomo d'intelligenza un po' cortascrive il 4 maggio al Gambuzzi. – Ma tuttavia ci sarà prezioso. M'ha fatto incontrare a Abbiategrasso un signor Sartirana, ragioniere, presidente della Società di operai di Abbiategrasso... Abbiamo deciso insieme che senza perder tempo essi trasformeranno l'associazione operaia di Abbiategrasso in sezione dell'Internazionale466. Stampa deve scriverti subito per domandarti dei libretti, statuti, regolamenti e altri stampati della nostra (sezione) Internazionale...»467 A Firenze si lavora per fondare una sezione e per stampare un giornale internazionalista.468

Bakunin si lamenta che gli amici italiani non spieghino come lui una febbrile attività. Scrive al Gambuzzi il 5 luglio: «C'è ancora una sezione a Napoli? In che stato si trova? E non sarebbe definitivamente caduta nelle mani di intriganti?... Ma, in nome del cielo, non dormire...»469. E il agosto al Mrozkowski: «Fanelli è diventato pigro... Gambuzzi è un bravo ragazzo... diventa sempre piú socialista...»470.

Nel settembre 1870 Fanelli e fors'anche Gambuzzi si recano a Locarno per conferire con Bakunin471, il quale diventa sempre piú ottimista sulla possibilità di scatenare la rivoluzione sociale in Italia. Facile profeta sul risultato della guerra franco-prussiana, scrive a un amico nello stesso mese di settembre che l'Italia è ormai all'orlo di questa rivoluzione: «Vittorio Emanuele si sente attirato col suo signore, Napoleone III, verso l'abisso. Non si attende che il segno d'una rivoluzione in Francia... per cominciare la rivoluzione in Italia»472.

E il 15 ottobre, al Gambuzzi, dissuadendolo dal progetto di seguire Garibaldi in Francia: «Credimi, resta in Italia. Se riusciamo, avrete immensamente da fare nel vostro paese, e noi vi daremo tutti i mezzi necessari per agire»473.

Il Friscia, intanto, fa propaganda in Sicilia, cercando di costituire nuove sezioni. Quella di Sciacca, da lui fondata, spedisce nell'ottobre il seguente indirizzo alla Commissione ligure delle società operaie (mazziniana): «Fratelli operai della Liguria! Noi, legati per sentimento di solidarietà e d'interesse alla grande famiglia dell'Internazionale, vi dichiariamo che l'opera nostra è diretta piú che alle inefficaci ed inconcludenti modificazioni del regime parlamentare... a ottenere che nell'ordine sociale sia sostituito il regime industriale-economico al regime politico-governativo, poiché cosí solamente al dispotismo, all'ineguaglianza sarà sostituito il regime della libertà e della pace, fondata sull'eguaglianza, la solidarietà e la mutualità»474.

Altro documento dell'attività internazionalista in Italia è un foglietto, diffuso nel 1870, contenente un dialogo che si può considerare come un vero e proprio commento allo statuto dell'Internazionale. Esso è interessante anche come uno dei primi documenti estremisti antirepubblicani.

« – Che cosa è l'operaio nella società?

« – È l'uomo che lavora e che soffre piú di tutti.

« – Perché la classe dei lavoranti, che sono la maggioranza, non ha mai potuto migliorare il proprio stato?

« – Perché aspettò sempre la manna dall'alto, si fidò alle promesse dei governi, e delle classi agiate, e non pensò mai ad acquistare i suoi diritti con le proprie forze.

« – Possono gli operai sperare un miglioramento delle loro condizioni economiche da un mutamento della forma di governo?

« – Qualche vantaggio possono sperarlo, ma non possono essere certi che una repubblica li tragga dallo stato miserevole in cui si trovano rispetto alle altre classi sociali.

« – Ma come mai, se la repubblica proclama l'emancipazione del lavoro dal capitale, l'uguaglianza, la stessa parte dei doveri e dei diritti per tutti?

« – Certo la repubblica si fonda su questi principi; ma altro è proclamarli, altro attuarli realmente».

