2.
Progressi dell'Internazionale
Nel 1871, e specialmente nella seconda
metà dell'anno, l'Internazionale fa in Italia un grande balzo
in avanti: nessuno ormai può ignorarla. Ne parlano i giornali
di tutte le tendenze, ritessendone la storia con opportuni commenti o
di lode o di esecrazione; si diffondono le piú inverosimili
notizie sulla sua potenza, sul numero degli affigliati.
«Il Monitore di Bologna»,
che l'8 maggio 1871 ha iniziato la pubblicazione di alcuni articoli
sulla Comune dovuti al Petruccelli della Gattina, facendoli precedere
da queste parole: «Non può che tornare di grande
interesse questa scrittura vivacissima della terribile
associazione che cova nel suo grembo le folgori delle rivoluzioni
future», il 3 agosto dello stesso anno afferma che i soci
dell'Internazionale sono ben 3 milioni; e aggiunge: «La mente
si smarrisce atterrita meditando a quali orribili anarchie possa
venir trascinata l'umanità da questa massoneria del fango e
del fuoco. Mentre il progresso civile demoliva tutte le aristocrazie,
rendendole accessibili a tutti, costoro vogliono l'uguaglianza nelle
rovine».
«Il Romagnolo», Ravenna
(filointernazionalista), informa, il 23 giugno 1871, che dal 1862 al
1868 l'Internazionale ha raccolto 2 milioni e mezzo di soci e 30-40
milioni di lire (rammentare che l'Internazionale fu fondata nel '64!)
Il 13 agosto riferisce una notizia riportata dal «Times»
di Londra secondo la quale essa avrebbe versato nei banchi
d'Inghilterra e di Germania 3 miliardi di lire.
Un certo Rossi (che si nasconde sotto
lo pseudonimo di Marius), autore di un opuscolo L'Internazionale
stampato a Roma nel 1871, conferma tale notizia e assicura che i
membri dell'Internazionale ammontano a 5 milioni509. Queste
notizie esagerate troveranno poi credito e saranno ripetute e
amplificate negli anni seguenti510.
Non son molti, ancora, i giornali che
sorgono come organi dell'Internazionale o comunque per difenderne e
propagandarne i principî (fra il marzo e l'agosto solamente
«L'Internazionale», fondato a Napoli511 e «Il
Proletario italiano» a Torino, il 14 luglio512);
moltissimi invece i giornali democratici già esistenti che
all'Internazionale si convertono. Dà l'esempio «Il
Gazzettino rosa» di Milano, subito dopo la caduta della Comune;
segue «Il Ciceruacchio» di Roma che, sul cadere di
luglio, scrive: «Che è mai questa potente società
dei figli del lavoro che fa tremare sui loro troni i monarchi
d'Europa, che abbaglia e affascina i popoli, che si estende per i
principali centri del mondo civilizzato e conta i suoi aderenti a
milioni?» È l'Internazionale che, nonostante le
persecuzioni subite, «scossa dagli errori e dagli orrori dei
francesi non vacilla, non cede, non arretra d'un passo nel suo
cammino». Tra il luglio e l'agosto diventa internazionalista
«Il Romagnolo» di Ravenna513; e nell'agosto
«L'Apostolato» di Catania, dopo aver affermato che
l'Internazionale intende «fondare il governo della libertà
e della fratellanza e dell'uguaglianza... riunire tutti gli uomini in
una sola famiglia ove a ciascuno si dia quel che gli spetta»,
domanda ai fratelli: «non vorrete voi aiutarla con le
vostre forze? non vorrete voi fare un piccolo sacrificio per la
vostra emancipazione?»514. Nell'agosto stesso vengon
considerati come simpatizzanti per l'Internazionale i già
democratici «La Favilla» di Mantova515, «La
Fenice» di Legnago, «L'Asino» di Alessandria, «Il
Diavolo rosa» di Roma, «Il Presente» di Parma, «La
Libertà» di Pavia.
Il fatto che l'Internazionale trovasse
giornali quotidiani e non quotidiani in ogni parte d'Italia disposti
a difenderla, nel mentre ci fa capire quanta già fosse allora
la popolarità di che essa godeva fra noi, costituiva nello
stesso tempo, come è chiaro, un notevolissimo incentivo alla
sua diffusione.
Ancora nel maggio Mazzini cosí
scriveva ai redattori del giornale napoletano «L'Internazionale»,
che non si erano peritati di attaccare il suo programma politico e
sociale: «Gli scrittori dell'"Internazionale" mi sono
ignoti... Mi dorrebbe ch'essi rappresentassero, come il nome del
giornale e le simpatie pel Comune di Parigi potrebbero far
sospettare, una sezione napoletana dell'Associazione
internazionale»516. La sezione, sappiamo, esisteva per
davvero: Mazzini venne a saperlo solamente due mesi piú
tardi517. Da allora in poi le prove della vitalità
dell'Internazionale in Italia si moltiplicarono con relativa
rapidità. Nel maggio stesso avvenne a Firenze qualcosa che
dovette addolorare profondamente Mazzini: fin dall'autunno 1870 si
era costituita in quella città una Società democratica
internazionale, della quale facevano parte vari elementi
massoni-repubblicani tra i quali il Castellazzo, presidente, il
Giannelli, il Piccini, il Socci, il Martinati; società da non
confondersi con l'Internazionale dei lavoratori518.
Macchiatisi di un indirizzo ai superstiti della Comune, essa sui
primi di maggio, venne sciolta. «Il nome d'Internazionale fa
paura alle classi privilegiate costituite in governo», scrisse
Maurizio Quadrio al Giannelli, il 7 maggio519. La società
lanciò una vibrata protesta: «Noi non abbiamo mai
cospirato... amanti del progresso indefinito, dividiamo le idee
liberali dell'Internazionale di Parigi, ma siamo affatto autonomi
ed indipendenti da essa: anzi non abbiamo avuto con essa nessuna
diretta relazione di corrispondenza»520.
Tutto ciò e il fatto che
v'erano implicati alcuni tra i suoi piú fidati amici
impressionarono certo e seriamente il Mazzini. Di Giuseppe Mazzoni
mezzo socialista si era già lamentato; ora pencolavano anche
il Castellazzo521 e il Giannelli, il Martinati e il Socci.
Perfino Quadrio, il custode della ortodossia mazziniana, difendeva il
nome dell'Internazionale!
Questa deviazione dei mazziniani
fiorentini si può forse mettere in relazione con una gita che
Bakunin fece in Italia, dal 19 marzo al 3 aprile del 1871, durante la
quale, a Firenze, rivide i vecchi amici Mazzoni, Berti-Calura,
Bertani e s'incontrò con Fanelli, Gambuzzi e
Friscia522. Forse il russo fece perdere la testa ai
mazziniani! Certo è che dall'aprile in poi si svolse tra
Bakunin e i mazziniani fiorentini un'attiva
corrispondenza523.
Un poco piú tardi si precipitò
a Firenze per tentare di volgere a suo pro' l'incipiente movimento
socialista un emissario del Consiglio generale di Londra
dell'Internazionale: Carlo Cafiero524; il quale, cordialmente
accolto nell'ambiente democratico fiorentino, soprattutto dai membri
della Società democratica internazionale e dal presidente di
quella525, riuscí a farsi nominare segretario
corrispondente di questa pretesa sezione fiorentina
dell'Internazionale: dal che il Consiglio generale di Londra arguí
che a Firenze fosse sorta, come per incanto, una sezione vera e
propria526.
Scomparse intanto due delle vecchie
sezioni dell'Internazionale (quella di Castellammare, probabilmente
travolta nel 1870, in seguito allo scioglimento della sezione
napoletana, e quella di Catania), una sezione nuova era stata fondata
nei primi mesi dell'anno, a Girgenti; ma non si trovan notizie della
sua attività che nel giugno 1871. Il 21 di questo mese infatti
essa, fattasi iniziatrice di una colletta per le vittime dei
versagliesi, inviò un indirizzo ai vinti della Comune, del
quale ecco qualche passo: «Mentre i privilegiati del mondo
plaudiscono agli orrori dei vigliacchi di Sédan... noi, vostri
fratelli di fede, noi, pronti come voi ad inalzare quando che sia lo
stendardo della rigenerazione sociale, siamo orgogliosi di mandare da
queste estreme spiaggie di Sicilia una parola di conforto,
d'ammirazione e di speranza ai vinti della Comune... L'emancipazione
delle plebi è divenuto per noi il bisogno piú
irresistibile dei nostri tempi»527.