E il foglietto si dilunga a mostrare che è inutile cianciare di diritti civili e politici dell'operaio finché questi è cosí ignorante, inutile cianciar d'istruzione, finché non ha il tempo di coltivarsi. «Bisogna persuadersi di una verità; ed è questa: L'interesse delle classi privilegiate è incompatibile coll'interesse delle classi popolari, perché il primo vive della rovina del secondo... Gli operai devono tendere all'emancipazione economica colle sole loro forze, senza chiedere capi ed aiuti dalle classi privilegiate»475.

Bakunin, spingendo il moto in Italia, persegue un fine preciso: quello di procurarsi numerosi aderenti per la lotta, che prevede imminente, contro il Consiglio generale dell'Internazionale, da lui accusato di voler render obbligatoria, nell'associazione, la dottrina marxista: ossia – come egli la definisce – la dottrina del comunismo autoritario, in netta antitesi col suo collettivismo libertario.

Egli ha per alleati gli internazionalisti spagnuoli, belgi e parte dei francesi e svizzeri. L'Internazionale è nel 1870 all'apogeo della sua potenza; ora questa crepa minaccia molto seriamente il grandioso edificio.

Mazzini intanto è preoccupatissimo dei progressi che il materialismo e l'Internazionale stan facendo in Italia. Scrive a Campanella, l'11 marzo 1870: «Che cosa diavolo intenda Maz[zoni] per una rivoluzione socialista, io non so. Se hanno modo, la facciano. Io mi contento di farne una repubblicana... Non ne parliamo piú. Questo pretendere di far tutto, per astenersi dal far qualcosa, mi stomaca»476.

E, per fare la sua rivoluzione repubblicana, intanto, lavora attivamente le sue società operaie. L'11 settembre 1870 la Commissione permanente degli operai di Genova (direttamente ispirata da lui) pubblica un indirizzo agli operai italiani, del quale ecco la parte sostanziale: «, Roma! Ma Roma non ha sensovalore per le classi del lavoro, se dessa non è la Roma del popolo... A Roma la Nazione convochi un'Assemblea costituente... solo a questo patto i figli del lavoro possono esultare pensando alla patria e alla sua città eterna»477. Per fronteggiare poi lo sviluppo dell'Internazionale, Mazzini incoraggia con rinnovato fervore le iniziative nel campo del mutuo soccorso e della cooperazione.

Secondo le fonti ufficiali, nel 1870 le società di mutuo soccorso sono già 878478. A Roma, nel '70, si fonda la Società fra i tipografi; nel febbraio, a Bologna, il Magazzino cooperativo di produzione degli operai sarti, che emette azioni da L. 50 e che raggiunge nel primo anno un movimento di capitale di L. 7000479. Il 14 agosto '70 gli stessi operai sarti organizzano a Bologna il I Congresso di una Fratellanza italiana dei sarti, cui partecipano rappresentanti delle società di Torino, Milano, Firenze, Venezia, Padova480.

Punto nero sull'orizzonte, gli scioperi. Che, sempre secondo i dati ufficiali, salgono nel '70 a ben venticinque, con un notevole incremento in confronto agli anni precedenti481.

 

 

 

 

 






p. -

457 Verbali del Consiglio Generale citati: M. NETTLAU, Errico Malatesta ecc. cit., p. 47.



458 Relazione sulla sezione napoletana ecc. cit.



459 Una di queste carte, secondo la Relazione sulla sezione napoletana ecc. cit., «rivelava francamente alle classi laboriose chi erano i loro mortali nemici, e dal guardia-campestre e dal sindaco, fino al primo ministro ed al re faceva solo una filza. Allora la magistratura credette aver trovato quanto le occorreva per sterminare l'Internazionale; la stampa salariata diede fiato alle sue trombe...»