In pieno sviluppo era la sezione di
Sciacca di Sicilia; mentre, qua e là, v'erano associazioni
democratiche che, piú o meno palesemente, esprimevano la loro
simpatia all'Internazionale o ai principî che essa bandiva:
tale, per esempio, una Lega repubblicana fondata a Torino nel giugno
1871, che preludette di qualche mese alla formazione di una sezione
internazionalista528.
Ma il centro del movimento era ancora
e sempre rappresentato dalla sezione di Napoli, alla quale facevan
capo – da ogni parte d'Italia – uomini e giornali
filointernazionalisti. Se si voleva troncare lo sviluppo di
quest'Associazione bisognava, per la seconda volta, sopprimerne il
centro. Ed ecco che l'autorità, preoccupata per le notizie che
quotidianamente pervenivano sui progressi dell'Internazionale
all'estero (non aveva dimostrata la Comune quale si fosse la potenza
da essa raggiunta?), e per quelle, fantastiche, pubblicate dalla
stampa conservatrice anche sulla sua diffusione in Italia529,
emana un decreto di scioglimento della sezione napoletana. Questa –
cosí si esprime il decreto – «con le sue tendenze
e coi suoi atti costituisce una offesa permanente alle leggi ed alle
istituzioni fondamentali della Nazione ed un pericolo notevole
all'ordine pubblico, che il governo deve in ogni evento mantenere
inviolato»530. Si sequestrano gli atti della sezione,
si perquisiscono le abitazioni di Giustiniani, presidente, Schettino,
segretario, Aprile, tesoriere, Diotajuti e Mariano, vicepresidenti,
Acampora, Gambuzzi, Palladino e Cafiero, soci influenti, quest'ultimo
da poco giunto a Napoli531.
All'atto dello scioglimento la sezione
doveva aver raggiunto una grande importanza: a quanto pare, almeno un
migliaio di soci532.
Contro gli arrestati (ai quali si
aggiunge il giovanissimo Malatesta, allora allora convertito al
socialismo da Carmelo Palladino) viene istruito un processo; l'accusa
è di «aver con discorsi tenuti in adunanze e luoghi
pubblici, provocato a commettere reato per cangiare la forma di
governo, e di armarsi contro i poteri dello Stato; e di pubblici
discorsi e di fatti di natura tale da eccitare lo sprezzo ed il
malcontento contro le istituzioni costituzionali»533.
Ma furono tutti prosciolti in istruttoria.
Fatto il colpo di Napoli, il
governo dà ovunque la caccia agli uomini compromessi con
l'Internazionale, con la speranza di sradicare per sempre la mala
pianta dall'Italia. A Firenze fa perquisire le case dei dirigenti la
Società democratica internazionale, d'Amico, Giannelli,
Piccini, Socci, Martinati, Castellazzo. Perquisizioni infruttuose.
Tuttavia è molto interessante il fatto che, proprio mentre
Mazzini detta i suoi fierissimi articoli contro l'Internazionale
sulla «Roma del Popolo», le autorità, per scoprir
le fila di quell'associazione, agiscano per la seconda volta contro
un gruppo di notissimi mazziniani!
Il Socci è il piú
esaltato di tutti: nella seconda metà di agosto redige il
programma di un giornale da fondarsi a Firenze col titolo «Il
Grido del Popolo», programma che doveva essere piuttosto
avanzato se venne sequestrato dall'autorità perché
contenente «offesa alla religione dello Stato e incitamento
alla rivolta delle classi operaie». E il Socci a lamentarsi del
sequestro sul «Proletario italiano» di Torino, il 4
settembre: «Ma non disperiamo per questo: ci opprimano pure i
moderni farisei: cerchino pure di soffocare l'imponente grido che
eleva la pubblica coscienza, indignata al cospetto della
disuguaglianza sociale, della sorretta ignoranza, della corruzione...
il progresso non si rattiene e come valanga travolge gl'incauti che
osano porglisi innanzi... l'avvenire è con noi!»534.
Questi fatti (per una legge ben nota)
servirono egregiamente a diffondere il nome dell'Internazionale.
Dall'agosto 1871 in poi non passa giorno che sulle gazzette non se ne
trovino notizie: formazione di nuove sezioni, comunicazioni delle già
esistenti, dichiarazioni di plauso o di condanna, polemiche
appassionate sulle sue dottrine. «Sí, mio caro amico –
scrive Cafiero ad Engels il 27 novembre – il governo ci ha
fatto molto bene con le sue persecuzioni; il mio arresto è
stato un vero tesoro; pensate, ha rotto il ghiaccio e per piú
di quindici giorni in tutte le gazzette d'Italia non si parlò
che d'Internazionale, petrolio, dei pazzi comunisti italiani, dei
giovani imberbi che rinnegano le credenze dei loro padri,
ecc...»535.
A Napoli si lavora piú o meno
clandestinamente per riorganizzare la sezione536. Verso la
fine di agosto circola la voce che stia per fondarsi un'importante
sezione a Roma537. Il 25 agosto, a Lugo, quindici
associazioni repubblicane si riuniscono deliberando di «combattere
a viso aperto l'Internazionale – associazione straniera al
pensiero italiano – straniera ai nostri ricordi –
straniera alle nostre aspirazioni»538. Il 26 agosto il
direttore del «Proletariato italiano» informa Engels, a
Londra, che a Torino si sta per fondare una sezione
dell'Internazionale, chiamata L'emancipazione del
Proletario539. Il 3 settembre, sei società
repubblicane di Ravenna propongono alla Consociazione repubblicana
ravennate di fondersi assieme purché appaia in testa al comune
statuto un ordine del giorno cosí concepito: «La
Consociazione dichiara che la Società internazionale degli
operai è il solo mezzo che possa riunire la democrazia
mondiale e condurre i popoli al trionfo della giustizia e al
conseguimento del benessere generale». La consociazione
respinge, naturalmente, la proposta540. Le sei società,
allora, si organizzano in sezione dell'Internazionale con un
Consiglio comune541. Il 17 settembre i giornali dànno
notizia di un convegno di giovani che si è tenuto a Roma il 10
per onorare Ricciotti Garibaldi, terminato con un brindisi a
Marx542.
La preoccupazione dei benpensanti cresce a dismisura. Tipiche le
parole di un giornale democratico-moderato, «Il Monitore di
Bologna», 19 settembre 1871: «Ecco la oscena e sanguinosa
figura, figlia legittima della ignoranza e del fanatismo, che sorge
alla fosca luce degli incendi, sostenendo dall'una mano il fiasco del
petrolio, scuotendo coll'altra la fiaccola incendiaria e gridando
colla voce rauca ed avvinazzata: Guerra ai palazzi e pace alle
capanne!» Dove si allude all'Internazionale, la quale (e anche
questa è una prova interessante del terrore che essa incute)
viene accusata, nel 1871, di una serie di incendi dolosi, che si
verificano specie nella pianura padana, incendi, è inutile
dirlo, cui l'Internazionale è affatto estranea; dovuti invece
alla miseria del bracciantato agricolo, che sfoga in tal modo il
profondo malcontento. Tipico un articolo L'Internazionale,
pubblicato sulla «Illustrazione popolare» del 28
settembre 1871, a firma G. Piccio: «Una di tali voragini che
tenta abbracciare nel sanguinoso suo grembo l'intero corpo sociale,
si è certamente la piú terribile di tutte le
associazioni: l'Internazionale. Nel vergare tal nome la mia mente
s'affolla di mille pensieri irrequieti, spaventosi, tremendi...
Vuolsi assicurare che l'Internazionale si costituisse nel
1862; ma è generale opinione che la sua istituzione risalga ad
oltre sei lustri... Il loro programma è già troppo
tremendo perché non sia noto. Essi pretendono l'abolizione di
tutte le religioni, della proprietà, della famiglia,
dell'eredità e della nazione... Ci pensino seriamente i
governanti e i popoli, imperciocché sí pestifera e
scandalosa associazione va stendendo ogni dí piú le sue
velenose radici. Pensi il nostro governo che seguaci di codesta
canaglia, ve n'hanno pure in Italia. S'armi dunque d'instancabile
circospezione e spieghi mai sempre quella ferrea energia e quella
fermezza, senza di che si vedrà sempre osteggiato e
minacciato».
Il 24 settembre, a Ravenna, la Società
di fratellevole soccorso dichiara di aderire all'Internazionale, che
è proclamata «l'Emancipazione del
proletariato»543 e, in un appello lanciato agli operai
italiani, ricorda loro che il risorgimento politico è stato
incapace di portar sollievo alle loro condizioni economiche e che
anche le società di mutuo soccorso si sono mostrate
insufficienti a questo scopo. Internazionale e scioperi: ecco la
nuova via che essi debbono battere d'ora innanzi544. A
Empoli, ai primi di ottobre, festeggiandosi il decimo anniversario
della Società operaia, un rappresentante della Società
dei reduci di Siena fa l'apologia dello sciopero e del socialismo e
attacca la tirannia del capitale545. L'8 ottobre si
costituisce a Torino la Federazione degli operai, che aderisce
all'Internazionale546.