460 Relazione sulla sezione napoletana ecc. cit. Altra causa di decadenza furono i dissensi interni che vi si manifestarono. Il Caporusso, accusato di appropriazione indebita e calunnia, venne espulso. A capo della sezione rimase il Tucci, il quale si lasciò persuadere dal prefetto a esercitare pressione sui compagni perché ripudiassero l'adesione all'Internazionale. Restano due interessanti lettere del prefetto, d'Afflitto, il quale – convinto di servir la causa dell'ordine – si adoperò per ottenere un nuovo locale per la società, che n'era rimasta priva. E si rivolse all'uopo alle autorità cittadine. La prima lettera è del 2 aprile 1870: «La S. V. saprà certamente che da qualche anno era costituita in questa città la cosidetta Associazione internazionale degli operai, la quale, presieduta da Stefano Caporusso, ed influenzata da persone di dubbia fede politica, minacciava di divenire uno strumento potente in mano agli agitatori politici per turbare l'ordine pubblico e creare imbarazzi al governo. Saprà pure, che avendo i capi della medesima nel febbraio ultimo provocato uno sciopero di operai pellettieri, furono arrestati e processati. Avviene ora che gli operai associati, i quali, in sostanza, sono alieni dalle cose politiche, avendo compreso e riprovato gli intendimenti sovversivi del Caporusso, abbiano deliberato di deporlo dalla presidenza, e di ricostituire l'associazione, modificandone gli statuti, e limitandola al solo scopo di mutuo soccorso... Ed è perciò che io mi rivolgo alla S. V., pregandola di conceder l'uso di qualche sala...» La seconda del 5 maggio, nella quale prega di concedere il refettorio dell'ex convento di San Severo «alla detta associazione e per essa all'artigiano Cristiano Tucci, che la rappresenta, e che mira a riformarla, riportandola a sani propositi... Mi auguro che Ella voglia accogliere la mia preghiera... penetrandosi dell'altissimo interesse che ho, onde il Tucci sia accontentato». Ottenuto cosí per interposizione prefettizia il locale, gli internazionalistinient'affatto disposti a rinunciare alle loro ideeguidati dal Gambuzzi, smascherarono il Tucci che, con grave delusione dell'autorità, fu costretto a lasciare l'associazione; e la sezione «potette riprendere il penoso lavoro della sua organizzazione» (Relazione sulla sezione napoletana ecc. cit.).



461 «Il Monitore di Bologna», 11 settembre 1871.



462 MARIUS, L'Internazionale ecc. cit., pp. 98 sg.



463 Verbali citati.



464 Lettera di Bakunin a Joukovski, 5 maggio 1870 (M. NETTLAU, Michael Bakunin ecc. cit., II, p. 421).



465 ID., Bakunin und die Internationale ecc. cit., p. 300.



466 Di una sezione dell'Internazionale ad Abbiategrasso in quegli anni non ho trovato nessuna notizia.



467 M. NETTLAU, Bakunin und die Internationale ecc. cit., p. 300.



468 Lettera di Gambuzzi, 30 maggio 1870. Ibid., p. 299.



469 M. NETTLAU, Michael Bakunin ecc. cit., II, p. 421.



470 M. DRAGOMANOV, Correspondance ecc. cit.



471 Albert Richard, in «Revue de Paris», settembre 1896. Bakunin «contava molto – scrive il Richard – sugli italiani che gli presentavano come tesa la situazione del loro paese».



472 M. NETTLAU, Michael Bakunin ecc. cit., II, p. 421.



473 Ibid., p. 301.



474 «L'Unità italiana», 27 ottobre 1870.



475 MAINERI, Le stragi di Parigi ecc. cit., vol. III, pp. 10-11. Sulle riviste si comincia a parlare dell'Internazionale. ITALO ACCARINI stampa nella «Rivista europea», ottobre 1870, un articolo su L'Associazione internazionale operaia, nella quale critica le tendenze prevalse negli ultimi congressi, si dichiara contrario agli scioperi e addita la via della cooperazione come l'unica che può condurre a un progressivo e pacifico scioglimento della questione sociale.



476 Lettere di G. Mazzini a F. Campanella cit., p. 39.



477 «L'Unità italiana», settembre 1870.



478 Statistica del 1870.



479 RAVà, Storia delle associazioni ecc. cit., p. 44.



480 Ibid., p. 45.



481 «Ann. Stat. it.», 1895, pp. 489 sg. Siamo in periodo di reazione; il governo è deciso a non tollerare piú oltre le manifestazioni piú clamorose della resistenza e della volontà di emancipazione degli operai – e, come ha arrestato i capi dell'Internazionale a Napoli, cosí, nel dicembre, fa arrestare il presidente della Società tra i filatori in seta, perché responsabile di uno sciopero proclamato dai suoi organizzati; lo sottopone a processo, lo fa condannare a tre mesi di carcere; la Corte di appello riduce poi la pena a quindici giorni («L'Unità italiana», dicembre 1870).





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