La diffusione dell'Internazionale si
effettua dunque con molta rapidità e intensità. «Il
Romagnolo» (ottobre 1871) informa che «nell'alta Romagna
sono in via di formazione tre sezioni dell'Internazionale. Riceviamo
inoltre rassicuranti novelle dai paesi circonvicini ove la vanamente
combattuta Associazione degli operai incontra sempre piú il
favore di quanti sono realmente intenzionati di farla finita e per
sempre cogli abusi, i privilegi e la provocazione. A Torino la
sezione costituita pochi mesi or sono... ha raggiunto di già
il numero di quattrocento membri. Ancora pochi mesi e il partito
socialista sarà il piú numeroso e il piú
compatto d'Italia». A Catania, ai primi d'ottobre, si
costituisce una sezione547. E il 15 dello stesso mese il
redattore piú acceso del «Gazzettino rosa»,
Vincenzo Pezza, si mette in relazione con Bakunin, stabilendo una
«completa intesa»548.
Il 16 ottobre l'avvocato Riggio, di
Girgenti, direttore dell'«Eguaglianza», fornisce ad
Engels un ragguaglio della situazione in Italia. «Ritorno da
una corsa a Palermo, Napoli, Roma e Firenze. Il lavoro socialista vi
si fa formidabile; ancora un anno e i destini della penisola saranno
nelle nostre mani. Mazzini è solo. Nuove sezioni sorgono
continuamente e giornali ne abbiamo in gran numero... In Sicilia
comandiamo noi. Nella sola provincia di Girgenti avremo fra pochi
giorni dieci sezioni; non vi dico del numero dei nostri soci
corrispondenti, che lavorano come va fatto...»549.
Il Consiglio generale di Londra si
rallegra enormemente di questi rapidi progressi: non sa ancora che il
movimento è tutto in mano di Bakunin, il quale tenta dirigerlo
appunto contro di esso. Ma la soddisfazione è comprensibile:
si pensi che l'organizzazione ufficiale dell'Internazionale non aveva
fatto assolutamente nulla per creare o incoraggiare il movimento in
Italia550. Di Marx e del marxismo quei primi socialisti
nostrani erano affatto all'oscuro. O ne avevano notizie – né
dirette né benevole – da Mazzini, da Malon (che, dopo la
Comune, si stabilí in Italia) e da Bakunin551.
Solo «La Plebe», a Lodi,
che sempre piú andava accentuando il suo distacco dai
repubblicani, si manteneva affatto indipendente dall'influenza di
Bakunin; grande era invece l'influenza che sul Bignami e sui suoi
collaboratori esercitava allora Benedetto Malon. Ad ogni modo il
socialismo riformista, temperato, anticatastrofico della «Plebe»
era l'unico che si avvicinasse un poco alla dottrina di Marx. Il
quale fonderà poi su questo giornale ogni sua speranza, quando
si sarà finalmente accorto delle tendenze irreparabilmente
bakuniste dell'Internazionale italiana552.
Ma intanto ecco con quali parole il
Consiglio generale comunicava a tutte le sezioni dell'Internazionale,
il 17 ottobre, il «sorprendente» estendersi
dell'Associazione in Italia: «Tre mesi or sono Mazzini
constatava che v'era una sola città in Italia, dove
l'Internazionale contava aderenti numerosi. Ora da un punto all'altro
del paese essa è pienamente stabilita. Essa è
rappresentata da uno, se non da due giornali quotidiani in
Roma553; un giornale quotidiano in Milano554, un
semisettimanale in Torino555, giornali settimanali in
Ravenna556, Lodi557, Pavia558,
Girgenti559 e Catania560, oltre ad altri pubblicati
in piú piccole località. Questi giornali sono soggetti
ad incessanti persecuzioni del governo, uno di essi «Il
Proletariato italiano» di Torino, ebbe sei numeri consecutivi
sequestrati dalla polizia ed una o piú incriminazioni per ogni
numero sequestrato561; ciò nonostante questi giornali
continuano imperterriti la loro crociata contro i preti, capitalisti,
e Mazzini che aveva attaccato l'Internazionale perché
irrealizzabile. Il governo ha sciolto due sezioni dell'Internazionale
in Napoli ed in Firenze, ma il risultato è stato l'immediata
formazione di nuove sezioni in ogni parte del paese... Il potere di
Mazzini sugli operai d'Italia è completamente
rotto»562. Engels viene incaricato di redigere un
indirizzo ai lavoratori italiani, di congratulazione e
d'incitamento563.
Abbiamo già visto come Mazzini
si schierasse contro la Comune; vedremo ora con quanto coraggio e con
quanta energia si opponesse al dilagare dell'internazionalismo.
Ciononostante il 1871 si presenta come una data tragica per il
mazzinianismo; l'innesto dell'Internazionale è compiuto a
tutte sue spese.
Abbiamo anche detto che uno dei
maggiori responsabili dei successi che l'Internazionale incontra in
Italia durante il 1871 è Garibaldi; egli, fin dal 29 agosto
'71, scrive al Terzaghi, di Torino: «L'Internazionale vuole gli
uomini fratelli e la fine dei privilegi. Io simpatizzo
naturalmente con essa»564; e alla direzione del
«Romagnolo»: «L'Internazionale è quella
parte piú numerosa della società che soffre al cospetto
di pochi privilegiati. Noi quindi dobbiamo essere con
l'Internazionale»565. Dichiarazioni esplicite di
adesione, da allora in poi continuamente ripetute, per quanto
infirmate da una evidente voluta o no ignoranza dei principî
fondamentali dell'associazione. Famosa per il clamore che destò
nel campo repubblicano è la lettera di aperta difesa
dell'Internazionale che Garibaldi diresse il 21 ottobre a Giuseppe
Petroni566.
Garibaldi non seppe mai con precisione
che fosse e che volesse l'Internazionale567. Ma il suo
equivoco fu ampiamente sfruttato dai capi del movimento
internazionalista che compresero perfettamente non essere il caso di
chiarirlo e risolverlo, a tutto loro danno. «La lettera di
Garibaldi con la quale egli fa adesione alla associazione –
comunicava esultante il Consiglio generale dell'Internazionale, il 17
ottobre – è stata da per ogni dove ristampata e
commentata, ed ha ardentemente spinto molti dubbiosi a farsi una
favorevole idea dell'Internazionale»568. Possiamo esser
certi che Marx ed Engels (i quali nutrivano un ironico disprezzo per
Garibaldi in veste d'uomo politico) non guardavano tanto al valore
intrinseco dell'adesione del generale quanto alle possibili
conseguenze. Nello stesso modo Bakunin che, col '67, ha sferrato i
suoi attacchi contro Garibaldi e la sua dubbia condotta politica, nel
'71 si rende conto che non è conveniente proseguire la
campagna; e gli attacchi pubblici cessano del tutto. Il che non
significa davvero che Bakunin si faccia qualche illusione sulla
serietà dell'internazionalismo di Garibaldi569. Marx,
Engels e Bakunin cedono semplicemente alle necessità della
tattica politica.
Appoggiata, avallata, vorrei dire, da
lui570, l'Internazionale può prendere nel nostro paese
un colorito per niente discaro a larghe frazioni della borghesia
intellettuale italiana; e quasi quasi, agli occhi dei piú
giovani democratici, apparire come l'erede naturale di quel programma
rivoluzionario che il partito d'azione, parlamentarizzandosi ogni
giorno di piú, ha secondo essi a poco a poco abbandonato: gli
è facile cosí guadagnare una larga schiera di
simpatizzanti e di amici attivissimi, se pur tutti guasti
dall'equivoco del capo, nell'entourage del generale; gente
preziosa, perché forte di una lunga esperienza rivoluzionaria
e di opposizione antigovernativa; guadagnare inoltre la neutralità
di molti che, sapendo Garibaldi filointernazionalista, non osano
giudicare i principî dell'associazione con franchezza e si
convincono che le tirate antiinternazionaliste di Mazzini e dei
conservatori non son che calunnie o esagerazioni settarie. Ma la vera
e piú grande fortuna che viene all'Internazionale
dall'appoggio di Garibaldi consiste nel fatto che esso,
automaticamente, viene a gettar la zizzania nel campo democratico, a
rinfocolar dissensi, a riesumare vecchi rancori, a dividere i capi.
Infatti proprio mentre la democrazia, tra l'ira e l'amarezza profonda
di Mazzini, si sgretola e si esaurisce nelle polemiche interne,
l'Internazionale fonda la sua potenza in Italia.
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